Che ne siate stregati come Woody Allen o non ci siate mai stati, per tutti Venezia rappresenta una delle meraviglie del mondo da conoscere e scoprire sempre di più. L’aggettivo più indicato è “unica”: non c’è altro da aggiungere a questo portato di storia e bellezza che da 1600 anni fa parlare di sé. Un posto dove anche un negozio di macchine da scrivere fa la storia, un teatro diventa un supermercato, un ospedale o un ospizio sono belli quanto un museo o dove il navigatore tra calli e ponti vi fa sbagliare quindi tanto vale andare dove vi portano i piedi senza cercare un posto preciso. Qui è dove l’arte si è sbizzarrita sapendosi innovare ed evolvere. Certo, se ci andate oggi per certi tratti di strada vi sembrerà di stare nella via principale di Verona o di Torino o in via Toledo a Napoli o in qualche via del centro di Roma. La standardizzazione del commercio su scala mondiale sta erodendo quei tratti di autenticità che bottegai o negozianti di una città vi trasmettevano rispetto a un’altra. Adesso passare in rassegna le vetrine delle grandi catene di franchising appiattisce tutto, svuota i fondi per far posto alle pizzerie o alla vendita di souvenir made in china o la pizzeria (tipico piatto veneziano of course) gestito da toscani. Speriamo che l’orgoglio millenario del veneziano vero si risvegli e riporti un po’ di ordine. Noi intanto vi proponiamo dei luoghi insoliti che sono degni di nota e sono quasi sempre snobbati dalle centinaia di migliaia di turisti che si muovono nei soliti luoghi.
Poco distante dal Ponte di Rialto, nel sestiere di Cannaregio lungo la calle che collega la Strada Nova con Campo San Bortolomio, si può trovare la chiesa di San Giovanni Crisostomo, luogo di culto a croce greca che dall’anno mille è stato costruito e ricostruito più volte che in questo assetto è opera del grande architetto Mauro Codussi che con questo edificio concluse la sua vita terrena lasciando il compimento della costruzione al figlio. La chiesa su progetto di Codussi iniziò i suoi lavori nel 1495 per finirli nel 1525 e nel 1531 iniziarono quelli voluti dal Senato veneziano per allargare la calle di fronte. Nel 1488 papa Innocenzo VIII concesse un’indulgenza dei peccati a chiunque avesse contribuito economicamente alla sua ricostruzione. L’intitolazione della chiesa si deve alla reliquia del Patriarca di Costantinopoli ivi conservata e venerata. Ma è importante la visita per le opere d’arte contenute, prima fra tutte la Pala di Giovanni Bellini con i Santi Cristoforo, Girolamo e Ludovico di Tolosa, la sua ultima opera prima di morire. Da citare inoltre la preziosa pala dell’altare maggiore, capolavoro di Sebastiano del Piombo noto semplicemente come la Pala di San Giovanni Crisostomo, e la pala marmorea di Tullio Lombardo con l’Incoronazione della Vergine fra gli Apostoli.
In Campo dei Gesuiti c’è un edificio quasi anonimo trasandato per il quale non si direbbe mai che valga la pena entrare. E sarebbe un errore. Perché edificio medievale dalla semplice struttura a capanna è l’Oratorio dei Crociferi e al suo interno c’è un ciclo pittorico su teleri di grande importanza artistica di Jacopo Palma il Giovane realizzato tra il 1583 ed il 1592 su commissione del doge Pasquale Cicogna. Quest’area nel dodicesimo secolo fu affidata all’ordine dei padri Crociferi per farne un luogo di sosta e rifugio per i tanti pellegrini che erano diretti a Gerusalemme, successivamente fu adibita a ricovero per donne sole. In questa piccola cappella da 50 metri quadri si entra come in un scrigno prezioso per la bellezza degli otto teleri tra i più belli di Palma il giovane, artista che aveva lavora in molte chiese veneziane con questa particolare tecnica tipica della Laguna che consisteva in un tipo di pittura con colori a olio che utilizzava delle tele – appunto – in lino o canapa montate su telaio di legno e applicate direttamente a una parete, per ovviare al problema del degrado degli affreschi in un ambiente umido come quello di Venezia.
Affacciata sul Canal Grande, con un imponente stile barocco, si distingue Ca’ Pesaro, palazzo della ricca, nobile famiglia veneziana che a fine Seicento incaricò per la sua costruzione il famoso architetto Baldassarre Longhena. Longhena morirà prima di completare l’opera che sarà poi finita da Antonio Gaspari. Dal 1902 è sede della Galleria internazionale d’arte moderna (primo e secondo piano) e del Museo d’arte orientale di Venezia (terzo piano), entrambi del circuito dei musei civici veneziani. Maestosa, grandiosa, imponente, fastosa: gli aggettivi per l’opera architettonica capolavoro del Longhena si sprecano, certo è che qui ha avuto modo di esprimersi e sperimentare. La facciata è articolata e complessa: dal bugnato a punte di diamante attraversato da due file di finestre abbiamo due portali al centro sull’acqua; salendo si percepisce l’influenza di Jacopo Sansovino con un ritmato chiaroscuro degli archi e delle colonne. La Galleria d’arte moderna al primo piano ha le collezioni permanenti mentre al secondo si avvicendano mostre temporanee. Tra dipinti e sculture di importanti artisti dell’ottocento e novecento abbiamo opere di Klimt, Chagall, Kandinskij, Klee, Moore, oltre a una ricca presenza di artisti italiani come Medardo Rosso, Giacomo Balla, Adolfo Wildt, Arturo Martini, Gino Rossi, Giorgio Morandi e Felice Casorati, Massimo Campigli, Carlo Carrà, Giacomo Manzù, Ottone Rosai, Scipione e Mario Sironi. Vengono proposti itinerari e chiave di lettura della complessa metamorfosi artistica di una fase storica di rottura rispetto ai canoni del passato.
Questa chiesa, più che onorare il Dio della cristianità o le gesta della Repubblica veneziana, ha l’intento di omaggiare e celebrare la famiglia che contribuì a farla (ri)costruire: i Barbaro. La chiesa di Santa Maria del Giglio (il fiore che le donò l’arcangelo Gabriele) fu fondata nel IX secolo ma dopo incendi e crolli fu riedificata nella seconda metà del Seicento da Giuseppe Sardi su commissione di Antonio Barbaro, di una nobile famiglia veneziana. La facciata di un ricco barocco veneziano, infatti, non ha riferimenti alla Repubblica e le statue presenti nelle nicchie sono di appartenenti alla famiglia. Il Barbaro inoltre, come volontà testamentaria, voleva essere raffigurato con i vesti e accessori che simbolicamente si utilizzavano per i Capitani di mare, cosa che lui non divenne mai. La chiesa è di riconosciuta bellezza tanto da essere soggetto di quadri del Canaletto e Francesco Guardi. Ma l’interno è altrettanto prestigioso con tele di Jacopo Tintoretto, Palma il Giovane, Paolo Veronese, Zanchi e Rubens.
A Venezia merita una vista la Libreria Acqua Alta, in Calle Lunga Santa Maria Formosa. Non è il classico store da galleria commerciale sotto una stazione, è una libreria come quelle di una volta ma con tanta originalità in più nell’allestimento: tra barche, gondole, canoe e ...gatti, potrete trovare il vostro libro tra i tantissimi titoli di cui è dotata. È un luogo culturale più che un supermercato da cui scegliere dallo scaffale i cereali del giorno, dove tutto ha un utilizzo e un nesso. Come le enciclopedie usate per fare delle scale o gli scaffali fuori la porta d’ingresso. Nutrita la selezione di libri su Venezia e le sue tradizioni, dalla storia alla cucina, dal carnevale al vestiario a qualsiasi aspetto tipico della Laguna. La particolarità dell’arredamento è strettamente connesso al nome e al luogo: quando l’acqua, quella vera, è alta la libreria ne è invasa e di qui l’idea del proprietario Luigi di utilizzare gondole, vasche da bagno e barchini dove mettere i libri così da evitare che si bagnino. Ne è diventato un luogo pittoresco e di gusto, giusto passare e magari comprare un bel libro.
La Basilica dei Santi Giovanni e Paolo è la più grande di Venezia (quasi 100 anni ci vollero per completarla, consacrata nel 1430) con i suoi 30 metri di altezza e la cupola che ne raggiunge 55, gli oltre cento metri di lunghezza e il transetto da 45 metri, e ne rappresenta un po’ il Pantheon custodendo le spoglie di ben 27 dogi (oltre ad altri personaggi come Giovanni e Gentile Bellini e i fratelli Bandiera) onorati con tombe, monumenti, lapidi e sarcofagi di grandi dimensioni decorati e ornati da sculture e quadri di artisti importantissimi come Giovanni Battista Piazzetta, Giovanni Bellini, Paolo Veronese. La facciata in stile gotico presenta un grande rosone centrale più due più piccoli laterali, in alto svettano tre guglie a forma di tempietto con all’interno le statue di san Domenico, san Tommaso d’Aquino e san Pietro Martire. Il bellissimo portale è di Bartolomeo Bono. L’interno è un tripudio di opere ed artisti. Particolare anche il grande spazio antistante l’ingresso, non sono molte le piazze a Venezia, che condivide con l’ospedale civico di Venezia che un tempo era la Scuola Grande si San Marco. Dire “ospedale” è riduttivo e fuorviante per l’immaginario di chi legge, ma Venezia è il posto dove anche un ospedale può essere come una cattedrale.
A Venezia c’è anche il supermercato che non ti aspetti. Infatti il glorioso Cinema Teatro Italia, che dal 1916 per 100 anni ha fatto sedere in poltrona generazioni di veneziani, nel 2018 è diventato un supermercato. Un intervento unico nel suo genere visto che non si sta parlando di un capannone di periferia ma di un gioiello architettonico progettato da Giovanni Sardi tra il neo gotico e il Liberty tutelato dalle Belle Arti. L’edificio aveva perso la sua funzione da circa venti anni con la crisi degli spettacoli ed era abbandonato al disuso, fino a che la famiglia Coin non lo compra per ristrutturarlo e con una catena della grande distribuzione alimentare decide di seguire l’esempio dei magazzini londinesi per far fare ai veneziani una spesa in eleganza, circondati da quelle splendide cornici e affreschi visibili grazie agli appositi scaffali bassi. Dopo due anni di restauro ha aperto tra stupore e anche critiche ma senza dubbio restituisce alla collettività un luogo che perdendo la propria funzione primaria rischiava di rimanere solo chiuso. La sala conteneva 1200 poltrone e alle pareti la decorazione era composta da putti e otto pannelli di cui 4 decorati da Alessandro Pomi e 4 da Guido Marussig. Ferro battuto ovunque, lampadine elettriche. La facciata con monofore e trifore e quattro portali d’ingresso in ferro battuto furono disegnati da Umberto Bellotto (come i lampadari all’interno). Caratteristico e innovativo al contempo, vale senz’altro la visita per saggiare questo esperimento di rigenerazione urbana.
Il palazzo di Ca’ Rezzonico che si affaccia sul Canal Grande con la sua innovativa facciata è la sede del Museo del Settecento Veneziano dal 1936. Aanche il progetto di questo palazzo fu di Baldassarre Longhena che non terminò l’opera alla morte nel 1682 (fu poi completata nel 1750 da Giorgio Massari). Tra affreschi di Giambattista Tiepolo e Giambattista Crosato, dipinti di Antonio Canaletto, Francesco Guardi, Giambattista Piazzetta, Rosalba Carriera, Pietro Longhi, le sculture di Antonio Corradini, Andrea Brustolon, Filippo Parodi, Giusto Le Court, e arredi originali del Seicento e Settecento, la visita rappresenta benissimo la florida storia culturale e artistica della Serenissima. A partire dall’imponente salone per il ballo unico per dimensione e decorazioni in tutta Venezia, alla sala degli Arazzi o quella del trono o la sala del Tiepolo.
Alla Scuola Grande di San Rocco è legato indissolubilmente il nome di Tintoretto che qui lavorò per due decenni affrescando pareti, soffitti, dipingendo teleri entrati nella storia dell’arte. La Scuola Grande di San Rocco è un complesso che comprende l’edificio della Scuola, la Chiesa e la scoletta, dedicato al santo più venerato di Venezia che qui ha una importante reliquia conservata e che ha rivestito nella vita civile e sociale della Serenissima un ruolo molto importante. Importanza che si capisce subito dall’imponenza della struttura e dalle opere d’arte che vi sono conservate. Diciamo subito che le ‘Scuole’ veneziane erano delle confraternite laicali che riunivano attorno a sé la borghesia e il ceto delle professioni che al di fuori della nobiltà si erano venute formando con lo sviluppo del commercio. Quella di San Rocco è del 1478 e Tintoretto venne scelto nel 1564 per decorare il soffitto della Sala dell’Albergo. E poi la sala Capitolare e la sala Terrena per realizzare il ciclo pittorico più famoso dell’artista con i quale è stato paragonato spesso a quello che rappresenta per Roma la Cappella Sistina. Ma la ricchezza di opere d’arte annovera fra gli autori anche Tiziano, Tiepolo ed il Giorgione, per citarne alcuni, un vero tesoro di preziosi quasi al pari di quello di San Marco, custodito in armadi settecenteschi che con il tempo è stato depredato ma che conserva ancora un nutrito numero di oggetti. Da citare lo scalone monumentale con le pareti laterali superbamente dipinte da Antonio Zanchi, Pietro Negri e Giovanni Antonio Fumiani per la cupola che lo sovrasta. Ma servirebbe molto altro spazio per dare degnamente notizia delle cose da vedere.
Non un negozio per acquistare una macchina da scrivere, ma un monumento dell’architettura italiana degli anni Cinquanta del secolo scorso: questo è il Negozio Olivetti. Le macchine da scrivere sono un pretesto, lo sfondo per il quale modellare questo luogo da parte di un grande Carlo Scarpa. Un genio italiano del Novecento, Adriano Olivetti gli commissionò questo negozio come vetrina per far conoscere i propri prodotti ma Scarpa superò se stesso sapendosi integrare in quello che era esso stesso un monumento tutelato e famoso in tutto il mondo come il porticato del Palazzo delle Assicurazioni Generali in Piazza San Marco. Non un banale luogo di rappresentanza o uno “showroom” come si direbbe adesso, ma un vero innesto contemporaneo all’interno del contesto veneziano. “Il magnifico involucro creato da Carlo Scarpa e gli oggetti che vi sono esposti, testimoniano che si può raggiungere l’armonia attraverso lo studio attento dei luoghi e l’attenzione delle forme, anche di quelle delle macchine per scrivere”, come ebbe a dire Laura Olivetti in occasione del restauro del Negozio Olivetti nel 2011, un luogo dove si fonde la voce del committente illuminato con quella dell’artista delle forme’. Scarpa trasforma un fondo buio e chiuso rivoluzionando lo spazio dando aria con le luminose vetrine e ponendo al centro la grande scala in marmo di Aurisina che sembra quasi sospesa per aria, modellata con sfasature laterali, attraverso la quale si raggiunge il primo piano, soppalcato. All’ingresso una fontana opera di Alberto Viani, Nudo al sole, il cui ugello è costituito da una lastra di marmo bianco e rame interno con il logo Olivetti. Da segnalare il pavimento fatto di tasselli di marmo e vetro di murano di vari colori.
L'autore di questo articolo: Andrea Laratta
Giornalista. Amante della politica (militante), si interessa dei fenomeni generati dal turismo, dell’arte e della poesia. “Tutta la vita è teatro”.