È stato uno degli interventi di restauro più attesi degli ultimi anni: quello sulla Deposizione dalla croce del Rosso Fiorentino (Giovanni Battista di Jacopo; Firenze, 1494 – Fontainebleau, 1540), straordinario capolavoro del Manierismo toscano (qui un approfondimento sull’opera). L’intervento sull’opera conservata alla Pinacoteca Civica di Volterra è stato interamente finanziato dalla Fondazione Friends of Florence grazie alle donazioni di John e Kathe Dyson e della Alexander Bodini Foundation ed è stato compiuto sotto la guida del Comitato tecnico scientifico per lo studio, il monitoraggio e il restauro della Deposizione di Rosso Fiorentino - Pinacoteca e Museo Civico di Volterra, coordinato dalla Soprintendenza archeologia belle arti e paesaggio per le province di Pisa e Livorno, con la partecipazione del Comune di Volterra (Pinacoteca e Museo Civico / Ufficio Cultura, Turismo ed Eventi), della Diocesi Vescovile di Volterra (Ufficio Beni Culturali Ecclesiastici), della Fondazione Friends of Florence e di Andrea Muzzi.
Si cominciò a pensare di restaurare l’opera nel 2017, dopo la mostra Il Cinquecento a Firenze che si tenne quell’anno a Palazzo Strozzi, e che vedeva la pala del Rosso tra le opere protagoniste. In quell’occasione nacque una riflessione fra lo storico dell’Arte Andrea Muzzi allora Soprintendente di Pisa e Livorno il restauratore Daniele Rossi, la Diocesi e il Comune di Volterra e Friends of Florence sullo stato di conservazione del capolavoro. Riflessione che portò di lì a breve proprio il restauratore che aveva già operato sulla Deposizione di Pontormo anch’essa sostenuta da Friends of Florence ed esposta nella stessa mostra, a presentare alla fondazione americana il progetto di intervento con l’alta sorveglianza della Soprintendenza e l’accordo degli enti proprietari. Il restauro cominciò durante la pandemia di Covid, nel settembre 2021, ed è stato eseguito direttamente in Pinacoteca Civica a Volterra dai restauratori Daniele Rossi per la parte pittorica e Roberto Buda per il supporto ligneo. Il “cantiere aperto” ha consentito al museo di non sottrarre completamente l’opera ai visitatori e di mostrarne il complesso lavoro di restauro.
Firmata e datata 1521, la Deposizione è stata realizzata da Rosso Fiorentino durante il suo soggiorno a Volterra durato probabilmente circa un anno e concluso fra la fine del 1521 e l’inizio del 1522, periodo nel quale dipinse anche la Pala di Villamagna, oggi conservata nel Museo Diocesano della città. La Deposizione fu collocata originariamente nella cappella della Compagnia della Croce di Giorno, committente dell’opera, presso la chiesa di San Francesco a Volterra e in questa sede rimase fino a tutto il Settecento. Fu poi sistemata nella cappella di San Carlo all’interno della Cattedrale di Volterra e nel 1905 passò alla Pinacoteca Civica, dove ancora oggi è esposta.
Il delicato intervento si è reso necessario per affrontare due aspetti critici che la tavola presentava a seguito di un esame visivo dopo la mostra del 2017: la situazione di sofferenza della struttura lignea, dovuta in primo luogo alle traverse ormai bloccate, che si riverberava sulla pellicola pittorica sotto forma di deadesioni del colore e gli interventi di ritocco pittorico ormai alterati attribuibili a restauri precedenti, ormai alterati e in dissonanza con le cromie originali.
Nel mese di settembre del 2021, a distanza di cinquecento anni dalla realizzazione dell’opera (terminata da Rosso Fiorentino nel 1521), furono eseguite numerose indagini diagnostiche, analisi chimiche e documentazione fotografica. Il restauro è terminato nel mese di Ottobre 2023. Oggi, a intervento concluso, sappiamo qualcosa in più sul modus operandi di Rosso Fiorentino, sulla sua peculiare tecnica pittorica e sui segreti che si celano dietro questa enorme pala d’altare.
Negli anni il dipinto ha subito almeno quattro interventi di restauro: un restauro antico è documentato nella seconda metà dell’Ottocento, mentre nel 1935, in occasione dell’intervento di Italo dal Mas, l’opera fu trasportata su un letto sopra un autotreno a Siena, per poi partire, a restauro concluso, in direzione di Parigi (insieme alla Deposizione di Pontormo in Santa Felicita a Firenze) per la grande mostra voluta da Mussolini al Petit Palais. Nel 1947 fu eseguito un ulteriore intervento di restauro a Firenze dai restauratori Lumini e Sokoloff esclusivamente alla superficie pittorica. Gli ultimi due restauri sono registrati nel 1974, ad opera di Nicola Carusi, e nel 1978, ad opera di Giannitrapani, in occasione del quale il supporto ligneo ha subito un importante intervento.
Le attuali misure del tavolato sono 200 x 340 cm circa, lo spessore è di circa 5 cm. L’opera non ha subito nessun ridimensionamento. In origine il tavolato era stato preparato con cinque assi in legno di pioppo unite a spigolo vivo con colla a freddo a base di caseina e sostenute da quattro traverse a coda di rondine. La scelta delle assi e i tagli eseguiti con dovizia anche nello spessore perché non si imbarcassero, inclusero anche un grande nodo in una delle assi, che col tempo ha provocato una piccola apertura.
“Nell’intervento di restauro attuale”, spiega Roberto Buda, “sono state rimosse le traverse di alluminio (non idonee) e i relativi ponticelli di ancoraggio. I cunei di restauro in legno di cirmolo (non idonei) e alcuni inserti a farfalla in legno di noce (non idonei) sono stati sostituiti con cunei e tasselli in legno di pioppo lungo le linee di giunzione delle assi, di modo da ottenere, dove possibile, un corretto allineamento della superficie pittorica. Ciascuna traversa in legno di castagno inserita attualmente è stata vincolata al supporto mediante l’incollaggio di tasselli cilindrici preparati in legno di castagno, recanti una vite in acciaio inox e molle coniche per accompagnare i naturali movimenti del tavolato e per garantire un certo grado di elasticità. Una volta concluso il risanamento è stato eseguito l’intervento di disinfestazione anossica e il successivo trattamento con biocida antitarlo”.
La preparazione del dipinto è stata realizzata stendendo al di sopra della tavola un unico strato a base di gesso e colla proteica miscelate in modo piuttosto disomogeneo, e colla bovina; sono state individuate inoltre minime tracce di tuorlo d’uovo che potrebbero essere attribuibili o ad una possibile aggiunta intenzionale oppure a residui di un pennello non perfettamente pulito.
Sulla preparazione, al di sotto delle stesure pittoriche, si evidenzia una stesura olio di lino per saturare la porosità della preparazione gessosa.
In corrispondenza di alcuni prelievi è stata evidenziata sopra lo strato preparatorio la presenza di granuli neri carboniosi, che possono essere interpretati come disegno preparatorio. Gli strati pittorici sono stati realizzati utilizzando un legante a base di olio di lino crudo miscelato con i vari pigmenti.
Sulla base dei risultati ottenuti attraverso le analisi chimiche è stato possibile risalire alla preparazione degli strati pittorici, ai leganti e ai colori originali della tavolozza di Rosso Fiorentino. La sua tavolozza è molto ricca di pigmenti pregiati quali le lacche (Lacca di garanza o di Robbia e Verderame), il giallo Orpimento, il Giallo di piombo e stagno detto giallorino, il rosso Cinabro, l’Azzurrite e la Malachite.
Si è notato inoltre come il pittore abbia aggiunto negli impasti un particolare sale come l’Allume di Rocca (materiale proveniente dalle cave vicine a Volterra e utilizzato forse come conservante) e della polvere di vetro, per dare maggior lucentezza e trasparenza alle stesure pittoriche. Le indagini in luce radente mettono in risalto le pennellate più corpose rispetto a quelle più liquide e trasparenti. Il Rosso usa inoltre pennelli piatti di varie dimensioni, ma anche con punte sottilissime per tratteggiare le ombre sui particolari anatomici dei vari personaggi.
Il disegno preparatorio, rivelato dalla riflettografia, è trasposto a mano libera sulla tavola ingessata tramite un carboncino poco carbonizzato, tipo “punta secca” e uno più spesso. In molte zone il tratto è ripassato a pennello e risulta sfumato, mentre in altre zone i segni del pennello sono ripetuti diagonalmente per indicare le zone in ombra.
Si notano alcuni pentimenti in corso d’opera come le gambe di Gesù Cristo o il braccio del ragazzo che sorregge la scala, ma il più sorprendente mai rivelato fino ad oggi è apparso sul braccio e la mano di Maria ancora presenti e disegnati sulla spalla della Pia donna ma coperti definitivamente dalle pieghe bianche e ocra della veste. In questa fase della composizione del dipinto si osserva poi il braccio della Madonna intorno al collo della Maria di sinistra che con la mano la sorreggeva completamente in aiuto al gesto dell’altra Maria. In tal modo la Madre di Dio risultava svenuta, mentre ora il suo forte dolore la sconvolge ma senza l’abbandono dei sensi.
La pulitura della superficie pittorica ha impiegato solventi e supportanti diversi per consentire un graduale alleggerimento delle vernici di restauro stese in precedenza sulle policromie. In particolare, sulle lacche organiche rosse e verdi ma anche sui manti giallo arancio a base di orpimento l’intervento è stato calibrato e alcuni residui di vernici più antiche, ma non originali, si sono mantenute; mentre i ritocchi sulle lacune e sulle spaccature sono stati rimossi puntualmente con l’uso del microscopio ottico.
La pulitura ha fatto emergere alcune scritte: sebbene si sapesse che tali scritte fossero state realizzate dal Rosso, in particolare, sotto al colore del nastro sulla testa della Maddalena (“azurra”) o sulla veste della pia donna (“coloso”), usate come promemoria per il pittore stesso, altre parole sono emerse durante la pulitura. In particolare la scritta “biffo” sulla veste del ragazzo che tiene la scala, che si riferisce al colore viola descritto da Cennino Cennini nel suo trattato; e “biffo ciara” sul perizoma di Cristo. Altre sono state riscontrate sul panneggio dell’uomo che si sporge come “azurro” e “giallo”. Rosso Fiorentino si mantiene in parte fedele ai suoi appunti ma su alcuni colori mostra di aver cambiato idea totalmente, sostituendo all’ultimo il suo pensiero iniziale. Le scritte sono emerse grazie alle indagini effettuate a base di un inchiostro ferrogallico usato soprattutto nei disegni su carta.
Sul cielo, la rimozione delle verniciature alterate ha consentito il recupero del colore celeste, a base di azzurrite e biacca, ancora pienamente apprezzabile, evidenziando però la presenza di macchie diffuse simili all’effetto di schizzi, probabilmente attribuibili a vecchi fissativi alterati e inglobati nello strato pittorico in maniera tale da rendere preferibile il loro mantenimento per non rischiare di intaccare il colore originale. (come documentano alcune foto presso l’archivio della Soprintendenza (Carusi 1974).
La rimozione delle stuccature di restauro presenti sulle mancanze e dentro i fori dei tarli è stata eseguita principalmente con mezzi meccanici e in parte con solvent gel sulle fenditure, compatibilmente con la conservazione dell’originale. I restauratori hanno scelto di mantenere le stuccature di colore grigio apposte in precedenti restauri per evitare l’indebolimento del colore circostante la lacuna.
“I successivi fissaggi a base di resina acrilica”, illustra Daniele Rossi, “sono stati eseguiti in prossimità delle spaccature, al cui interno erano presenti riempimenti con colla e segatura di legno rimossi totalmente durante l’operazione di allineamento delle assi dove possibile. Gran parte della superficie e dei fori di tarlo sono stati liberati e ripuliti con benzina rettificata, poi stuccati nuovamente con stucco sintetico. Le stuccature finali, eseguite a gesso e colla, sono state trattate in superficie in modo da imitare il ductus delle pennellate in rilievo ed è stata eseguita una brunitura con pietra d’agata limitatamente alle lacune più ampie. La reintegrazione pittorica è stata eseguita con acquarelli a base di pigmenti stabili e gomma arabica col metodo “a tratteggio” sulle lacune interpretabili già colmate in precedenza a tratti grossolani ma seguendo la medesima tecnica, e su alcune abrasioni con abbassamento di tono. Molte micro-lacune e fori di tarlo sono stati ritoccati con tempere coprenti stabili a base di gomma arabica. La verniciatura finale a pennello è stata condotta con pennellesse ovali di pelo semisintetico e vernice sintetica ad elevata stabilità. La reintegrazione finale dopo la verniciatura è stata condotta con pigmenti in polvere naturali e sintetici stabili previa ulteriore macinatura manuale con l’ausilio della medesima vernice e con White Spirit. La verniciatura finale è stata eseguita con la medesima vernice per nebulizzazione.
L’occasione è stata inoltre un’opportunità molto preziosa per lo studio approfondito dell’opera: oggi infatti, a restauro ultimato, è maggiore la conoscenza sul modo di lavorare di Rosso Fiorentino, sui significati del dipinto e su come l’artista ha scelto di rappresentare la Deposizione di Cristo dalla Croce, giungendo a una sintesi unica fra spiritualità, dolore e compassione. Terminato il restauro, il dipinto è stato ricollocato nella Sala 11 della Pinacoteca Civica di Volterra appositamente allestita anche grazie a una partnership fra Comune di Volterra e Iren luce, gas e servizi.
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