La 33ma edizione della Biennale Internazionale dell’Antiquariato di Firenze (BIAF) si è confermata uno degli eventi di punta per il mercato dell’arte e dell’antiquariato a livello mondiale. Dal 1959, la manifestazione attrae collezionisti, esperti, curatori e appassionati, confermandosi come una vetrina imprescindibile per chiunque desideri ammirare e acquistare capolavori d’arte e oggetti di valore storico. Organizzata presso lo splendido Palazzo Corsini, lungo le rive dell’Arno, la Biennale non solo è una celebrazione dell’antiquariato italiano, ma anche una piattaforma internazionale dove si incontrano le migliori gallerie e i più influenti mercanti d’arte del mondo.
Ogni edizione della BIAF è un’esperienza che permette di viaggiare attraverso i secoli, scoprendo opere di epoche e stili diversi, e offrendo a collezionisti e intenditori la possibilità di scoprire pezzi unici. In un contesto così ricco e variegato, è naturale chiedersi quali siano stati i momenti salienti e soprattutto quali stand abbiano fatto la differenza in questa 33ma edizione. La qualità delle proposte è stata altissima su tutta la linea, e la selezione è stata veramente difficile (sarebbe stato utile estenderla, ma abbiamo tenuto fede al nostro principio di scegliere solo dieci espositori, questa volta veramente a malincuore!). Tuttavia alcuni espositori hanno saputo distinguersi per l’originalità e il valore delle opere esposte, la cura con cui hanno allestito i propri spazi e, non da ultimo, per l’abilità di raccontare storie e far rivivere un passato che si intreccia con il presente. Nel nostro viaggio alla scoperta dei dieci migliori stand della Biennale Internazionale dell’Antiquariato di Firenze 2024, vediamo dunque quali sono le gallerie che hanno lasciato il segno.
La selezione dei dieci migliori stand da parte di Finestre sull’Arte, che qui presentiamo senza fare una classifica ma semplicemente nell’ordine di come s’incontrano lungo l’itinerario della visita alla fiera, si basa non solo sulla qualità, la novità e la rarità delle opere esposte, ma anche sull’allestimento, l’innovazione nella presentazione, la capacità di creare un dialogo tra le opere e i visitatori. Come sempre, la selezione giunge dopo una visita della nostra redazione e a seguito di un confronto con colleghi giornalisti e storici dell’arte che al pari nostro hanno visitato la BIAF. Da qui il nostro responso. Ecco allora i dieci stand che hanno dimostrato la capacità di trasformare l’esperienza della Biennale in un viaggio unico.
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Lo stand di Carlo Orsi si presenta con tre pezzi da novanta: la Madonna col Bambino e la Maddalena, dipinto di Tiziano ritrovato (venne eseguito dal maestro cadorino forse verso l’inizio degli anni Cinquanta del Cinquecento, e poi modificato qualche anno più tardi dal suo collaboratore Girolamo Dente: questa la posizione dello studioso Enrico Maria Dal Pozzolo), la Susanna e i vecchioni di Frans Floris, straordinario dipinto di uno dei più “italiani” dei fiamminghi del Cinquecento, e poi la splendida Natura morta di Fede Galizia. Ma non sono le uniche sorprese che Carlo Orsi riserva al pubblico della Biennale Internazionale dell’Antiquariato. Meno appariscente, ma importante per le arti fiorentine del Seicento, è per esempio una Crocifissione di Giovanni Battista Foggini, modello in cera per l’opera in argento eseguita per la cappella del Santissimo Sacramento della Cattedrale di Pisa. La qualità, insomma, qui davvero non manca.
La galleria londinese oggi diretta da Milo Dickinson, che ha preso le redini dell’attività di famiglia dal padre Simon, è tra quelle che si sono più fatte notare, soprattutto per via di un foglio che sta facendo molto discutere, dal momento che è attribuito al giovane Michelangelo: si tratterebbe della sua prima opera nota. Non è però l’unico oggetto degno d’attenzione: da vedere le opere d’epoca medievale (una Scena della vita di san Nicola di Bicci di Lorenzo e una Natività del Maestro di Verucchio), oltre a un sontuoso ritratto di Alessandro Allori che è uno dei pezzi più belli di tutta la BIAF.
Poche opere allo stand di Canesso, ma tutte di qualità altissima. Potrebbero tranquillamente stare in un museo, a cominciare dalla Madonna col Bambino del Bronzino da 2,5 milioni di euro che è un po’ la star di questa BIAF. Ma sulla parete a fianco la successione è spettacolare: un orsetto di Bartolomeo Bimbi, una Sacra Famiglia con san Giovannino di Giulio Cesare Procaccini e un Lamento di Amita di Bartolomeo Cavarozzi, tutte opere dal lungo pedigree e che farebbero la felicità dei collezionisti più attenti e raffinati (oltre che facoltosi, ovviamente, dal momento che sono tutte opere dal prezzo sostenuto).
Antonacci Lapiccirella Fine Art presenta una movimentata e versatile proposta che presenta pezzi da novanta tra Otto e Novecento: tra le opere da vedere con attenzione, uno straordinario e non così comune ritratto di Vincenzo Camuccini che raffigura il miniaturista August Grahl, di qualità sostenutissima (è uno dei migliori ritratti della sua produzione), uno splendido pastello di Umberto Boccioni che il pubblico ha potuto vedere lo scorso anno alla mostra sull’artista futurista alla Fondazione Magnani Rocca, un capolavoro dello svedese Gustav Fjaestad nonché una grande ceramica di Leoncillo per valorizzare una forma d’arte che forse in questa BIAF è lasciata un poco in disparte, salvo ovviamente eccezioni come questa. A fare da sfondo, una grande opera di Tancredi Parmiggiani del 1952, anno della sua adesione allo spazialismo, movimento che si riscontra tutto in questo lavoro di alto livello.
Una sequenza di opere di grande rilievo merita l’ingresso di Altomani&Sons nella nostra top ten: gli Amorini di Guido Reni sono tra i più interessanti pezzi di tutta la Biennale, per il San Sebastiano di Guercino vale lo stesso ragionamento (è stato di recente esposto alla mostra sul Guercino tenutasi a Torino), e poi da non perdere il curioso modello per il monumento equestre a Francesco III duca di Modena, opera del carrarese Francesco Antonio Casarini che condensa, in poco più di mezzo metro di marmo, tutta la sua abilità. Interessante anche un ritratto femminile di mano ignota (l’autore è definito, con formula vagamente longhiana, l’“Amico friulano di Dosso”), tra i vertici della ritrattistica cinquecentesca che si possono vedere alla BIAF.
La galleria torinese dei coniugi Masoero ci ha colpito per la sua proposta eclettica, la più varia di tutta la mostra, sostenuta però da coerenza estetica: si va dalla mobilia antica alla ceramica, dall’arte del Novecento (c’è una bella natura morta di Filippo de Pisis che è il pezzo forte dello stand e ha una provenienza illustre: era infatti nella collezione di Riccardo Gualino e passò anche per quella di Giorgio Salice, quindi chi la comprerà potrà vantare d’essere il continuatore di un’alta tradizione collezionistica) al disegno, e c’è anche una curiosa sezione dedicata a fumetti e cartoni animati, con una grande tela di Hugo Pratt e un cel originale di produzione del Libro della giungla targato Disney. L’idea di Secol-Art, galleria fondata nel 1984, è quella di rivolgersi sia a un pubblico di collezionisti consolidati dai gusti tradizionali, sia a una nuova classe di appassionati che magari sono in cerca di cose nuove.
La qualità dell’Ottocento e del Novecento a questa BIAF è davvero altissima e in tutti gli stand che trattano il settore c’è di che rimanere sorpresi e deliziati, ma lo stand di 800/900 ArtStudio sembra aver fatto un passo più, non solo per la coerenza della sua proposta, ma anche per la possibilità di vedere cose che neppure nei musei è dato vedere: dove si può trovare una parete zeppa di dipinti di alta qualità di Lorenzo Viani in un museo italiano (tolta la Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea della sua Viareggio)? Un Viani così, artista a lungo bistrattato da critica e musei, si può vedere soltanto qui. E poi, ci sono opere di alto livello, e dalla lunga storia, di diversi nomi importanti del nostro Ottocento: Niccolò Cannicci, Luigi Gioli, Plinio Nomellini, Vittorio Corcos e altri, fino ad arrivare ai postmacchiaioli e ai labronici.
Nella Sala del Trono di Palazzo Corsini, sua consueta ubicazione, lo stand di Salamon espone uno dei capolavori di questa edizione della BIAF, i Portatori che giocano a carte di Giacomo Ceruti, l’unica opera del ciclo di Padernello del grande artista lombardo rimasta sul mercato. Tra le altre opere da segnalare, in un allestimento che, com’è tipico della galleria milanese, ricorda quello di un museo (per distanza tra le opere, illuminazione, presentazione, impressione generale, didascalie), figurano sicuramente la Natività di Andrea Previtali, un forse troppo sottovalutato tondo di Piero di Cosimo reso noto da Gustavo Frizzoni nel 1890 e un tempo in collezione Borromeo (è stato restaurato in vista di questa BIAF ed è dunque tornato a presentarsi agli occhi di pubblico e critica per accendere nuovamente l’interesse sul suo conto), una Crocifissione di Giovanni Antonio da Pesaro esposta già in diverse mostre. Difficile trovare altri stand di qualità così alta.
Merita una visita lunga lo stand di Flavio Gianassi anche solo per due motivi: le quattro teste grottesche urlanti di Gian Lorenzo Bernini, autentica rivelazione di questa BIAF, opera della quale stanno parlando tutti (vennero fuse per la carrozza personale dell’artista, che poi le smontò e le conservò nella sua collezione: da allora sono sempre rimaste fino a oggi in mano agli eredi) e per il crocifisso di Giovanni da Rimini, esposto di recente in mostra. Da vedere anche i tondi di Bicci di Lorenzo presentati qualche mese fa a TEFAF e lo scomparto di predella sempre di Bicci di Lorenzo.
Tra i pochi stand che non deludono mai, c’è quello di Caretto&Occhinegro, i più giovani galleristi che giocano su questi livelli e da anni sono specializzati in arte fiamminga e olandese. Quest’anno la selezione portata in mostra è di livello veramente alto (non che nelle passate edizioni della BIAF o in altre fiere i due antiquari torinesi avessero presentato una proposta più bassa, ma quest’anno i pezzi sono davvero sorprendenti). Un nucleo non distante da quello che la galleria aveva portato a TEFAF, ma dal sapore più intimo: c’è una simpatica Festa nel villaggio di David Vinckboons, la luminosissima Madonna col Bambino del Maestro dell’Adorazione di Anversa, un San Girolamo del lombardo naturalizzato fiammingo Ambrosius Benson (nome all’anagrafe Ambrogio Benzone), un Paesaggio con viandanti di Sebastian Vranckx che spicca per la sua modernità. L’attenzione dei più è stata catalizzata da un Paesaggio notturno con storie di Cerere di Jan Brueghel I, ma come trascurare la Giuditta di Frans Floris che dialoga a distanza con l’altra eroina, la Susanna, dipinta dal pittore fiammingo e visibile allo stand di Orsi? Quasi la chiusura di un percorso.