Nuove, importanti scoperte giungono dal Parco Archeologico di Pompei e in particolare dall’Insula dei Casti Amanti, che lo scorso 28 maggio ha aperto alle visite con un percorso sopraelevato che offre una prospettiva inedita sugli scavi. Particolarmente entusiasmante il ritrovamento di alcuni disegni di bambini, al quale è stato dato largo risalto nei giorni scorsi. Ma gli scavi vanno avanti e arriveranno nuove, emozionanti scoperte. Facciamo il punto in questa intervista di Noemi Capoccia con Giuseppe Scarpati, funzionario archeologo del Parco di Pompei.
NC. Da dove deriva il nome Insula dei Casti Amanti? Ad oggi quali spazi e abitazioni contiene la sua area?
GS. Il nome Insula dei Casti Amanti deriva da un piccolo dipinto ritrovato all’interno di un salone della Casa dei Casti Amanti. All’interno del salone sono state scoperte diverse scene figurate, tra cui una scena di banchetto raffigurata sulla parete di fondo. Nella scena, due personaggi sono distesi sul triclinio e si scambiano un tenero bacio. Da questa raffigurazione nasce il concetto dei Casti Amanti che ha dato il nome alla casa e in seguito, all’intera insula. Per quanto riguarda gli spazi e le abitazioni contenute nell’area dell’insula, attualmente abbiamo identificato quattro unità immobiliari principali nell’Insula 12 della Regio IX. La Casa dei Casti Amanti, trasformata in un panificio, si affaccia direttamente su via dell’Abbondanza. Altre due unità immobiliari, denominate Casa del Primo Cenacolo Colonnato e Casa del Secondo Cenacolo Colonnato, si affacciano anch’esse su via dell’Abbondanza, distinguendosi per la presenza di un secondo piano con strutture a cenacolo colonnato. È stato recentemente scoperto che almeno la Casa del Secondo Cenacolo Colonnato era probabilmente un’attività commerciale. Sul retro dell’insula si trova invece la cosiddetta Casa dei Pittori al Lavoro, attualmente oggetto di importanti attività di scavo.
L’area è stata, attualmente, scavata per circa la metà: parliamo di circa 2.600 mq. Cosa vi aspettate dalla seconda parte degli scavi? Quali scoperte potrebbero venire fuori basandosi sui dati recenti?
La prosecuzione degli scavi ci permette di liberare tutti quegli ambienti rimasti inesplorati dagli interventi precedenti, iniziati nei primi del Novecento con Vittorio Spinazzola. In quell’epoca, furono eseguiti grandi sterri per liberare via dell’Abbondanza, svelando parzialmente le facciate dell’insula e degli ambienti di facciata. Successivamente, dagli anni Ottanta del Novecento, Antonio Varone ha diretto ulteriori scavi, concentrandosi principalmente sulle due unità della Casa dei Casti Amanti e della Casa dei Pittori al Lavoro. Attualmente, stiamo scavando negli ambienti che erano rimasti inesplorati per vari motivi. Le campagne di scavo precedenti non completarono l’intera insula, quindi ora ci proponiamo di liberare questi ambienti. La Casa dei Pittori al Lavoro sta emergendo come una domus di livello con affreschi, rivelando una spiccata vocazione residenziale. D’altra parte, il complesso del Secondo Cenacolo Colonnato, dove si concentrano altri scavi significativi, si sta rivelando un’abitazione trasformata successivamente. Durante l’eruzione, erano in corso una serie di interventi che la stavano convertendo in un’attività commerciale. La presenza di vari piani cottura e latrine accanto, indica che era un luogo dove si offrivano pasti e, probabilmente, ospitalità ai clienti, suggerendo una sorta di locanda o luogo di ristorazione. Quindi, dobbiamo immaginare una trasformazione in un’attività commerciale di questo tipo.
Secondo lei, entro quanto tempo sarà scoperta la seconda parte degli scavi? In che modo avvengono scavi di questo tipo? Si procede per blocchi o si utilizzano altre tecniche?
Gli scavi continueranno ancora per alcuni mesi, anche se è difficile fornire una tempistica precisa. La durata dipenderà molto dalle problematiche che incontreremo, poiché non lavoriamo in un piano di campagna aperto con strutture rasate. La progressione dello scavo dipende dalla condizione delle strutture che incontriamo, quindi è necessario mettere in sicurezza le murature e gli apparati decorativi man mano che procediamo, garantendo la stabilità strutturale e la conservazione delle decorazioni. Stiamo operando in un’area che è stata già interessata da interventi precedenti. Gli scavi iniziali furono condotti da Vittorio Spinazzola a partire dal 1912, liberando la parte degli ambienti affacciati su via dell’Abbondanza. Successivamente, negli anni Ottanta del Novecento, sotto la direzione di Antonio Varone, furono liberati gran parte degli ambienti della Casa dei Casti Amanti e della Casa dei Pittori al Lavoro. Inoltre, ci troviamo a lavorare in una zona che è stata esplorata anche in epoca borbonica, con la presenza di tunnel e gallerie realizzate in quel periodo. Questo aggiunge ulteriori sfide al nostro lavoro, poiché dobbiamo gestire queste strutture già esistenti. Attualmente, procediamo per ambienti, identificando la modalità logistica migliore per il trasporto del materiale e svuotando sistematicamente le aree delimitate dalle murature. Questa metodologia ci permette quindi di gestire lo scavo in modo stratigrafico.
Al momento ci sono altri cantieri all’interno di Pompei con scavi e restauri di questa portata?Sì, al momento, sono attivi diversi cantieri di scavo all’interno del Parco Archeologico di Pompei. Oltre al cantiere dell’Insula dei Casti Amanti, un altro grande cantiere è quello dell’Insula 10 della Regio IX. Il cantiere, che si estende per oltre tremila metri quadrati, sta dando risultati straordinari con lo scavo di due unità immobiliari affacciate su via di Nola: una trasformata in panificio e l’altra in lavanderia. Una terza unità immobiliare, situata alle spalle dell’insula, è ancora in fase di scavo, con alcuni ambienti già individuati. Ci sono anche altri cantieri di scavo attivi, sebbene più piccoli, ma comunque di grande importanza. Tra questi, il proseguimento dello scavo della Casa di Leda e del termopolio della Regio V. Fuori dalle mura di Pompei, ma sempre nel contesto del Parco Archeologico, è aperto lo scavo di Civita Giuliana, dove si trova una villa suburbana, e lo scavo a Oplontis, nella Villa di Poppea. Quest’ultimo cantiere ha l’obiettivo di liberare il grande Salone dei Pavoni, parte del quale si trova sotto la strada moderna. Gli scavi rappresentano un periodo di grande fervore all’interno del Parco Archeologico di Pompei, con molte scoperte che contribuiscono alla nostra comprensione della vita nell’antica città.
Sono state progettate delle passerelle sospese per la visita dell’area. A cosa si deve la scelta di questo percorso espositivo?
La scelta di adottare una copertura a campata unica con passerella sospesa per l’Insula dei Casti Amanti risale agli anni Ottanta e Novanta del Novecento. All’epoca, fu installata una copertura provvisoria sopra gli scavi, con una passerella sospesa che permetteva ai visitatori di osservare dall’alto gli ambienti ritrovati. Questa soluzione fu ideata per offrire una visione panoramica degli scavi, poiché l’interno dell’insula era ancora soggetto a varie esigenze conservative, necessarie per preservare le tracce dei danni causati dai terremoti e dall’eruzione vulcanica. La visita dall’alto si rivelò funzionale, dato che permetteva di osservare la disposizione degli ambienti senza interferire con i puntelli e le strutture di supporto temporanee installate per la conservazione. Con il nuovo progetto, è stato deciso di rispettare questa impostazione iniziale. Di conseguenza, è stata progettata una copertura a campata unica, permettendo l’installazione di una passerella sospesa. Questo progetto consente di mantenere la visione dall’alto degli scavi, offrendo una panoramica completa degli ambienti ritrovati. Una volta terminati i lavori, la passerella permetterà ai visitatori di vedere tutti i diversi ambienti dall’alto. Tuttavia, questo non esclude la possibilità di programmare in futuro visite canoniche all’interno degli ambienti stessi, come avviene per le altre case pompeiane.
In che modo il percorso dall’alto contribuirà a fornire una visione innovativa e globale dell’intera insula, di una nuova fruizione pubblica e di un approccio diverso all’archeologia pubblica?
Dal 28 maggio, abbiamo aperto le passerelle ai visitatori del Parco Archeologico. I visitatori possono già ora salire sulle passerelle e visitare l’insula, anche se i lavori di scavo e restauro sono ancora in corso. Al termine di tutto il progetto, con gli scavi e i lavori di restauro completati, sarà possibile effettuare una visita unica nel suo genere a Pompei. A differenza della visita canonica all’interno delle case pompeiane, questa prospettiva dall’alto permetterà ai visitatori di osservare gli ambienti con una visuale diversa. Questo approccio offre una visione panoramica che facilita la comprensione della disposizione degli spazi, quasi come guardare una piantina dall’alto ma osservando gli ambienti reali. Questa nuova prospettiva renderà immediata la percezione degli spazi e contribuirà a creare un’esperienza alternativa e più comprensibile per i visitatori. Sarà possibile apprezzare meglio la distribuzione degli ambienti e cogliere in modo più intuitivo l’organizzazione degli spazi all’interno dell’insula.
Per quale motivo avete deciso di lasciare a vista alcune porzioni di sezioni geologiche relative alle stratigrafie derivate delle eruzioni?
La scelta di adottare una copertura con passerella sospesa durante gli scavi della fine del Novecento è stata dettata dalla necessità di comunicare meglio ai visitatori le dinamiche che avevano portato alla distruzione e al seppellimento della città di Pompei. Dopo anni di scavi meno intensivi, a partire dagli interventi di Amedeo Maiuri, la ripresa di una grande stagione di scavi con la Casa di Giulio Polibio e l’Insula dei Casti Amanti ha offerto l’occasione per esplorare e liberare nuove porzioni della città, mettendo in luce le varie fasi del disastro naturale. Questa scelta, incentrata su un intento didattico, aveva l’obiettivo di mostrare ai visitatori le conseguenze delle eruzioni e dei terremoti che probabilmente avevano preceduto e accompagnato l’eruzione stessa. Durante lo scavo, tali dinamiche erano molto evidenti, ma con il passare del tempo e con la necessità di interventi conservativi, diventa più difficile mantenere questa chiarezza. Per questo motivo, è essenziale un’adeguata comunicazione per aiutare i visitatori a comprendere il significato delle varie stratificazioni di lapilli e cinerite compattata che si alternano, rivelando i diversi eventi dell’eruzione. Allo stesso modo, è importante spiegare le situazioni di muri crollati, non solo per la forza dell’eruzione, ma anche per le fratture dovute ai terremoti. Ad esempio, alcune murature mostrano tracce che indicano che i muri non sono caduti per la pressione delle ceneri vulcaniche, ma per scosse sismiche avvenute durante o immediatamente prima dell’eruzione, quando le strutture erano già parzialmente sepolte dai lapilli. Questo tipo di dettagli ci concede una visione più completa e comprensibile delle forze che hanno colpito Pompei e migliora l’esperienza educativa dei visitatori.
Parliamo dei bozzetti in carboncino ritrovati sulle pareti. Quali dettagli sono emersi riguardo ai disegni realizzati da bambini, ai dipinti mitologici e alle due vittime dell’eruzione trovati nell’insula?
Nei recenti scavi ancora in corso nella casa del Secondo Cenacolo Colonnato, abbiamo ritrovato disegni a carboncino che immediatamente ci sono apparsi come opere realizzate da bambini. Alcuni di questi disegni si trovano a un’altezza considerevole sulle pareti, e grazie alla documentazione stratigrafica abbiamo compreso che i bambini probabilmente erano saliti su piccoli scaffali di cui non rimane traccia poiché si sono decomposti nel tempo. Le scene rappresentate, con tratti inequivocabilmente infantili, ci hanno fatto subito pensare all’intervento di bambini. Abbiamo coinvolto delle neuropsichiatre dell’Università Federico II di Napoli che hanno confermato che alcuni disegni sono stati realizzati da bambini di età compresa tra i 7 e gli 8 anni, mentre in altri casi, come il contorno della mano di un bambino, è stato determinato che si trattava di un bambino di circa 5-6 anni. È probabile che questi bambini si trovassero all’interno della casa mentre erano in corso lavori e che abbiano sfruttato gli scaffali per arrampicarsi e disegnare sulle pareti. Le scene rappresentano per lo più scene di caccia e combattimento, mentre su un’altra parete sono presenti disegni che richiamano scene marine, con imbarcazioni rubricate in rosso anziché a carboncino. Nell’altra unità abitativa, la Casa dei Pittori al Lavoro, sono state ritrovate invece due vittime nello spazio di ingresso della casa, che dava sul vicolo laterale. Probabilmente, queste persone hanno cercato di rifugiarsi all’interno della casa durante l’eruzione, ma sono rimaste bloccate nelle fauces, lo spazio di ingresso, poiché il portone dell’atrio era sbarrato. Questo spazio era coperto da un piccolo soppalco con anfore, che è crollato schiacciando le vittime. Gli studi sugli scheletri sono ancora in corso e ci permetteranno di comprendere meglio le dinamiche della loro morte, se per schiacciamento o altre cause. La Casa dei Pittori al Lavoro ha rivelato ambienti molto belli con decorazioni pittoriche interessanti, inclusi alcuni quadretti con scene mitologiche. Tra questi, una scena con Perseo e Andromeda e un’altra con la purificazione di Oreste sono state già studiate da esperti di iconografia. Un’altra particolarità all’interno di questi ambienti è un quadretto che raffigura un bambino vestito con una tunica rossa e cappuccio, tra grappoli d’uva e melagrane, accompagnato da un cagnetto. Questa figura ha destato molta curiosità per la sua iconografia rara, che potrebbe rappresentare un bambino defunto legato ai proprietari della casa e raffigurato in un’apoteosi divina, forse di carattere dionisiaco, considerando la presenza di Dioniso sulla parete opposta. Queste interpretazioni sono in ogni caso ancora in fase di studio e richiederanno ulteriori approfondimenti per essere comprese appieno.
Qual è stato il suo primo pensiero legato alla scoperta dei disegni dei bambini ritrovati nella casa del Cenacolo?
Dal punto di vista personale, la scoperta dei disegni a carboncino dei bambini è stata particolarmente emozionante. Questo ritrovamento ci ha permesso di percepire in maniera vivida il quotidiano di quei tempi, immaginando i bambini all’interno dell’edificio dove erano in corso dei lavori, di cui abbiamo recuperato tracce molto evidenti. Abbiamo trovato muri che erano stati probabilmente alzati da poco e che non avevano ancora il rivestimento esterno, costruiti in modo rapido e con tecniche semplici. L’idea che questi bambini si aggirassero in un ambiente in fermento, lasciando le loro tracce sulle pareti, ci ha restituito un’immagine vivida della vita quotidiana nelle case di Pompei poco prima dell’eruzione, rendendo il ritrovamento molto toccante dal punto di vista emotivo. La scoperta degli affreschi, sebbene anch’essa sorprendente e di grande valore, è stata vissuta in modo diverso. Abbiamo trovato un ambiente praticamente intatto dal punto di vista delle pareti, con la cornice di stucco e un contesto iconografico completo, nonostante una breccia causata dagli scavatori borbonici. È stato emozionante portare alla luce questi manufatti, ma a Pompei sono state scoperte molte pareti affrescate nel corso degli anni. L’impatto emotivo dei disegni dei bambini invece è stato unico e particolarmente significativo. Questi ritrovamenti ci hanno permesso quindi di comprendere meglio la quotidianità della vita a Pompei poco prima della catastrofe.
Basandoci sui bozzetti con il carboncino di gladiatori e dei cinghiali, il direttore Zuchtriegel sostiene che i bambini fossero esposti alla violenza dell’anfiteatro fin da piccoli. Com’è stato possibile comprendere che fossero disegni fatti in visione diretta e non ricavati da modelli pittorici?
Le pareti di Pompei sono ricche di graffiti e disegni a carboncino, presenti quasi su ogni muro. Questo ci indica che gli abitanti scrivevano e disegnavano molto sulle pareti, rappresentando spesso ciò che vedevano. I disegni a carboncino ritrovati recentemente, ad esempio, raffigurano scene di caccia o combattimento. È difficile immaginare che bambini piccoli partecipassero a battute di caccia con gli adulti, quindi è più plausibile che queste scene fossero ispirate da ciò che i bambini vedevano nell’anfiteatro, dove si svolgevano i combattimenti, o durante gli allenamenti nella palestra. Il direttore del parco archeologico ha sottolineato questo aspetto nel suo intervento, evidenziando che i bambini tendevano a disegnare ciò che vedevano e che li coinvolgeva emotivamente, proprio come i ragazzi di oggi che riproducono ciò che vedono in televisione tramite lo sport. È ragionevole quindi supporre che i bambini di Pompei disegnassero scene ispirate dagli spettacoli che osservavano nell’anfiteatro, piuttosto che da esperienze dirette di caccia. In realtà, non ci sono molte attestazioni che indicano che questi disegni fossero basati su scene dipinte, suggerendo invece che i bambini potessero avere accesso all’anfiteatro e assistere direttamente agli spettacoli. Questo contatto diretto con le scene di combattimento e di caccia spiegherebbe perché le riproducessero poi sulle pareti delle loro case.
L'autrice di questo articolo: Noemi Capoccia
Originaria di Lecce, classe 1995, ha conseguito la laurea presso l'Accademia di Belle Arti di Carrara nel 2021. Le sue passioni sono l'arte antica e l'archeologia. Dal 2024 lavora in Finestre sull'Arte.