Per il secondo anno consecutivo, con l’ultimo giorno dell’anno pubblichiamo la classifica delle migliori mostre del 2023 in Italia secondo la redazione di Finestre sull’Arte. Come lo scorso anno, ì prendiamo in considerazione soltanto le mostre che hanno aperto nel corso dell’anno (quindi escludendo le mostre che hanno aperto nel 2022 e sono proseguite nel 2023). Ecco la classifica!
La nostra classifica comincia da un anniversario, quello della scomparsa di Luca Signorelli, passato un po’ in sordina, ma comunque adeguatamente ricordato con una mostra al Museo dell’Accademia Etrusca di Cortona. Appena una trentina di opere distribuite su due sale (dunque in uno spazio davvero denso e stretto), ma un’alta concentrazione di capolavori. La rassegna, intitolata Signorelli 500. Maestro Luca da Cortona, pittore di luce e poesia e curata da Tom Henry, è servita soprattutto per riaffermare l’importanza di questo artista, meno noto di altri suoi colleghi che lavorarono al suo tempo, per le arti del Rinascimento. Non sono mancate, nel passato anche recente, altre mostre su Signorelli: difficile però immaginarne una così... radicata sul territorio, dato che Cortona è la città di Signorelli, e dunque dalla rassegna del MAEC era possibile andare alla scoperta dell’artista direttamente nei suoi luoghi (tant’è che la mostra stessa proponeva degli itinerari ad hoc, un punto di merito). Anche a questo dovrebbero servire le mostre. Leggi la nostra recensione.
Una grande mostra con oltre cento opere per raccontare uno dei pontificati che più hanno lasciato il segno su Roma. La nona posizione della classifica va a L’immagine sovrana. Urbano VIII e i Barberini, che si è tenuta alla Galleria Nazionale d’Arte Antica di Palazzo Barberini (curatela di Flaminia Gennari Santori, Maurizia Cicconi e Sebastian Schütze) e ha radunato importanti prestiti internazionali da grandi musei con opere di artisti di prim’ordine (da Caravaggio a Bernini, da Ludovico Carracci a Nicolas Poussin) in un percorso coinvolgente. Molto spazio all’arte, poco spazio alla politica (su questa parte la rassegna è un po’ mancata), ma è stata una delle migliori esposizioni che si siano viste a Roma negli ultimi anni. Leggi la nostra recensione.
Non si può certo dire che la mostra sui CCCP non sia stata tra le più attese dell’anno. Un evento, più che una mostra (Felicitazioni! CCCP – Fedeli alla Linea 1984-2024), a cui è seguita una reunion dello storico gruppo punk. E la mostra, allestita ai Chiostri di San Pietro di Reggio Emilia, ha saputo essere ben più della solita esposizione dedicata a un gruppo musicale: i CCCP sono andati oltre le aspettative (e c’era da attenderselo) dando vita a una sorta di opera d’arte totale, tra sculture, ambienti immersivi, installazioni create per l’occasione, una mostra nella mostra con le fotografie di Luigi Ghirri, per finire con una sorta di grande cattedrale punk che dava il saluto ai visitatori. Come unire arte e musica per coinvolgere un pubblico trasversale: non è infatti necessario aver visto i CCCP all’opera ai loro tempi per apprezzare questa mostra. Leggi la nostra recensione.
Il duo Bertozzi&Casoni è uno dei nomi di punta dell’arte italiana contemporanea, e le loro opere sorprendono il pubblico dagli anni Ottanta. Mai prima di quest’anno però era stata dedicata a Bertozzi&Casoni una mostra che ripercorresse l’intera loro carriera: l’hanno organizzata quest’anno i musei di Imola. Tranche de vie, questo il titolo della mostra curata da Diego Galizzi, è divisa in tre parti: la sezione “storica” al Museo San Domenico (con opere dagli anni Ottanta fino alla seminale Scegli il Paradiso del 1997, opera spartiacque nella carriera del duo), una selezione di lavori dalla fine degli anni Novanta a oggi inseriti negli ambienti antichi di Palazzo Tozzoni, e una nuova opera, nata dopo una gestazione ventennale, installata in un passaggio della Rocca Sforzesca. Ne è uscito un progetto dalla doppia anima (quella più “tradizionale” del Museo San Domenico e quella più scenografica e spettacolare di Palazzo Tozzoni e Rocca Sforzesca), in grado di entrare in maniera completa e coinvolgente nell’arte di Bertozzi&Casoni, due artisti che hanno dato nuova vita alla ceramica.
Il palinsesto di Bergamo e Brescia Capitali Italiane della Cultura 2023 è stato molto ricco, forse il più intenso e interessante da quando esiste la capitale italiana della cultura. E l’Accademia Carrara di Bergamo si è distinta per la prima monografica di sempre dedicata a Francesco Boneri, detto Cecco del Caravaggio, talentuoso e poco studiato allievo del Caravaggio: nel museo bergamasco il curatore Gianni Papi ha radunato gran parte della sua produzione nota animando una rassegna di circa quaranta opere che, nell’ambito dell’arte antica, è stata sicuramente tra le migliori dell’anno non soltanto in Italia. Una rassegna di alto profilo scientifico e anche molto curata nei suoi apparati. Leggi la nostra recensione.
Negli anni sono state dedicate diverse mostre a Giorgio Morandi: poche però hanno raggiunto la completezza della rassegna che quest’anno Palazzo Reale ha riservato al grande pittore delle nature morte. Un percorso, quello curato da Maria Cristina Bandera, che ha raccolto nelle sale dell’istituto milanese un’approfondita selezione di lavori in grado di raccontare l’intera carriera di Morandi, dagli esordi fino agli ultimi anni, attraversando tutte le sue fasi, da quella metafisica degli inizi fino alle composizioni con bottiglie degli anni Cinquanta e Sessanta, riservando il giusto spazio ai paesaggi, alle incisioni e agli altri temi portanti dell’arte di Morandi. Una mostra che è stata poi in grado di abbattere i pregiudizi sull’artista bolognese (su tutti quello secondo cui sarebbe stato un artista ripetitivo) con un percorso mai noioso, in grado di mostrare che Morandi era in realtà un artista versatile e sempre pronto a sperimentare.
La mostra sul Perugino della Galleria Nazionale dell’Umbria di Perugia, curata da Marco Pierini e Veruska Picchiarelli, è stata una delle più attese del 2023 perché cadeva nell’anno del cinquecentenario della morte dell’artista umbro. La mostra, allestita in Sala Podiani, ha deciso di concentrarsi soltanto sul primo periodo dell’arte del Perugino, concludendosi con lo Sposalizio della Vergine, prestito eccezionale giunto dal Musée des Beaux-Arts di Caen: solo quest’opera fondamentale valeva la visita. La mostra, seppur allestita in spazi un poco angusti specialmente nelle prime sale, ha radunato molte opere importanti del Perugino, messe a confronto con lavori di altri grandi artisti del tempo con cui l’artista ebbe modo di misurarsi, da Bartolomeo Caporali a Luca Signorelli, da Benedetto Bonfigli a Giovanni Santi, risultando dunque una delle migliori dell’anno. Imponente il catalogo. Leggi la nostra recensione.
A Ferrara, Palazzo dei Diamanti ha riaperto dopo gli importanti lavori di restyling con una doppia monografica su Ercole de’ Roberti e Lorenzo Costa (Rinascimento a Ferrara. Ercole de’ Roberti e Lorenzo Costa), curata da Michele Danieli e Vittorio Sgarbi, che si guadagna il terzo gradino del podio (quest’anno, vale la pena sottolinearlo, è stato però difficile scegliere la graduatoria finale delle prime tre, poiché tutte mostre validissime). Di Ercole de’ Roberti è stata radunata gran parte della sua produzione (e le assenze principali non erano imputabili ai curatori: la Pietà di Liverpool non si è mossa dall’Inghilterra per ragioni di conservazione, mentre la Pala Portuense è stata dichiarata inamovibile dalla Pinacoteca di Brera), e anche Lorenzo Costa è stato adeguatamente rappresentato: ne è risultato un percorso che ha consentito al pubblico un affondo completo sull’arte ferrarese del Rinascimento, accompagnato da un ottimo catalogo. La mostra su Ercole de’ Roberti e Lorenzo Costa si è posta come ideale continuazione della mostra su Cosmè Tura e Francesco del Cossa del 2007, ed è stato detto che seguiranno altre rassegne che, sempre a Palazzo dei Diamanti, approfondiranno i maestri del Rinascimento a Ferrara, sempre con coppie di artisti vissuti nello stesso periodo (per alcuni si tratterà della prima volta). L’aspettativa ovviamente è altissima. Leggi la nostra recensione.
Il secondo posto spetta alla mostra Moroni (1521-1580). Il ritratto del suo tempo, dedicata a Giovanni Battista Moroni e curata da Simone Facchinetti e Arturo Galansino. Si è aperta pochi giorni fa nelle sale delle Gallerie d’Italia di piazza Scala a Milano ma merita il podio della nostra classifica perché è la più completa rassegna di sempre dedicata a Moroni e ha radunato tutti i capolavori più importanti dell’artista bergamasco, concentrandosi soprattutto sui ritratti ma dedicando uno spazio rilevante anche ai disegni e soprattutto alle pale d’altare, mettendo a confronto le opere di Moroni con quelle dei grandi del suo tempo, a partire dal suo maestro Moretto e toccando Tiziano, Tintoretto, Lorenzo Lotto e altri artisti del Cinquecento che hanno costituito per Moroni punti di riferimento ineludibili. Una mostra dal taglio originale (l’impianto è infatti costruito su focus tematici: ne risulta dunque un percorso che, seppur composto in gran parte da ritratti, non annoia mai neanche per un secondo il pubblico) che figura tra le migliori che le Gallerie d’Italia abbiano organizzato negli ultimi anni.
Organizzare una mostra appassionante su un artista poco noto come Giacomo Ceruti (e forse anche poco gradito al pubblico, oltre che colpito dai pregiudizi provocati da quel soprannome, “Pitocchetto”, così poco utile a descrivere la sua importanza) non era cosa facile, anche tenendo conto del fatto che in passato era già stato protagonista di una monografica importante, quella curata da Mina Gregori nel 1987. Un precedente illustre con cui misurarsi. Eppure, i curatori Roberta D’Adda, Francesco Frangi e Alessandro Morandotti hanno centrato tutti gli obiettivi organizzando una mostra (Miseria & Nobiltà. Giacomo Ceruti nell’Europa del Settecento, al Museo Santa Giulia di Brescia) che merita la medaglia d’oro di quest’anno per diversi aspetti: la completezza della selezione (sono giunti prestiti da ogni parte del mondo, rappresentativi di tutte le fasi della carriera di Ceruti, ed è stato anche riunito quasi per intero il ciclo di Padernello), la puntualità dei confronti, la varietà del percorso, la qualità del catalogo (uno dei più interessanti e coinvolgenti cataloghi di mostre degli ultimi anni). Una mostra eccellente, seguita poi da una mostra gemella a Los Angeles (Giacomo Ceruti. A compassionate eye, al Getty Center), all’altezza della capitale italiana della cultura, e già diventata un caposaldo negli studi sull’artista. Leggi la nostra recensione.
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