No, non è stata scoperta nessuna opera di Raffaello: è una replica dal Perugino


No, quella che è stata presentata oggi come una nuova opera di Raffaello appena scoperta non ha niente a che vedere con l’arte dell’Urbinate. È semplicemente la replica di un’opera del Perugino, che nella più felice delle ipotesi potrebbe essere autografa.

Da alcune ore, sulle principali testate generaliste e anche su alcune testate specializzate, viene rilanciata la notizia della presunta “scoperta” di un’opera “di Raffaello”: una Maddalena, nel cui volto si è voluta riconoscere la moglie del Perugino (maestro di Raffaello), Chiara Fancelli. Datata 1504, realizzata a olio su tavola di pioppo, misura 46 per 34 cm, appartiene a una collezione privata all’estero, e la prossima settimana sarà oggetto di uno studio che verrà pubblicato su di una rivista scientifica della quale, almeno su Google, non risultano altre citazioni se non quelle riportate nella notizia relativa alla presunta scoperta.

La presunta scoperta è stata presentata durante una conferenza tenutasi a Pergola (Pesaro-Urbino) alla quale hanno partecipato soggetti presentati come “esperti” dalla stampa, ma che appaiono tutti estranei agli studi su Raffaello e privi di pubblicazioni scientifiche sul maestro del Rinascimento (tra di essi figura anche una “esperta” nota per essersi lanciata in passato in attribuzioni oltremodo spericolate, tutte poi respinte vigorosamente dalla critica, come un disegno dato a Leonardo da Vinci, che Pietro Marani, autorevole studioso del grande artista, su queste pagine ha bollato semplicemente come opera d’imitazione molto più tarda).

L’opera annunciata a Pergola è stata presentata come un versione della famosa Maddalena del Perugino conservata a Palazzo Pitti (che nel Seicento era data a Raffaello, ma già nel Settecento l’attribuzione all’Urbinte era finita in disuso): l’opera appena scoperta “viene ritenuta di gran lunga superiore”, si legge sull’Ansa, “dal punto di vista stilistico e tecnico, per grazia e armonia della composizione e per l’uso dello sfumato che evidenza l’influenza di Leonardo da Vinci sul giovane pittore di Urbino”. Inoltre, “a sostegno dell’attribuzione a Raffaello c’è l’utilizzo della tecnica dello spolvero, per trasferire il disegno preparatorio (impiegata sempre dall’Urbinate, mai da Perugino), individuata da analisi di laboratorio”. Registrata poi la presenza di pentimenti e di pigmenti che sarebbero “compatibili” con la tavolozza di Raffaello. Secondo gli “esperti”, l’opera di collezione privata sarebbe precedente rispetto a quella di Perugino.

L'opera data a Raffaello
L’opera data a Raffaello
Perugino, Santa Maria Maddalena (1500 circa; olio su tavola, 47 x 34 cm; Firenze, Galleria Palatina di Palazzo Pitti)
Perugino, Santa Maria Maddalena (1500 circa; olio su tavola, 47 x 34 cm; Firenze, Galleria Palatina di Palazzo Pitti)

Intanto, non è vero che il Perugino non impiegò mai la tecnica dello spolvero: sono stati realizzati con lo spolvero gli affreschi del Collegio del Cambio (cfr. Pietro Scarpellini, Il Collegio del Cambio in Perugia, Silvana, 1998) e ci sono rimasti disegni dove si vedono chiaramente, a occhio nudo e anche attraverso alcune buone fotografie, i buchi dell’ago per segnare i profili da riportare tramite spolvero (per esempio la Testa muliebre del Louvre, cfr. scheda di Alessandro Delpriori nel catalogo della mostra Perugino. Il meglio maestro d’Italia). Quanto all’idea che l’opera raffiguri la moglie del Perugino, non è una novità: l’ipotesi, pur plausibile, che il pittore di Città della Pieve si sia avvalso della propria giovane compagna come modella, è avvalorata dai racconti di Giorgio Vasari, e ritenuta plausibile anche da studiosi autorevoli (come Pietro Scarpellini), ma mancano notizie certe e il fatto che i volti del Perugino appaiano stereotipati non aiuta a dirimere la questione.

Ammettendo poi che l’opera appena scoperta, che pare sia datata 1504 secondo quanto comunicato nelle notizie uscite sulla stampa, segua cronologicamente la Maddalena di Palazzo Pitti (che ha invece una datazione attorno al 1500), non si comprende perché Raffaello, che nel 1504 era già artista indipendente, uscito dalla bottega del Perugino, avesse dovuto replicare un’opera del suo antico maestro. E anche volendo ammettere il contrario, cioè che occorra postdatare l’opera di Palazzo Pitti, sarebbe ancora più strano che un artista a quella data molto affermato come il Perugino si prodigasse a copiare l’opera di un giovane allievo: nel Rinascimento i maestri non erano certo soliti replicare opere degli allievi (al massimo potevano osservarli da lontano e farsi ispirare: potrebbe essere il caso, per esempio, della Pala di Monteripido, ma è del tutto improbabile che il Perugino, magari colpito da un’opera del suo ex allievo, avesse voluto replicarla). Ancora, l’idea che i pigmenti siano “compatibili” con quelli realizzati da Raffaello è del tutto irrilevante per un’attribuzione: un buon copista tende a utilizzare pigmenti appunto “compatibili” con quelli del maestro che vuole imitare, affinché il risultato sia il più possibile vicino all’originale.

C’è poi da considerare che la Maddalena è una delle opere più copiate del Perugino, anche in epoche lontane dalla sua (non è dunque detto che l’opera in questione non sia molto tarda). Nel 2019, per esempio, la casa d’aste tedesca Mehlis ha venduto una copia ottocentesca simile a quella di Pergola (sebbene di minor qualità), firmata “R. Pisi Berneri”, di dimensioni identiche all’originale (47,5 per 34,5 cm). Valore dell’operazione: mille euro. L’opera appena scoperta è tuttavia straordinariamente simile a un’altra copia, venduta per 6.500 sterline, ovvero 7.550 euro (stima iniziale di 1.000-1.500, ovvero 1.160-1.740 euro) a gennaio di quest’anno presso la casa d’aste inglese John Nicholson, di 46 x 33 cm, e passata come opera “dal Perugino”, probabilmente ottocentesca.

L'opera ottocentesca, firmata R. Pisi Berneri (olio su tavola, 47,5 x 34,5 cm), passata in asta da Mehlis per mille euro
L’opera ottocentesca, firmata R. Pisi Berneri (olio su tavola, 47,5 x 34,5 cm), passata in asta da Mehlis per mille euro
L'opera passata in asta da John Nicholson (olio su tavola, 46 x 33 cm) per 6.500 sterline
L’opera passata in asta da John Nicholson (olio su tavola, 46 x 33 cm) per 6.500 sterline
L'opera passata in asta da John Nicholson (olio su tavola, 46 x 33 cm) per 6.500 sterline
L’opera passata in asta da John Nicholson (olio su tavola, 46 x 33 cm) per 6.500 sterline

Si tratta dunque di una replica dell’opera di Palazzo Pitti, che nella più felice delle ipotesi potrebbe essere autografa, anche se appare poco plausibile: molto più probabile che il dipinto in questione sia una copia, presumibilmente tarda, e del tutto simile alle due appena menzionate. A scartare con forza l’idea che l’opera di Pergola possa essere di Raffaello, è stato già in giornata Vittorio Sgarbi: “Nessuna possibilità che il dipinto propagandato come Raffaello, e annunciato a Pergola, città affettuosa, sia del maestro urbinate”, ha dichiarato. “È soltanto uno scoop giornalistico, dal momento che si basa su una conoscenza di pochi trattandosi di un’opera in collezione privata, con la legittima aspirazione del proprietario di possedere un Raffaello”.

Secondo Sgarbi, “già è bizzarra l’idea di una Maddalena con le sembianze della moglie del Perugino, come è sospetta la pur legittima propensione di alcuni studiosi a pronunciarsi soltanto su grandi nomi: Raffaello, Leonardo, Botticelli. Perugino basta e avanza. L’opera annunciata come Raffaello è infatti una versione, forse autografa, di un prototipo di Perugino conservato a Palazzo Pitti, di cui si conosce un’altra versione alla Galleria Borghese. Difficile che nel 1504, quando, in contrasto con il suo maestro nello Sposalizio della Vergine di Caen, Raffaello, con infinita grazia, dipinge il suo mirabile Sposalizio, ora a Brera, che è tanto più libero, nuovo e sciolto di quello del maestro, egli si applichi a fare una copia del Perugino, che in quel momento ha già lasciato alle spalle. Altrettanto impossibile è che il Perugino dipinga una copia di Raffaello. Al massimo, dunque, la nuova versione, di collezione privata, è una replica del Perugino. Di cui verificare l’autografia, rispetto a quella certa delle opere conservate nei musei, e di pubblico dominio”.

“Il gioco del privato che possiede un’opera ‘più autentica’ di quella di un museo”, ha poi concluso Sgarbi, “è già stato tentato, per Raffaello, con l’autoritratto giovanile. Poi la febbre è passata. Ma è evidente che la proprietà privata, e la conoscenza dal vivo di soltanto alcuni studiosi, sono pregiudizievoli per il riconoscimento della autografia”. Per Luigi Bravi, presidente dell’Accademia Raffaello, l’opera è “uno dei tanti non-Raffaello che fanno battere le agenzie, ma che non trovano accoglimento nella stampa scientifica accreditata, sensazionalismi di fine estate, che durano il tempo di uno, massimo due tweet”. Tra gli studiosi accreditati intervenuti in giornata si registrano poi i nomi di Giovanna Ragionieri, che rifiuta l’ipotesi in maniera parimenti energica, e di Alessandro Delpriori, autore di contributi sul Perugino e sulla pittura umbra del tempo, che sul proprio profilo Facebook ha bollato la notizia come una “panzana gigantesca”. E su una eventuale attribuzione raffaellesca forse c’è poco altro da aggiungere.


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