Ha fatto molto scalpore l’attribuzione a Leonardo da Vinci (Vinci, 1452 - Amboise, 1519) di un disegno (in collezione privata a Lecco) formulata da un’associata del Centro per l’Unesco di Firenze (una onlus che svolge attività di promozione culturale e sociale secondo i principi dell’Unesco), Annalisa Di Maria, della quale non risultano pubblicazioni scientifiche su Leonardo: il comunicato che Di Maria ha inviato lunedì scorso alla stampa è stato ripreso e diffuso senza sentire il parere degli esperti e senza neppure attendere l’invio dello “studio di oltre 60 pagine” (così recitava il comunicato) promesso da Di Maria. Tuttavia, molti studiosi appartenenti alla comunità scientifica, appena vista l’immagine del disegno, si sono subito scagliati contro l’attribuzione, e la notizia è stata accolta con generale scetticismo: al momento nessun membro della comunità scientifica si è espresso a favore.
Abbiamo raggiunto uno dei più autorevoli studiosi di Leonardo da Vinci, Pietro C. Marani, per avere un parere sul foglio. Marani, formatosi presso gli atenei di Milano e Firenze, è presidente dell’Ente Raccolta Vinciana di Milano, membro della Commissione Nazionale di Milano, ordinario di storia dell’arte moderna al Politecnico di Milano, responsabile scientifico dei disegni di Leonardo della Biblioteca Ambrosiana di Milano, e nel suo curriculum figurano numerose pubblicazioni scientifiche su Leonardo da Vinci, catalogazioni scientifiche, oltre a diverse mostre (ha curato, tra le altre, la mostra di disegni e manoscritti di Leonardo tenutasi nel 2003 al Metropolitan di New York e al Louvre, e, assieme a Maria Teresa Fiorio, la grande mostra su Leonardo tenutasi nel 2015 a Palazzo Reale, a Milano).
“Premesso che un giudizio più articolato può essere formulato solo esaminando dal vero il disegno”, ci ha fatto sapere Marani, “riterrei poco probabile l’attribuzione a Leonardo di questa Testa osservando la bella immagine pubblicata in rete. Il segno mi sembra debole e incerto, lo sfumato in odore di ‘accademia’ e non vedo particolari tratti tipici di un artista che disegna ‘alla mancina’. L’attaccatura dei capelli rende simile la capigliatura ad una parrucca, con effetto quasi ridicolo, e, inoltre gli occhi, pupille e palpebre, non sono come li avrebbe disegnati Leonardo. La mia impressione è che si tratti di un disegno di imitazione assai più tardo”.
Uno dei primi storici dell’arte a commentare il disegno è stato Andrea De Marchi, ordinario di storia dell’arte medievale all’Università di Firenze, studioso di pittura, disegno e miniatura tra gotico e Rinascimento, curatore di numerose mostre su artisti del rinascimento (assieme a Francesco Caglioti ha curato la grande mostra sul Verrocchio dello scorso anno a Palazzo Strozzi). Abbiamo sentito anche lui per conoscere i motivi della sua contrarietà e questo è quanto ci ha riferito: “Io conosco questo disegno solo da una fotografia e normalmente bisognerebbe esprimersi solo su opere esaminate de visu. In questo caso la paternità leonardesca può però essere esclusa categoricamente anche sulla sola base di una foto. Leonardo si era formato con Verrocchio e parte sempre da un’individuazione dei volumi chiara, che viene poi sensibilizzata alla luce dal tratteggio obliquo, da sinistra in alto a destra in basso, da mancino. Qui il volto emerge da un flou indistinto dove si riconoscono in maniera incerta e intermittente quei tipici tratti obliqui, con un’incertezza di ductus incompatibile con un’autografia leonardesca. L’idea di tratti del volto che emergono da un’ombra indistinta è una parodia del concetto altrimenti sottile, articolato e ragionato del chiaroscuro leonardesco, al punto di far sospettare che si tratti di un falso programmatico, goffo e inattendibile. Forse piuttosto recente”.
Nella foto, il disegno attribuito a Leonardo su cui però nessun membro della comunità scientifica si è espresso in maniera favorevole.