Se il curatore è un super artista e l'artista è debole. Bisogna invertire la rotta


Qualcuno di voi ricorda qualche nome di artista alle ultime Biennali? Più facile, forse, ricordare i nomi dei curatori. Questo perché i curatori oggi agiscono come super artisti, in un panorama in cui gli artisti diventano sempre più deboli. Occorre allora invertire la rotta.

Come avviene da molti anni per il curatore “eletto” di turno, anche la nuova curatrice della Mostra Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia 2026, Koyo Kouoh, fresca di nomina, viene presentata come fosse una super regista, una super autrice, ma in realtà il curatore d’arte non dovrebbe creare nulla: dovrebbe selezionare, affiancare, facilitare e scrivere.

Negli ultimi trent’anni, il curatore d’arte ha avuto una funzione importante per selezionare e ordinare una moltitudine di artisti e poter assicurare alla committenza il miglior progetto possibile. Questa forte personalizzazione, in presenza di tantissimi artisti spesso deboli perché omologati e interscambiabili, ha determinato mostre e progetti deboli, dove il risultato è un vuoto sostanziale. Questo perché, da una parte, il curatore non è un artista, non è un “autore creativo” che crea un suo contenuto, e dall’altra parte abbiamo tantissimi artisti che attraversano una fase di transizione, una fase neo-manierista in cui linguaggi derivativi e prevedibili non riescono a incidere ed essere realmente significativi. Cosa ti ricordi delle ultime grandi mostre internazionali come Biennali, Documenta e Manifesta? In sostanza ci ricordiamo solo il nome del curatore o dei curatori. Le opere, che dovrebbero essere le protagoniste, si perdono nella nostra mente in un grande calderone installativo dove non è possibile distinguere nulla.

Biennale di Venezia 2019. Foto: Andrea Avezzù
Biennale di Venezia 2019. Foto: Andrea Avezzù
Biennale di Venezia 2022. Foto: Marco Cappelletti
Biennale di Venezia 2022. Foto: Marco Cappelletti
Biennale di Venezia 2024. Foto: Marco Zorzanello
Biennale di Venezia 2024. Foto: Marco Zorzanello

All’inizio degli anni Novanta, il curatore ha rivestito un ruolo fondamentale, perché dopo la fine della guerra fredda e la rottura della contrapposizione tra blocco sovietico e blocco occidentale, da ogni parte del mondo, come avviene in campo politico, assistiamo alla crescita di tantissime individualità, nel nostro settore, in particolare, di individualità artistiche che andavano gestite e ordinate per poter realizzare il progetto di mostra. Con le due crisi che l’arte contemporanea ha attraversato nel 2001 e nel 2008, l’incidenza e il linguaggio degli artisti si è indebolito enormemente e quindi il curatore d’arte, pur perdendo rilevanza in favore della dimensione della galleria d’arte (nuovo campo di concentramento di istanze culturali e commerciali), è rimasto fondamentale al fine di imbastire un progetto o una mostra d’arte secondo le richieste della committenza, sia essa pubblica o privata.

A inizio 2024 è stato presentato il nuovo presidente della Quadriennale di Roma, Luca Beatrice, anche lui un curatore d’arte; poi in primavera sono stati presentati i sei curatori che realizzeranno altrettante mostre nel 2025; poi è stata organizzata una conferenza stampa di presentazione, ma senza ancora nominare il nome di un solo artista; poi ancora in autunno hanno iniziato a circolare, sui canali social della Quadriennale, video molto glamour in bianco e nero dove presidente e curatori presentavano la loro idea di arte e di arte contemporanea, ma ancora nessuna traccia di opere e artisti.

Come avvenuto per le ultime Biennale di Venezia, l’ultima Documenta nel 2022 e le ultime mostre di Manifesta, anche per la Quadriennale verrà presentata una lunghissima lista di artisti di cui fra qualche anno nessuno si ricorderà più. Ma probabilmente ci ricorderemo distrattamente del nome del curatore e dei curatori. Visti i dati dell’ultima Biennale di Venezia (su 700.000 ingressi, solo 4.476 cataloghi venduti), nessuno compra più neanche il catalogo di queste grandi manifestazioni, relegando ancora di più, se ce ne fosse bisogno, le opere e gli artisti al completo oblio.

Attenzione: non si tratta di fare la guerra ai curatori. Il curatore d’arte può avere un ruolo fondamentale per stimolare e facilitare gli artisti e la migliore presentazione delle opere. Spesso, lo dico per esperienza personale, diventa un’antitesi fondamentale per la tesi dell’artista, permettendo di arrivare ad ottime sintesi che mai l’artista da solo avrebbe potuto trovare. Ciò nonostante, la figura del curatore non può essere confusa con quella del regista cinematografico o del super artista, semplicemente perché non è così. Bisogna invece concentrarsi sulle ragioni dell’artista “debole” che sta caratterizzando gli ultimi dieci anni e su come uscire da questa fase di transizione e neo-manierista, ma questo è un altro discorso.


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