Situata nel Palazzo dei Musei, la Pinacoteca Civica di Varallo è considerata una delle prime collezioni artistiche del Piemonte. Il nucleo originario della Pinacoteca era ospitato in sole tre sale ed era costituito dalle opere presenti alla Mostra Artistica Valsesiana del 1885, che si tenne in occasione delle celebrazioni del presunto quarto centenario della nascita di Gaudenzio Ferrari (Valduggia, 1475/1480 – Milano, 1546), tra i più grandi artisti del Cinquecento dell’Italia settentrionale e vero genius loci del territorio vercellese. L’idea di dare vita a una pinacoteca si deve alla Società di Conservazione delle Opere d’Arte e dei Monumenti in Valsesia, che venne fondata dieci anni prima allo scopo di gestire e conservare gli oggetti d’arte appartenenti al patrimonio artistico valsesiano.
La stesura del primo catalogo spettò al pittore Giulio Arienta, pubblicato postumo nel 1902: a partire da quel momento il patrimonio artistico della pinacoteca continuò ad arricchirsi e si resero necessari i primi cambiamenti. Il percorso espositivo venne infatti ampliato nel 1952 grazie al pittore Emilio Contini, primo conservatore del museo, che inaugurò il nuovo percorso di visita costituito da ventiquattro sale. Al 1960 risale invece il rinnovamento del Palazzo dei Musei, edificio che tuttora accoglie la pinacoteca: alla fine degli anni Cinquanta venne infatti acquisita la proprietà giuridica dei locali che ospitavano la pinacoteca per merito dell’ingegnere Giorgio Rolandi che fu eletto Presidente della Società di Conservazione. Quest’ultimo finanziò inoltre il lavoro degli storici dell’arte che circolavano nell’ambiente universitario e museale di Torino e di Milano, poiché loro avevano stabilito contatti con Varallo al fine di analizzare le testimonianze artistiche valsesiane, soprattutto legate a Gaudenzio Ferrari e a Tanzio da Varallo (Alagna, 1582 circa – Varallo, 1633), e collaborarono al nuovo allestimento museale. Oggi, dal 1998, la valorizzazione e la conservazione delle collezioni della Pinacoteca si devono all’ente Onlus Società di Incoraggiamento allo Studio del Disegno e di Conservazione delle Opere d’Arte in Valsesia, grazie a cui il museo continua a essere uno dei principali centri artistici e culturali non solo della Valsesia ma di tutto il Piemonte.
Il percorso museale si apre nella prima sala con sculture in legno e in pietra e dipinti su tavola che rendono conto dell’evoluzione dell’arte in Valsesia dal Quattrocento fino al primo Cinquecento; alcune opere attestano la presenza sul territorio di oggetti di matrice nordica, in particolare della comunità Walser, come i Busti di santi che rimandano all’ambito del maestro svevo Nicklaus Weckmann il Vecchio e il Cristo coronato di spine attribuito al fiammingo Dieric Bouts, opera di devozione privata che anticamente giunse forse al Sacro Monte di Varallo. Un altro gruppo di sculture rimanda invece all’attività di artisti del Piemonte orientale, d’influenza lombarda: ne sono esempi il San Giovanni Evangelista, la Madonna della Rosa e il Crocifisso di Alagna. Infine nella stessa sala è il polittico Scarognino, compiuto probabilmente da Francesco Spanzotti, fratello del più famoso Martino, alla fine del Quattrocento. Il nostro sguardo è rapito nella sala successiva dal gruppo scultoreo in legno della Pietra dell’Unzione attribuito alla bottega dei fratelli Giovanni Pietro e Giovanni Ambrogio De Donati, una delle più attive del ducato milanese. Il gruppo proviene dal nucleo più antico del Sacro Monte e mette in scena il Compianto sul Cristo morto. Sulle pareti che circondano quest’ultimo è ricostruita la cappella dell’Assunzione della Vergine attraverso gli affreschi attribuiti al giovane Gaudenzio Ferrari (a cui è attribuita anche la tavola della Crocifissione originariamente nel convento di Santa Maria delle Grazie a Varallo) e al suo maestro Stefano Scotti. Sono degni di nota poi la Testa di uomo con berretto rosso, che richiama le “teste di carattere” di Leonardo da Vinci, la Testa di giovane, forse un san Sebastiano. Di Gaudenzio Ferrari, oltre ai quattro Dottori della Chiesa del polittico per la chiesa di San Pietro a Gattinara, sono anche il San Francesco riceve le stimmate (il cui frate Leone sembra essere molto simile al San Pietro Martire affrescato, recentemente attribuito al suo collaboratore Sperindio Cagnoli) e l’Angelo Annunciante, entrambi provenienti dal Sacro Monte: il primo dalla cappella di San Francesco, il secondo dalla Chiesa Vecchia.
Se nelle prime sale riconosciamo come protagonista Gaudenzio Ferrari, tra i cui eredi si possono menzionare Fermo Stella da Caravaggio, autore del frammento di affresco cinquecentesco raffigurante una Testa di santa, e Bernardino Lanino di cui sono qui esposti gli affreschi provenienti dalle antiche cappelle della Pentecoste e della Flagellazione del Sacro Monte, la quinta sala è interamente dedicata ad Antonio d’Enrico detto Tanzio da Varallo, il maggiore pittore valsesiano del Seicento, e alla pittura del Seicento. È infatti del fratello Melchiorre l’opera con i due Angeli in preghiera, mentre di ambito vicino a Tanzio è l’Annunciazione; i bassorilievi in legno intarsiato con i Misteri del Rosario sono invece di ambito valsesiano: opere che introducono nel contesto entro cui fu attivo il famoso pittore. Tuttavia i capolavori che definiscono quasi una sorta di stanza nella stanza sono i due David di Tanzio da Varallo, esposti uno accanto all’altro (a cui avevamo dedicato un articolo della rubrica Frammenti), il Sant’Antonio da Padova e dipinti degli anni Trenta del Seicento, quali la Madonna con Bambino e i santi Francesco e san Carlo Borromeo e il San Rocco. La pittura del Seicento è testimoniata da dipinti che provengono sia dall’ambito milanese e lombardo, come il Ritratto femminile ascrivibile a un pittore vicino a Francesco del Cairo e la grande Strage degli innocenti, sia dall’ambito piemontese-lombardo come il piccolo Martirio di san Maurizio.
Si prosegue poi secondo un ordine cronologico con sale dedicate alle collezioni di Sei e Settecento: dal pittore Pier Francesco Gianoli, artista secentesco che realizzò dipinti per la chiesa varallese di Santa Marta, demolita tra il 1930 e il 1932, per la cappella dell’antico Ospedale della Santissima Trinità e affreschi per la cappella di Sant’anna al Sacro Monte, ai fratelli decoratori Giuseppe e Giovanni Stefano Danedi detti Montalti; dall’olandese di adozione valsesiana Giovanni Antonio De Groot al messinese di origini fiamminghe Nicolas van Houbraken.
Il secondo piano del museo riunisce le collezioni dell’Ottocento valsesiano, con ritratti, scene di genere, paesaggi. Tra i nomi più significativi si ricordano Giovanni Avondo, erede della tradizione decorativa settecentesca locale, Pier Celestino Gilardi noto per le sue scene di genere, Antonio Fontanesi, Marco Calderini e Lorenzo Delleani, Eugenio Rappa e Camillo Verno, questi ultimi esponenti della pittura di paesaggio. La scultura ottocentesca, presente con opere dalla gipsoteca conservata nella sede museale, è rappresentata dai valsesiani Giacomo Ginotti e Casimiro Debiaggi.
Il percorso museale si conclude con le collezioni donate da due famiglie: la Collezione Franchi e la Collezione Remogna. La prima, donata alla Pinacoteca tra il 2004 e il 2007, è formata da maioliche: circa 190 pezzi, attraverso cui è possibile ripercorrere l’evoluzione dell’arte ceramica dal XIV al XVIII secolo e le principali manifatture del territorio. Sono esposte quindi ceramiche arcaiche, maioliche rinascimentali, piatti di Deruta, ceramiche di manifattura lombarda, soprattutto di Milano e Pavia, ed esemplari di maiolica savonese. La seconda, a cui avevamo già dedicato un approfondimento, si sviluppa in tre sale ed è stata donata tra il 2002 e il 2013 dal medico borgosesiano Mario Remogna: centocinque pezzi tra dipinti, sculture, suppellettili liturgiche, mobili, un piccolo corpus di grafica e oggetti d’arte decorativa, tutti compresi tra il XV e il XIX secolo.
La Pinacoteca custodisce inoltre un’ampia collezione grafica di cui, per ragioni di conservazione, vengono esposti tre pezzi a rotazione nella sala di Tanzio da Varallo: oltre milletrecento disegni riferibili tra il XVI e il XX secolo e un minor numero di incisioni.
Di Gaudenzio Ferrari e di Tanzio da Varallo sono ovviamente le opere più note, come la Testa di vecchio realizzata dal primo e il disegno preparatorio per il quadro Giacobbe e Rachele del secondo.
Insieme al Sacro Monte di Varallo, la Pinacoteca civica è da visitare per avere una panoramica sull’arte valsesiana lungo i secoli e per ammirare riuniti alcuni capolavori dei maggiori pittori della Valsesia, ovvero Gaudenzio Ferrari e Tanzio da Varallo. Un museo che merita di essere annoverato tra i gioielli artistico-culturali del Piemonte.
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