L'Adorazione dei Magi del Perugino, il capolavoro con cui il pittore si presentò al mondo


L’Adorazione dei Magi del Perugino, conservata alla Galleria Nazionale dell’Umbria, fu dipinta negli anni Settanta del Quattrocento ed è il capolavoro giovanile dell’artista, l’opera con cui si presentò al mondo.

Nelle sue Vite, Giorgio Vasari non dà un giudizio entusiastico dell’Adorazione dei Magi che il Perugino (Pietro Vannucci; Città della Pieve, 1448 circa – Fontignano, 1523) dipinse per la chiesa di Santa Maria dei Servi a Perugia, oggi conservata nella prima sala a lui dedicata alla Galleria Nazionale dell’Umbria. Dice infatti lo storiografo aretino che “nella chiesa de’ Servi fece […] due tavole, in una la trasfigurazione del Nostro Signore e nell’altra, che è accanto alla sagrestia, la storia de’ Magi; ma perché queste non sono di quella bontà che sono l’altre cose di Piero, si tien per fermo ch’elle siano delle prime opere che facesse”. Sulla pala della Trasfigurazione Vasari sbagliava riguardo alla cronologia: è infatti un lavoro tardo, eseguito dall’artista poco prima del 1517, ed effettivamente non si è soliti ritenerlo tra i lavori migliori del Perugino. L’Adorazione dei Magi è invece veramente un’opera giovanile, ma Vasari è troppo severo nel reputarla non all’altezza di altre opere che il Perugino avrebbe eseguito più avanti. È invece una tavola che, oltre a farsi notare per la sua imponenza (caratteristica che contribuisce a renderla immediatamente riconoscibile, e che cattura inevitabilmente i visitatori del museo di Perugia), serba alcuni elementi che la rendono una delle opere più interessanti dell’intera produzione peruginesca.

Si tratta, con tutta probabilità, della prima commissione importante che il Perugino ricevette dopo la fine del suo apprendistato a Firenze, durato fino al 1472, anno in cui l’artista s’iscrisse alla Compagnia di San Luca a Firenze, una sorta di associazione che, in seno all’Arte dei Medici e degli Speziali (una delle principali corporazioni professionali di Firenze), radunava i pittori e promuoveva il loro lavoro, nel nome del santo patrono degli artisti. Nel 1472, il Perugino figura come “dipintore” membro della Compagnia: siamo dunque certi che a partire da quest’anno era diventato un artista autonomo. Non vige tuttavia concordia sulla datazione precisa dell’Adorazione dei Magi, anche se la critica è unanime nel ritenerla opera degli anni Settanta. Dunque opera d’un artista poco più che ventenne, che stava ancora cercando la propria strada, come notò Umberto Gnoli, autore, nel 1923, di una pionieristica monografia sull’artista. “La personalità del Maestro non è fissata”, scriveva: “il grande albero al centro del paesaggio è una reminiscenza di Piero dal Borgo; le mani di san Giuseppe hanno la durezza di quelle di Luca Signorelli; le figure, drappeggiate plasticamente, sono fiorentine, ma ingentilite. Il Maestro guarda ancora attorno a sé, studia i suoi grandi contemporanei, si affatica in problemi di tecnica, s’indugia in virtuosità di luci e di ombre, come nel profondo partito di pieghe della Vergine assisa, ma si muove nobilmente nell’orbita della pittura toscana, senza aver trovato se stesso, quasi non osando manifestare l’originalità del suo genio”. Non mancano tuttavia elementi che diventeranno propri dell’arte del Perugino, come si vedrà.

Perugino, Adorazione dei Magi (anni Settanta del XV secolo; olio su tavola, 241 x 180 cm; Perugia, Galleria Nazionale dell’Umbria)
Perugino, Adorazione dei Magi (anni Settanta del XV secolo; olio su tavola, 241 x 180 cm; Perugia, Galleria Nazionale dell’Umbria)

È comunque vero che si tratta d’un dipinto che guarda molto alla pittura toscana del tempo e che risente profondamente dell’ambiente nel quale il Perugino si formò, la Toscana e più precisamente la Firenze della seconda generazione del Rinascimento, quella di Piero della Francesca, di Luca Signorelli, del Verrocchio, di Sandro Botticelli, di Antonio e Piero del Pollaiolo. La composizione è nettamente scandita dalle linee verticali create dal paesaggio montuoso sulla sinistra, dall’albero al centro, e dai pali della capanna sulla destra. La capanna è peraltro descritta con evidente finezza: “Perugino”, ha scritto Marco Pierini, “non nasconde l’amore per il dettaglio: i conci di pietra sono sbreccati, le travi ospitano piantine infestanti, le colonne lignee sono ancorate con giunco strettamente annodato, dal tetto spuntano ciuffi di paglia, isolante termico ormai inutile”. Entro questa partitura avviene la scena: il corteo dei Magi si assiepa sotto l’albero, a un passo di distanza dalla Sacra Famiglia, che è invece ferma sotto la capanna. A raccordare i due gruppi, in secondo piano, il bue e l’asinello muovono le loro teste dietro una palizzata. Il corteo è aperto dai tre magi: quello più anziano è inginocchiato ai piedi del Bambino a capo scoperto, mentre gli altri due, quello maturo e quello giovane, sono in piedi dietro di lui e offrono con nonchalance e con gesti affettati i loro doni (da vedere il modo in cui il mago giovane regge la coppa d’incenso, poggiata sulle nocche delle prime tre dita. Sono abbigliati con vesti lussuose: il più giovane dei tre indossa abiti giovanili, ovvero una calzamaglia coperta in basso da un paio di stivali con il risvolto, una giornea di velluto verde bordata di pelliccia bianca, indossata sopra una camicia bianca, e un mantello rosso fermato con una vistosa catena dorata.

Più tradizionale invece l’abbigliamento del re maturo, che porta una veste lunga fino alle caviglie in broccato d’oro, anch’essa coperta da un ampio mantello. I Magi sono accompagnati da una schiera di paggi e attendenti anch’essi vestiti con abiti eleganti e colti in pose fini. Sull’estrema sinistra, uno dei personaggi del corteo guarda verso l’osservatore: è il tipico espediente che gli artisti adoperavano per autoritrarsi. Inoltre, il fatto che il personaggio in questione abbia una vistosa macchia rossa sotto l’occhio destro non lascia adito a troppi dubbi, dal momento che nei suoi ritratti certi il Perugino palesa questo problema cutaneo: nell’Adorazione dei Magi abbiamo dunque modo di vedere (come aveva osservato per primo già nel 1827 lo scrittore Karl Friedrich von Rumohr) l’artista da giovane, belloccio e decisamente più in forma di come apparirà nei ritratti della maturità. Sull’altro lato, il Bambino è colto nell’atto di benedire il re che si è inginocchiato di fronte a lui. La Vergine, con movenze raffinate, lo tiene delicatamente tra le mani, rivolgendo il suo sguardo dolce e altero allo stesso tempo al sovrano venuto da lontano a riverire il figlio di Dio. Dietro, san Giuseppe assiste alla scena appoggiandosi al suo bastone. Fa da sfondo un dolce paesaggio umbro che evidenzia una buona padronanza, da parte del Perugino, della prospettiva aerea, come si nota dalle montagne in lontananza dipinte sfocate e con tonalità più fredde. Si vede una distesa d’acqua: è il Lago Trasimeno, altra presenza ricorrente nelle opere del Perugino. E ci sono poi piante descritte con accuratezza, in gran parte riconosciute da Pierini, secondo il quale l’artista poté contare in parte sull’osservazione diretta, e in parte su qualche erbario di cui probabilmente disponeva nella sua bottega. L’albero simile a quello del Battesimo di Cristo di Piero della Francesca è un sorbo, e dietro di esso si vedono cespugli di viburno, alcuni esemplari di orniello, un cipresso (lo si vede subito a fianco del fusto dell’albero) e un abete rosso (vicino al cipresso) dipinto in maniera schematica. Aggrappate alle rocce ci sono invece una cymbalaria in alto e, più in basso, un ranuncolo e un tanaceto. Infine, in alto nel paesaggio, ecco la stella cometa che ha guidato i Magi fino alla capanna di Gesù: anche in questo caso il Perugino può forse aver fatto esperienza diretta di un simile fenomeno astrologico, dal momento che nei cieli della Toscana è documentato il passaggio di due comete, una nell’agosto del 1468 e una nel gennaio del 1472. Il fatto che il Perugino cerchi di dipingere la cometa nella maniera più realistica possibile potrebbe suggerire dunque una precisa volontà di descrivere l’evento al quale potrebbe aver avuto la ventura d’assistere.

Dettaglio della Sacra Famiglia
Dettaglio della Sacra Famiglia
Gaspare
Gaspare
Baldassarre
Baldassarre
Melchiorre
Melchiorre
L'autoritratto del Perugino
L’autoritratto del Perugino
La capanna
La capanna
Il paesaggio
Il paesaggio
Il bue e l'asinello
Il bue e l’asinello
Le erbe davanti alla capanna
Le erbe davanti alla capanna

Come osservava Gnoli, l’Adorazione dei Magi è una sorta di sunto dei riferimenti d’un artista che cercava una sorta di mediazione tra modelli antichi e moderni, tra tradizione ancora goticheggiante e novità introdotte dai pittori più aggiornati del tempo. Rimandano alla prima, per esempio, le vesti dei personaggi che paiono quasi di metallo, dipinte con panneggi dalle pieghe rigide, nette, pesanti, a dare alle vesti un rilievo da sculture tardogotiche (si osservi, per esempio, il modo in cui la veste del re inginocchiato cade alle sue spalle, ma si guardino anche le pieghe della tunica di san Giuseppe che descrivono ampie e rigide pieghe a semicerchio sulla parte inferiore del corpo, come quelle che si vedono in certe statue di Lorenzo Ghiberti). Molti sono comunque gli elementi innovativi. A cominciare dall’albero al centro, una citazione diretta dal Battesimo di Cristo di Piero della Francesca, che si trovava al centro del Polittico di San Giovanni in Val d’Afra, a Sansepolcro, mentre oggi è alla National Gallery di Londra. Le figure mostrano poi un plasticismo che è stato messo in relazione alle opere dei fratelli del Pollaiolo e a quelle del Verrocchio, e poi ancora la minuzia delle decorazioni (si osservi a tal proposito la veste del mago maturo) che è stata paragonata a quella dell’arte fiamminga (così come di derivazione fiamminga è l’utilizzo dell’olio), il paesaggio che ricorda le creazioni del giovane Leonardo da Vinci, quasi coetaneo del Perugino. Tutti elementi che evidenziano le qualità di un pittore attento e aggiornato quale era il giovane Pietro Vannucci.

Ci sono poi alcuni dettagli tipici del Perugino, che torneranno anche in altre sue opere mature: per esempio i giovani abbigliati con vesti e copricapi alla moda o i personaggi individualmente caratterizzati che andranno a popolare altre affollate scene peruginesche (su tutti può valere l’esempio dell’affresco con la Consegna delle chiavi della Cappella Sistina: lo studioso Giancarlo Gentili ha affermato che l’Adorazione dei Magi costituisce il primo esempio di un tale impegno del Perugino nell’utilizzo sistematico del ritratto, che si ripresenterà poi altre volte nella sua arte, sebbene non di frequente), o lo stesso re giovane, Melchiorre, la cui figura verrà ripresa per il san Rocco nell’affresco eseguito dall’artista per la chiesa di San Francesco a Deruta e oggi custodito nella Pinacoteca Comunale della cittadina umbra. Certi elementi, simbolici più che formali, rimandano a un’altra importante Adorazione dei Magi dipinta alla metà degli anni Settanta del Quattrocento, quella che Sandro Botticelli eseguì verso il 1475 per la cappella funebre del cortigiano mediceo Gaspare di Zanobi del Lama in Santa Maria Novella, e oggi conservata agli Uffizi. Simile è l’idea di raffigurare la capanna come un tempio diroccato, allusione all’età pagana che viene superata (e quindi lasciata in rovina) dalla nascita di Gesù Cristo, identica è l’idea d’inserire nella composizione un autoritratto così come secondo alcuni studiosi in entrambe le opere è l’espediente di ritrarre nella scena alcuni personaggi contemporanei. Se dunque l’Adorazione di Sandro Botticelli era una sorta di celebrazione del potere mediceo (vi si potevano osservare i ritratti di Cosimo il Vecchio, di Piero il Gottoso, di Lorenzo il Magnifico e di suo fratello Giuliano), quella del Perugino potrebbe aver replicato quest’abitudine tipicamente fiorentina (è attestata del resto anche in un’Adorazione forse ancor più celebre, quella dipinta da Benozzo Gozzoli nella cappella di Palazzo Medici Riccardi) con l’inserimento nell’episodio evangelico di alcuni ritratti della famiglia Baglioni, che dominava la Perugia del tempo.

Piero della Francesca, Battesimo di Cristo (1444-1455 circa; tempera su tavola, 167 x 116 cm; Londra, National Gallery)
Piero della Francesca, Battesimo di Cristo (1444-1455 circa; tempera su tavola, 167 x 116 cm; Londra, National Gallery)
Lorenzo Ghiberti, San Giovanni Battista (1412-1416; bronzo, altezza 255 cm; Firenze, Museo di Orsanmichele)
Lorenzo Ghiberti, San Giovanni Battista (1412-1416; bronzo, altezza 255 cm; Firenze, Museo di Orsanmichele)
Piero del Pollaiolo, Raffaele e Tobiolo (1465-1470 circa; olio su tavola, 188 x 119 cm; Torino, Galleria Sabauda)
Piero del Pollaiolo, Raffaele e Tobiolo (1465-1470 circa; olio su tavola, 188 x 119 cm; Torino, Galleria Sabauda)
Leonardo da Vinci, Annunciazione (1472 circa; olio su tavola, 90 x 222 cm; Firenze, Galleria degli Uffizi, inv. 1890 n. 1618)
Leonardo da Vinci, Annunciazione (1472 circa; olio su tavola, 90 x 222 cm; Firenze, Galleria degli Uffizi, inv. 1890 n. 1618)
Perugino, Consegna delle chiavi (1481-1482 circa; affresco, 340 x 550 cm; Città del Vaticano, Cappella Sistina)
Perugino, Consegna delle chiavi (1481-1482 circa; affresco, 340 x 550 cm; Città del Vaticano, Cappella Sistina)
Sandro Botticelli, Adorazione dei Magi (1476; tempera su tavola, 111 x 134 cm; Gallerie degli Uffizi, inv. 1890 n. 882)
Sandro Botticelli, Adorazione dei Magi (1476; tempera su tavola, 111 x 134 cm; Gallerie degli Uffizi, inv. 1890 n. 882)
La Cappella dei Magi affrescata da Benozzo Gozzoli, veduta verso la parete sud. Foto: Linea Light Group
La Cappella dei Magi affrescata da Benozzo Gozzoli, veduta verso la parete sud. Foto: Linea Light Group

È quanto ha pensato nel 1997 la studiosa Laura Teza, la prima a formulare l’ipotesi che nei Magi si possano riconoscere alcuni membri della famiglia (idea che, come si vedrà più sotto, è stata invece respinta da Marco Pierini). Il più vecchio, il mago Gaspare, celerebbe dunque le fattezze di Malatesta I Baglioni, valente capitano di ventura perugino che fu alle origini delle fortune familiari e che era considerato una sorta di pater patriae dai suoi concittadini proprio perché grazie al suo operato la famiglia poté dominare Perugia per circa un secolo. Non sarebbe mai divenuto signore di Perugia e dovette contentarsi del titolo di signore di Bettona, Cannara e Spello: chi riuscì invece nell’impresa fu suo figlio Braccio I Baglioni, primo signore di Perugia (seppur de facto e mai quindi investito ufficialmente del titolo), che secondo Teza sarebbe rappresentato con l’aspetto del Mago maturo, Baldassarre. Infine, nella figura di Melchiorre, ovvero il più giovane dei Magi, sarebbe da riconoscere il ritratto di Grifone Baglioni, figlio di Braccio e all’epoca dell’esecuzione del dipinto destinato a diventare suo successore (non ci sarebbe riuscito perché cadde in battaglia nel 1477, due anni prima della morte del padre).

L’ipotesi, come detto, è stata scartata da Marco Pierini: “non soltanto”, scrive lo storico dell’arte, “i Magi di Perugino sono privi di ogni connotato tipico del ritratto, ma rispecchiano in pieno quelle fisionomie standard replicate dall’artista ogni qualvolta la situazione lo abbia consentito”. È stato comunque ritenuto probabile il coinvolgimento dei Baglioni, che all’epoca detenevano di fatto il potere sulla città che ufficialmente era governata dal papa, nella commissione del dipinto, che fu eseguito per la chiesa di Santa Maria dei Servi a Perugia. L’edificio di culto, poi demolito nel 1540 per consentire la costruzione della Rocca Paolina, si trovava sul Colle Landone, una piccola altura oggi non più visibile in quanto completamente urbanizzata (è l’area del centro storico vicina ai resti della Rocca Paolina, dove sorgono alcuni edifici come la Banca d’Italia, l’Hotel Brufani, il Palazzo della Provincia), non distante dalle case dei Baglioni. All’interno della chiesa erano stati inoltre seppelliti alcuni membri della famiglia.

Non abbiamo idea di come i Baglioni abbiano conosciuto il Perugino. Tuttavia, ha scritto Marco Pierini, “Braccio aveva una tale consuetudine con Firenze che la cosa non appare affatto inspiegabile. Potrebbero inoltre aver fatto da mediatori gli stessi serviti, con i quali il pittore – che da loro ricevette numerose commissioni, compresa quella per la casa madre della Santissima Annunziata di Firenze – intrattiene a lungo un solido legame proprio a partire dagli anni giovanili”. Inoltre un ruolo d’intermediario potrebbe essere stato svolto dallo zio del pittore, Pietro Lazzari, che fu procuratore generale dell’Ordine dei serviti tra il 1463 e il 1467.

L’opera rimase nella chiesa fino alla data della demolizione, quando fu poi spostata nel nuovo edificio che doveva sostituire l’antica chiesa dei Servi, ovvero la chiesa di Santa Maria Nuova in Porta Sole. Il dipinto riuscì a scampare alle spoliazioni napoleoniche ma non agli elenchi del nuovo conservatore del Museo Capitolino di Roma, Agostino Tofanelli, che nel 1812 selezionò la pala per il museo e due anni dopo la fece trasferire in Campidoglio, malgrado le proteste dei perugini. Fu poi restituita a Perugia nel 1820, potendo tornare nella sua chiesa. Fu quindi trasferita nel 1863 alla Pinacoteca Civica di Perugia (che aveva aperto proprio quell’anno), ovvero il museo che sarebbe poi divenuto l’attuale Galleria Nazionale dell’Umbria. E fu subito al centro di un dibattito attributivo, poiché, per qualche ragione, si era persa la certezza sulla sua paternità: Giovanni Battista Cavalcaselle nel 1866 la attribuì a Fiorenzo di Lorenzo, e come lui fece Bernard Berenson nel 1897 (che poi però tornò sui suoi passi), finché nel 1903 Jean Carlyle Graham tornò a formulare il nome del Perugino e nel 1911 Adolfo Venturi pose una pietra sulla questione riaffermando la paternità del giovane maestro di Città della Pieve. Ad ogni modo, da quel 1863 è nelle sale di Palazzo dei Priori a Perugia che s’ammira l’Adorazione dei Magi, testimone affascinante di un mondo in trasformazione, sia sotto il profilo culturale che sotto quello politico, primo capolavoro di un artista destinato a diventare uno dei grandi del suo tempo.

L’articolo è redatto nell’ambito di “Pillole di Perugino”, un progetto che fa parte delle iniziative per la divulgazione e diffusione della conoscenza della figura e dell’opera di Perugino selezionate dal Comitato Promotore delle celebrazioni per il quinto centenario della morte del pittore Pietro Vannucci detto “il Perugino”, costituito nel 2022 dal Ministero della Cultura. Il progetto, a cura della redazione di Finestre sull’Arte, è cofinanziato con i fondi messi a disposizione del Comitato dal Ministero.


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Gli autori di questo articolo: Federico Giannini e Ilaria Baratta

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