Inchiesta sulla riforma dei musei, parte 3. Parla Martina Bagnoli (Gallerie Estensi)


Terza puntata della nostra inchiesta sulla riforma dei musei. Ecco oggi opinione e giudizi sulla riforma di Martina Bagnoli, direttrice delle Gallerie Estensi.

“Digitalizzazione delle collezioni non come appendice ma come strumento essenziale della ricerca e della valorizzazione” e rendere l’esperienza dei visitatori “memorabile”: sono questi i due tratti distintivi che Martina Bagnoli rivendica alla sua direzione delle Gallerie Estensi, iniziata il 15 dicembre 2015. Un’esperienza quella della Bagnoli resa particolare anche dal fatto che si tratta dell’unico museo diffuso a statuto autonomo. Le Gallerie Estensi sono nate, infatti, nel 2015 dall’accorpamento di cinque istituti indipendenti prima della Riforma Franceschini. Comprendono la Galleria Estense di Modena, con la collezione d’arte dei duchi d’Este; il Museo Lapidario Estense di Modena, che documenta la storia della città dall’età romana al tardo Seicento; la Biblioteca Estense Universitaria di Modena e la Pinacoteca Nazionale di Ferrara, al piano nobile di Palazzo dei Diamanti, dimora storica degli Este con una significativa collezione di pittura a Ferrara dal Due al Settecento, e il Palazzo Ducale di Sassuolo, una delle più importanti residenze barocche dell’Italia settentrionale. A differenza dei direttori sentiti nelle precedenti puntate della nostra inchiesta, Bagnoli crede nella possibilità di rendere gratuiti anche i musei italiani, sul modello anglosassone, con il fondamentale apporto dei privati, piuttosto che pensare a un (poco realistico) aumento di fondi statali, come il suo collega del MANN Paolo Giulierini. Il quale, per inciso, poco dopo la nostra intervista è stato “promosso” col passaggio dalla seconda alla prima fascia dirigenziale. E a proposito di questi due livelli anche per Bagnoli, come per chi avevamo sentito in precedenza, le differenze tra l’uno e l’altro restano difficilmente comprensibili, a meno di non volerne fare una questione unicamente di trattamento economico. E poi, ancora, per la storica dell’arte dovrebbe essere il direttore a potersi scegliere il proprio organico, che alle Gallerie è significativamente carente di tutti i funzionari tecnici, e il CdA del museo dovrebbe essere più indipendente. Mentre “i dati di affluenza rendono folli solo se uno crede che siano l’unica metrica di successo”.

Martina Bagnoli
Martina Bagnoli

SM. Ci sono due diversi gradi di autonomia: musei di livello dirigenziale generale e non generale. In cosa consiste la differenza? Cosa comporta il fatto che le Gallerie Estensi siano sottoposte ai poteri di indirizzo, coordinamento e controllo della Direzione Musei?

MB. La differenza è poco comprensibile dal punto di vista organizzativo e si spiega forse meglio con una differenza di rango tra musei più importanti per collezioni, sedi e affluenza e quindi anche di compenso del direttore. Essere sottoposti al coordinamento e controllo della Direzione Musei significa soprattutto rapportarsi con la sede centrale del ministero di cui le Gallerie Estensi (come tutti i musei di prima e seconda fascia) sono sedi territoriali.

Il Ministero resta a vario grado coinvolto nell’ambito del procedimento decisionale. Secondo Lei sarebbe opportuno o al contrario deleterio compiere un ulteriore passo, riconoscendo piena autonomia a questi istituti “speciali”? L’autonomia finanziaria comprende, infatti, la gestione delle entrate che affluiscono al suo bilancio, ma non include le spese relative al personale, la cui assegnazione si attesta all’Amministrazione centrale. L’Istituto che dirige sarebbe in grado di coprire anche gli stipendi?

Sì, lo penso anche io. La specificità di ogni museo rende indispensabile la possibilità di scegliere il proprio personale in base alle qualifiche professionali necessarie per il museo e l’attuazione del suo piano strategico. Il mio istituto sarebbe in grado di assumere una piccola parte dei dipendenti.

A proposito di personale, è in sottorganico? Sarebbe preferibile che fosse il direttore a indicare all’Amministrazione centrale le figure professionali secondo le necessità tecnico-operative di cui ha bisogno?

Sì, il mio istituto è in sottorganico e sarebbe auspicabile poter indicare le figure necessarie. Mancano tutti i funzionari tecnici: Architetti, Curatori, Bibliotecari, Restauratori e esperti di comunicazione. Inoltre la fascia degli assistenti (segretarie, addetti al protocollo, addetti ai monitoraggi, responsabili relazioni con il pubblico ecc.) è quasi completamente esaurita, per cui si perde molto tempo a fare piccole (ma importanti) cose.

In quale misura le Gallerie Estensi partecipano al Fondo di riequilibrio finanziario tra gli istituti e i luoghi della cultura statali?

Come tutti i musei le Gallerie Estensi partecipano con il 20% dei propri introiti. La percentuale è un dato variabile ogni anno in base agli introiti, io preferisco non citare numeri che sono spesso o mal compresi o interpretabili.

Una delle principali novità introdotta per i musei autonomi è la loro governance. L’organizzazione direttore-cda-comitato scientifico funziona a livello gestionale? Con quale cadenza convoca il comitato scientifico? In un intervista l’allora dg Antonio Lampis osservò che i componenti di questi organi spesso invece di “supportare il direttore ne ‘paralizzano’ l’attività per personalismi”. Se condivide questa osservazione, quale potrebbe essere l’alternativa?

Diciamo che i comitati scientifici dovrebbero essere scelti dal direttore in base alle competenze di cui il direttore ha bisogno per svolgere il suo piano strategico e la missione che il museo si prefigge. Per il CdA invece il direttore non dovrebbe esserne anche il presidente. Questo per garantire più autonomia a questo organo di controllo.

Passiamo all’autonomia scientifica: può parlarci delle attività di ricerca e del vostro piano di valorizzazione? Si connota per un tratto distintivo?

Il nostro tratto distintivo è sicuramente l’aver portato avanti la digitalizzazione delle collezioni non come appendice ma come strumento essenziale della ricerca e della valorizzazione e allo stesso tempo di avere completato la sicurezza e i riallestimenti di tutti le sedi del museo per rendere la visita esteticamente piacevole e memorabile per tutto il pubblico. Le dico meglio: la creazione di una piattaforma libraria digitale, l’Estense Digital Library, che pubblica le collezioni della biblioteca e del museo in alta definizione e con il protocollo IIIF che permette la condivisione, l’annotazione, la creazione di presentazioni esportabili , è stata una pietra miliare del mio mandato. EDL è diventata un modello per molti altri istituti, come ad esempio l’Archivio Centrale dello Stato che lo ha ricalcato per la sua teca digitale. Il varo del catalogo scientifico online, con un sistema open source che permette l’autorialità delle singole schede, la loro archiviazione nel tempo e l’esportazione automatica delle citazioni e che pubblicherà la ricerca sulle nostre collezioni di pittura del XIV in maniera progressiva è un’altra grande novità che penso servirà da modello per altri musei . A questo è da aggiungere l’enorme lavoro fatto nelle singole sedi per migliorarne aspetto e sicurezza: il riallestimento completo della Pinacoteca di Ferrara, la sistemazione di varie sale della Galleria Estense di Modena e la creazione di una sala mostre che prima non esisteva, il restauro e il recupero delle sale storiche della Biblioteca Estense, ora aperte al pubblico per la prima volta, Il nuovo allestimento multimediale e tematico a Sassuolo, il riordino dei depositi con la creazione di sale di studio e impianti di sicurezza e climatizzazione adeguati. I rifacimenti di tutti gli impianti di illuminazione e sicurezza antropica in tutte le sedi. Il restauro monumentale della facciata meridionale del palazzo di Sassuolo. Insomma la trasformazione completa dei luoghi in spazi accoglienti ed esteticamente coerenti e apprezzabili, sono senz’altro il segno del mio mandato.

La Galleria Estense di Modena. Foto: Silvia Gelli
La Galleria Estense di Modena. Foto: Silvia Gelli

Avete previsto delle iniziative di fidelizzazione dei cittadini? Se sì, quali? Come si inserisce il museo nelle dinamiche anche di sviluppo economico, oltre che culturale, della comunità e del territorio di riferimento?

Sì, molte. Ultimamente anche la creazione di una serie di membership cards che consentono al visitatore di accedere più volte al museo con una piccola quota mensile. Sono un modo per rimanere in ascolto dei desideri del pubblico poiché prevedono un contatto diretto con gli acquirenti. Inoltre la carta serve per aprire le porte del museo come luogo di incontro e di svago dove si torna volentieri e non solo come meta turistica da fare una volta. Abbiamo lavorato molto anche con le imprese del territorio per creare alleanze ed entrare nella loro rete di attività. È stato iniziato un percorso condiviso che ha portato alla conoscenza del museo come un bene importante per la comunità e il territorio. Varie imprese del territorio adesso si sentono a casa qui e questo quindi ha delle ricadute importanti per le sponsorizzazioni e le donazioni. Varie associazioni ed enti, come ad esempio il Rotary e la Camera di Commercio, sono interessaste a partecipare a singoli progetti supportando la loro creazione o gestione, è il caso di progetti educativi particolari come la creazione di stazioni tattili per i non vedenti o la creazione di percorsi educativi per i detenuti della casa circondariale Sant’Anna di Modena.

Capitolo tutela: a chi si intesta? Alle Gallerie o alla Soprintendenza? In Sicilia, dove il modello aziendalistico applicato agli istituti culturali è stato introdotto prima che nello Stato, nel lontano 2000, è previsto che sia il Soprintendente a presiedere il Comitato. La ritiene una “formula” alternativa o pensa che possa alimentare conflitti tra Soprintendente e Direttore?

Se per tutela si intenda la conservazione delle collezioni e dei luoghi mi sembra non ci sia dubbio che appartenga al direttore di un museo. Se invece si intende la tutela giuridica (vincoli, divieti all’esportazione ecc.) del patrimonio culturale della nazione questa appartiene alla Soprintendenza. Mi pare quindi che le cose siano abbastanza distinte.

Tema di grande attualità, la gratuità dei musei. Gabriele Finaldi, che l’ha diretta fino allo scorso agosto, ha detto “free admission is in the DNA of the National Gallery” (di Londra). La genetica insegna che il DNA può mutare, Lei crede che si tratti di un modello importabile in Italia, con i dovuti adattamenti? È ipotizzabile rinunciare totalmente alle risorse prodotte dai biglietti di ingresso?

Io credo che la gratuità dei musei sia segno di grande civiltà. È un obiettivo che deve essere raggiunto insieme alla comunità dei privati. Perché sono le donazioni che permettono ai musei gratis di esserlo. Ricordiamoci che qualcuno paga sempre: o la collettività con le tasse o i privati volontariamente con le loro donazioni (per cui dovrebbero esserci sgravi fiscali molto consistenti).

Ci sono momenti di scambio, come tavoli tecnici convocati con una certa regolarità, tra voi direttori autonomi per confrontare le diverse esperienze? Replicare quelle riuscite o risolvere problemi comuni? Oppure è prevalso uno spirito competitivo? Il confronto più immediato (ma anche il più banale) sui numeri dei visitatori non crea un po’ di ansia da prestazione?

Ci sono stati sporadici momenti di confronto organizzati in maniera ufficiale. Io lo faccio spesso informalmente con alcuni dei miei colleghi. I dati di affluenza rendono folli solo se uno crede che siano l’unica metrica di successo. È certo che è uno strumento buono per misurare lo sviluppo del progetto museale e il successo di progetti specifici ( mostre ecc.), ma non sono dati che da soli sono da considerarsi fine a se stessi. Un museo che attira milioni di turisti ma non entra nella vita dei cittadini misura un successo di reddito (se il museo è a pagamento ) e di immagine, ma non necessariamente di offerta culturale per la città in cui è.

In sintesi qual è il suo bilancio dell’esperienza autonomistica? Se dovesse quantificarlo in un voto da 0 a 10?

Do un 7. Far evolvere un nucleo di istituzioni individuali con una geografia frammentaria in un unico istituto capace di proporre un offerta culturale organica e di qualità è stata un sfida formidabile ma che mi ha dato molta soddisfazione. Altrettanto bello è stato vedere il personale crescere professionalmente insieme alla sviluppo del museo. Meno entusiasmante è stata la gestione della macchina burocratica.

Quando termina il Suo contratto? Quali programmi ha? Parteciperà ai nuovi concorsi?

Il mio secondo mandato termina il 14 Dicembre 2023. Poi andrò a dirigere l’Accademia Carrara di Bergamo. Non parteciperò quindi a nuovi concorsi nell’immediato futuro.


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Silvia Mazza

L'autrice di questo articolo: Silvia Mazza

Storica dell’arte e giornalista, scrive su “Il Giornale dell’Arte”, “Il Giornale dell’Architettura” e “The Art Newspaper”. Le sue inchieste sono state citate dal “Corriere della Sera” e  dal compianto Folco Quilici  nel suo ultimo libro Tutt'attorno la Sicilia: Un'avventura di mare (Utet, Torino 2017). Come opinionista specializzata interviene spesso sulla stampa siciliana (“Gazzetta del Sud”, “Il Giornale di Sicilia”, “La Sicilia”, etc.). Dal 2006 al 2012 è stata corrispondente per il quotidiano “America Oggi” (New Jersey), titolare della rubrica di “Arte e Cultura” del magazine domenicale “Oggi 7”. Con un diploma di Specializzazione in Storia dell’Arte Medievale e Moderna, ha una formazione specifica nel campo della conservazione del patrimonio culturale (Carta del Rischio).





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