“Pompei è la capitale mondiale dell’archeologia”. Lo sostiene il direttore del Parco Archeologico di Pompei, Gabriel Zuchtriegel, alla guida dell’istituto da tre anni. In questo periodo è stato fatto molto: sono stati avviati nuovi scavi, sono arrivate nuove scoperte (e altre arriveranno), e il Parco è stato anche molto attivo sul fronte della comunicazione (è finito, ci ha assicurato il direttore, il tempo in cui il Parco mandava comunicati senza che fossero pubblicati anche gli articioli scientifici), e della valorizzazione. In questa intervista con Ilaria Baratta facciamo il punto sulle nuove attività, sulla comunicazione, sulla valorizzazione, sul futuro del Parco.
IB. Lei è direttore del Parco Archeologico di Pompei dal 2021. Qual è il suo bilancio di questi tre anni alla direzione del Parco? Di quale intervento o scoperta si potrebbe definire più orgoglioso?
GZ. Credo un bilancio fatto dal sottoscritto non valga molto: sarà il territorio, cittadini e cittadine, le scuole, gli enti, le associazioni e le imprese, la comunità scientifica e il pubblico a fare un bilancio di questi anni. Sicuramente sono stati tre anni di sfide e crescita e sono orgoglioso soprattutto di una cosa: che a Pompei siamo una grande squadra e che nonostante la complessità del nostro lavoro riusciamo a sviluppare soluzioni innovative per la tutela e il monitoraggio del patrimonio, la ricerca e la fruizione dei siti.
Quale immagine vuole dare del Parco Archeologico di Pompei?
Un luogo sicuro, accogliente, pulito e accessibile... cioè vorrei che nulla si interponga tra il visitatore o la visitatrice e la bellezza e il significato della città antica e del suo territorio. Pompei è un po’ la capitale mondiale dell’archeologia e vogliamo essere all’altezza di questa grande responsabilità.
Dal 2023 è nata la Grande Pompei: il parco diffuso di cui fanno parte le aree archeologiche di Pompei, Boscoreale, Oplontis, Stabia e tutto il territorio circostante nato per valorizzare proprio l’intero contesto pompeiano. Come si è concretizzata e come si concretizza ora questa valorizzazione?
Il futuro degli scavi è fuori le mura della città antica, ne sono convinto. Lì c’è ancora tanto da recuperare, da tutelare, da studiare e da valorizzare. Noi possiamo, lavorando con il territorio, trasformare completamente il paesaggio culturale intorno alla città antica, che è culturalmente ricco, ma troppo poco visitato e conosciuto. Invece per capire la storia è essenziale conoscere le ville, le fattorie, gli scali come quello di Oplonti, le attività agricole e produttive che esistevano qui in antico. Dunque, oltre al biglietto integrato e alla navetta che collega i siti in modo gratuito per tutti i visitatori del Parco, stiamo investendo ingenti somme a Boscoreale, Longola, Torre Annunziata, Civita Giuliana e Castellammare di Stabia. Lo facciamo anche grazie al sostegno del Ministero per la visione della “Grande Pompei”: recentemente il ministro Sangiuliano ha visitato gli scavi di Civita Giuliana ed è sceso lungo i sei metri che separano il piano di calpestio del 79 d.C. dal livello moderno per accertarsi personalmente del grande valore di queste ricerche. Questi sono segnali importanti che ci incoraggiano a proseguire nel percorso che sfocerà nella creazione di un sito visitabile a Civita Giuliana, una villa suburbana per anni saccheggiata da tombaroli e dal 2017 oggetto di indagini scientifiche grazie a un protocollo d’intesa con la Procura di Torre Annunziata. Diventerà un gioiello della Grande Pompei.
Il Parco Archeologico di Pompei è andato recentemente in prima serata su Rai1 con uno speciale di Alberto Angela dedicato alle nuove scoperte compiute nell’Insula dei Casti Amanti. Un’occasione davvero unica e inedita per presentare i nuovi rinvenimenti del Parco: quanto impegno ha richiesto la realizzazione di questa puntata e come si è trovato a lavorare con il noto divulgatore e la sua squadra?
Un impegno notevole, perché si tratta di un unico piano sequenza di due ore, cioè non ci sono tagli, è tutta un’unica inquadratura. Abbiamo dovuto fare diverse prove. Ma devo dire che per tutti noi è stato un piacere lavorare con Alberto e il suo team, perché abbiamo tante cose in comune, soprattutto l’amore per Pompei. Nelle riunioni Alberto ed io continuavamo a parlare di questioni archeologiche, mentre i collaboratori ci ricordavano che c’erano anche problemi logistici e organizzativi da risolvere. Ma noi eravamo presi dall’entusiasmo di raccontare un’altra Pompei, quella dietro le quinte, con restauratori e archeologi al lavoro, e spero si percepisca anche nel documentario.
Rimanendo su questo argomento, le scoperte sono state presentate in tv in anteprima da Alberto Angela prima ancora dei comunicati ufficiali delle singole scoperte pubblicati sul sito del Parco. Quanto è importante la comunicazione delle scoperte e il modo in cui vengono presentate al pubblico? Spesso le spiega anche Lei stesso attraverso appositi video...
Da maggio 2023 abbiamo una nuova regola: a Pompei si fa il comunicato della “scoperta” solo se è pronto un articolo scientifico, un primo inquadramento del nuovo dato, che esce nello stesso minuto del comunicato stampa, online nel nostro nuovo “E-Journal degli Scavi di Pompei”. Puntiamo sulla massima accessibilità e condivisione dei dati nuovi, è finito il tempo in cui gli archeologi potevano gelosamente trattenersi i dati per anni, a volte per decenni. Dobbiamo essere trasparenti, anche nell’archeologia, non solo con le gare e gli affidamenti. Per me è una questione etica. Nel complesso ha funzionato molto bene, anche perché abbiamo visto che molti giornalisti hanno cominciato ad approfondire, leggendo i testi scientifici. I colleghi sono entusiasti. Nel caso della RAI è vero, abbiamo fatto un’eccezione, Alberto Angela ha presentato alcune novità in anteprima... ma la mattina dopo erano online nel nostro E-Journal, con tanto di bibliografia e note!
Capita purtroppo anche qualche episodio spiacevole: recente è stato il caso del turista che stava incidendo lettere su un intonaco della casa dei Ceii e che è stato subito bloccato. Il grande flusso di turisti implica necessariamente anche un’attenta sorveglianza. Come si possono evitare, secondo Lei, questi casi di inciviltà?
Investiremo ancora nella sicurezza. Ma non basta. Vogliamo anche rendere la visita di Pompei un’esperienza più personalizzata e intima, per così dire. Abbiamo numeri record in questo momento, il 2023 è stato l’anno con più accessi mai nella storia del sito, nel 2024 siamo ancora sopra i numeri dell’anno scorso. Abbiamo avviato una riflessione su come gestire meglio questi flussi, pensando a forme di personalizzazione e programmazione della visita. Anche il biglietto nominativo e fasce orarie per l’ingresso nel sito, con la possibilità di prenotare la visita in alcuni luoghi iconici, potrebbero aiutarci. Sicuramente faremo di tutto per far sì che la visita di Pompei rimanga un’esperienza magica, mai di turismo di massa.
Nel 2025 aprirete il Pompeii Children’s Museum, uno spazio dedicato esclusivamente ai bambini all’interno del Parco, ma già da quest’estate si organizzano itinerari e laboratori per i più piccoli. Quanto è importante coinvolgere anche i bambini nella scoperta dell’archeologia e in che modo?
Uno spazio per bambini in un parco come Pompei dovrebbe essere la normalità, visto che abbiamo tantissimi visitatori piccoli. Dunque non dovrebbe nemmeno essere una notizia, ma purtroppo lo è perché resta ancora tanto da fare per diventare veramente inclusivi. L’idea è che se vengo con i figli (lo dico da padre di due, 10 e 15 anni) soprattutto quando sono piccoli, li posso affidare a un’attività, uno spazio, dove tutto viene spiegato in modo che anche loro si possono godere la visita; altrimenti dopo cinque minuti cominciano a lamentarsi, e giustamente.
A proposito di pubblico giovane, sono tanti i giovani che vengono a visitare il Parco? E il rapporto con le scuole com’è? Viene incluso nella didattica?
Nel 2021 abbiamo iniziato un nuovo progetto, si chiama “Sogno di Volare”. Chiamiamo artisti importanti a livello nazionale per lavorare durante l’anno scolastico con gli adolescenti delle scuole del territorio. Il regista è Marco Martinelli, un uomo geniale che ho conosciuto a Ravenna. Facciamo teatro classico, Aristofane. Alla fine dell’anno scolastico, si va in scena, nel Teatro Grande di Pompei. Abbiamo appena concluso il terzo anno, è stata una delle esperienze più belle della mia vita professionale, ora vogliamo continuare. Quello che vediamo è che cambia totalmente il loro rapporto con il patrimonio, con il sito, con la storia. E poi, lo spettacolo che portano in scena, un Aristofane un po’ ritoccato in dialetto napoletano, anzi torrese, è davvero splendido. In autunno saremo ospiti al festival di Vicenza.
Per coinvolgere il pubblico più giovane è stato ideato anche un gioco di società educativo, Vesuvius 79 d.C. - Fuga da Pompei, per il quale il Parco ha fornito la consulenza scientifica e il totale supporto. Quando sarà distribuito e quanto secondo Lei bisogna puntare su questi strumenti per avvicinare i giovani ai musei e all’archeologia?
Il gioco in realtà è per tutte le età. Ma al di là di questo credo che il problema non siano i giovani: riguarda tutta la società, tutti noi rischiamo di affondare in una marea di stimoli, di immagini, notizie e fake news che ci inondano tramite social, smartphone e televisione e di non avere più lo spazio interiore che è essenziale per fare una vera esperienza culturale ed artistica. Abbiamo dimenticato il valore del vuoto, dell’assenza di stimoli, che per me è l’essenza dell’arte: dopo aver ascoltato le variazioni di Goldberg eseguite da Beatrice Rana, una giovane e geniale pianista pugliese, o alla fine di un grande romanzo come quello di Valeria Parella su Pompei, La Fortuna, sento questo vuoto spirituale, non saprei descriverlo diversamente, perché l’opera di mette in contatto con un qualcosa di più grande di te, cancella per un momento il nostro piccolo “io”. Questa è la vera arte, e Pompei, spero, possa rappresentare anche questo per tutti noi.
Parliamo di accessibilità, sia fisica che cognitiva. Un tema sempre più attuale. Quanto è accessibile il Parco Archeologico di Pompei e, nel caso, cosa si potrebbe fare per renderlo ancora più accessibile a tutti?
Esiste un percorso “Pompei per tutti”, senza barriere architettoniche, e abbiamo cominciato a usare video LIS per non udenti. Abbiamo anche dei progetti e laboratori per persone con disabilità cognitiva. Ma è importante essere consapevoli che si può e si deve sempre fare di più, l’accessibilità non è un progetto da spuntare, ma un percorso che va sempre avanti. Poi è trasversale, nel senso che tutte le nostre azioni possono essere valutate anche in termini di accessibilità.
Per concludere, come sarà secondo Lei il futuro di Pompei?
Il futuro è nelle nostre mani, per qualche tempo, poi verranno altri e noi non ci saremo più. Questo vuol dire che ci dobbiamo godere la vita, fin quando è possibile, come dice Trimalcione nel Satyricon, ma anche che dobbiamo essere consapevoli della nostra grande responsabilità verso le generazioni future, a cui consegneremo la memoria, il patrimonio, l’arte del passato. Il grande tema di questi anni è la sostenibilità, ed infatti il nostro piano strategico, al quale stiamo lavorando, mette questo tema al centro, in linea sia con l’indirizzo ministeriale sia con i Sustainable Development Goals dell’ONU.
L'autrice di questo articolo: Ilaria Baratta
Giornalista, è co-fondatrice di Finestre sull'Arte con Federico Giannini. È nata a Carrara nel 1987 e si è laureata a Pisa. È responsabile della redazione di Finestre sull'Arte.