Fontana di Trevi a pagamento? Idea folle, poco pratica, e provocherebbe fenomeni negativi


Mettere a pagamento la Fontana di Trevi è un’idea folle e anche poco pratica, per varie ragioni. Inoltre provocherebbe anche dei fenomeni negativi. Ecco quali e perché.

 Sull’argomento leggi anche le opinioni di: Federico Giannini, Roberto Guiggiani, Vittorio Sgarbi

Sono profondamente contraria alla proposta, ma dico subito che il problema non sta nel costo, che sia 2 euro o 5 o 10. Non si tratta di difendere i turisti da un pagamento. Le ragioni sono ben diverse. Al contrario di quanto va dicendo l’assessore Onorato, è difficile che si riesca a creare una barriera a pagamento tra la fontana e la piazza per tenere fuori migliaia di persone senza fare una struttura che non risulti invasiva, perché non può bastare installare un ingresso e una uscita come dice lui: infatti l’intera parte anteriore è molto bassa e viene scavalcata da tutti quindi dovrebbero come minimo alzare una struttura metallica proprio davanti. Comunque, ipotizziamo pure che riescano a realizzare una soluzione esteticamente accettabile.

Innanzitutto, è proprio l’idea di dividere la fontana dalla piazza che è folle. Proporre questa divisione significa stravolgere quell’opera. Il Barocco si fonda sulla fusione delle arti e sulla compenetrazione di architettura e urbanistica: fontana di Trevi, insieme alla Scalinata di Trinità dei Monti, ne è un esempio perfetto. La fontana si appoggia a un palazzo usandolo come quinta architettonica (con i ben noti dettagli delle rocce che si trasformano in blocchi agli angoli) e usa la piazza come uno spazio teatrale, da cui si entra nella fontana in sé; i gradini con il piano di calpestio inferiore fungono da raccordo e ci si chiede se siano fontana o città; il bacino bassissimo offre una visuale opposta a quella delle fontane classiche e invita ad entrare; lo spazio reale e quello dell’opera d’arte, lo spazio dello spettatore/visitatore e quello dei personaggi/sculture si fondono. Dividete la fontana dalla piazza e ammazzerete entrambi.

Secondo, considerato il numero di persone che vogliono andare ogni giorno a Trevi, installare una barriera intorno significherebbe aumentare a dismisura la folla fuori, sulla piazza, sia perché la maggior parte dei turisti non si documenta, sia perché comunque andrebbe per provare ad entrare o solo per vedere dall’area intorno. La piazza è piccola e si rischierebbero situazioni veramente di pericolo e di folla da emergenza e da denuncia. Anzi, non solo la piazza ma tutte le stradine intorno, attualmente già affollate, diventerebbero quasi non percorribili. Dal punto di vista pratico, poi, di fenomeni negativi se ne creerebbero vari.

L’assessore ha parlato di una permanenza di 20-30 minuti a persona all’interno per ogni biglietto, mentre oggi la maggioranza delle persone rimane meno tempo nell’area vicino alla vasca, quindi si potrebbe anche verificare una situazione permanente di “tutto esaurito”, con turisti disposti a pagare e che vorrebbero entrare ma bloccati dalla mancanza di biglietto. Per non parlare del fatto che la gestione di centinaia e migliaia di persone davanti ai monumenti negli ultimi anni è risultata quasi sempre fallimentare: un conto è parlarne, un conto è gestire le folle sul campo.

Da ultimo, ogni volta che si mettono biglietti e si creano prenotazioni e file, si apre la porta a tour operator cannibali, soggetti abusivi, salta-fila e tutto un mondo di illegalità. E non lo diciamo per sentito dire, perché da anni forniamo documenti, informazioni e foto a vari giornalisti. Si stia bene attenti prima di aprire le porte a tutto questo anche a Trevi.

Fontana di Trevi
Fontana di Trevi. Foto: Gary Walker-Jones

Inoltre, Fontana di Trevi è un monumento pubblico costruito innanzitutto per i Romani e non deve essere modificata ad uso dei turisti. Inutile dire che i Romani non pagherebbero, certo ci crediamo, ma trasformarla in un sito a pagamento con una barriera significa sottrarla al suo significato e scopo originario, al suo essere “fontana” pubblica, parte integrante della città. Se si comincia a ragionare sui monumenti in funzione dei turisti, vuol dire che si sta perdendo di vista il senso e lo scopo della città. Roma non deve diventare come Venezia. Per fortuna siamo ancora lontani, ci salva il fatto che nel nostro centro storico ci sono migliaia di uffici sia del Governo che privati, ma è gravissimo che un Assessore, per quanto al Turismo, pensi a trasformare un monumento pubblico in una meta turistica.

Sono soprattutto le parole usate da Onorato – quelle che la sua mente nel profondo gli ha suggerito – a preoccuparci. Al di là di quanto raccontato e mediato dai giornali, lui ha usato alcune espressioni su cui riflettere. La frase “Vogliamo rendere la visita a Fontana di Trevi davvero una experience” è bella se scritta da un tour operator, ma non se detta dall’assessore di Roma, che dovrebbe preoccuparsi di altro. Soprattutto ci fa rabbrividire un’altra frase: “Io credo che se a Fontana di Trevi riusciamo ad introdurre un meccanismo che ha successo, è evidente che possiamo fare riflessioni su altri siti di valore inestimabile”. In pratica, detto volgarmente, il Comune di Roma, dopo la tassa di soggiorno sui turisti (istituita da Giunte precedenti, ma utilizzata impropriamente per colmare lacune di bilancio da tutte le Giunte) per fare cassa vuole “mungere” il più possibile anche i monumenti.

È giusto che la gente non entri nell’area della Fontana con il cibo, ma si potrebbero mettere sul posto due squadre di Polizia Urbana invece di una con più personale. Ci sono stati lunghi periodi in cui i Vigili tenevano perfettamente a bada i turisti, chi sta sul campo se lo ricorda (e non era 10 anni fa), basta decidere le regole, renderle note e poi farle applicare sempre. Bisogna investire sui controlli. Non è che senza biglietto non si possono comunque mettere squadre di Polizia Urbana per impedire l’accesso della gente con il cibo.

Cosa ha fatto il Comune di Roma per comunicare il rispetto della città e le norme da seguire? Da anni abbiamo proposto una campagna di comunicazione seria per far passare i principi sul rispetto della città: certo servono anni e servono investimenti, ma nessuno ha mai cominciato. La verità è che un biglietto è una trovata facile facile, così si può dire di avere fatto qualcosa, si fa notizia ed entrano anche soldi al Comune. Tutte le altre soluzioni richiedono programmazione, elaborazione, coordinamento... che fatica! Nessuno ha veramente intenzione di diminuire il numero di turisti a Roma, perché sono una ricchezza per tutta la città, per un numero incredibile di categorie, da chi ci lavora direttamente a chi lo fa senza accorgersene.

Il turismo dunque va gestito meglio, non diminuito. Anzi, è l’intera città che va gestita meglio, perché il turismo risente della cattiva gestione di alcuni servizi essenziali della città, quali trasporti, rifiuti, bagni, taxi, viabilità, ecc. Il centro storico di Roma dovrebbe essere zona a traffico limitato ma è già trasformato in un luna park da centinaia di golf car usate impropriamente. Le stradine sono per metà occupate dai dehors dei ristoranti, situazione ormai fuori controllo. Quasi ogni settimana chi lavora in centro ha problemi perché si continuano a programmare gli eventi al centro, invece di spostare i flussi fuori. Per non parlare della difficoltà di farsi aprire monumenti al di fuori di quelli soliti, anche per chi avrebbe la voglia di spingere la valorizzazione di altre zone. I turisti continuano a dover prendere un caffè nei bar per poter andare in bagno, cosa che va benissimo se siete in tre amici, ma che è un problema per i gruppi e soprattutto per i disabili. Sono cresciuti gli alberghi 5 stelle e vorremmo il turismo congressuale ma non siamo in grado di offrire a questi ospiti quello che vorrebbero fuori dagli hotel. Questi sono solo alcuni dei tanti problemi che un Assessore al Turismo, Sport e Grandi Eventi dovrebbe affrontare. Se il Comune di Roma fosse in grado di gestire meglio la città, nessuno avrebbe mai partorito un’idea folle come quella di mettere un biglietto a Trevi.

Sull’argomento leggi anche le opinioni di: Federico Giannini, Roberto Guiggiani, Vittorio Sgarbi


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L'autrice di questo articolo: Isabella Ruggiero

Presidente AGTA - Associazione Guide Turistiche Abilitate



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