Il 25 marzo si è dimesso il direttore generale della fondazione Agrigento 2025, Roberto Albergoni. Lo ha comunicato attraverso Repubblica, il giornale che poche settimane prima aveva dato la notizia del fatto che alcuni degli eventi previsti sarebbero saltati: la Fondazione doveva infatti ancora approvare il bilancio. “Lascio il mio incarico con la consapevolezza di aver garantito le condizioni per l’attuazione del programma e lo straordinario lavoro degli artisti coinvolti”, ha detto Albergoni, che ha parlato di decisione presa da tempo (i ben informati parlano infatti di dimissioni ventilate più volte).
Si tratta dell’ultimo episodio di uno stillicidio mediatico, prima che organizzativo, che colpisce Agrigento 2025 sostanzialmente fin dalla proclamazione. Il 25 gennaio si era dimesso il presidente della fondazione Giacomo Minio, con un messaggio decisamente meno edulcorato. Lasciava su richiesta del sindaco, aveva detto, “per favorire un avvicendamento squisitamente politico”. Minio, profilo confindustriale, docente di economia dei beni culturali, è stato sostituito da Maria Teresa Cucinotta, ex prefetto in pensione, cui il presidente della Regione Renato Schifani ha rinnovato la fiducia, lanciando stilettate piuttosto evidenti ai dimissionari. “Desidero esprimere la mia piena fiducia al presidente della Fondazione Agrigento Capitale della Cultura 2025, l’ex prefetto Maria Teresa Cucinotta. Sin dal suo insediamento, ha lavorato con determinazione per rimettere in carreggiata una struttura che, fino a oggi, ha accumulato ritardi nell’attuazione del programma”, ha dichiarato dopo le dimissioni di Albergoni.
Chi sperava – come lo stesso Albergoni, pubblicamente – che l’inaugurazione del gennaio scorso avrebbe messo a tacere le polemiche, è rimasto deluso: in poche settimane si sono registrati tombini tombati, dimissioni di dirigenti, eventi rinviati, bilanci approvati in ritardo e un membro del Cda (dermatologo) che ha risposto ai critici con un video sui social al vetriolo. Prima ancora che dal punto organizzativo – con un’organizzazione ancora tutta da valutare, e siamo a marzo – Agrigento 2025 sta rappresentando un disastro politico-mediatico. Com’è successo, e cosa dobbiamo aspettarci dal futuro?
Albergoni non era un tecnico qualunque, nonostante il tentativo in corso di ridimensionarne il ruolo. In carica prima ancora che la fondazione fosse in funzione, arriva dal consorzio universitario Ecua, che aveva curato il dossier di candidatura. Ma – come usuale in tutte le capitali italiane della cultura – una volta arrivata la vittoria, a marzo 2023, la prima per una città amministrata dal centrodestra, è stata la politica locale a prendere in mano il pallino del gioco, come ha ben raccontato AgrigentoNotizie nel corso dei mesi. Solo che in questo caso la regione, a guida Forza Italia, voleva la sua parte, il Comune (dove Fratelli d’Italia ha la maggioranza relativa) la propria, il comune di Lampedusa (centrale nel dossier di candidatura), anche, ed è andato in scena un teatro degno di Pirandello: fondazione creata e finanziata in ritardo, consiglio d’amministrazione pieno di tecnici (non del settore culturale) vicini a partiti e gruppi economici del territorio, eventi e bandi, nel frattempo, curati dal Parco Archeologico della Valle dei Templi, a gestione regionale.
Gli scivoloni pre-apertura non si contano: il logo presentato alla metà del 2023 e modificato alla fine del 2024, perché il primo non era di proprietà del comune; il sollevamento in verticale del Telamone della Valle dei Templi che ha suscitato le ironie del web; il principale evento di promozione del luogo (il concerto di Natale de Il Volo registrato il 31 agosto) che ha suscitato ilarità oltre che visibilità. Il sito dell’evento a pochi giorni dall’inaugurazione non era ancora online, le strade di Agrigento ancora da bitumare per l’arrivo delle delegazioni istituzionali (da cui l’ormai topica chiusura dei tombini, con conseguente stombinamento con metal detector), il presidente di Regione Renato Schifani neppure presente alla presentazione del programma a Roma, il 15 gennaio
Di fatto però l’evento è ormai sempre più gestito sul piano regionale: c’è una cabina di regia in funzione, da marzo 2024, gli appalti come detto gestiti soprattutto dal Parco della Valle dei Templi, una fondazione che entra in funzione solo ora, a bilancio approvato, e guidata da una donna che ha lunga esperienza di gestioni commissariali. E che scarica macigni non da poco sui predecessori. “Questo suo passo indietro ha tolto dall’imbarazzo il Consiglio d’amministrazione dall’assumere un atto più doloroso”, ha detto dopo le dimissioni di Albergoni. “Non c’è dubbio che nonostante l’impegno profuso dal dottor Albergoni sia indispensabile recuperare i gravi ritardi che si sono accumulati nella realizzazione dei progetti”. La città siciliana ha tutto il tempo per avere almeno una tarda primavera ed estate densa di cultura.
Va detto che Agrigento 2025 si trova a gestire una situazione unica: è la prima capitale italiana della cultura che si trova a coesistere (probabilmente per l’ultima volta) con una capitale europea della cultura (titolo molto più strutturato e noto, che esiste dal 1985) sita nello stesso territorio nazionale.
Quando infatti è toccato a Matera, nel 2019, il titolo italiano inventato da Dario Franceschini non è stato assegnato. Per qualche motivo, invece, nel 2025, nonostante Gorizia sia capitale europea insieme a Nova Gorica (per scelta del governo sloveno) il titolo italiano è stato ugualmente assegnato. A Gorizia non esiste una fondazione che gestisce l’evento, una specificità del tutto nostrana. Chissà, forse il caso di Agrigento farà scuola.
L'autore di questo articolo: Leonardo Bison
Dottore di ricerca in archeologia all'Università di Bristol (Regno Unito), collabora con Il Fatto Quotidiano ed è attivista dell'associazione Mi Riconosci.