Quando, nel 2019, lo storico dell’arte Timothy Clifford annunciò di aver individuato la prima opera nota di Michelangelo Buonarroti (Caprese, 1475 – Roma, 1564) lo scalpore fu molto: poi, per qualche tempo, il disegno da lui attribuito a un giovanissimo Michelangelo, meno che quindicenne, si è allontanato dalle cronache ma ha continuato a essere oggetto delle attenzioni degli studiosi, che non hanno smesso di discutere attorno a questo singolare Studio di Giove. E adesso, il foglio finalmente è sul mercato: la galleria londinese Dickinson lo ha presentato alla Biennale Internazionale dell’Antiquariato di Firenze, come opera di Michelangelo, in vendita a 2 milioni di euro.
Per la Galleria, lo Studio di Giove “rappresenta una delle più emozionanti scoperte nel settore Old Masters degli ultimi decenni, ed è un’importante aggiunta al piccolo gruppo di disegni esistenti di Michelangelo”. Il foglio venne acquistato in asta a Parigi nel 1989 come opera di una mano anonima, ed è ora ritenuto da molti studiosi come il primo disegno conosciuto del maestro rinascimentale. Lo schizzo, in due tonalità di inchiostro marrone, raffigura il profilo di un uomo barbuto che indossa una toga, seduto e rivolto a sinistra, colto mentre guarda verso il basso. Tende in avanti la mano destra e tiene un bastone o uno scettro nella sinistra, che poggia sulle sue ginocchia; i piedi sono nudi, il destro è raffigurato di profilo mentre il sinistro punta verso l’osservatore. Il trono antico su cui siede presenta braccioli intagliati con volute a forma di lira e una sezione centrale decorativa con modanature a forma di E su entrambi i lati e, al centro, un teschio di animale. La figura stessa è basata su un frammento di marmo romano, la metà inferiore di un Giove in trono (I-II secolo d.C.) che all’epoca era nella collezione del collezionista e mercante Giovanni Ciampolini (m. 1505) a Roma alla fine del XV secolo. Questo marmo, che fu poi restaurato con l’aggiunta della parte superiore del corpo e della testa di Giove, è ora conservato al Museo Archeologico Nazionale di Napoli.
Dopo la scoperta, molti studiosi hanno convenuto sul fatto che l’autore del foglio doveva essere un giovane che lavorava nello studio del Ghirlandaio nella Firenze di fine Quattrocento. Esattamente come Michelangelo, che passò nella bottega del grande pittore fiorentino. Lì, studiò insieme ad altri giovani di talento, affinando le sue capacità e iniziando a sviluppare il suo stile. In questo periodo, Michelangelo beneficiava anche della protezione e del patrocinio di Lorenzo de’ Medici, che gli facilitò l’accesso alla scultura antica e incoraggiò la sua ambizione. Sulla base di confronti con altri disegni iniziali e della presenza significativa dei due toni distintivi di inchiostro, molti studiosi di spicco del settore, tra cui Paul Joannides, Timothy Clifford, Zoltán Kárpáti, Miles Chappell e David Ekserdjian, hanno sostenuto che questo disegno sia la prima opera su carta conosciuta del giovane Michelangelo.
Quando Ghirlandaio era impegnato a dipingere il ciclo delle Storie della Vergine nella chiesa di Santa Maria Novella a Firenze, Michelangelo fu presentato a Lorenzo il Magnifico, forse grazie all’amicizia con Francesco Granacci. Questo incontro si rivelò prezioso per Michelangelo: il Magnifico, com’è noto, gli permise di fare disegni delle opere della sua collezione di sculture antiche nella sua residenza vicino al convento di San Marco. Michelangelo, nella residenza del Magnifico, incontrò diverse importanti personalità: lo scultore Bertoldo di Giovanni, che era stato collaboratore di Donatello e si era preso cura della collezione del Magnifico, Angelo Poliziano, il tutore dei figli di Lorenzo, umanista, poeta e collezionista di antichità, e proprio Giovanni Ciampolini, uno dei primi collezionisti di antichità romane.
La sopravvivenza di altri disegni contemporanei raffiguranti Giove in trono è la prova del grande fascino per la scultura antica diffuso all’epoca, così come dell’alta considerazione che, a quelle altezze cronologiche, gli artisti fiorentini avevano per questo frammento. Il disegno di Michelangelo non è una semplice copia del Giove in trono, ma presenta piuttosto alcune differenze rilevanti. Come ha notato David Ekserdjian, la posizione del piede destro, che è sollevato verso l’alto dal tallone nel marmo, è appoggiata sul piedistallo nel foglio di Michelangelo. Inoltre, le pieghe del drappeggio tra le gambe della figura sono più squadrate di quanto non appaiano nel marmo. La metà superiore del disegno è evidentemente un’invenzione, il che potrebbe spiegare la descrizione dettagliata della metà inferiore del corpo, che mostra uno studio più sommario del volto e della mano destra.
Nella sua discussione sullo Studio di Giove, David Ekserdjian ha suggerito che Michelangelo non stesse copiando direttamente dal marmo, ma piuttosto da un altro disegno raffigurante la scultura. Ciò sarebbe conforme alla pratica della bottega fiorentina del Quattrocento, dove gli apprendisti copiavano i disegni del loro maestro per migliorare la loro arte. Come ha sottolineato Clifford, la fonte ultima del disegno, il frammento di marmo di Giove in trono, si trovava a Roma all’epoca, e si sa che il Ghirlandaio si recava regolarmente a Roma per studiare i marmi recentemente scavati. Nell’edizione del 1568 delle sue Vite, lo stesso Giorgio Vasari spiega come Michelangelo avesse imparato dallo studio dei disegni del Ghirlandaio: in particolare Granacci forniva al giovane Buonarroti ogni giorno disegni del Ghirlandaio. Si ritiene che sia stato proprio Granacci a introdurre per primo Michelangelo nella bottega del Ghirlandaio e a spronarlo a chiedere al maestro di prenderlo come suo apprendista.
Il giovane Buonarroti iniziò la sua carriera nella bottega dei fratelli Domenico e David Ghirlandaio all’età di circa 12 anni, svolgendo commissioni per il maestro e gli apprendisti. Nel 1488 fu poi arruolato come apprendista per un periodo di tre anni, anche se vi rimase solo per due. Vasari pubblicò, nella seconda edizione delle Vite, il contratto di apprendistato stilato tra Domenico Ghirlandaio e il padre di Michelangelo, Ludovico, firmato il 1° aprile 1488 con l’intento dichiarato di istruire Michelangelo nell’arte della pittura. Fu attraverso l’istruzione del Ghirlandaio che Michelangelo arrivò ad apprezzare, copiare e studiare l’opera dei maestri come Giotto e Masaccio. Ed è proprio la vicinanza al Ghirlandaio a spiegare la presenza di certi dettagli nello stile del pittore fiorentino in questo disegno, come le forme a goccia delle pieghe. Come ha ricordato Zoltán Kárpáti nel catalogo della recente mostra di Michelangelo a Budapest (2019), dove il foglio è stato esposto per la prima volta, Michelangelo era un talentuoso copista che fu in grado di imitare la tecnica del Ghirlandaio fin dai suoi primi giorni da apprendista.
Quando l’attuale proprietario acquistò il disegno più di tre decenni fa, non si sapeva nulla della sua storia, ed era totalmente sconosciuto agli studiosi. Le prime ricerche hanno confermato che l’opera ha avuto origine nella bottega di Domenico Ghirlandaio. La presenza delle forme a goccia delle pieghe ha portato Nicholas Turner, già in forza al Dipartimento di stampe e disegni del British Museum ed esperto di disegni del Rinascimento italiano, a suggerire un’attribuzione allo stesso Domenico Ghirlandaio. Questa attribuzione è stata respinta da Chris Fischer, che ha anche respinto l’attribuzione del disegno da parte di Everett Fahy a Fra’ Bartolomeo, un artista che, come Michelangelo, trascorse un periodo di tempo lavorando nello studio del Ghirlandaio. Altri studiosi come Francis Ames-Lewis, Jean Cadogan e Michael Hirst erano convinti che il disegno fosse stato realizzato da un artista che lavorava nello studio di Ghirlandaio.
Il collegamento del disegno con i primi lavori di Michelangelo fu fatto per la prima volta da Miles Chappell, esperto di disegni fiorentini del XV e XVI secolo. Dopo un’ampia ricerca, il disegno fu pubblicato per la prima volta come opera del giovane Michelangelo nel 2019 nel catalogo che accompagnava la mostra Triumph of the Body: Michelangelo and Sixteenth-Century Italian draughtsmanship, tenutasi dal 6 aprile al 30 giugno 2019 al Museo di Belle Arti di Budapest. Questa ricerca fu supportata da Paul Joannides, che catalogò i disegni di Michelangelo al Louvre, all’Ashmolean Museum di Oxford e pubblicò i disegni di Michelangelo nella Royal Collection per una mostra alla National Gallery of Art di Washington. Joannides, in una comunicazione privata dell’ottobre 2015, ha notato la sorprendente fluidità con cui la citazione dall’antico si fonde con la parte superiore del corpo e l’invenzione dell’artista, caratteristica del modo in cui Michelangelo lavorava e si sviluppava in questo periodo. Successivamente, David Ekserdijan si è detto concorde con queste scoperte.
L’attribuzione a Michelangelo si basa su diversi fattori: a determinarla, in particolare, è soprattutto il fatto che il soggetto, i materiali e lo stile del disegno siano tutti in accordo con ciò che sappiamo delle fasi iniziali della carriera di Michelangelo. Il disegno presenta due tonalità di inchiostro marrone: questa era una tecnica che Michelangelo usava spesso, ma al contrario non la vediamo mai nei disegni dello stesso Ghirlandaio. Il motivo per il quale Michelangelo aveva scelto questa tecnica non è noto: forse, stava semplicemente sperimentando mezzi per ottenere una gamma più ampia di tonalità nei suoi disegni. Tuttavia, non si trattava di una tecnica utilizzata per rivedere o modificare i suoi disegni, poiché utilizzava i due toni fin dall’inizio della stesura, anziché usare l’inchiostro più scuro per correggere i passaggi disegnati originariamente con quello più chiaro.
Joannides, Clifford ed Ekserdijan hanno ipotizzato che lo Studio di Giove di Michelangelo sia la sua prima opera su carta esistente, risalente al 1490 circa. Prima della scoperta del presente disegno, la prima opera conosciuta accettata dagli studiosi è uno Studio di due figure da Giotto oggi al Louvre, risalente al 1490-1492 circa. Di tutti i disegni noti di Michelangelo, quello del Louvre è il più vicino, stilisticamente, allo stesso Ghirlandaio, quando le lezioni del suo apprendistato erano sentite ed espresse in maniera più evidente. Clifford descrive il “flusso e il fruscio melliflui dei drappeggi” dalla mano del Ghirlandaio: “Sono catturati e gettati in riccioli, pozze e depressioni, con queste ultime che spesso assumono una forma di ‘lacrima’”. Clifford inoltre paragona il drappeggio raccolto attorno allo stomaco della figura che si sporge in avanti nel disegno del Louvre alle pieghe raggruppate e raccolte nella toga di Giove nel foglio Dickinson, descritte utilizzando una rete di tratteggi. Ancora un po’ più tarda, datata all’incirca al 1492-93, è la Figura maschile da Masaccio ora a Monaco. Considerando la progressione dal foglio Dickinson, attraverso l’esempio del Louvre e fino al disegno di Monaco, è possibile vedere come la tecnica di tratteggio di Michelangelo stia diventando più sicura in un breve lasso di tempo. La descrizione della testa della figura, il suo profilo descritto in contorni vivaci, con la penna che evidentemente preme con fermezza in alcuni punti e con leggerezza in altri, è molto simile a quella dello Studio di Giove. Simili sono anche la pennellata di inchiostro sotto il naso (più audace), la forma a V dell’orbita oculare di profilo e il mento arrotondato e leggermente bulboso. Una linea ondeggiante descrive i contorni delle maniche mentre il tratteggio corre parallelo al braccio e anche trasversalmente, per aggiungere profondità e dimensione.
Ulteriori confronti possono essere fatti con un disegno di Tre uomini in piedi conservato all’Albertina di Vienna, raffigurante tre personaggi probabilmente copiati da una scena dell’affresco distrutto di Masaccio nel chiostro di Santa Maria del Carmine a Firenze. È datato intorno al 1492-1496, periodo in cui Michelangelo si sta allontanando ulteriormente dal Ghirlandaio e la tratteggiatura usata per descrivere le pieghe dei mantelli sta diventando più densa e complessa, con più strati di tratti paralleli che corrono ad angolo tra loro. Queste figure sono ancora una volta mostrate di profilo e, sebbene l’anatomia sia più sicura, rimangono alcuni tratti distintivi stilistici: le orbite a forma di V, ad esempio, o, come nota Clifford in relazione ai disegni del Louvre e di Monaco, i menti leggermente arrotondati. Gli studiosi hanno anche notato alcune debolezze nel disegno, tipiche di un giovane artista che lavora alla sua arte, viste ad esempio nel piede piatto e solo vagamente abbozzato della figura sul retro. Le mani, notoriamente parti del corpo difficili da padroneggiare da parte di un artista, sono assenti. Il disegno di questo periodo venuto alla luce più di recente è un’altra copia da un affresco di Masaccio: questa volta, una copia dal Battesimo dei neofiti della Cappella Brancacci, che è stata venduta a 23 milioni di euro da Christie’s nel 2022. Questo disegno è stato rielaborato da Michelangelo in un secondo momento utilizzando pennello e inchiostro, ma la rete di tratteggi che forma le vesti delle figure che accompagnano il nudo centrale può essere confrontata con quella vista nel disegno Dickinson.
Quando il disegno fu scoperto nel 1989, subì un intervento di conservazione da parte di André Le Plat, in precedenza responsabile della conservazione presso il Cabinet du dessin del Louvre. Le Plat osservò che il disegno era stato ritagliato da un foglio più grande, che probabilmente includeva altri studi, e che il bordo destro irregolare mostrava tracce di strappi che suggerivano che c’erano stati alcuni problemi di umidità nella storia del disegno. A suo parere, il disegno, originariamente doveva essere più forte e denso al tatto, e questo è evidente nel confronto con alcuni degli altri studi di Michelangelo degli anni Novanta del Quattrocento, in cui la densità del tratteggio incrociato è più pronunciata. Tuttavia, come ha notato Clifford, ci sono stretti parallelismi tra il metodo leggermente più lasco del tratteggio incrociato nello Studio di Giove e il tratteggio utilizzato nella figura inclinata nel disegno del Louvre, in particolare sul braccio destro e nella curva in cui il braccio incontra la schiena.
Una caratteristica particolarmente interessante dello Studio di Giove è la raffigurazione della mano sinistra, poco convincente e goffa. Questa mano è stata un’invenzione dell’artista e, a differenza della metà inferiore del disegno, non è stata copiata da un modello precedente. Si sa che Michelangelo era più preoccupato della monumentalità delle sue figure che dei dettagli delle estremità, come notato da Jean Cadogan, che ha osservato che “Michelangelo non era interessato al disegno dettagliato di mani e teste quando copiava dai maestri antichi e rinascimentali. Il suo interesse principale era rendere volume, massa e monumentalità dei suoi soggetti. Penso che questo sia evidente quando si guardano tutte le sue copie dai maestri rinascimentali”.
Solo in seguito Michelangelo si interessò (anzi, la cosa diventò quasi un’ossessione) allo studio dell’anatomia, e in questi primi disegni c’è una debolezza costante nelle mani e nei piedi, tipica di un artista senza esperienza significativa. Nel disegno del Louvre di data comparabile, la figura china è mostrata con una mano esitante e flaccida, con un contorno più pesante e scuro che suggerisce un tentativo di rielaborarla e perfezionarla, anche se con scarso successo. Una goffaggine rilevabile anche nel disegno di Monaco.
Lo Studio di Giove ha già suscitato molta curiosità, date anche le cifre che i disegni di Michelangelo sono in grado di raggiungere, in virtù della loro estrema rarità: verso il termine della sua vita, infatti, Michelangelo bruciò, oppure ordinò di bruciare, gran parte dei suoi disegni (ne sopravvivono circa 600, in gran parte conservati nei musei). Di conseguenza, quando un foglio arriva sul mercato, è sempre oggetto di grande attenzione. In questo caso però, rispetto ad alcuni fogli andati in asta di recente, la richiesta è più bassa. Ma si parla pur sempre di un’opera da 2 milioni di euro e di un foglio che ha tutte le carte in regola per scuotere il mercato.