Tornano i turisti, tornano i vandali delle opere d'arte. Un patrimonio a rischio


Col ritorno dei turisti nelle nostre città, sono tornati anche i vandalismi. Tanti negli ultimi anni i danneggiamenti al nostro patrimonio. Cosa prevede la legge in questi casi?

I vandali? Sono tra noi e scorrazzano irresponsabilmente. No, non parliamo del popolo germanico che saccheggiò Roma nel 455 e che per rozzezza e ferocia fu descritto da autori latini in modo così terribile al punto che il suo nome è diventato termine di uso comune ancora oggi per identificare quanti tra goliardia, intento politico, arroganza, istinto di violenza o senza motivo alcuno si imbratta, deturpa, distrugge o danneggia qualcosa. Quella del vandalo dei tempi dei romani era una distruzione famelica, spinta dal terrore unno che premeva a est e dalla primordiale necessità di espandersi e sopravvivere, una distruzione tanto bestiale da generare un’antonomasia. Parliamo di altri vandali: quelli che non saccheggiano né mettono in rovina le nostre città, ma allo stesso modo sciupano ciò che è bello e di valore per la società. Persone di grande insipienza e ignoranza che con gesti di varia natura danneggiano involontariamente opere d’arte non capendone il valore (come quando montano su una statua per festeggiare uno scudetto o scrivono frasi infantili sul rapporto affettivo di supposto amore per una ragazza) o all’opposto persone che capendone fino in fondo il valore simbolico vogliono attirare l’attenzione con gesti eclatanti: colpendo un simbolo della cultura mondiale si intende così colpire la società o i governanti di turno.

Nessuna di queste motivazioni, naturalmente, giustifica tali comportamenti che purtroppo si ripetono di frequente, e nella quasi totalità dei casi i responsabili sono turisti. Turismo, dunque, croce e delizia della cultura italiana con le città d’arte in vetta alla triste classifica dei luoghi più colpiti.

Più raramente si tratta di artisti o sedicenti tali, come l’ormai noto contestatore Vaclav Pisvejc che lo scorso 9 marzo in piazza della Signoria a Firenze ha colorato di giallo e azzurro (in onore dell’Ucraina) il Leone rampante di Francesco Vezzoli, opera d’arte contemporanea ospitata temporaneamente davanti a Palazzo Vecchio. Per lui è scattata la denuncia per imbrattamento, e nel caso la vernice non fosse andata via dopo la pulizia il reato a suo carico sarebbe diventato quello di danneggiamento.

Sono decenni che episodi di questo tipo si ripetono nel nostro paese tanto che col tempo si sono irrobustiti controlli e installati dispositivi di protezione, almeno per le opere all’interno dei musei. Per i tanti monumenti all’aperto il rischio purtroppo rimane alto. Gli ultimi in ordine di tempo sono il caso della Maserati che scendendo la scalinata ha provocato danni ai gradoni della monumentale Trinità dei Monti e l’atto dimostrativo avvenuto al Louvre quando un uomo, fingendosi disabile, ha scagliato una torta contro la Gioconda. Scena ripresa dai telefonini di decine di presenti che hanno documentato come l’uomo avanzasse rivendicazioni politiche per giustificare il suo gesto.

La Maserati mentre scendeva la scalinata di piazza di Spagna
La Maserati mentre scendeva la scalinata di piazza di Spagna
Il vetro della Gioconda imbrattato
Il vetro della Gioconda imbrattato
L'imbrattamento del leone di Vezzoli
L’imbrattamento del leone di Vezzoli

Vandalismi storici

Tra i vandali ce ne sono anche di seriali: negli anni Novanta del secolo scorso è salito all’onore delle cronache Pietro Cannata, ex studente di estetica, che si è scagliato più volte contro l’arte: nel settembre del 1991 colpì a martellate il David di Michelangelo alla Galleria dell’Accademia di Firenze rompendo il secondo dito del piede sinistro. Nell’aprile 1993 sempre a Firenze colpì il cinghiale del gruppo scultoreo Ercole e Caco di Baccio Bandinelli in Piazza Signoria, che finì sdentato. Nell’ottobre dello stesso anno a Prato, sempre in Toscana, sfregiò le Esequie di santo Stefano di Filippo Lippi nel Duomo cittadino per poi colpire nel dicembre dello stesso anno l’Adorazione dei pastori di Michele di Raffaello delle Colombe nella chiesa di Santa Maria delle Carceri nella stessa città. Nel 1999 sfregiò con un pennarello il quadro Sentieri ondulati di Pollock alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma (opera che all’epoca era valutata 800 milioni di lire) giustificandosi con la polizia dicendo “L’ho fatto perché era l’unico modo per poter parlare con un magistrato”. Dopo questi danneggiamenti fu rinchiuso nel carcere psichiatrico giudiziario di Montelupo Fiorentino.

Non esistono statistiche ufficiali ma tra danneggiamenti, bombolette spray, pennarelli e gomme da masticare l’elenco è lungo. Tra i più eclatanti quello del 1972 ai danni della “Pietà” di Michelangelo all’interno della Basilica di San Pietro in Vaticano. Era il 21 maggio quando al grido di “I am Jesus Christ, risen from the dead!”, l’ungherese László Tóth irrompe nella storia dell’arte conquistando il titolo di vandalo più famoso di sempre colpendo per 15 volte con un martello la Pietà danneggiando in particolare la Vergine, causando il distacco del braccio sinistro, sfregi al volto, naso e palpebre in frantumi. Ancora, nel gennaio 1989 un uomo su una sedia a rotelle getta del liquido infiammabile contro la Madonna di Foligno di Raffaello custodita nei Musei Vaticani, e poi tenta di dare fuoco al quadro con un accendino. I custodi intervengono subito estinguendo l’incendio.

Molti poi gli episodi ai danni delle fontane. Nel settembre del 2011 fu colpita una delle sculture della fontana del Moro a piazza Navona e lo stesso uomo poi andò a colpire la fontana di Trevi. A settembre 2005 il triste caso della Navicella di Villa Celimontana, una delle opere più importanti del Sansovino. Dei vandali asportarono la prua della fontana, frantumandola in tre parti con un martello. E poi la fontana dei Fiumi nel 1998, la Fontana delle Api nel 2004, la Fontana dei Navigatori nel 2010, la Fontana della Barcaccia nel 2015 (aggredita durante i famigerati disordini provocati dagli ultras del Feyenoord) e il Biancone a Firenze nel 2005: in quest’ultimo caso un giovane, tentando la scalata della monumentale opera d’arte, ruppe la mano destra e il bastone del Dio del Mare mentre nel 1997 la zampa di uno dei cavalli della Fontana del Nettuno aveva già subito una rottura.

Rimanendo a Firenze vanno ricordati gli innumerevoli casi di studenti che sul Campanile di Giotto e sulla Cupola del Duomo hanno imbrattato muri esterni ed interni. Tanto che nel 2016 l’Opera del della Cattedrale di Santa Maria del Fiore decise una operazione di ripulitura straordinaria che impiegò tre mesi per cancellare le migliaia scritte presenti lasciate da generazioni di visitatori lanciando una modalità innovativa di prevenzione per interrompere la mania di lasciare messaggi in luoghi simbolo (con date, nomi, dichiarazioni d’amore, disegni...): furono predisposti al primo, terzo e quarto piano del campanile dei tablet, come fossero delle lavagne digitali, dove ognuno può lasciare la propria scritta personalizzata con lo stile desiderato (matita, pennello, pennarello, spray). I messaggi vengono catalogati e conservati nell’archivio storico dell’Opera, dove sono custoditi i documenti di sette secoli di vita dell’ente (dalla costruzione della Cupola del Brunelleschi ai registri dei battezzati tra cui figurano nomi illustri come quelli di Amerigo Vespucci o della Gioconda). E chi in seguito vorrà ricercare la propria scritta, potrà farlo sull’apposita sezione del sito che raccoglie tutti i messaggi inviati all’Opera del Duomo. Una soluzione per non far deturpare il monumento senza soffocare l’emozione di quanti vogliano ricordare il momento della visita. Dopo otto mesi dall’installazione dei tablet gli interni del Campanile di Giotto sono stati deturpati solo da nove graffiti, subito rimossi dai restauratori dell’Opera, mentre i visitatori hanno lasciato sulle postazioni digitali di Autography ben 15.484 scritte.

László Tóth mentre sfregia la Pietà
László Tóth mentre sfregia la Pietà
Il Biancone danneggiato nel 2005. Foto Wikimedia/Hariseldon
Il Biancone danneggiato nel 2005. Foto Wikimedia/Hariseldon
La Barcaccia dopo l'incursione dei tifosi del Feyenoord del 2015. Foto di Francesco La Rosa
La Barcaccia dopo l’incursione dei tifosi del Feyenoord del 2015. Foto di Francesco La Rosa

Aspetti penali per i vandali

Quanto rischia chi commette questi gesti? A marzo di quest’anno il Parlamento ha approvato all’unanimità una legge fortissimamente voluta dal ministro della cultura Dario Franceschini che aveva iniziato il suo iter nella scorsa legislatura (dove ricopriva il medesimo ruolo) e che finalmente diventa Legge dello Stato introducendo nuove fattispecie di reato in questo campo e inasprendo le pene per i reati già tipizzati.

La nuova legge colloca nel Codice penale, con un titolo espressamente dedicato, gli illeciti penali attualmente ripartiti tra Codice penale e Codice dei beni culturali; introduce aggravanti quando oggetto di reati comuni siano beni culturali e potenzia gli strumenti investigativi per contrastare i reati contro il patrimonio culturale autorizzando anche le intercettazioni telefoniche a ambientali. Il provvedimento inserisce nel codice penale un nuovo titolo, dedicato ai delitti contro il patrimonio culturale, composto da 17 nuovi articoli, con i quali punisce, con pene più severe rispetto a quelle previste per i corrispondenti delitti semplici, il furto, l’appropriazione indebita, la ricettazione, il riciclaggio e l’autoriciclaggio e il danneggiamento che abbiano ad oggetto beni culturali.

Ad esempio, viene introdotta la nuova, autonoma figura di reato di “furto di bene culturale” e il reato di “illecita detenzione” di bene culturale, punito con la reclusione fino ad 8 anni e con multe fino a 20 mila euro per colpire chi compra un’opera sapendo che la sua provenienza è illecita. La severità colpisce i falsari e pure gli autori di false perizie e chi questi falsi li mette in commercio. Si aumenta la pena per violazioni e alienazioni (fino a 2 anni e 80mila euro di multa). Viene inoltre aumentata la pena per la ricettazione, quando riguarda un bene culturale

Riguardo al nostro tema la nuova norma eleva ad autonome fattispecie speciali i delitti di distruzione, danneggiamento nonché di deturpamento o imbrattamento di beni culturali o paesaggistici prevedendo pene fino a tre anni di carcere oltre ad una multa fino a 10mila euro. Chi devasta e saccheggia musei, archivi, aree archeologiche e monumenti, ma anche un bene paesaggistico può essere punito con la reclusione fino a 16 anni. Inoltre tutti i delitti contro il patrimonio culturale che creano un danno di rilevante gravità avranno una pena aumentata da un terzo alla metà.


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Andrea Laratta

L'autore di questo articolo: Andrea Laratta

Giornalista. Amante della politica (militante), si interessa dei fenomeni generati dal turismo, dell’arte e della poesia. “Tutta la vita è teatro”.





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