Inchiesta sulla riforma dei musei, parte 2. Parla Paolo Giulierini


Seconda puntata dell’inchiesta sulla riforma dei musei. Ascoltiamo oggi l’opinione e i giudizi sulla riforma di Paolo Giulierini, direttore del Museo Archeologico Nazionale di Napoli.

“Possiamo dire che il MANN non è mai stato così grande”. Ad affermarlo è il direttore del Museo Archeologico Nazionale di Napoli, Paolo Giulierini. Il riferimento, fuor di metafora, è proprio ai cantieri, dalla “storica apertura” del 3 aprile scorso dell’ala occidentale del MANN a quello per i lavori in corso nei sotterranei. La terza intervista dell’inchiesta a puntate di Finestre sull’Arte, dopo Brera e le Gallerie dell’Accademia di Firenze, si sposta, dunque, nel Meridione. Giulierini rivendica anche un altro primato, quello di essere stati “i primi e unici in Italia a pubblicare piani strategici e rapporti annuali”. E come per Bradburne e Hollberg, l’attività di tutela non sembra essere stata sacrificata a favore di un prevalente interesse alla valorizzazione, come temuto all’inizio della Riforma Franceschini. Anzi, il museo ha lanciato un progetto innovativo con il Nucleo Tutela dei Carabinieri. Con la collega di Firenze concorda sul fatto che servirebbe rivedere la distinzione tra musei di prima fascia e seconda, alla quale ultima appartiene anche il MANN, sulla base dei risultati conseguiti. E, poi, il Museo come soggetto di rigenerazione urbana e che partecipa alla perequazione in favore degli istituti meno “forti” nella misura di un milione di euro l’anno. Gratuità valutabile solo se si aumentassero i fondi statali. E per concludere, autonomia promossa con un bel 9, ma a condizione che resti com’è, limitata, col Ministero coinvolto nel procedimento decisionale e che provvede alle risorse umane. E se “il confronto sui numeri” è cosa che “interessa soprattutto i giornalisti” (ma non è il Ministero a diffonderli meticolosamente?) restiamo col desiderio di sapere cosa racconterebbero gli altri numeri, oggetto di dialogo, a fari spenti, con i colleghi degli altri musei.

Paolo Giulierini
Paolo Giulierini

SM. Ci sono due diversi gradi di autonomia: musei di livello dirigenziale generale e non generale. Cosa comporta il fatto che il MANN sia sottoposto ai poteri di indirizzo, coordinamento e controllo della Direzione Musei?

PG. Tale divisione rispecchia lo status iniziale del 2014. Credo che potrebbe essere opportuno, in alcuni casi, rivedere la ripartizione anche alla luce dei risultati conseguiti dai singoli istituti.

Il Ministero resta a vario grado coinvolto nell’ambito del procedimento decisionale. Secondo Lei sarebbe opportuno o al contrario deleterio compiere un ulteriore passo, riconoscendo personalità giuridica a questi istituti “speciali”?

Ritengo che il Ministero debba sempre essere coinvolto nelle grandi scelte strategiche degli istituti autonomi, che però possono contribuire a proporre anche dall’esterno esperienze innovative effettuate sul campo.

Anche l’assegnazione degli organici si attesta all’Amministrazione centrale che provvede (o dovrebbe provvedere) alle figure professionali. Il Museo che dirige è in sottorganico? Sarebbe preferibile che fosse il direttore a indicare il “capitale umano”, con adeguata e specifica formazione, secondo le necessità tecnico-operative di cui ha bisogno? L’autonomia finanziaria arriverebbe a coprire anche gli stipendi?

Nessun Istituto, tranne forse il Colosseo, Pompei e gli Uffizi, sarebbe in grado di pagare il proprio personale, a meno di tagli dolorosissimi e comunque insufficienti a creare una minima squadra di base. Si tratta in prospettiva di prevedere nuovi ingressi in pianta organica e, forse, nuove professionalità. Il ministro Sangiuliano ha messo al centro il problema e ci sono buoni segnali per il futuro.

Come partecipa il Museo al Fondo di riequilibrio finanziario tra gli istituti e i luoghi della cultura statali?

Il Museo destina il 20% dei suoi introiti, dunque mediamente, al netto dei due anni di Covid, contribuisce circa per un milione di euro l’anno.

Una delle principali novità introdotta per i musei autonomi è la loro governance. L’organizzazione direttore-cda-comitato scientifico funziona a livello gestionale, non in via teorica, ma proprio in pratica? Con quale cadenza convoca il comitato scientifico? In un’intervista l’allora dg Antonio Lampis osservò che i componenti di questi organi spesso invece di “supportare il direttore ne ‘paralizzano’ l’attività per personalismi.” Se condivide questa osservazione, quale potrebbe essere l’alternativa?

I nostri rapporti con CdA e Comitato Scientifico sono ottimi. Ritengo che tali organi debbano presiedere alle grandi strategie e scelte, non agli aspetti quotidiani della gestione.

Passiamo all’autonomia scientifica: può parlarci delle attività di ricerca e del vostro piano di valorizzazione? Si connota per un tratto distintivo?

Per quanto riguarda la ricerca scientifica presento solo una serie di esempi: abbiamo circa 50 accordi, anche a titolo oneroso, con Università e Istituti di ricerca; siamo vincitori di tre bandi Miur insieme a CNR ed altri enti; con team di alto profilo abbiamo prodotto in 8 anni 300 mostre tra Italia ed Estero, corredate di catalogo scientifico e vantiamo una fitta rete di rapporti con diversi musei. Il Museo pubblica tre serie editoriali del museo (archeologia, valorizzazione e quaderni), ospita convegni, conduce direttamente programmi di ricerca come Mann in Colours. Siamo stati i primi (dal 2017) e unici in Italia a pubblicare piani strategici e rapporti annuali, abbiamo i nostri laboratori di restauro, recentemente ampliati di dieci volte, un programma di gestione on line dei nostri dati di archivio e un progetto innovativo con il Nucleo Tutela dei Carabinieri per lo studio e la valorizzazione dei materiali sequestrati. Questo solo a titolo di esempio.

Avete previsto delle iniziative di fidelizzazione dei cittadini? Se sì, quali? Come si inserisce il museo nelle dinamiche anche di sviluppo economico, oltre che culturale, della comunità e del territorio di riferimento?

Abbiamo introdotto da anni la card di abbonamento annuale, un mezzo democratico che, a prezzo simbolico (poco più di un singolo biglietto di ingresso), consente la libera partecipazione quotidiana alla vita del museo. Lo sviluppo culturale è perfettamente descritto dal nostro progetto dedicato al Quartiere della Cultura, in cui il Museo è soggetto di rigenerazione urbana, mentre uno studio dell’Università degli Studi di Napoli Federico II, di prossima uscita, sta misurando il social impact del Museo. Basta guardare, inoltre, la rinascita degli esercizi commerciali intorno al Mann per capire i benefici che portano i nostri visitatori al quartiere.

Museo Archeologico Nazionale di Napoli, Collezione Farnese
Museo Archeologico Nazionale di Napoli, Collezione Farnese

Capitolo tutela: a chi si intesta? Al Museo o alla Soprintendenza? In Sicilia, dove il modello aziendalistico applicato agli istituti culturali è stato introdotto prima che nello Stato, nel lontano 2000, è previsto che sia il Soprintendente a presiedere il Comitato. La ritiene una “formula” alternativa o pensa che possa alimentare conflitti tra Soprintendente e Direttore?

La tutela dei beni assegnati al museo autonomo spetta sostanzialmente al Direttore. Abbiamo studiato tutti nelle stesse Università e abbiamo tutti molto lavoro nei rispettivi ambiti. Eviterei sovrapposizioni.

Tema di grande attualità, la gratuità dei musei. Gabriele Finaldi, che l’ha diretta fino allo scorso agosto, ha detto “free admission is in the DNA of the National Gallery” (di Londra). La genetica insegna che il DNA può mutare, Lei crede che si tratti di un modello importabile in Italia, con i dovuti adattamenti? È ipotizzabile rinunciare totalmente alle risorse prodotte dai biglietti di ingresso?

La gratuità è strettamente subordinata ai fondi statali assegnati ai musei. All’aumentare di questi si può abbassare il costo biglietti. D’altra parte bisogna considerare l’ammontare dei fondi ricevuti dai museo anglosassoni dallo Stato o di quelli americani dalle Fondazioni Bancarie. Non si possono paragonare realtà non omogenee e, ripeto, 22 euro per visitare collezioni e mostre non mi pare una esagerazione (è il prezzo di una pizza con una birra e un caffè). D’altra parte al British le mostre si pagano a parte. Da noi no.

Ci sono momenti di scambio, come tavoli tecnici convocati con una certa regolarità, tra voi direttori autonomi per confrontare le diverse esperienze? Replicare quelle riuscite o risolvere problemi comuni? Oppure è prevalso uno spirito competitivo? Il confronto più immediato (ma anche il più banale) sui numeri dei visitatori non crea un po’ di ansia da prestazione?

Il confronto sui numeri è una cosa che interessa soprattutto i giornalisti perché è un dato chiaro che però descrive solo parzialmente le attività museali. Io, quando parlo con i colleghi e lo faccio spesso, mi trovo d’accordo a considerare altri parametri: numero dei progetti di ricerca, progetti sociali, abbonati, esperienze digitali.

In sintesi qual è il suo bilancio dell’esperienza autonomistica? Se dovesse quantificarlo in un voto da 0 a 10?

Secondo me l’autonomia vale 9. Per arrivare a 10 occorrono alcune operazioni che permettano al direttore di incentivare la propria azione. È opportuna, d’altro canto, una verifica periodica, per valutare se tutti i siti sono in grado di procedere in questo percorso che, a mio parere, necessita di una gradualità e di una progressività.

Quando termina il Suo contratto? Quali programmi ha? Parteciperà ai nuovi concorsi?

Il mio secondo mandato termina il 30 settembre del 2023. In quest’ultimo periodo siamo stati concentratissimi sulla storica apertura dell’ala occidentale del Museo, con sale mai viste da 50 anni che ospitano la nuova sezione Campania Romana, e con la promozione di due grandi mostre per la primavera-estate: Picasso e l’antico e Alessandro Magno. È al via la seconda parte del restauro del mosaico della Battaglia di Isso, una grande impresa che nessuno aveva tentato prima. Dopo aver impiegato correttamente fondi per 50 milioni (possiamo dire che il Mann non è mai stato così grande) è pronta la partenza di un nuovo cantiere per i lavori nei sotterranei (11 milioni di euro). I miei programmi prevedono mesi di lavoro intenso con l’obiettivo di recuperare i rallentamenti dovuti al periodo della pandemia, proseguendo e avviando tutte le azioni prefisse nei nostri due piani strategici.


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Silvia Mazza

L'autrice di questo articolo: Silvia Mazza

Storica dell’arte e giornalista, scrive su “Il Giornale dell’Arte”, “Il Giornale dell’Architettura” e “The Art Newspaper”. Le sue inchieste sono state citate dal “Corriere della Sera” e  dal compianto Folco Quilici  nel suo ultimo libro Tutt'attorno la Sicilia: Un'avventura di mare (Utet, Torino 2017). Come opinionista specializzata interviene spesso sulla stampa siciliana (“Gazzetta del Sud”, “Il Giornale di Sicilia”, “La Sicilia”, etc.). Dal 2006 al 2012 è stata corrispondente per il quotidiano “America Oggi” (New Jersey), titolare della rubrica di “Arte e Cultura” del magazine domenicale “Oggi 7”. Con un diploma di Specializzazione in Storia dell’Arte Medievale e Moderna, ha una formazione specifica nel campo della conservazione del patrimonio culturale (Carta del Rischio).





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