Chi decide i prestiti delle opere d'arte? La situazione in Italia e le differenze in Sicilia


Chi è che decide quando prestare un'opera d'arte? In tutta Italia si segue un certo iter a seconda del soggetto che detiene la proprietà dell'opera, mentre in Sicilia la storia è molto diversa. Ecco come funziona.

Al di là delle opportunità culturali che di volta in volta devono essere vagliate, come vengono prestate le opere dai nostri musei? chi autorizza? chi esprime pareri? chi verifica lo stato conservativo dei beni e che la loro movimentazione avvenga in tutta sicurezza? Le risposte non valgono per tutta Italia. Se, invece, che la Pietà di Giovanni Bellini dalla Pinacoteca di Brera a Milano o La Fornarina di Raffaello da Palazzo Barberini a Roma, a doversi mettere in viaggio fosse uno dei due Caravaggio custoditi al Museo Regionale di Messina o l’Ariete bronzeo dell’Archeologico Salinas a Palermo la faccenda cambierebbe decisamente. La Sicilia autonoma, al solito, fa storia a sé. Il recente prestito del frammento del Partenone proprio dal Salinas alla Grecia è stata occasione per farci ricordare che la Regione Siciliana si è data delle regole diverse. E non migliori.

Nell’isola, infatti, il condizionamento della politica (latente a tutte le latitudini, sia ben chiaro) su scelte che dovrebbero essere esclusivamente appannaggio dei tecnici, è stato sancito addirittura per legge dal Governo Musumeci. Al Ministero della Cultura, almeno sulla carta, tra Dpcm, decreti, circolari e linee guida, l’iter amministrativo non è inquinato da indebite interferenze. Sono esclusivamente gli uffici tecnici a dare l’ok in caso di richiesta di prestito di un Tiziano, un Caravaggio o anche un meno noto Marco dal Pino.

La questione per le opere di proprietà della Regione Siciliana rimbalza adesso, invece, in tutta la sua gravità da quando l’assessore Alberto Samonà ha dichiarato, a stretto giro dall’articolo in cui abbiamo ricordato l’iniquità dell’accordo col Met per gli Argenti di Morgantina, che vorrebbe “attivare proficue collaborazioni con prestigiose istituzioni culturali internazionali”, oltre che rivedere quell’accordo. Ora, se l’ingresso della Sicilia in un circuito internazionale di scambi culturali non può che essere un’ottima dichiarazione d’intenti, ben altra cosa è che a ciò si possa lavorare sulla base di esperimenti normativi che non sono altro che un pessimo esempio di uso dell’autonomia. Vediamo come questo Governo regionale vorrebbe spedire all’estero, o anche solo al di là dello Stretto, le opere d’arte custodite nei suoi musei. Con un decreto del 2019 ha pensato bene di subordinare il pronunciamento dei direttori di questi stessi musei all’assessore di turno messo nelle condizioni di porre e disporre in barba anche al parere delle soprintendenze, tagliate fuori da ogni decisione in materia di prestiti. Ma davvero si può credere che il direttore di un museo possa esprimere liberamente il suo parere, stabilire per esempio se un’opera sia nelle condizioni conservative di subire una trasferta o se dalla sua assenza non ne deriverebbe una forte menomazione alle azioni di valorizzazione messe in atto dal museo stesso, e tutto ciò restando indifferente all’“apprezzamento” preliminare espresso dall’assessore, come recita il suddetto decreto?

La politica dovrebbe invece mantenere ed esercitare un indirizzo politico, stabilire quali politiche di valorizzazione del nostro patrimonio siano prima di tutto nell’interesse di quello stesso patrimonio, e deve fare un passo indietro dall’interferire con le questioni tecniche. Soprattutto, men che meno dovrebbe esercitare pressioni, entrando a gamba tesa negli iter amministrativi di autorizzazione al prestito.

Scenari di questo tipo avrebbero innescato un terremoto nel resto d’Italia. Un “linciaggio” culturale all’indirizzo del ministro Dario Franceschini nella querelle del 2019 per il prestito al Louvre del Leonardo. Un esempio significativo per la decisione con cui il Tar del Veneto ha respinto il ricorso di Italia Nostra che aveva contestato la decisione sul prestito: al di là del caso specifico è servito anche a segnare i confini tra il campo in cui può muoversi la politica e quello che resta di esclusiva pertinenza dei tecnici. Dai giudici del tribunale amministrativo non è stato eccepito, infatti, alcun vizio di incompetenza di Franceschini nell’aver sottoscritto il Memorandum con il corrispettivo francese Franck Riester. Il ministro non ha fatto altro che riconoscere decisioni e atti presi dai suoi competenti uffici tecnici. “Di fronte alla valutazione scientifica, che possono fare soltanto gli esperti, io mi fermo”, aveva commentato Franceschini. In Sicilia, invece, in bocca all’assessore l’assurdo equivalente di quella frase potrebbe essere questo: “di fronte al mio apprezzamento le valutazioni scientifiche fatte dagli esperti si fermano!”. Italia Nostra permettendo. Di fronte a un ricorso come quello fatto da questa o qualsiasi altra associazione difficilmente l’Assessorato siciliano non si sarebbe trovato a soggiacere.

Per capire meglio le distorsioni siciliane ci serve ancora una volta il confronto con il quadro statale. Della questione prestiti ci eravamo già occupati all’epoca della riorganizzazione del giugno 2019 targata Bonisoli. Lo scenario è stato poi leggermente modificato pochi mesi dopo, nel dicembre di quello stesso anno, dall’ennesimo riassetto ministeriale. E se anche questo serrato ripensamento degli uffici ha un precedente proprio nella storia più o meno recente dell’Assessorato Siciliano (che si è riorganizzato puntualmente ogni due/tre anni a partire dal 2010, fino all’ultima volta nel 2019), al Ministero si spiega con l’obiettiva necessità di aggiustare il tiro della Riforma avviata nel 2014 sulla base delle criticità emerse in fase attuativa, per esempio per i “poli museali”, oggi Direzioni regionali musei, anelli deboli del nuovo assetto, o di attutire la netta separazione iniziale tra tutela e valorizzazione, rimettendo in capo ai direttori dei parchi archeologici autonomi anche l’esercizio della prima nel territorio di propria competenza.

Raffaello, La Fornarina (1519-1520 circa; olio su tavola; Roma, Gallerie Nazionali d’Arte Antica di Roma, Barberini)
Raffaello, La Fornarina (1519-1520 circa; olio su tavola, 87 x 63 cm; Roma, Gallerie Nazionali d’Arte Antica di Roma, Barberini)
Caravaggio, La resurrezione di Lazzaro (1609; olio su tela, 380 x 275 cm; Messina, Museo Regionale)
Caravaggio, La resurrezione di Lazzaro (1609; olio su tela, 380 x 275 cm; Messina, Museo Regionale)
Leonardo da Vinci, Le proporzioni del corpo umano secondo Vitruvio - “Uomo vitruviano” (1490 circa; punta metallica, penna e inchiostro, tocchi di acquerello su carta bianca, 34,4 x 24,5 cm; Venezia, Gallerie dell’Accademia)
Leonardo da Vinci, Le proporzioni del corpo umano secondo Vitruvio - “Uomo vitruviano” (1490 circa; punta metallica, penna e inchiostro, tocchi di acquerello su carta bianca, 34,4 x 24,5 cm; Venezia, Gallerie dell’Accademia)
Leonardo da Vinci, Testa di donna detta “La Scapiliata” (1492 circa - 1501; biacca con pigmenti di ferro e cinabro, su preparazione di biacca contenente pigmenti a base di rame, giallo di piombo e stagno su tavola di noce, 24,7 x 21 cm; Parma, Complesso Monumentale della Pilotta, Galleria Nazionale)
Leonardo da Vinci, Testa di donna detta “La Scapiliata” (1492 circa - 1501; biacca con pigmenti di ferro e cinabro, su preparazione di biacca contenente pigmenti a base di rame, giallo di piombo e stagno su tavola di noce, 24,7 x 21 cm; Parma, Complesso Monumentale della Pilotta, Galleria Nazionale)
Artista greco, Ariete bronzeo (III secolo a.C.; bronzo, altezza 80 cm; Palermo, Museo Archeologico Regionale Antonio Salinas)
Artista greco, Ariete bronzeo (III secolo a.C.; bronzo, altezza 80 cm; Palermo, Museo Archeologico Regionale Antonio Salinas)
Il frammento del fregio del Partenone conservato al Museo Salinas di Palermo
Il frammento del fregio del Partenone conservato al Museo Salinas di Palermo

Chi dà l’ok ai prestiti?

Per quelli da Reggio Calabria in su abbiamo verificato le procedure con il servizio II “Sistema museale nazionale” della Direzione generale Musei. Si deve, dunque, distinguere “il caso in cui le opere d’arte e i beni richiesti in prestito appartengono allo Stato e quello in cui pertengono ad altri enti territoriali, ma pur sempre sottoposti a tutela statale”. Per i beni statali bisogna ulteriormente distinguere tra “beni afferenti a musei, aree e parchi archeologici, altri luoghi della cultura delle Direzioni Regionali Musei e beni di pertinenza di Musei dotati di autonomia speciale. Nel primo caso l’autorizzazione per il prestito è in capo al direttore della Direzione regionale Musei, con istruttoria di merito del museo, area o parco archeologico in cui il bene è conservato, sentita, per i prestiti all’estero, la Direzione generale Musei. Quando il bene appartiene a un Museo autonomo, l’atto autorizzativo per il prestito è in capo al direttore dell’Istituto autonomo, sentita la Direzione generale Musei per esposizioni temporanee all’estero”.

Non diversamente da quanto avviene nelle Soprintendenze, per i musei autonomi, ci dice Simone Verde, direttore del Complesso della Pilotta a Parma (da cui è volata proprio per la mostra su Leonardo al Louvre la Testa di donna, detta La Scapiliata della Galleria Nazionale), “il direttore autorizza sulla base di un’istruttoria predisposta dal funzionario storico dell’arte o archeologo a seconda della tipologia di bene che viene richiesto”. E per valutare gli aspetti conservativi può contare sul servizio “Restauratori” interno al Complesso.

In sintesi, ripassando la parola alla Direzione generale Musei, “per quanto di esclusiva competenza della Direzione generale Musei, per tutti i prestiti sul territorio nazionale di beni afferenti alle collezioni dei musei statali, sia appartenenti alle Direzioni Regionali Musei sia ai Musei autonomi, l’autorizzazione è in capo ai direttori dei rispettivi uffici (direttori regionali Musei o direttori degli Istituti autonomi). Parimenti, per i prestiti all’estero, l’autorizzazione è rilasciata dai direttori delle strutture (direttori regionali Musei o direttori degli Istituti autonomi), sentita sempre la Direzione generale Musei”.

In tutti gli altri casi di prestito diverso da quelli di beni delle collezioni statali, autorizzati direttamente dai soggetti a cui appartengono, cioè “nel caso dei cosiddetti ‘prestiti di territorio’, ovvero opere e beni non di proprietà statale (dei musei civici, diocesani, privati con collezioni fruibili), o nel caso specifico del Fec, Fondo edifici di culto, del Ministero dell’Interno, l’autorizzazione per i prestiti all’interno del territorio nazionale è in capo alle soprintendenze su delega del Direttore generale Archeologia belle arti e paesaggio, ai sensi della circolare 29/2019 della Dir. Gen. ABAP, mentre viene rimesso a tale Direzione generale il parere obbligatorio e vincolante per richieste di mostre all’estero o in peculiari fattispecie previste dalla medesima circolare”.

Mentre in Sicilia, dicevamo, non hanno in nessun caso parola, le soprintendenze mantengono, invece, come si vede, un ruolo centrale in seno a un volume di movimentazione per prestiti in Italia e all’estero che ha registrato numeri importanti fino allo scoppio della pandemia: circa 9600 opere, per un totale di 655 mostre, per l’anno 2018; e circa 4200 opere, per un totale di 333 mostre, per i primi due quadrimestri del 2019.

Per capire bene come la Sicilia faccia storia a sé bisogna inoltrarsi nei sentieri normativi. A regolamentare i prestiti, anche nell’isola, è il Codice dei beni culturali: l’art. 48, rubricato “Autorizzazione per mostre ed esposizioni”, e, nel caso di prestiti extra nazionali, l’art. 66 (“uscita temporanea dal territorio della Repubblica”) e il 67 (“Altri casi di uscita temporanea). Ma per definire criteri, procedure e modalità del prestito, l’art. 48, c. 3, rinvia all’emanazione di un decreto ministeriale. È a questo punto che i riferimenti normativi si biforcano. In ambito statale si fa riferimento al DM 29 gennaio 2008 (con Linee guida in appendice), che ha un contenuto scientifico, mentre è il Dpcm 2 dicembre 2019, n. 169, che ha definito l’ultimo assetto ministeriale, a indicare in capo a quali istituti è rimessa l’autorizzazione al prestito. Nella Regione Siciliana, invece, è solo in tempi recenti che si sono normate le procedure di prestito, con un decreto assessorile datato quello stesso 2019, di cui ci siamo già occupati.

Come si vede, non è previsto in nessun caso che il Ministro si sostituisca agli uffici tecnici. Sono sempre o il direttore a dare l’ok, sentiti altri Uffici, o le soprintendenze. In Sicilia, invece, non solo è l’Assessore dei Beni Culturali a condizionare di fatto l’autorizzazione, oltretutto connotata da un’eccessiva centralizzazione, in quanto rimessa in capo al dirigente generale del Dipartimento BBCC, invece che ai singoli direttori museali, ma per i beni “identitari” della Regione è chiamata ad esprimersi addirittura l’intera Giunta di Governo. Nulla è cambiato da quello che avevamo scritto due anni fa. Solo che ora la partita si fa grossa per l’intenzione dell’Assessore siciliano di avviare un nuovo corso di scambi internazionali. Sulla base, però, di questi pasticciati presupposti.


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Silvia Mazza

L'autrice di questo articolo: Silvia Mazza

Storica dell’arte e giornalista, scrive su “Il Giornale dell’Arte”, “Il Giornale dell’Architettura” e “The Art Newspaper”. Le sue inchieste sono state citate dal “Corriere della Sera” e  dal compianto Folco Quilici  nel suo ultimo libro Tutt'attorno la Sicilia: Un'avventura di mare (Utet, Torino 2017). Come opinionista specializzata interviene spesso sulla stampa siciliana (“Gazzetta del Sud”, “Il Giornale di Sicilia”, “La Sicilia”, etc.). Dal 2006 al 2012 è stata corrispondente per il quotidiano “America Oggi” (New Jersey), titolare della rubrica di “Arte e Cultura” del magazine domenicale “Oggi 7”. Con un diploma di Specializzazione in Storia dell’Arte Medievale e Moderna, ha una formazione specifica nel campo della conservazione del patrimonio culturale (Carta del Rischio).





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