Terza tappa per il progetto Terre degli Uffizi, il palinsesto di mostre che le Gallerie degli Uffizi realizzano assieme a Fondazione CR Firenze nei musei della Toscana all’interno dei rispettivi programmi Uffizi Diffusi e Piccoli Grandi Musei. La rassegna è in programma al Museo della Battaglia di Anghiari dal 31 agosto 2021 al 6 gennaio 2022 e s’intitola La civiltà delle armi e le Corti del Rinascimento: la mostra, promossa dal Comune di Anghiari, si pone l’obiettivo di raccontare un particolare processo che interessò il borgo di Anghiari durante il Rinascimento: la trasformazione di una parte dei notabili del luogo, che da guerrieri, combattenti e uomini d’arme divennero cortigiani eruditi e amanti della cultura. Un fenomeno riscontrabile in tutta Italia, ma particolarmente evidente nel centro dell’alta Val Tiberina.
Il sottotitolo della mostra, Federico da Montefeltro ad Anghiari, intende dar conto di alcuni recenti studi storici sulle famiglie del borgo: sono emersi infatti amicizie e legami di parentela con alcune delle maggiori casate del tempo, e in particolare con i Montefeltro di Urbino. Lo stesso Federico da Montefeltro (Gubbio, 1422 - Ferrara, 1482), che è protagonista della mostra con il suo ritratto postumo eseguito da Cristofano dell’Altissimo (Firenze, 1525 – 1605) per la serie gioviana, fu ad Anghiari almeno due volte, nel 1468 e nel 1474, a quanto risulta dai documenti. Il ritratto di Federico da Montefeltro, attorno al quale è stata costruita anche l’immagine coordinata della mostra, a distanza di più di un secolo dalla realizzazione dei ritratti dei duchi di Urbino di Piero della Francesca, oggi conservati agli Uffizi, ancora si rifaceva a quell’illustre precedente. La selezione di opere in mostra, tra tabernacoli dipinti, ritratti, armi e scene di battaglie, provenienti in parte dai depositi degli Uffizi e in parte da collezioni del territorio, vuole approfondire la vita degli uomini d’arme del tempo. La mostra trova poi un legame col territorio anche per un altro ben noto motivo: qui infatti, il 29 giugno 1440, si combatté la decisiva battaglia tra le truppe milanesi dei Visconti e la coalizione guidata dalla Repubblica fiorentina, alleata con Venezia e con lo Stato Pontificio, che vinse contro Milano. È proprio la battaglia che Leonardo da Vinci, fra il 1504 e 1505, fu chiamato a rievocare nel Salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio a Firenze. La vittoria fiorentina fu estremamente rilevante per le sorti dell’Italia del tempo e segnò anche il destino di Anghiari, condizionandone in profondità il tessuto sociale.
Sala della mostra La civiltà delle armi e le Corti del Rinascimento. Foto di Stefano Casati |
Sala della mostra La civiltà delle armi e le Corti del Rinascimento. Foto di Finestre sull’Arte |
Sala della mostra La civiltà delle armi e le Corti del Rinascimento. Foto di Finestre sull’Arte |
Nel periodo studiato da La civiltà delle armi e le Corti del Rinascimento, che va dalla metà del Quattrocento fino al secolo successivo, la città di Anghiari fornì uomini d’arme a diversi eserciti delle signorie italiane, la cui nobiltà era spesso imparentata con quella della cittadina toscana: si sviluppò dunque una tradizione militare solida e duratura, e molte delle famiglie del borgo (a cominciare dai Taglieschi, dai Mazzoni e dai Giusti) ebbero tra i loro membri alcuni noti guerrieri del tempo, tutti provenienti dalle classi sociali più alte, e capaci poi di nutrire forti interessi culturali e di diventare in certi casi anche sostenitori delle arti. La mostra è centrata su questi personaggi storici legati ad Anghiari, che da cavalieri e soldati diventarono, come detto, cortigiani. Dalle ricerche d’archivio è emersa la presenza, in cinquant’anni a cavallo tra Quattrocento e Cinquecento, di ben 24 uomini d’arme, ma probabilmente ce ne furono molti di più perché le ricerche non sono state esaustive. E in quel periodo Anghiari assunse la forma in cui la vediamo oggi.
“Il titolo della mostra in realtà non è un titolo d’occasione”, ha spiegato il professor Francesco Storti dell’Università di Napoli Federico II, “ma è la risultante di una grande revisione storiografica. Questa civiltà è stata considerata sempre come quella dei mercenari, di una categoria corporativistica, ma in realtà ciò non è vero: si tratta invece di un segmento della società italiana, anche abbastanza consistente, che ha dato un contributo culturale importante”. Nel gennaio del 2020 si tenne ad Anghiari un convegno su questi temi, intitolato Battaglie antiretoriche. Riletture del ruolo mercenario nell’Italia del Rinascimento, nel quale gli studiosi convenuti fecero presente la necessità di rivedere una certa retorica sulle armi del Rinascimento italiani prima delle guerre d’Italia, relativa alle cosiddette battaglie senza sangue e a certi giochi o divertimenti che i mercenari avrebbero messo in atto rispetto alla guerra sanguinosa e omicida: in realtà i condottieri, afferma Storti, "erano perfettamente in grado di fare una guerra omicida. Il punto è che non volevano farla: quindi, così come nel Rinascimento ci sono una civiltà della politica e del linguaggio politico e una civiltà delle arti del linguaggio artistico, allo stesso modo c’è una civiltà delle armi, che è pervasiva e presente a livello cetuale in tutte le città italiane, ad Anghiari come a Capua, in Lombardia come a Cosenza, ovunque. Si tratta di un ceto culturalmente anche consistente: dal grande principe e dal grande signore condottiero fino all’ultimo uomo d’arme, tutti sapevano scrivere, sapevano fare la guerra (e la sapevano fare molto bene) ed erano in grado di dare un contributo alla crescita culturale e all’idea che la società italiana aveva di sé, perché il Rinascimento è questo: è il momento in cui si acquista coscienza di sé e si pensa che questa coscienza di sé come categoria e come individuo possa essere mescolata assieme a quella degli altri attraverso un dialogo”.
Uno degli obiettivi della rassegna è che dalle sale del Museo della Battaglia di Anghiari possa partire una revisione storiografica, ha dichiarato Storti: “Federico da Montefeltro, grande signore condottiero, non è semplicemente il mecenate che fa la guerra, intasca i soldi e poi finanzia le opere d’arte. Federico è il rappresentante di un ceto che crede nell’arte, che crede in ciò che fa, e che vuole fare la guerra in un modo diverso. Diamo dunque un contributo a partire da Anghiari, che è solo apparentemente un centro piccolo. Lo è dal punto di vista geografico, ma dal punto di vista intellettuale e culturale non lo è: da qui può cominciare un discorso nuovo su una parte molto consistente della cultura rinascimentale italiana”.
Il Museo della Battaglia di Anghiari. Foto di Finestre sull’Arte |
Veduta di Anghiari. Foto di Stefano Casati |
La mostra si apre con una Vergine con Bambino, San Giovannino e angeli dello Pseudo Pier Francesco Fiorentino della seconda metà del XV secolo e con una coeva Madonna con Bambino di Lorenzo di Giovanni di Nofri, detto “Maestro di San Miniato”, dello stesso periodo: i due tabernacoli, prestati dagli Uffizi, intendono offrire due esempi della produzione tipica che veniva sostenuta dagli uomini d’arme anghiaresi (sebbene queste due opere non si riferiscano al territorio di Anghiari: la stragrande maggioranza di ciò che questi guerrieri finanziarono nel campo delle arti è infatti andata perduta). Accanto alle botteghe dei più grandi e celebrati maestri vi erano altri laboratori che imitavano o riutilizzavano le forme dei primi, riuscendo ad assicurarsi una considerevole fetta di mercato, rivolto soprattutto alla piccola e media borghesia: è questo l’ambito nel quale nascono i due tabernacoli che aprono la mostra. Opere devozionali di questo genere, ma anche commissioni più impegnative, si trovano menzionate nei documenti che riguardano gli uomini d’armi anghiaresi: per loro, la necessità sociale di ottenere prestigio attraverso l’arte si commisurava così alle finanze del committente, che poteva accaparrarsi una pregevole opera per uso domestico oppure per altari dedicatori in edifici religiosi. Tra le opere di cui abbiamo notizia: Giusto Giusti incarica Giovanni di Francesco del Cervelliera di dipingere una tavola con San Nicola Vescovo; Matteo Taglieschi fa scolpire un altare con Santa Maria Vergine e san Matteo al lapicida Santi da Settignano; Gregorio di Vanni fa realizzare un dipinto all’ignoto pittore fiorentino “alla greca” Piero di Lorenzo. Si tratta di opere scomparse, ma queste notizie testimoniano il fervore culturale di quegli uomini d’armi.
Gli interessi culturali degli uomini d’arme del Rinascimento sono testimoniati anche da due xilografie di Albrecht Dürer (Norimberga, 1471 - 1528), di proprietà del Museo della Battaglia di Anghiari: alla fine del Quattrocento erano infatti molte le possibilità di possedere un’opera d’arte di pregio, e le incisioni a stampa rappresentavano un mezzo particolarmente efficace. Le opere düreriane, che ebbero tra la fine del Quattrocento e inizi del Cinquecento una grande diffusione e penetrazione nella società, ne sono un esempio. Le molte attestazioni di opere di Dürer in prestigiose collezioni di importanti famiglie fiorentine, fra cui i Doni, suggeriscono una diffusione molto capillare di questi fogli.
Si giunge poi al cospetto del ritratto di Federico da Montefeltro eseguito da Cristofano dell’Altissimo verso il 1556 come copia del dipinto che si trovava nel celeberrimo Musaeum di Paolo Giovio. Come anticipato, sono stati scoperti interessanti legami tra Federico da Montefeltro e Anghiari: il condottiero fu nel borgo la prima volta nel settembre del 1468 e la seconda il 5 luglio 1474. La presenza più significativa sembra essere quella del 1468, quando il duca d’Urbino, con la seconda moglie Battista Sforza e la corte, è ospite di Mazzone di Gregorio e di Francesco Prospero, due uomini d’arme anghiaresi che avevano combattuto entrambi con Federico da Montefeltro. Il padre di Mazzone, Gregorio, che con Federico aveva partecipato alla presa di Piombino nel 1448, era scomparso proprio nel settembre del 1468. Non sappiamo se questo lutto sia stato il motivo della visita ad Anghiari di Federico da Montefeltro ma è ritenuto comunque una notizia molto significativa. Ancora, risulta importante la presenza di compagnie anghiaresi sotto il comando di Federico all’assedio di Volterra del 1472, l’azione militare voluta da Lorenzo il Magnifico in seguito di una disputa fra Firenze e Volterra nata da un contrasto sullo sfruttamento di una miniera. Con il duca d’Urbino c’erano almeno tre compagnie anghiaresi: quella di Matteo Taglieschi, quella dell’Anghiarino e una compagine di Iacopo Giusti (quest’ultimo figlio di Giusto Giusti, il notabile di Anghiari vicino a Cosimo il vecchio de’ Medici). La città fu vinta ai patti ma gli abitanti vennero condotti all’obbedienza dalla violenza dei soldati che la misero a sacco. Nel 1473, quando terminarono le ostilità, Iacopo Giusti venne nominato castellano di Volterra con un compenso elevato: 150 fiorini d’oro all’anno. L’anno successivo Federico passò da Anghiari, nel ritornarsene ad Urbino. Alla famiglia Taglieschi è dedicato un ulteriore focus: si tratta infatti di un esempio di come il mestiere delle armi sia stato un mezzo per lo sviluppo della società fra Quattrocento e Seicento. Matteo Taglieschi, detto “cane”, era uno degli uomini d’armi di Anghiari più in vista nella seconda metà del Quattrocento, lavorava spesso al soldo dei fiorentini e partecipò a campagne militari con Federico da Montefeltro, ma commissionò per la sua cittadina un palazzo nel Borghetto, un altare nella chiesa di Badia realizzato con manodopera fiorentina e fece realizzare gioielli per sé a Firenze.
Nell’ultima sala, una sezione apposita è dedicata alla figura dell’“uomo d’arme e cortigiano”: la vita militare del Quattrocento sviluppò infatti un ceto di guerrieri capaci di formare un dinamico ambiente legato da interessi comuni, e in cui il “cambio di bandiera” era spesso concordato e licenziato dal committente, che poteva essere uno Stato, una signoria. Questo modo di intendere il mestiere delle armi era ritenuto già inconcepibile per i cronisti del Seicento, ma accettato in quanto quello era l’uso dei tempi (per quanto comunque non mancassero condottieri fedeli, anche ad Anghiari). La figura del condottiero italiano cadde in declino nei primi decenni del Cinquecento e in particolare in seguito al sacco di Roma del 1527: i guerrieri italiani, con il progredire di interessi politici sempre più centralizzati, dinastici e organizzati, erano ritenuti poco affidabili e molto costosi. La loro figura, pertanto, si trasformò: l’uomo d’arme diviene un cortigiano, che entra di diritto a far parte del sistema di potere ed accresce il proprio prestigio tramite la partecipazione alle attività della corte. La trasformazione è avvenuta, il successo sociale è raggiunto. A testimoniare la trasformazione è un ritratto di Uomo in armatura di ignoto pittore francese (in passato fu dato al Bronzino), che si presenta con un’armatura ricca, decorata ed elaborata: proprio questa armatura, così ricca e complessa, assieme al portamento del personaggio, introduce il tema della trasformazione della figura dell’uomo d’armi quattrocentesco in uomo di corte.
L’ultima sezione è dedicata alla lotta tra cavalieri: la battaglia di Anghiari del 1440 viene rievocata da un’incisione del fiammingo Gérard Edelinck (Anversa, 1640 - Parigi, 1707) che riproduce la Lotta per lo stendardo che Leonardo da Vinci avrebbe dovuto affrescare nel Salone dei Cinquecento a Firenze, e che fornì probabilmente più di uno spunto al pittore francese Jacques Courtois (Saint Hyppolite, 1621 - Roma, 1676), italianizzato in Giacomo Cortese, ex-militare e pittore, divenuto uno degli specialisti delle scene di battaglia nella metà del Seicento. In mostra è presenta una sua Battaglia di Cavalleria (da alcuni considerata però opera di scuola), dove è vivo lo sgomento dei soldati durante l’azione bellica.
Pseudo Pier Francesco Fiorentino, Vergine con Bambino, San Giovannino e angeli (1459; tempera su tavola, 84 x 64,5 cm, con cornice 156 x 104,5 cm; Firenze, Gallerie degli Uffizi) |
Lorenzo di Giovanni di Nofri detto Maestro di San Miniato, Madonna col Bambino (post 1466; tempera su tavola, cornice intagliata, dorata e dipinta, 42,5 x 30 cm, con cornice 70 x 48,5 cm; Firenze, Gallerie degli Uffizi) |
Albrecht Dürer, Sansone che uccide il leone (1497-1498; xilografia, 380 x 278 mm; Anghiari, Museo della Battaglia) |
Pittore ignoto (ambito francese), Uomo in armatura (seconda metà del XVI secolo; olio su tavola, 76 x 89 cm; Firenze, Gallerie degli Uffizi) |
Gérard Edelinck, Lotta di cavalieri dalla Battaglia di Anghiari di Leonardo da Vinci (1657-1666; incisione a bulino, 606 x 450 mm; Anghiari, Museo della Battaglia) |
Jacques Courtois detto il Borgognonge, Battaglia di cavallerie (seconda metà del XVII secolo; olio su tela, 174 x 233 cm; Firenze, Gallerie degli Uffizi) |
“È una grande soddisfazione”, ha dichiarato il sindaco di Anghiari Alessandro Polcri, “che Anghiari sia tra i primi cinque progetti dell’iniziativa Terre degli Uffizi, di cui tre nella provincia di Arezzo. Una collaborazione con le Gallerie degli Uffizi nata nel 2019 in occasione del cinquecentenario dalla morte di Leonardo da Vinci e che adesso grazie ad importanti notizie storiche provenienti da fonti d’archivio legano la storia di Anghiari a quella delle più grandi Corti rinascimentali. Una relazione fra città e periferia nel Rinascimento che si compie oggi in questa importante collaborazione con le Gallerie degli Uffizi e che vede proseguire anche la collaborazione con l’Università degli Studi di Napoli Federico II. Un ringraziamento speciale a tutto lo staff delle Gallerie degli Uffizi, in particolar modo al direttore Eike Schmidt, alla Fondazione CR Firenze e in particolare al nostro museo comunale, il Museo Battaglia Anghiari, senza il quale non sarebbe stato possibile realizzare tutto questo”.
“La mostra di Anghiari”, afferma il direttore delle Gallerie degli Uffizi Eike Schmidt, “è l’occasione per dare valore alla ricerca scientifica, che continua a dare frutti e a produrre scoperte anche su temi e periodi ben noti. Ed è un’opportunità straordinaria per scoprire il tessuto sociale e culturale dell’Italia del Rinascimento, dove feroci condottieri come Federico da Montefeltro potevano tornare a casa dopo le loro campagne sanguinarie e vestire i panni dell’umanista illuminato, coltivare studi letterari e filosofici, commissionare opere d’arte sublimi, stabilendo allo stesso tempo attraverso le arti e le lettere un’altra forma di competizione (virtuosa) con i signori degli altri Stati. Guerra e Pace si intrecciano mirabilmente nell’iniziativa anghiarese: nei ritratti e nelle opere esposte rivivono personaggi legati alla Valtiberina, con le loro aspirazioni militari e i loro interessi intellettuali che hanno forgiato per sempre il carattere di questo territorio solenne e splendido”.
“Questa mostra”, ha ricordato il presidente della Fondazione CR Firenze, Luigi Salvadori, “rappresenta per la Fondazione CR Firenze un po’ l’emblema del progetto Terre degli Uffizi e ne conferma la bontà e il valore che lo hanno ispirato. Grazie alla nostra Istituzione infatti, nell’agosto del 2014, è stata esposta per la prima volta in questa città la celebre Tavola Doria che raffigura l’epica vittoria, nel 1440, delle truppe fiorentine su quelle milanesi. La storica occasione è stata offerta della rassegna Capolavori in Valtiberina. Da Piero della Francesca a Burri che faceva parte del programma decennale di marketing culturale chiamato Piccoli Grandi Musei che la nostra Fondazione ha avviato nel 2005 e che è tra i ‘padri’ di Terre degli Uffizi. Questo progetto aveva proprio lo scopo di valorizzare e far conoscere le bellezze meno note della nostra terra e le loro specifiche identità. In quella occasione la Fondazione si fece carico di un investimento importante non solo organizzando vari eventi sul territorio ma finanziando anche la teca climatizzata a protezione della Tavola Doria. Ecco perché siamo lieti di poter tornare oggi ad Anghiari con una proposta culturale che sviluppa e amplifica tali propositi e che promuoviamo assieme al più importante museo italiano. Terre degli Uffizi giunge dunque nel momento adatto perchè il suo messaggio possa essere pienamente recepito e apprezzato. Lo conferma il successo delle due mostre che fanno parte delle cinque tappe di Terre degli Uffizi: Nel segno di Dante al Castello di Poppi, che chiude il 30 novembre, e Dante e Andrea del Castagno a San Godenzo che si è appena conclusa al Centro Visite del Parco delle Foreste Casentinesi”.
“Il ruolo del Museo di Anghiari in tutto questo”, ha sottolineato Gabriele Mazzi, direttore del Museo della Battaglia di Anghiari, “è di semplice raccoglitore di pezzi. Noi abbiamo i pezzi della storia di questo borgo, ma sono pezzi di storia che non sono solamente locali. Ovviamente noi abbiamo oggi una percezione a volte un po’ strana della provincia italiana e quindi si tende anche a sottovalutare i ruoli che hanno avuto i territori nel formare la storia, la civiltà e quello che noi siamo oggi. Ma Anghiari in questo caso ne è un piccolo esempio”.
Titolo mostra | La civiltà delle armi e le Corti del Rinascimento | Città | Anghiari | Sede | Museo della Battaglia di Anghiari | Date | Dal 31/08/2021 al 06/01/2022 | Artisti | Cristofano dell'Altissimo, Jacques Courtois | Temi | Rinascimento, Quattrocento, Cinquecento, Toscana, Arte antica |