Scrivendo di quello splendido lembo di terra che si sviluppa tra le sponde dell’Alto Tevere, noto come Valtiberina, Antonio Paolucci sostenne: “In questa parte d’Italia la Bellezza è ubiqua e pervasiva. Ubiqua perché la incontrate dappertutto, pervasiva perché entra ovunque: nei musei civici custodi di capolavori celebri, nei borghi storici e nelle frazioni rurali dove le pietre e i mattoni hanno il colore del sole e del pane [...]”. Non v’è dubbio che nonostante ormai Sansepolcro non abbia più la scala di un borgo (è infatti oggi una cittadina di poco più di 15.000 anime), questa definizione la descriva appieno. In provincia di Arezzo, Sansepolcro è nota per essere la terra natale di Piero della Francesca, di cui vi si conservano ancora significative testimonianze, ma il suo suggestivo centro storico vanta numerosi altri capolavori, tra pittura, scultura e architettura.
Non esiste itinerario artistico o visita breve a Sansepolcro che non abbia l’obbligo di partire dal Museo Civico, non solo perché custodisce alcuni dei più importanti capolavori del "monarca della pittura”, il titolo con cui il matematico e intellettuale Luca Pacioli appellò Piero della Francesca, ma anche perché al suo interno si trovano tanti altri tesori. Questo importante museo trova la sua sede in quello che fu il Palazzo dei Conservatori del Popolo nel centro della città. Qui Piero della Francesca realizzò il dipinto murario della Resurrezione, per alcuni, tra cui Paolucci, “la più bella resurrezione della Storia dell’Arte”. Inoltre, vi si trova il Polittico della Madonna della Misericordia, su cui l’artista biturgense lavorò a più riprese tra il 1445 e il 1462. Il grandioso polittico, seppur privato della sua originale carpenteria, è un’opera di rara bellezza, dominata dalla tavola centrale con la Madonna che aprendo il suo mantello per accogliere i fedeli assume le fattezze di un “nicchione bramantesco”, come ne scrisse Roberto Longhi. Completano il nucleo di opere pierfrancescane i due lacerti di affreschi del San Ludovico e San Giuliano, che sebbene si presentino in precarie condizioni, mostrano ancora quella resa volumetrica e quel nitore tipici di Piero.
Oltre a una selezione di affreschi e sinopie provenienti dalle chiese cittadine, il museo espone importanti opere come la tavola di San Quintino, realizzata da Pontormo intorno al 1517. Il dipinto viene descritto anche da Vasari, il quale ricorda come inizialmente fosse stato commissionato a Gianmaria Pichi, allievo del pittore nativo di Empoli, ma fu infine realizzato dal maestro volenteroso di aiutare il suo discepolo. Il santo martire è memore nella posa in leggera torsione delle sculture classiche di Prassitele, studiate dal Pontormo, mentre il paesaggio naturale che si sviluppa alle sue spalle mostra suggestioni in bilico tra la lezione di Fra Bartolomeo e quella di Piero di Cosimo. Sempre di grande qualità è anche il complesso dossale in ceramica invetriata con la Natività di Andrea della Robbia, esempio tra i più alti delle diffuse robbiane che si trovano in queste terre. Vanno menzionate, come non di secondario interesse altre opere degli artisti nativi di Sansepolcro, tra cui Santi di Tito, Raffaellino del Colle, Matteo di Giovanni e Angelo Tricca.
Un altro scrigno artistico è il Duomo di Sansepolcro, dalle fattezze romano-gotiche alle quali fu riportato da un arbitrario restauro perpetuato nella prima metà del Novecento cancellandone gli elementi barocchi.
L’edificio nacque come abbazia nel complesso di un insediamento benedettino sorto nel X secolo, forse per ospitare le reliquie del Santo Sepolcro, che secondo antichissima tradizione furono portate da due pellegrini dalla Terra Santa. Il tempio fu ingrandito quando entrò a far parte della congregazione camaldolese e poi ancora nel XIV secolo, per poi assurgere al ruolo di sede vescovile nel XVI secolo.
Sebbene nel corso del tempo sia stato depauperato di alcune opere, tra cui la più celebre è il Battesimo di Cristo di Piero della Francesca, che fu sciaguratamente venduto e dopo alcuni passaggi di proprietà pervenne alla National Gallery di Londra, vi si conservano ancora importantissimi capolavori della storia dell’arte. Il più antico è il Volto Santo: una statua lignea policroma di Cristo Crocifisso, la quale mostra notevoli affinità con il Volto Santo di Lucca. L’opera, di incerta datazione, per taluni è da far risalire al VIII - IX secolo mentre qualcuno propende per l’XI secolo, ed esibisce un’eccezionale colorazione (probabilmente applicata nel XII secolo), sia nel carnato del Cristo che nella tunica sacerdotale celeste. Come il corrispettivo conservato a Lucca si vuole sia un’icona acheropita, cioè non realizzata da mano umana, bensì da intervento divino.
Sull’altare maggiore invece è disposto il sontuoso polittico del senese Niccolò di Segna in cui la tavola centrale rappresenta il Cristo Risorto, che probabilmente fu anche modello per l’opera di Piero della Francesca. Fu invece forse l’artista biturgense a suggerire il motivo della tenda aperta dagli angeli, usato nella sua Madonna del Parto (come riportato in un articolo ad essa dedicato su questo giornale a firma di Giannini e Baratta), ad Andrea della Robbia, che lo riprese nel delicato tabernacolo qui custodito. Sempre di scuola della Robbia si trovano in controfacciata due sculture in ceramica con i Santi Benedetto e Romualdo.
Anche Raffaellino del Colle certo non poteva essere ignaro di confrontarsi con Piero quando dipinse la sua Resurrezione per la Cattedrale, una delle prime opere note del pittore che fu allievo di Raffaello, denotata però da una composizione assai più movimentata.
Altre importanti opere disposte nelle navate laterali della Cattedrale sono l’Ascensione di Cristo del Perugino, che ripete un modello che aveva già realizzato per la chiesa dell’abbazia di San Pietro a Perugia; l’affresco con la Crocifissione di Bartolomeo della Gatta, riscoperto durante il riordinamento novecentesco della chiesa; l’Incredulità di San Tommaso dipinto da Santi di Tito; e l’Assunzione della Vergine di Jacopo Palma il Giovane.
Da una porta laterale si accede al Chiostro, con affreschi cinquecenteschi, e alla Cappella del Monacato, dove si vuole sia stato sepolto Piero della Francesca.
Se ancora si vuole approfondire la storia del pittore più illustre di Sansepolcro si può visitare anche la sua casa, che sorge davanti al giardino a lui dedicato, dove troneggia la statua che lo raffigura scolpita da Arnaldo Zocchi. L’edificio, dalla sobria ma affascinante architettura, già di proprietà dei Franceschi prima della nascita di Piero, fu forse riorganizzato dall’artista stesso, come si evincerebbe dalle similitudini con una tavola architettonica presente nel suo trattato, il De prospectiva pingendi. Nella casa, oggi sede del centro studi sulla figura dell’artista e intellettuale, si trova un percorso museale che permette di scoprirne la vita e le opere.
Ma molti altri tesori di significativa qualità si conservano nei numerosi luoghi sacri disseminati per il centro storico di Sansepolcro, chiese e oratori di grande bellezza non solo per le opere che conservano ma anche per la loro architettura.
La chiesa di San Lorenzo custodisce uno dei più importanti capolavori del Manierismo. La facciata del tempio è scandita da un portico ad arcate, così come il corpo rigonfio del Cristo nel dossale di Rosso Fiorentino è marcato dalle pronunciate costole della cassa toracica. L’opera, nota come Deposizione, è forse più correttamente da riconoscere in un Compianto sul Cristo morto, poiché il corpo livido di Gesù è già stato posato dalla Croce. La croce infatti a differenza di quanto accade nell’altro celebre lavoro di Rosso a Volterra, sfila sullo sfondo, lasciando che gli astanti si radunino intorno alla salma del Messia. Il lugubre dramma che il pittore fiorentino infonde alla scena è frutto delle tragiche esperienze vissute con il Sacco di Roma e di un orientamento verso le prediche di Savonarola. Vasari ricorda che l’opera fu inizialmente commissionata a Raffaellino del Colle, che realizzò invece la lunetta soprastante con Dio Padre benedicente, ma quest’ultimo decise di sacrificare i suoi interessi affinché Sansepolcro si arricchisse con un dipinto del pittore fiorentino. La tavola si trova attualmente a Firenze dove è stata restaurata dall’Opificio delle Pietre Dure, e presto tornerà alla sua originale collocazione.
Nella bella chiesa di San Francesco, dall’esterno di gusto gotico trecentesco ma l’interno rinnovato nel XVIII secolo, si trova un’interessante tela del santo titolare che riceve le stimmate in un’ambientazione di vivace brio naturalistico e un’opera del Passignano raffigurante la Disputa di Gesù tra i Dottori. La chiesa e l’attiguo convento vennero inoltre frequentati dall’umanista Luca Pacioli.
La sobria chiesa di Santa Maria delle Grazie, denotata da un prestigioso soffitto in legno, ospita in un sontuoso tabernacolo sull’altare maggiore la Madonna delle Grazie di Raffaellino del Colle dipinta per la confraternità a cui il pittore apparteneva. L’oratorio è decorato da un ciclo di affreschi realizzati intorno alle seconda metà del XVI secolo con storie della vita della Vergine.
A pochi passi dalla casa di Piero della Francesca, si trova invece la chiesa di San Rocco, dove il grande altare è una maestosa opera d’intaglio dei fratelli Binoni, della prima metà del XVII secolo, che ospita la statua lignea di un Cristo deposto duecentesco, probabilmente in origine parte di un gruppo scultoreo disperso. Prospiciente alla chiesa si trova l’oratorio della Compagnia del Crocifisso, impreziosito da affreschi con Scene della passione di Cristo, eseguite da Alessandro, Cherubino e Giovanni Alberti, appartenenti a una dinastia prolifica di artisti e intellettuali. In un cappella si può osservare inoltre il modello del Santo Sepolcro in arenaria, ripreso dal progetto di Leon Battista Alberti per la tomba di Giovanni Rucellai in San Pancrazio a Firenze.
L’antica chiesa di Sant’Antonio Abate, nella cui facciata è incastonata una lunetta con bassorilievo del XIV secolo raffigurante Cristo benedicente tra i santi Antonio ed Eligio, preserva al suo interno lo Stendardo della Crocifissione di Luca Signorelli. È dipinto su entrambi i lati, ed è opera tarda dell’artista nativo di Cortona: sul recto reca la Crocifissione mentre sul verso Sant’Eligio e Sant’Antonio coi confratelli inginocchiati. La prima raffigurazione è caratterizzata dalla vibrante resa cromatica e da una composizione affollatta ma armoniosa, e sebbene la figura del Cristo presenti alcune debolezze di proporzioni, la scena è compensata dalla vivace ambientazione naturalistica che connota lo sfondo dell’evento sacro. L’altro lato mostra invece i due monumentali santi, caratterizzati dai loro attributi e dai corpi plastici, mentre ancora in una concezione arcaica, si dispongono con prospettiva gerarchica i committenti genuflessi di piccole fattezze.
Il visitatore ancora non pago potrà spingersi anche nella chiesa di San Giovanni Battista, tra le più antiche del centro storico, dove un tempo si trovava il Battesimo di Cristo di Piero, oggi sede del Museo della vetrata “Bernardini - Fatti”. Qui, sono esposte 23 vetrate di diverse dimensioni, di artisti attivi tra il XIX e il XX secolo, e improntati ai gusti più diversi: dal sobrio neorinascimentale, passando per le bizzose linee elettriche del liberty, fino ad accensioni cromatiche e forme più libere.
Anche la chiesa di Santa Maria dei Servi costituisce per l’amante d’arte una tappa di sicuro interesse, grazie ai suoi dipinti di notevole valore, infatti vi si trova un’opera manierista di Cristoforo Roncalli detto il Pomarancio e di Giovanni Ventura Borghesi, che si istruì sotto Pietro da Cortona, maestro del Barocco. Si possono ammirare altresì gli elementi superstiti di un pala con l’Assunzione della Vergine e quattro santi di Matteo di Giovanni, eseguita a fine Quattrocento. In particolare la tavola centrale, sebbene lesionata da una pesante caduta di colore, mostra un discreto ritmo tra i gruppi contrapposti che occupano i diversi registri dell’opera.
Leggermente più discostata dal centro, si incontra la chiesa di San Michele Arcangelo, costruita nel XVII secolo assieme al convento dei Cappuccini. Si conserva al suo interno un’inaspettata opera, il dossale con il Paradiso dipinto dal pittore manierista, il frate cappuccino Paolo Piazza, connotato da una tavolozza brillante e da una composizione mossa e strabordante di personaggi. Da notare, la modernissima veduta urbanistica, compressa all’estremità in basso della tela.
Ovviamente, ancora numerosi sono i luoghi sacri che il viaggiatore intraprendente potrà scoprire in città, come nei dintorni, quali ad esempio l’eremo di Montecasale, e non minor interesse rivestono anche gli edifici secolari, tra torri e palazzi signorili. E certo questo articolo non ha la pretesa di esaurire l’argomento, che è ancora sorprendentemente vasto, a testimonianza di come Sansepolcro possa vantare un patrimonio culturale di primissimo piano.
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ISCRIVITI ALLA NEWSLETTERL'autore di questo articolo: Jacopo Suggi
Nato a Livorno nel 1989, dopo gli studi in storia dell'arte prima a Pisa e poi a Bologna ho avuto svariate esperienze in musei e mostre, dall'arte contemporanea, alle grandi tele di Fattori, passando per le stampe giapponesi e toccando fossili e minerali, cercando sempre la maniera migliore di comunicare il nostro straordinario patrimonio.