Le folle ai musei gratis non sono un “grande risultato”, sono preoccupanti


Secondo il ministro Sangiuliano, la domenica gratuita appena trascorsa è stata un “grande risultato”: le folle ai musei gratis non sono però un trionfo, sono preoccupanti e indicano che c’è un problema strutturale da risolvere.

Ieri, a poche ore dalla conclusione della domenica gratuita del 4 giugno, per la prima volta abbinata a un’altra gratuità a stretto giro (quella istituita per la Festa della Repubblica), il ministro della cultura Gennaro Sangiuliano dichiarava trionfante che la domenica appena trascorsa concludeva “con un grande risultato il lungo ponte all’insegna della cultura, apertosi con l’ingresso libero nei musei e parchi archeologici statali del 2 giugno, istituito per la prima volta in occasione della Festa della Repubblica: due giorni di gratuità per godere dello straordinario patrimonio culturale nazionale”. Una “occasione straordinaria”, ha proseguito Sangiuliano, “per cittadini e turisti per scoprire o riscoprire opere e monumenti, appropriandosi della loro bellezza e nutrendo lo spirito della loro aura”. Non solo: nel primo pomeriggio di domenica, il ministro postava su Twitter alcune fotografie delle lunghe code davanti al Colosseo, a dimostrare il “successo per i nostri parchi archeologici e musei”.

Nonostante questi risultati vengano venduti come un grande trionfo per la cultura, la narrazione del ministro (che, a scanso di equivoci, in relazione alle domeniche gratuite è del tutto identica a quella dei suoi predecessori) parrebbe semmai evidenziare, a un’analisi un poco più approfondita, i sintomi di un problema, che con i recenti e diffusi aumenti ai titoli d’accesso per i luoghi della cultura non potrà che acuirsi. Basti l’esempio degli Uffizi: è facilmente riscontrabile che dal momento in cui i prezzi sono stati ritoccati al rialzo, le visite al museo durante la domenica gratuita hanno sempre superato le novemila unità, evento che prima capitava solo durante le domeniche vicine a festività, e tendenza che sembra non riguardare invece gli altri musei, più legati ai flussi stagionali. Le folle ai musei, insomma, non sono un trionfo: sono preoccupanti.

Si può partire dal fondo: ha ragione il ministro quando dice che la domenica gratuita è una “occasione straordinaria”. L’aggettivo andrebbe però inteso nel senso di “fuori dall’ordinario”: e non è sano che i visitatori aspettino una sola giornata al mese per aver occasione di andare nei musei a loro vicini. Mancano dati sulla composizione dei flussi (al Ministero si chiede da anni di condurre sondaggi per capire com’è strutturato il pubblico dei musei, specialmente in queste occasioni: speriamo arrivi finalmente il momento), ma andrà rilevato che molti musei impediscono di prenotare l’ingresso durante la domenica gratuita, aspetto che disincentiva la visita da parte dei turisti: chi, avendo pochi giorni per visitare Firenze (magari per l’unica volta nella vita e dopo un viaggio transoceanico), è disposto a perdere due o tre ore in coda? Senza contare che, nell’impossibilità di prenotare, molti tour operator neppure considerano la possibilità di far visitare i musei ai loro clienti in queste giornate.

Ad ogni modo, che si tratti di un turista o di un cittadino, come si può pensare che un visitatore del Colosseo, degli Uffizi o dei Pompei risulti soddisfatto della sua esperienza, dopo aver visitato il museo nella calca e dopo aver fatto ore di coda? Una visita al museo o al sito archeologico non dev’essere un tour de force, non dev’essere scomoda: dev’essere la più semplice e gradevole possibile. E soprattutto dev’essere davvero un’occasione per far scoprire al cittadino e al turista un luogo della cultura: non deve portargli via una mezza mattinata passata in fila. Anche perché è autolesionistico per tutti, perché il tempo passato in coda può esser speso dal cittadino e dal turista in altri e più profittevoli modi. Certo: si può ovviare tranquillamente al problema introducendo sistemi tagliacode basati sulla prenotazione. La visita al museo durante la domenica gratuita diventerà così una gara a chi è più veloce a cliccare sulle piattaforme ministeriali, ma almeno, si dirà, il problema delle code verrà risolto, sempre ammesso che i musei sappiano organizzarsi a dovere (un titolo d’accesso ottenuto in anticipo non basta da solo a far sparire magicamente le code: i flussi devono esser comunque gestiti in maniera ottimale per fare in modo che tutti entrino all’orario in cui devono entrare).

La coda al Colosseo in una delle fotografie pubblicate su Twitter dal ministro Sangiuliano
La coda al Colosseo in una delle fotografie pubblicate su Twitter dal ministro Sangiuliano

Il problema però non si limita alla gestione d’una coda: è decisamente meno superficiale. Giungono utili in questo senso le parole del ministro: “due giorni di gratuità per godere dello straordinario patrimonio culturale nazionale”. Ecco: è profondamente sbagliato creare le condizioni affinché il pubblico aspetti quei due giorni di gratuità per “godere dello straordinario patrimonio culturale nazionale”. Non si nega che la domenica gratuita abbia avuto l’effetto di avvicinare tanti cittadini ai loro luoghi della cultura. E in tanti musei poco noti, dove le folle sono quasi sempre assenti, la domenica gratuita rimane comunque un’esperienza piacevole. Ma ci si domanda se, a quasi dieci anni dalla sua introduzione, la domenica gratuita non sia un’esperienza da superare, da lasciarsi alle spalle, da sostituire con misure strutturali che consentano a chiunque lo voglia di godere dei musei ogni volta che lo desidera, senza la necessità di accalcarsi un giorno al mese. Acclarato che ci sono tante persone che hanno voglia di vedere i musei, e dando per scontata la necessità di garantire da una parte un continuo flusso di introiti per gli istituti (quindi no a insensate gratuità totali e permanenti: su queste pagine se n’è già ampiamente discusso), e dall’altra quella di salvaguardare la possibilità di visitarli anche per chi potrebbe non essere così propenso a pagare per entrare ogni volta, si potrebbe lavorare per andare incontro alle esigenze di chi vorrebbe vivere di più i musei, con misure facilmente applicabili, da subito, capaci di far adeguare i nostri musei agli standard europei.

Qualche esempio: sconti o gratuità per chi non ha un’occupazione (una misura già presente da tempo in molti musei europei dal Louvre in giù), oppure per i residenti, almeno su base comunale, se non provinciale, dato che una visita a Palazzo Spinola a Genova è basilare per chi abita a Pegli o al Lagaccio tanto quanto per chi abita a Moneglia o a Chiavari. Per i musei più grandi ingresso gratuito sempre, tutti i giorni, l’ultima ora o le ultime due ore (come accade al Prado), così che chi voglia entrare per vedere anche solo un’opera possa farlo senza dover pagare ogni volta un biglietto (un provvedimento, in sostanza, che incentivi un meccanismo del tipo: lavoro in centro a Firenze, esco dall’ufficio, oggi vado a fare una mezz’ora di aperitivo, domani vado una mezz’ora agli Uffizi per vedermi la Pala dei Magnoli, dopodomani una mezz’ora a Palazzo Pitti per vedermi la Maddalena di Tiziano). In alternativa, rendere sempre più diffuse forme di abbonamento come quelle introdotte da poco tempo agli Uffizi o alla Galleria Nazionale dell’Umbria: pago una certa somma all’anno e ho diritto a entrare al museo tutte le volte che mi pare, magari saltando la coda, oppure beneficiando di sconti al bookshop. E poi, attivare convenzioni incrociate con altri luoghi, per esempio teatri, cinema e, perché no, palestre, negozi, ristoranti. Per esempio: se vai una sera a teatro, hai diritto a un biglietto ridotto al museo. Se ti alleni in una palestra, puoi ottenere lo sconto sull’abbonamento al museo. E così via. I tempi dovrebbero essere sufficientemente maturi per rivedere le nostre politiche d’accesso ai musei: le domeniche gratuite hanno fatto il loro tempo, il pubblico non è un monolite e ognuno visita un museo per i motivi più disparati, le esperienze vanno diversificate. E, soprattutto, occorrerebbe incentivare il pubblico a frequentare i musei. Fare in modo, insomma, che visitare i musei diventi un’abitudine. L’esatto contrario di una “occasione straordinaria”.


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Federico Giannini

L'autore di questo articolo: Federico Giannini

Nato a Massa nel 1986, si è laureato nel 2010 in Informatica Umanistica all’Università di Pisa. Nel 2009 ha iniziato a lavorare nel settore della comunicazione su web, con particolare riferimento alla comunicazione per i beni culturali. È giornalista iscritto all’Ordine dal 2017, specializzato in arte e storia dell’arte. Nel 2017 ha fondato con Ilaria Baratta la rivista Finestre sull’Arte, iscritta al registro della stampa del Tribunale di Massa dal giugno 2017. Dalla fondazione è direttore responsabile della rivista. Collabora e ha collaborato con diverse riviste, tra cui Art e Dossier e Left, e per la televisione è stato autore del documentario Le mani dell’arte (Rai 5) ed è stato tra i presentatori del programma Dorian – L’arte non invecchia (Rai 5). Ha esperienza come docente per la formazione professionale continua dell’Ordine e ha partecipato come relatore e moderatore su temi di arte e cultura a numerosi convegni (tra gli altri: Lu.Bec. Lucca Beni Culturali, Ro.Me Exhibition, Con-Vivere Festival, TTG Travel Experience).






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