Inchiesta sulla riforma dei musei, parte 4. Parla Tiziana Maffei (Reggia di Caserta)


Quarta puntata della nostra inchiesta sulla riforma dei musei. Ecco oggi opinioni, giudizi e suggerimenti sulla riforma in questa intervista a Tiziana Maffei, direttrice della Reggia di Caserta.

Architetti, storici dell’arte, ingegneri idraulici, elettrici e gestionali, conservatori del paesaggio, botanici, agronomi, restauratori lapidei e rup. La Reggia di Caserta, immensa residenza reale, la Versailles italiana, dietro i fasti barocchi e l’ambizione di essere “il volano turistico principale della città e del territorio circostante”, deve fare i conti con uno stato di forte sofferenza. La direttrice Tiziana Maffei snocciola i numeri di questo imponente patrimonio e insieme quelli di risorse umane che frenano sensibilmente le potenzialità della gestione autonoma al centro della nostra inchiesta. Il suo punto di vista è particolarmente interessante, avendo ricoperto l’incarico di Presidente di ICOM Italia nel triennio 2016-2019, e poi quello di vice-presidente fino al 2021. Negli anni, cioè, in cui la Riforma Franceschini è diventata operativa. Maffei ci conduce attraverso ombre e luci della direzione di un Istituto così complesso, dal modello gestionale teorico alla sua attuazione nella pratica quotidiana. A proposito di musei gratuiti sì/no , la direttrice si unisce al sentire dei direttori che abbiamo già sentito e che si dicono a favore, a patto di aumentare il sostegno da parte dello Stato. Per Maffei dovrebbe essere “una strategia politica precisa”, con una visione più ampia, che miri a investire “maggiormente negli istituti di cultura, nella scuola, nella sanità”. In definitiva, “investire nel benessere dei propri cittadini”(si veda il nostro approfondimento). Alla Reggia lo si sta facendo anche grazie a tipologie di abbonamento annuale flessibili, che di fatto estendono la (quasi) gratuità di accesso oltre i 18 anni e fino ai 30. Sulla competizione tra super-musei, che sembra essere il principale pallino di una politica della comunicazione muscolare, Maffei ci parla di “comprensione” tra loro direttori autonomi, con la creazione di un “tavolo verde” di confronto.

Alla quinta intervista, inoltre, possiamo già osservare come ogni direttore interpreti in modo differente la divisione tra musei di prima fascia e seconda. È possibile dedurne che manchino riferimenti normativi certi. Proprio dalla nostra inchiesta emerge, quindi, la necessita che si provveda in tal senso, se non si vuole che la materia sia lasciata al sentire soggettivo del Ministro di turno.

Osserviamo anche ormai chiaramente che la Reggia di Caserta e tutti gli altri musei autonomi, sebbene abbiano un rappresentante legale, il Direttore, non possono considerarsi istituti dotati di personalità giuridica, perché gli stipendi del personale restano in capo all’Amministrazione centrale, né sarebbero in grado di sostenere gli ingenti costi ordinari di gestione che si attestano pure a quest’ultima (per questo nell’articolo introduttivo parlavamo di autonomia “limitata”). Alla fine della lunga intervista, all’esperienza autonomistica, vissuta come una “missione personale”, la direttrice dà un 8. Per il 10 serve arrivare a una autonomia “reale”.

Leggi le altre interviste dell’inchiesta: Cecilie Hollberg (Galleria dell’Accademia, Firenze) – James Bradburne (Pinacoteca di Brera, Milano) – Paolo Giulierini (MANN, Napoli) – Martina Bagnoli (Gallerie Estensi, Modena e Ferrara)

Tiziana Maffei
Tiziana Maffei

SM. Ci sono due diversi gradi di autonomia: musei di livello dirigenziale generale e non generale. In cosa consiste la differenza? Cosa comporta il fatto che la Reggia di Caserta “dipende funzionalmente” dalla Direzione generale?

TM. L’autonomia speciale dei musei statali dal punto di vista tecnico, scientifico, finanziario e contabile è la stessa. La ratio normativa era probabilmente legata alla tipologia e alla prevedibile complessità di alcuni istituti. Alcuni musei per articolazione, riadeguamento funzionale, copiosità dei patrimoni, numero di visitatori, riconoscibilità simbolica internazionale, ruoli nell’attrattività territoriale hanno difficoltà gestionali maggiori. La Reggia, come Museo autonomo, s’inserisce nel sistema dei musei dello Stato e, in prospettiva, nel Sistema Museale Nazionale nel quale è strategico, nel rispetto delle singole autonomie, il ruolo di coordinamento della Direzione Generale Musei. Per la Reggia ciò comporta la consapevolezza delle potenzialità straordinarie dell’infrastruttura culturale di questo paese, una risorsa preziosa sulla quale lavorare in un clima di condivisione e collaborazione.

Il Ministero resta a vario grado coinvolto nell’ambito del procedimento decisionale. Secondo Lei sarebbe opportuno o al contrario deleterio compiere un ulteriore passo, riconoscendo piena autonomia a questi istituti “speciali”? L’autonomia finanziaria comprende, infatti, la gestione delle entrate che affluiscono al suo bilancio, ma non include le spese relative al personale, la cui assegnazione si attesta all’Amministrazione centrale. L’Istituto che dirige sarebbe in grado di coprire anche gli stipendi?

Non credo che un museo dello Stato possa oggi assicurare la copertura dei costi del personale. Come peraltro accade in tutte le grandi realtà internazionali che, seppur contraddistinte da numeri impressionanti di visitatori e di conseguenza d’incassi, fruiscono sempre di sostanziosi finanziamenti statali. Per la Reggia di Caserta va valutata la prospettiva futura della necessaria ordinarietà di gestione. Questa potrà raggiungersi solo dopo aver completato il processo di restituzione degli spazi in atto, con oltre 35.000 mq del Palazzo da rifunzionalizzare (di cui gran parte ancora in consegna all’Aeronautica), spesso in situazioni interstiziali che incidono anche nella corretta realizzazione degli interventi in corso e da avviare nell’immediato. Si aggiungono le risorse straordinarie necessarie per il fondamentale adeguamento impiantistico (sia dal punto di vista della sicurezza sia da quello della sostenibilità energetica) e per il recupero di altri manufatti come l’antico palazzo al Boschetto, i Mulini Militari e di quelli lungo l’acquedotto Carolino. Stiamo parlando di una piccola città di fondazione di fatto mai completata, con situazioni di abbandono o di trasformazioni inopportune. Sarebbe oggi impensabile assumere tale spesa. Gli incassi non coprirebbero gli ingenti costi ordinari di gestione. Altra cosa è invece assicurare la tipologia di personale che occorre, attraverso un’autonomia di reclutamento. I musei hanno urgenza di poter avere professionalità coerenti con la propria attività. L’autonomia va inoltre realmente assicurata nella gestione del bilancio. Il sistema attuale di contabilità e di iter procedurale prevede un sistema di controlli, con il passaggio al Mef, alla Direzione Bilancio e alla Direzione Musei, che di fatto ingessa il sistema, soprattutto nella gestione delle somme a consuntivo. L’iter di approvazione e il rispetto dei tempi tecnici delle diverse procedure amministrative d’appalto limitano fortemente la capacità d’impegno delle risorse considerando anche il gran problema dei pochi RUP a disposizione e l’enorme carico di lavoro delle già scarse risorse umane.

Facciata interna della Reggia di Caserta
Facciata interna della Reggia di Caserta
Sala del Trono
Sala del Trono
Scalone Reale
Scalone Reale
Sala delle Guardie del Corpo
Sala delle Guardie del Corpo

A proposito di personale, è in sottorganico? Sarebbe preferibile che fosse il direttore a indicare all’Amministrazione centrale le figure professionali secondo le necessità tecnico-operative di cui ha bisogno?

Lo siamo purtroppo come tutti gli istituti del MiC. La Reggia ha più del 40% di organico in meno rispetto alla dotazione prevista. Dotazione assegnata peraltro molto al di sotto delle reali esigenze dell’Istituto in considerazione delle complesse procedure tecniche amministrative, della gestione innovativa dell’imponente patrimonio architettonico, naturale, storico artistico e dell’incremento dei pubblici museali e dei servizi culturali. Stiamo parlando di un Palazzo di oltre 130.000 mq di superficie; del Parco Reale di 123 ettari (sui quali insistono preziosi manufatti architettonici e 9 immobili), per complessivi 17.000 mq; del bosco storico di 73 ettari con due immobili; di una infrastruttura idrica di oltre 38 km che porta ancora oggi circa 7000 litri di acqua al minuto con la conseguente gestione non solo del sistema di fontane ma di 120 concessioni idriche; di 3 ponti di cui uno con 86 arcate e la lunghezza di oltre 500 m; delle sorgenti; di 67 torrini e di altri 3 immobili per complessivi 1000 mq. Si aggiunge che in questo complesso convivono, in una sorta di condominio: il Museo Reggia di Caserta- istituto consegnatario responsabile; l’Archivio di Stato; la SABAP di Caserta e Benevento; la Scuola Nazionale di Alta Formazione della Presidenza del Consiglio dei Ministri; la Polizia a Cavallo e l’Aeronautica. Come è pensabile gestire tutto ciò dal punto di vista del restauro, della manutenzione, dell’adeguamento normativo, dell’efficientamento energetico, delle concessioni d’uso, senza personale tecnico altamente specializzato? Il popolare confronto con Versailles, quando si parla di dotazione organica, è impietoso: non arriviamo al 20%. È evidente anche che le figure professionali di cui abbiamo necessità non possono essere generiche. Abbiamo necessità, oltre che di architetti e storici dell’arte, di ingegneri idraulici, elettrici e gestionali, di conservatori del paesaggio, di un botanico, di un agronomo, di restauratori lapidei. È arrivato il momento di poter assicurare anche professionalità legate al digitale. In un mondo che si muove in BIM la creazione di un ecosistema digitale per la corretta gestione dei dati in un’ottica di sicurezza, conservazione programmata, efficientamento energetico, comunicazione e marketing è ormai indispensabile.

In quale misura la Reggia di Caserta partecipa al Fondo di riequilibrio finanziario tra gli istituti e i luoghi della cultura statali?

Con il previsto 20% degli introiti provenienti dalla biglietteria. Un dato variabile ogni anno. Ma i numeri puri rischiano di non riconoscere il significato reale dei musei. Mi auguro un giorno di poter contribuire anche nell’ambito del Sistema Museale Nazionale con servizi per altri istituti museali.

Una delle principali novità introdotta per i musei autonomi è la loro governance. L’organizzazione direttore-cda-comitato scientifico funziona a livello gestionale, non in via teorica, ma proprio in pratica? Con quale cadenza convoca il comitato scientifico? In un intervista l’allora dg Antonio Lampis osservò che i componenti di questi organi spesso invece di “supportare il direttore ne ‘paralizzano’ l’attività per personalismi”. Se condivide questa osservazione, quale potrebbe essere l’alternativa?

Entrambi gli organi si riuniscono con una cadenza di 4-5 sedute l’anno in uno spirito costruttivo. Se c’è necessità di un confronto rapido s’interloquisce anche informalmente. Non ho mai percepito tali organi come paralizzanti. Dovrebbero essere forse regolamentate puntualmente le modalità di nomina e di funzionamento, evitando conflitti d’interesse, soprattutto in relazione a situazioni che possono prevedere, anche indirettamente, dei compensi.

Passiamo all’autonomia scientifica: può parlarci delle attività di ricerca e del vostro piano di valorizzazione? Si connota per un tratto distintivo?

Ogni istituto si distingue nella propria attività di ricerca e valorizzazione. La Reggia è un complesso che nasce come espressione di un regno da governare e il cui prestigio era dato dalla ricchezza produttiva del suo territorio. Era parte di un sistema europeo di residenze fondato su alleanze di potere, circolazione d’idee, personalità e visioni. Patrimonio dell’umanità dell’Unesco quale espressione d’ingegno. Va quindi superata l’idea di puro enorme contenitore che si è avuta fino a pochi anni fa. Il riconoscimento della sua identità è fondamentale in ogni nostra azione e apre necessariamente percorsi di ricerca e valorizzazione molto articolati. Attività che svolgiamo in chiave sperimentale con università ed enti pubblici e privati di ricerca, così come con altri musei. Penso al lavoro che stiamo facendo sul sistema del parco, con la gestione del patrimonio naturale affrontando le problematiche ecologiche, di sostenibilità, di salvaguardia; con il tema dell’economia circolare con la gestione dei materiali di risulta che abbiamo colto come opportunità per ragionare sul riuso. La questione dei restauri impone anche di sviluppare ricerca sulla materia costitutiva di questo complesso e di riuscire a divulgare al grande pubblico questo patrimonio di conoscenze. La riorganizzazione dei depositi e degli inventari ha ampliato il filone della ricerca sul patrimonio borbonico e sulla cultura europea che tutto ciò rappresenta. Gli assi strategici sui quali sviluppiamo le cinque funzioni museali sono accessibilità, sostenibilità, sviluppo territoriale ed efficientamento amministrativo: quest’ultimo punto può apparire un’anomalia, ma un museo dello Stato è al servizio della società così come del cittadino. Vorrei che la credibilità del museo potesse essere anche la credibilità della pubblica amministrazione, capace di operare in un sistema di relazioni dove l’adempimento non è burocrazia ma opportunità di trasmissione di valori. Occuparsi di patrimonio pubblico accresce la responsabilità ma pone anche questioni dirimenti in questo Paese.

Avete previsto delle iniziative di fidelizzazione dei cittadini? Se sì, quali? Come si inserisce il museo nelle dinamiche anche di sviluppo economico, oltre che culturale, della comunità e del territorio di riferimento?

La politica di fidelizzazione è fondata sull’abbonamento annuale, non esclusivamente riferita ai cittadini di Caserta ma a una più ampia comunità di riferimento. La politica di prezzo adottata ha fatto sì che tra i 6397 abbonati del 2022 vi fossero napoletani e residenti in altre regioni. Si è adottata una precisa strategia con l’introduzione di modifiche graduali all’abbonamento originario che presentava delle criticità: la distinzione tra abbonamento Parco e Appartamenti, che distorceva la percezione del Complesso unitario e consolidava l’anomala idea del Museo verde quale parco pubblico della città; la durata dell’abbonamento di 365 giorni che non consentiva di attivare politiche di marketing; il mancato tracciamento della fruizione degli abbonati (veniva conteggiato come accesso unicamente il momento dell’acquisto dell’abbonamento). Nel 2022 per gli abbonati sono stati registrati oltre 90.000 accessi. Reggia Card oggi è una card di fidelizzazione con offerta di servizi e di iniziative culturali. Sono quattro le tipologie di abbonamento: regolare Ercole a 50 €, Venere per la fascia di età dai 18 ai 30 anni a 35 €, Atlante per gli over 65 a 35 €, Leoni per due persone a 80 €. L’abbonamento è annuale dal 1° gennaio al 31 dicembre. Oltre al peso diretto che la Reggia di Caserta ha nell’economia per i suoi servizi interni complementari come biglietteria, visite guidate, laboratori, noleggio bici, caffetteria, ristorazione, c’è l’importante indotto indiretto. La Reggia di Caserta è il volano turistico principale della città e del territorio circostante. La strategia complessiva di sviluppo territoriale è in ogni caso mirata a recuperare l’identità produttiva della Real Casa. Bello e utile un tempo erano in funzione del prestigio, dell’economia del regno, dell’armonia sociale: peschiere, vivai, praterie e giardini produttivi erano parte di un sistema che oltre ad assicurare l’autosufficienza sviluppavano economia. Così è nato nel 2022 il progetto SEMI – Sviluppo e meraviglia d’impresa - che attraverso forme di partenariato pubblico privato avvia progettualità mirate (come nel caso della gestione degli oltre 8.000 mq delle Serre del Giardino inglese per la produzione, commercializzazione e valorizzazione delle specie vegetali indicate nei cataloghi di vendita storici). Si aggiunge che questa complessa fase di cantieri straordinari, che ci porta ad avere un’incredibile coesistenza di lavori, porta maestranze e professionalità altamente specializzate. Molti di questi restauri e riadeguamenti funzionali porteranno a servizi culturali da attivare in collaborazione con i privati. Ciò vorrà dire lavoro, come nel caso dell’intervento Arte e design nel Complesso dei Passionisti. La Reggia è realmente una grande opportunità di sviluppo territoriale avanzato.

Acquedotto Carolino
Acquedotto Carolino
Bagno di Venere
Bagno di Venere
Fontana di Diana e Atteone restaurata
Fontana di Diana e Atteone restaurata
Fontana di Venere e Adone, dettaglio
Fontana di Venere e Adone, dettaglio

Capitolo tutela: a chi si intesta? Alla Reggia o alla Soprintendenza? In Sicilia, dove il modello aziendalistico applicato agli istituti culturali è stato introdotto prima che nello Stato, nel lontano 2000, è previsto che sia il Soprintendente a presiedere il Comitato. La ritiene una “formula” alternativa o pensa che possa alimentare conflitti tra Soprintendente e Direttore?

Credo che le soprintendenze siano già enormemente impegnate sul fronte della tutela del territorio. Occuparsi anche del patrimonio di musei autonomi mi sembra non riconoscere la credibilità e la capacità dell’istituzione museale. Soprintendenze e musei inoltre sono istituti appartenenti allo stesso Ministero, quindi con la stessa visione valoriale. La missione di tutela del patrimonio è insita nel museo, le azioni di valorizzazione si fondando sulla salvaguardia. Per ciò che concerne la questione dei conflitti tra ruoli, è auspicabile la condivisione di percorsi e di valori. Ciò favorirebbe la fiducia e la stima nella pubblica amministrazione da parte della collettività.

Tema di grande attualità, la gratuità dei musei. Gabriele Finaldi, che l’ha diretta fino allo scorso agosto, ha detto “free admission is in the DNA of the National Gallery” (di Londra). La genetica insegna che il DNA può mutare, Lei crede che si tratti di un modello importabile in Italia, con i dovuti adattamenti? È ipotizzabile rinunciare totalmente alle risorse prodotte dai biglietti di ingresso?

Potremmo rinunciare se lo Stato finanziasse costantemente la gestione corrente del Museo. È una strategia politica precisa: investire maggiormente negli istituti di cultura, nella scuola, nella sanità. Investire nel benessere dei propri cittadini per la salute del corpo e dello spirito. Nel farlo però si garantisca un’analisi puntuale della realtà italiana, con una proiezione a medio e lungo termine. Occorre valutare la diffusione del nostro patrimonio culturale e l’infrastruttura museale, peraltro con un numero altissimo di musei gratuiti, e soprattutto la propensione effettiva alle donazioni volontarie (come avviene in molti musei anglosassoni, dove peraltro in molti casi c’è una donazione fissa di base). Si aggiunge la necessità di riconoscere una certa libertà gestionale che, in molti casi, da noi sarebbe disapprovata. Ciò vorrebbe dire considerare il museo un istituto fondamentale per lo sviluppo del nostro Paese.

Ci sono momenti di scambio, come tavoli tecnici convocati con una certa regolarità, tra voi direttori autonomi per confrontare le diverse esperienze? Replicare quelle riuscite o risolvere problemi comuni? Oppure è prevalso uno spirito competitivo? Il confronto più immediato (ma anche il più banale) sui numeri dei visitatori non crea un po’ di ansia da prestazione?

La Reggia di Caserta, Villa Adriana e Villa d’Este, Gallerie degli Uffizi, Museo storico e Parco del Castello di Miramare, Musei Reali di Torino, Museo e Real Bosco di Capodimonte sono tra i promotori del tavolo verde, il tavolo tecnico dedicato ai giardini storici, una proposta di piattaforma comune sollecitata dal direttore Andrea Bruciati. Occasione di confronto con risultati importanti come aver ottenuto, grazie anche all’APGI, la misura PNRR sui parchi e giardini storici. C’è poi tra molti di noi un’interlocuzione costante per problematiche comuni. Più che competizione, c’è comprensione, date le enormi questioni e responsabilità che ognuno di noi deve fronteggiare quotidianamente. L’ansia non è di prestazione per i numeri di visitatori, ma per il tempo in rapporto agli obiettivi prefissati (a volte forse troppo ambiziosi considerando la situazione reale in cui viviamo).

In sintesi qual è il suo bilancio dell’esperienza autonomistica? Se dovesse quantificarlo in un voto da 0 a 10?

Sono nel mondo dei musei da vent’anni. Se ripenso alla situazione prima della riforma direi molto positivo nonostante alcune difficoltà strutturali. Darei 8, i due punti occorrono per arrivare alla reale autonomia superando le questioni poste prima.

Quando termina il Suo contratto? Quali programmi ha? Parteciperà ai nuovi concorsi?

Questa bellissima avventura termina nel 2026. Non ho il tempo e l’energia di pianificare il dopo. Oggi ho un unico programma: portare a termine gli impegni presi alla Reggia di Caserta. Una scelta che ho fatto quattro anni fa rinunciando ad altro perché ritenevo fosse una sfida professionale importante. Forse oggi è diventata una missione personale, considerando le difficoltà e le straordinarie potenzialità di questo istituto.


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Silvia Mazza

L'autrice di questo articolo: Silvia Mazza

Storica dell’arte e giornalista, scrive su “Il Giornale dell’Arte”, “Il Giornale dell’Architettura” e “The Art Newspaper”. Le sue inchieste sono state citate dal “Corriere della Sera” e  dal compianto Folco Quilici  nel suo ultimo libro Tutt'attorno la Sicilia: Un'avventura di mare (Utet, Torino 2017). Come opinionista specializzata interviene spesso sulla stampa siciliana (“Gazzetta del Sud”, “Il Giornale di Sicilia”, “La Sicilia”, etc.). Dal 2006 al 2012 è stata corrispondente per il quotidiano “America Oggi” (New Jersey), titolare della rubrica di “Arte e Cultura” del magazine domenicale “Oggi 7”. Con un diploma di Specializzazione in Storia dell’Arte Medievale e Moderna, ha una formazione specifica nel campo della conservazione del patrimonio culturale (Carta del Rischio).





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