Siete arrivati a Firenze senza prenotare e non avete trovato un biglietto per andare agli Uffizi? Volevate andare a vedere il Giovanni Acuto di Paolo Uccello in Duomo ma c’è una lunga coda per entrare? La ressa di turisti alla Galleria dell’Accademia davanti al David vi spaventa? La coppia di giapponesi che si sposa nel Salone dei Cinquecento vi ha fatto cambiare idea sulla visita a Palazzo Vecchio? In poche parole: siete appena sbarcati a Firenze ma le masse di turisti vi hanno già stancato? Nessun problema, ci pensa Finestre sull’Arte a riempirvi la giornata (però la prossima volta preparatevi per tempo: prenotate per gli Uffizi, in Santa Maria del Fiore andateci la mattina presto e per la Galleria dell’Accademia scegliete un infrasettimanale a ora di pranzo... mica potrete lasciare Firenze senza averli visitati).
E che giornata, tra l’altro! Anzi, per vedere tutti i luoghi che vi stiamo per elencare probabilmente non ve ne basterà una. Vi proponiamo dieci luoghi tranquilli nel pieno centro di Firenze, da poter visitare quando volete, per scoprire un’altra anima della città (ma non meno interessante), per vedere straordinari capolavori che sono riprodotti su tutti i libri di storia dell’arte ma che i flussi del turismo di massa il più delle volte trascurano, per trascorrere tante ore a vedere luoghi insoliti, chiese poco frequentate, musei che non vengono mai presi d’assalto, siti che sono rimasti tali e quali da secoli. E tutto questo senza dovervi spostare dal centro storico: lasciate pure la macchina al parcheggio, oppure evitate di prendere mezzi pubblici, perché non vi serviranno. Tutti i dieci luoghi che vedrete sono raggiungibili a piedi in pochi minuti da piazza del Duomo.
Non lontano dalla stazione di Santa Maria Novella si trova questo gioiello, una delle chiese più belle e ricche d’arte di Firenze. Fu costruita a partire dal 1250 su di un edificio preesistente (si può ancora vedere la controfacciata romanica) e conserva ancora in buona parte il suo stile gotico. L’interno ospita diversi capolavori della storia dell’arte italiana: nella navata destra occorre dedicare tempo alla visita della Cappella Bartolini Salimbeni, che ospita il celebre ciclo di affreschi delle Storie della Vergine di Lorenzo Monaco, capolavoro del tardogotico (oltre alla sua Annunciazione), mentre più avanti, nel transetto, ci si sofferma a lungo nella Cappella Sassetti, con gli affreschi di Domenico del Ghirlandaio (le Storie di san Francesco) che sono uno degli apici dell’arte fiorentina della fine del Quattrocento, chiaro esempio di committenza altoborghese (in questo caso quella della famiglia Sassetti, banchieri). Ancora, tra i capolavori figura la Maddalena lignea di Desiderio da Settignano che traduce in termini più aggraziati il precedente donatelliano. Le opere non finiscono qui: non perdete la l’affresco frammentario con il Matrimonio mistico di santa Caterina d’Alessandria di Spinello Aretino, e poi la Resurrezione di Maso da San Friano, i resti degli affreschi trecenteschi della cappella Davanzati, il lunettone di Neri di Bicci e molto altro. Alcuni ambienti (a cominciare dalle cappelle di Lorenzo Monaco e Ghirlandaio) s’illuminano con un gettone da 50 centesimi, ma vale la pena mettere mano agli spiccioli. Anche perché l’ingresso in Santa Trinita è gratuito.
Appena superato Ponte Vecchio in direzione Oltrarno, sulla sinistra si apre un piccolo piazzale con una chiesa dall’aspetto sobrio, quasi anonimo, con una facciata spoglia preceduta da un portico e chiusa da una grande cancellata di ferro: è la chiesa di Santa Felicita, che accoglie uno dei testi simbolo del manierismo italiano, la Deposizione del Pontormo, che si trova ancora nel luogo per cui fu dipinta, nella cappella Capponi, un piccolo spazio progettato nel Quattrocento da Filippo Brunelleschi per la famiglia Barbadori (e poi acquistato da Ludovico Capponi nel 1525). Nelle vele, compaiono anche i quattro Evangelisti, altro capolavoro, realizzati in parte dal Pontormo e in parte dal Bronzino, all’epoca giovanissimo allievo del pittore di Empoli. Dentro alla chiesa, poi, figurano anche opere di Neri di Bicci, del Volterrano, di Michele di Ridolfo del Ghirlandaio. Nella sacrestia è stata allestita una piccola pinacoteca. Ad ogni modo non si può lasciare Firenze senz’aver visto la Deposizione del Pontormo in Santa Felicita. Anche perché la chiesa è quasi sempre tralasciata dai turisti. Gli orari di visita non sono però “da turisti”: lunga pausa pranzo (tipico di molte chiese) e chiusura sul presto, quindi il suggerimento è quello di ritagliarsi in anticipo lo spazio per visitarla.
È il museo che racconta la storia dell’Opificio delle Pietre Dure prima che diventasse il laboratorio di restauro d’eccellenza mondiale che tutti conosciamo bene: prima infatti l’Opificio era la manifattura di Stato, nella Toscana granducale, che realizzava le opere in commesso fiorentino, una particolare tecnica artistica con la quale vengono realizzate tarsie di pietre dure (ecco da dove deriva il nome) a partire da un modello dipinto. Fondato da Ferdinando I nel 1588, l’Opificio delle Pietre Dure per secoli servì le richieste dei granduchi e della corte, che amavano molto le opere in commesso: dopo l’Unità d’Italia, venuto meno il supporto statale, l’Opificio dovette reinventarsi, perché il commesso non era più di moda e perché era cresciuta la concorrenza a basso costo. Così verso la fine dell’Ottocento, l’allora direttore dell’Opificio, il pittore Edoardo Marchionni, pensò di sfruttare le abilità dei suoi artigiani (per creare opere in commesso servono grande perizia e grande pazienza) per restaurare i manufatti antichi. Il museo, con una selezione di opere in commesso, con il campionario delle pietre dure da oltre 500 pezzi, con dipinti, strumenti di lavoro, oggetti e molto altro, vi farà compiere un bel viaggio nella corte dei granduchi di Toscana per conoscere il loro gusto e per vedere come l’Opificio lavorò nei suoi primi tre secoli di vita.
Una chiesa e un museo allo stesso tempo. In origine l’edificio di Orsanmichele, una specie di torre che svetta su via dei Calzaioli, era un granaio (ecco perché questa strana forma), che venne poi riconvertito nel Trecento in una chiesa. Orsanmichele è ancor oggi una chiesa: al suo interno si ammirano lo spettacolare tabernacolo di Andrea Orcagna, gli affreschi di fine Trecento eseguiti da artisti come Spinello Aretino e Mariotto di Nardo, le splendide vetrate policrome, l’altare cinquecentesco di Francesco da Sangallo. Sopra alla chiesa ha sede il museo, che custodisce le statue delle corporazioni fiorentine: Orsanmichele in facciata accoglie infatti i tabernacoli con le statue dei santi patroni delle Arti (che erano, appunto, le corporazioni mercantili della Firenze medievale e rinascimentale). Oggi in esterno ci sono repliche, mentre gli originali si trovano nel museo: si ammirano capolavori di Donatello, Lorenzo Ghiberti, Andrea del Verrocchio, Nanni di Banco, Giambologna, Baccio da Montelupo. Alcuni, come il San Marco di Donatello e l’Incredulità di san Tommaso del Verrocchio, sono capisaldi della storia dell’arte italiana.
Firenze è nota più per il Rinascimento che per la sua altissima e raffinatissima stagione seicentesca, e se cercate un luogo dove conoscere l’elegante arte della Firenze del Seicento senza voler entrare in un museo, la chiesa dei Santi Michele e Gaetano (chiamata anche semplicemente “San Gaetano” dai locali) fa proprio al caso vostro. Si trova su via Tornabuoni, alla fine della enfilade dei negozi di alta moda, e la sua costruzione cominciò nel 1597: a fondarla furono i padri Teatini, il cui santo fondatore era san Gaetano di Thiene, il santo dedicatario dell’edificio di culto. Già la facciata è insolita per le chiese del centro di Firenze, perché aggiornata su modi più romani che fiorentini, e l’interno è una sorta di museo del Seicento fiorentino sia per quanto riguarda la pittura, sia per la scultura. Si susseguono opere di Jacopo Vignali, Matteo Rosselli, Jacopo Chimenti (ovvero i grandi del Seicento fiorentino), oltre a opere di Giovanni Bilivert, Lorenzo Lippi, e alle sculture di Giovanni Battista Foggini, Giovanni Baratta, Antonio Novelli, Gioacchino Fortini. Semplicemente da non perdere se si vuole conoscere un’arte fiorentina che non tutti conoscono.
È la casa-museo dedicata a Michelangelo, che ha sede in un edificio che fu acquistato da Michelangelo e che fu poi abitato dal suo celebre nipote, il letterato Michelangelo il Giovane, committente dell’ambiente più bello della casa, la Galleria, per la cui decorazione furono coinvolti alcuni dei più grandi artisti d’inizio Seicento, come Artemisia Gentileschi, Pietro da Cortona, Francesco Furini, Jacopo Vignali, Jacopo Chimenti, Domenico Passignano, Cristofano Allori, Giovanni Bilivert. Varrebbe una visita solo per vedere la Galleria, se non fosse che Casa Buonarroti (dunque motivo in più per visitarla) è la sede dei due capolavori giovanili di Michelangelo, le prime due opere che di lui si conoscano, ovvero la Madonna della Scala e la Battaglia dei centauri (leggi qui un approfondimento), e ospita anche una ricchissima collezione di oltre duecento disegni autografi, che per ragioni di conservazione vengono esposti a rotazione. Insomma, non si può dire di aver conosciuto Michelangelo senza aver visitato Casa Buonarroti.
Questo meraviglioso giardino si trova appena sotto piazzale Michelangelo, ma i torpedoni dei turisti che arrivano al... piano superiore per scattare la classica fotografia panoramica di Firenze, la stragrande maggioranza delle volte neanche si accorgono della presenza di questo idilliaco parco che prende il nome dai tanti roseti che accoglie e che fu aperto nel 1865 dall’architetto Giuseppe Poggi, lo stesso che progettò il piazzale Michelangelo e a cui è intitolato il viale che si arrampica su questa scenografica collina. È uno dei luoghi d’arte più caratteristici della Firenze moderna, perché nel parco, in più punti, sono installate le opere del belga Jean-Michel Folon, una sorta di erede del surrealismo di Magritte. Ecco quindi la valigia Partir che incornicia una veduta sulla città, la panchina con Je me souviens, l’Envol, le statue di animali come Oiseau, Chat, Chat - oiseau. Sono in tutto dodici le opere di Folon che vi si osservano: sono qui dal 2011. Leggi qui un approfondimento sul Giardino delle Rose.
Tra il Duomo e Santa Croce ha sede questo elegante museo nato dalla donazione nel 1916, da parte dello storico britannico Herbert Horne, della sua cospicua collezione d’arte allo Stato italiano. Il museo ha lo scopo di conservare, valorizzare ed esporre la sua raccolta. La collezione è allestita come se ci trovassimo davvero nella casa di un collezionista, quindi non c’è da aspettarsi un museo con una precisa scansione cronologica. Quello che ci si aspetta sono però splendidi capolavori, a cominciare dal Santo Stefano di Giotto, una delle opere più famose dell’artista fiorentino. E poi un dittico di Simone Martini, una tavola di Pietro Lorenzetti, il tondo col San Girolamo penitente di Piero di Cosimo, la Deposizione di Benozzo Gozzoli, una rilevante Madonna col Bambino capolavoro di Domenico Beccafumi, una Allegoria di Dosso Dossi, e le sculture di Antonio Rossellino, del Vecchietta, del Sansovino, senza trascurare (dato che stiamo parlando, di fatto, della... casa di un collezionista) la cospicua raccolta di arti applicate.
È la ricca collezione di opere dal Novecento a oggi di Roberto Casamonti, mercante d’arte, patron di Tornabuoni Arte, una delle gallerie più importanti al mondo. La collezione è stata aperta da Casamonti nel 2018 con l’obiettivo di condividere col pubblico le opere raccolte in una vita. Ha sede in uno dei palazzi più belli di Firenze, Palazzo Bartolini Salimbeni, proprio di fronte alla chiesa di Santa Trinita. La collezione è esposta a rotazione: durante la prima rotazione, tra il 2018 e il 2019, sono state esposte le opere dagli inizi del XX secolo agli anni Sessanta, mentre al momento è in esposizione la collezione dagli anni Sessanta a oggi. Qualche nome di chi si può attualmente vedere alla Collezione Casamonti? Mario Ceroli, Jannis Kounellis, Giulio Paolini, Fausto Melotti, Mario Merz, Giuseppe Penone, Michelangelo Pistoletto, Joan Miró, Nam June Paik, Daniel Spoerri, Anselm Kiefer, Yves Klein, Franco Angeli, Sergio Lombardo, Renato Mambor, Gino De Dominicis, Anish Kapoor, Richard Long, Mario Schifano, Marina Abramović, Vanessa Beecroft, Bill Viola, Maurizio Cattelan, Jean-Michel Basquiat, Claudio Parmiggiani, Mimmo Paladino, Emilio Isgrò, Arnaldo Pomodoro, Andy Warhol, Robert Rauschenberg, Sol LeWitt. Può bastare?
Se Milano ha il Cenacolo più famoso, quello di Leonardo da Vinci, Firenze ne ha tanti: certo non parliamo di opere arcinote come quella di Leonardo, ma si tratta comunque di capolavori di grandi artisti che hanno preceduto quello del vinciano. Alcuni si trovano all’interno di antichi monasteri trasformati in musei, altri invece sono stati trasformati loro stessi in strutture museali che si visitano solo per vedere, appunto, il cenacolo lì conservato. Appartengono alla prima fattispecie il cenacolo di Taddeo Gaddi in Santa Croce (si visita col biglietto del museo), quello dell’Orcagna in Santo Spirito (nel complesso trasformato oggi nella sede della Fondazione Salvatore Romano, museo che conserva la collezione d’arte del celebre antiquario), il Cenacolo di San Marco di Domenico del Ghirlandaio, che si visita al Museo Nazionale di San Marco. Ci sono poi i quattro “musei dei cenacoli”, dove si entra, come si diceva, solo per vedere queste importanti pitture, e sono tutti statali: il Cenacolo di San Salvi (di Andrea del Sarto), il Cenacolo del Fuligno (del Perugino), il Cenacolo di Sant’Apollonia (di Andrea del Castagno) e il Cenacolo di Ognissanti (di Domenico del Ghirlandaio). Ce n’è poi un ottavo, il Cenacolo della Calza, opera del Franciabigio, oggi una sala per congressi in un antico convento trasformato in struttura ricettiva.