Gli affreschi di Palma il Giovane all'Oratorio dei Crociferi, un gioiello poco noto nel cuore di Venezia


L'Oratorio dei Crociferi di Venezia accoglie uno dei cicli decorativi più straordinari del Cinquecento in laguna: le storie di Jacopo Palma il Giovane.

Raccontare un luogo, la sua storia, la sua funzione e i suoi abitanti attraverso l’arte: un compito di certo non estraneo a tanti cicli pittorici che troviamo in giro per l’Italia, ma che a Venezia, in un particolare ambiente e periodo, costituì un esempio che si potrebbe dire quasi unico nel suo genere, per il contenuto e l’unitarietà delle sue storie, per l’eccezionalità dell’impresa (caso rarissimo nel Cinquecento in laguna, la decorazione fu affidata a un solo artista), per la sua destinazione. Un ambiente che giunse al suo massimo splendore e alla sua massima celebrità nella seconda metà del Cinquecento, grazie all’apporto artistico di uno degli esponenti più importanti della scuola veneta: Jacopo Palma il Giovane (Giacomo Negretti; Venezia, 1549 – 1628). Dunque fu proprio un artista veneziano ad essere incaricato di decorare interamente uno dei luoghi maggiormente in vista dal punto di vista sociale della città e fu questa l’occasione per il pittore di compiere uno dei suoi più grandi capolavori. Quell’ambiente, che oggi possiamo ammirare ancora integro, è parte di un antico ospedale che in quell’epoca era sotto la guida dei padri Crociferi, ed è oggi conosciuto come Oratorio dei Crociferi.

È situato sul lato sinistro del Campo dei Gesuiti, nella zona di Cannaregio, non lontano dalle Fondamenta Nove. Esternamente non si direbbe che lo stabile nasconda al suo interno un grande capolavoro del tardo Rinascimento veneziano, ma una volta entrati si presenta davanti agli occhi dei visitatori un luogo spettacolare, decorato sul soffitto e sulle pareti dalle grandi pitture di Palma il Giovane. È doveroso ricordare che oggi l’Oratorio è visitabile grazie al lungo e attento intervento di recupero, promosso dall’Unesco e finanziato dalle IRE (Istituzioni di Ricovero e di Educazione) e da una rete di comitati internazionali votati alla salvaguardia del capoluogo veneto, tra cui Venice in Peril Fund (Inghilterra), Pro Venezia (Svezia), Stichting Nederlands Comité Venetie (Olanda), Friends of Venice (Stati Uniti), messo in atto al fine di riportarlo al suo originale stato dopo quasi vent’anni di chiusura al pubblico, a causa del danneggiamento provocato dall’alluvione del 4 novembre 1966: nell’ottobre 1984 i visitatori hanno così potuto tornare ad ammirare questo significativo luogo di cultura. Significativo perché, oltre a rappresentare uno dei capolavori dell’artista, costituisce una sorta di eccezione per l’ambiente artistico veneziano del Cinquecento, poiché è l’unico complesso decorativo di quel periodo a essere stato realizzato unicamente da un artista solo, se si escludono le tre sale maestralmente decorate da Jacopo Robusti, detto il Tintoretto, nella Scuola Grande di San Rocco dal 1564 al 1588. Inoltre, a differenza del Tintoretto, che nella Sala Terrena, nella Sala Capitolare e nella Sala dell’Albergo non raffigurò la storia di san Rocco (eseguì solo il San Rocco in gloria nella Sala dell’Albergo), Palma il Giovane si trovò a raccontare in pittura alcuni avvenimenti della storia dei padri Crociferi. Una specie di libro fatto di immagini grazie a cui i visitatori di ormai quasi settecento anni hanno la possibilità di conoscere passi importanti delle vicende di coloro che guidavano questo complesso architettonico.

A commissionare questo grande ciclo di opere d’arte che doveva celebrare i Crociferi (“il capolavoro di Palma”, secondo lo storico dell’arte Augusto Gentili, ma anche secondo molti che hanno affrontato lo studio di questi teleri) fu il doge Pasquale Cicogna (Venezia, 1509 – 1595): secondo le testimonianze, il 10 marzo 1586 Palma il Giovane ricevette una caparra di venti ducati per tre quadri con i fatti del quasi ottantenne doge Cicogna destinati all’Oratorio dei Crociferi. I pagamenti proseguirono fino al 1° agosto 1587, quando l’artista ricevette a saldo ottanta ducati. Il ciclo pittorico venne realizzato tra il 1583 e il 1592, in quello che il grande storico dell’arte Pietro Zampetti definì “il periodo più equilibrato dell’attività dell’artista”, ed era costituito da otto grandi teleri. L’artista veneziano apparteneva già a una famiglia votata all’arte: non a caso Giacomo Negretti, suo vero nome, era stato soprannominato Palma il Giovane per distinguerlo da Jacopo Palma il Vecchio (Venezia, 1549 – 1628), suo prozio e anch’egli di nome Giacomo Negretti, e fratello di sua madre era Bonifacio de’ Pitati, meglio conosciuto come Bonifacio Veronese (Verona, 1487 – Venezia, 1553). Il Giovane si formò a Venezia e a Roma (il duca di Urbino, Guidobaldo II Della Rovere, notò le sue capacità e lo indusse a trascorrere qui un soggiorno) e la sua arte fu debitrice soprattutto nei confronti di quella di Tiziano e di Tintoretto, cogliendo perciò i tratti della scuola veneta, di cui lui si rivelò successivamente notevole esponente, e del manierismo romano; in particolare di quest’ultimo colse i motivi naturalistici che ritroviamo nelle opere dell’Oratorio.

L'Oratorio dei Crociferi di Venezia
L’Oratorio dei Crociferi di Venezia


Interno dell'Oratorio dei Crociferi a Venezia, i teleri di Palma il Giovane
Interno dell’Oratorio dei Crociferi a Venezia, i teleri di Palma il Giovane


Interno dell'Oratorio dei Crociferi a Venezia, i teleri di Palma il Giovane
Interno dell’Oratorio dei Crociferi a Venezia, i teleri di Palma il Giovane


Interno dell'Oratorio dei Crociferi a Venezia, i teleri di Palma il Giovane
Interno dell’Oratorio dei Crociferi a Venezia, i teleri di Palma il Giovane

Detto questo, occorre compiere un passo indietro per comprendere perché i padri Crociferi ricoprissero un ruolo così significativo a Venezia, tanto da far decidere al doge di commissionare il menzionato ciclo: tra l’XI e il XII secolo la congregazione dei Crociferi si stava notevolmente affermando e diffondendo e decise di costruire un ospedale nel Campo dei Gesuiti, nella zona settentrionale di Venezia, all’epoca ancora per la maggior parte paludosa, al fine di assistere i malati e di ospitare i mercanti, i soldati e i pellegrini che durante le Crociate erano diretti o tornavano dalla Terrasanta. L’edificio presentava una semplice struttura a capanna e adiacente venne costruita una chiesa dedicata alla Vergine Assunta, incendiata nel 1214 e ricostruita con dimensioni più grandi. Fondamentale per l’autosostentamento dell’ospedale fu la considerevole somma di denaro donata nel 1268 dal doge Renier Zen. Tuttavia, nel Quattrocento l’antico ospedale divenne un ospizio per accogliere un piccolo gruppo di donne sole e bisognose in uno spazio che comprendeva quindici stanze disposte su due piani. Fin dalla sua edificazione, il complesso è stato strettamente legato all’aiuto e alla protezione dei più bisognosi; in effetti nella Repubblica di Venezia era frequente questo rapporto reciproco tra devozione e assistenza, ideologia civile e ideologia religiosa. E tale legame è intrinseco agli stessi padri Crociferi: questi appartenevano probabilmente a un ordine formatosi in Oriente, ma le proprie origini risalgono addirittura ai primi cristiani. Secondo quanto affermavano, la loro fondazione era avvenuta grazie a san Cleto e vennero rifondati da san Ciriaco, patriarca di Gerusalemme nel IV secolo; successivamente, nel 1169 papa Alessandro fornì loro una costituzione e una regola simile a quella degli Agostiniani. E furono uno degli ordini che affiancarono i Templari nelle Crociate.

Delle opere realizzate da Palma il Giovane parlava già nel 1648, nel suo trattato Le maraviglie dell’arte, una raccolta di biografie dei pittori veneti illustri, il pittore e scrittore Carlo Ridolfi (Lonigo, 1594 – Venezia, 1658), che intanto descriveva il giovane Giacomo Negretti, all’epoca della realizzazione dei teleri poco più che trentacinquenne, come “sempre divoto” nei confronti dei padri Crociferi “poiché sino da fanciullo fu da quelli avuto in protezione”, e poi parlava delle tele in questi termini: “nel mezzo del soffitto fece nostra Signora assunta al Cielo, ed in otto spazii intorno Angeli con istromenti musicali, e nell’altare l’Adorazione dei Magi, in uno dei quali ritrasse il padre Liberale Marini priore di quel tempo. Nella parte destra, san Cleto pontefice, istitutore di quella Religione, conferisce ai detti Padri un Breve, in cui è notato: CLETVS P.P. INSTITVTOR RELIGIONIS CRVCIFERORVM. Nella sinistra il pontefice Paolo IV porge un altro Breve all’Ambasciator veneto, ove si legge: PAVLVS P.P. IV AD PERPETVAM REI MEMORIAM, INTVITV SERENISSIMI PRINCIPIS ET DOMINI VENET. PER EORUM ORATIONEM NOBIS SVPPLICANTIVM. Ed in quest’azione intervengono il padre Benedetto Leoni fu generale di quella Congregazione e vescovo d’Arcadia, ed il padre Contarino autore del Giardino istorico, tratti dal naturale. Sovra la porta d’ingresso è nostro Signore flagellato, in cui Palma volle concorrere con quello di Giuseppe d’Arpino dato alle stampe, che è in vero studiosa fatica. Nell’angolo vicino finse il doge Reniero, Zeno, e la dogaressa Aloisa contessa di Prata, sua moglie. […] Nel seguente vano, sovra l’altra porta, nostro Signore viene riposto nel monumento dai pietosi amici, ed in persona di Gioseffo è ritratto il signor Luca Michele procuratore di san Marco. Nell’altra parte del muro divise in tre grandi quadri le azioni del doge Cicogna; e nel primo, vicino al fianco destro dell’altare, sta quegli in abito di Senatore alla Messa adorando il Santissimo Sacramento, somministrato dal padre Priamo Balbi, allora ospitaliere, ed alcune donne del detto ospitaliere rappresentato […]; nel secondo, mentre egli è presente alle divine lodi cantate dai Padri medesimi, un fanciullo gli reca la nuova data della sua creazione […]; nel terzo vedesi il medesimo Principe cogli abiti ducali visitare il detto luogo, come sempre usò di fare ciascun anno nel dì dell’Assunzione della Vergine, accompagnato dagli Ambasciatori dei Principi e dai Senatori”. Il ciclo di Palma è ancora pressoché intatto: rispetto all’epoca della sua realizzazione, manca unicamente la pala che si trovava sull’altare.

Palma il Giovane, Pasquale Cicogna in vesti dogali visita la chiesa e l'ospedale dei Crociferi (1586-1587; olio su tela, 369 x 262 cm; Venezia, Oratorio dei Crociferi)
Palma il Giovane, Pasquale Cicogna in vesti dogali visita la chiesa e l’ospedale dei Crociferi (1586-1587; olio su tela, 369 x 262 cm; Venezia, Oratorio dei Crociferi)


Palma il Giovane, Pasquale Cicogna in vesti dogali visita la chiesa e l'ospedale dei Crociferi (1586-1587; olio su tela, 369 x 262 cm; Venezia, Oratorio dei Crociferi)
Palma il Giovane, Pasquale Cicogna in vesti dogali visita la chiesa e l’ospedale dei Crociferi (1586-1587; olio su tela, 369 x 262 cm; Venezia, Oratorio dei Crociferi)


Palma il Giovane, Pasquale Cicogna assiste alla messa celebrata nell 'oratorio dei Crociferi da padre Priamo Balbi (1589-1590; olio su tela, 350 x 223 cm; Venezia, Oratorio dei Crociferi)
Palma il Giovane, Pasquale Cicogna assiste alla messa celebrata nell ’oratorio dei Crociferi da padre Priamo Balbi (1589-1590; olio su tela, 350 x 223 cm; Venezia, Oratorio dei Crociferi)


Palma il Giovane, Papa Paolo IV consegna un Breve all'ambasciatore veneziano (1589-1590; olio su tela, 350 x 223 cm; Venezia, Oratorio dei Crociferi)
Palma il Giovane, Papa Paolo IV consegna un Breve all’ambasciatore veneziano (1589-1590; olio su tela, 350 x 223 cm; Venezia, Oratorio dei Crociferi)


Palma il Giovane, Pasquale Cicogna in vesti dogali visita la chiesa e l'ospedale dei Crociferi (1586-1587; olio su tela, 369 x 262 cm; Venezia, Oratorio dei Crociferi)
Palma il Giovane, Pasquale Cicogna in vesti dogali visita la chiesa e l’ospedale dei Crociferi (1586-1587; olio su tela, 369 x 262 cm; Venezia, Oratorio dei Crociferi)


Palma il Giovane, Flagellazione di Cristo (1591-1592; olio su tela, 320 x 345 cm; Venezia, Oratorio dei Crociferi)
Palma il Giovane, Flagellazione di Cristo (1591-1592; olio su tela, 320 x 345 cm; Venezia, Oratorio dei Crociferi)


Palma il Giovane, Trasporto di Cristo morto (1590 circa; olio su tela, 203 x 292 cm; Venezia, Oratorio dei Crociferi)
Palma il Giovane, Trasporto di Cristo morto (1590 circa; olio su tela, 203 x 292 cm; Venezia, Oratorio dei Crociferi)


Palma il Giovane, Cristo in gloria benedicente, il doge Renier Zen, la dogaressa e i procuratori di san Marco, alcuni padri Crociferi e donne dell'ospizio (1585; olio su tela, 390 x 350 cm; Venezia, Oratorio dei Crociferi)
Palma il Giovane, Cristo in gloria benedicente, il doge Renier Zen, la dogaressa e i procuratori di san Marco, alcuni padri Crociferi e donne dell’ospizio (1585; olio su tela, 390 x 350 cm; Venezia, Oratorio dei Crociferi)

Gli otto teleri realizzati, come detto, verso la fine del Cinquecento da Palma il Giovane, raccontano la storia dell’Ordine dei Crociferi e possono essere suddivisi in tre categorie: la storia dei Crociferi e del loro ospedale, la funzione dell’Oratorio come cappella in un ospizio e il carattere liturgico dell’Oratorio come cappella. Il ciclo pittorico inizia ovviamente dall’istituzione della congregazione con il dipinto collocato a lato dell’altare e che raffigura Papa Cleto che istituisce l’Ordine dei Crociferi, dove sono raffigurati quattro frati che ricevono dal papa la missiva grazie a cui i padri Crociferi verranno riconosciuti come ordine religioso che si occupa della protezione dei Crociati; dall’altro lato dell’altare è posto invece il telero che rappresenta Papa Paolo IV mentre consegna un Breve all’ambasciatore veneziano: il doge Renier Zen aveva lasciato in eredità ai padri Crociferi una somma di denaro e qui è raffigurato il momento in cui un ambasciatore veneziano consegna un documento ai Crociferi per metterli al corrente di questa eredità. Queste prime due opere appaiono collegati tramite arcate architettoniche dipinte, intendendo simboleggiare l’unione tra Roma e Venezia; il primo dipinto è infatti ambientato a Castel Sant’Angelo, mentre nel secondo è ben visibile il Campo dei Gesuiti.

Di fronte all’ingresso dell’Oratorio sono invece posti tre teleri di cui protagonista è Pasquale Cicogna, il doge protettore dei Crociferi che commissionò l’intera decorazione dell’Oratorio a Palma il Giovane (e di cui abbiamo testimonianza dei pagamenti ricevuti dall’artista). Il primo di questi raffigura Pasquale Cicogna, allora futuro doge, mentre assiste alla messa celebrata da padre Priamo Balbi in compagnia di donne indigenti all’interno dell’Oratorio. La scena è accompagnata da un’iscrizione che esprime una preghiera per la futura elezione a doge: “UT PRAESENTEM VIRUM AMPLISS.D. MARCI PROCURAT. IN LOCUM DEMORTUI PRINCIPIS SUBSTITUAS. TE ROGAMUS DOMINE XV AUGUSTI M.D. LXXXV” (“Signore, ti preghiamo affinché tu sostituisca il doge appena scomparso con quest’uomo eccezionale, procuratore di San Marco”: segue la data, il 15 agosto del 1585, tre giorni prima che Pasquale Cicogna venisse nominato doge). Straordinario è notare come sia la posizione dell’altare sia la struttura delle panche di legno siano identiche a quelle visibili tuttora. Già un grande storico dell’arte come Adolfo Venturi considerava questa scena come il capolavoro di Palma il Giovane, e in generale tutta la critica si è espressa con favore nei confronti di questo straordinario telero. “Sulla scena squadrata con sobrietà ancora cinquecentesca”, scriveva per esempio Giovanni Mariacher nel 1980, “si muovono i personaggi, tutti accuratamente ritrattati con gusto quasi verista; il medesimo amore naturale sembra avere ispirato tutti i particolari di questo interno, i fiori nei candidi vasi disposti sopra i dossali, il Crocefisso e la pala dipinta sull’altare, il tappeto orientale che ricopre l’inginocchiatoio. Sono questi, come l’attento studio dei volti, altrettanti ricordi bassaneschi”. Si prosegue con la scena in cui Pasquale Cicogna riceve dal prefetto l’annuncio della nomina a doge di Venezia: questa volta però il dipinto è ambientato all’interno della Chiesa dei Gesuiti, come si può notare dalla scalinata. La terza opera dedicata a Cicogna lo raffigura in veste di doge vestito d’oro mentre visita la chiesa dei Crociferi: sullo sfondo è riconoscibile la facciata dell’edificio sacro e in primo piano sono ritratte alcune delle donne accolte come ospiti. Pietro Zampetti descriveva le storie di Pasquale Cicogna come “le più rinomate del Palma”: dipinti che “sembrano l’equivalente del cosiddetto ‘manierismo riformato’, cioè eclettico a mezza via tra Maniera e Natura, in un contesto culturale affine, seppure in leggero anticipo, a quello dei Carracci. La materia, però, venezianamente grassa e sugosa nonché la realistica ma anche affettuosa attenzione all’umanità rappresentata dai vecchi ricoverati, sono già un fenomeno secentesco che può avere interessato lo Strozzi” (il riferimento è a Bernardo Strozzi, grande pittore genovese che terminò la sua carriera a Venezia).

Gli ultimi tre dipinti rimandano al carattere liturgico dell’Oratorio come cappella e sono posti rispettivamente sopra all’ingresso dell’Oratorio, lungo il percorso che conduceva al luogo di sepoltura e all’uscita verso l’antico ospizio. A sottolineare l’aspetto prettamente religioso del luogo, vi è la presenza in questi dipinti di Gesù Cristo: il primo ha come soggetto la Flagellazione di Cristo allo scopo di ricordare al visitatore la sofferenza dell’umanità e la necessaria purificazione dell’individuo per accedere al luogo sacro. A proposito di questa scena, la studiosa Stefania Mason Rinaldi ha scritto che “è quella del Palma una composizione saldamente inquadrata nelle architetture sansovinesche e palladiane, animata da robuste e ben atteggiate figure ma priva di tensione spirituale, in quanto l’artista sembra voler far risaltare maggiormente le possibilità formali e compositive della scena, così che la violenza apparente dei flagellatori non trova alcuna eco negli assorti, immobili spettatori né nella pesante figura di Cristo”. E ancora: “la ricerca di figure incuneate nello spazio, di scorci audaci e l’enfasi di certi gesti, di un vocabolario neomanieristico già affiorante nelle opere subito precedenti, trova qui espressione più piena”. La storica dell’arte trovava il precedente di questa Flagellazione (così come per la stampa del Cavalier d’Arpino, citata da Ridolfi, con il quale l’opera del Palma si confrontava, in un’opera romana: la Flagellazione che Federico Zuccari (Sant’Angelo in Vado, 1539 – Ancona, 1609) dipinse per l’oratorio del Gonfalone a Roma, o quella che suo fratello Taddeo (Sant’Angelo in Vado, 1529 – Roma, 1566) eseguì sempre nell’allora capitale dello Stato Pontificio per la chiesa di Santa Maria della Consolazione (dalle composizioni dei due pittori marchigiani deriverebbe l’impostazione con l’alto colonnato al centro della scena, mentre l’aguzzino sulla destra, quello piegato con il braccio che sfiora il ginocchio, è una citazione pressoché diretta). Il Trasporto di Cristo invece esemplifica il passaggio degli ospiti dell’ospedale verso l’aldilà: Gesù è morto ed è qui raffigurato il trasporto del suo corpo, in parallelo al reale percorso nel complesso architettonico che portava al luogo in cui i defunti ospiti venivano sepolti; a consolare e a proteggere le povere donne era stata collocata sul soffitto decorato, sopra la fossa comune, la Madonna con gli angeli.

Il ciclo si conclude con l’ottavo telero particolarmente affollato che intende significare sia il carattere religioso dell’Oratorio che gli avvenimenti contemporanei a Palma il Giovane: il dipinto è diviso in due parti distinte e raffigura il Cristo in gloria benedicente, il doge Renier Zen, la dogaressa e i Procuratori di San Marco, alcuni padri Crociferi e donne dell’ospizio. Osservandolo, anche senza conoscere l’identità dei protagonisti si percepisce che qui sono ritratti quasi tutti i personaggi legati alla storia del luogo. Nella parte inferiore, a sinistra, l’artista pone il doge Renier Zen, la dogaressa Aloisa, i procuratori di San Marco e alcuni personaggi celebri della nobiltà veneziana, mentre a destra inserisce i padri Crociferi e alcune donne inferme in atto di devozione. Nella parte superiore si vede Gesù Cristo che rivolge, illuminato da una luce calda avvolgente, uno sguardo benedicente al doge Zen. Sullo sfondo è riconoscibile piazza San Marco. Sull’altare è oggi presente inoltre una Vesperbild, una Pietà in legno dipinto, che rimanda alla Passione e alla morte di Cristo: anticamente si trovava all’interno di una cappella al primo piano dell’ospizio ed era generalmente venerata dalle donne anziane ospiti del luogo.

L’importanza del ciclo di Palma il Giovane è sempre stata nota, e tutti coloro che, anche in antico, redassero guide di Venezia, non poterono fare a meno di citare l’Oratorio dei Crociferi. Oggi questo ambiente, gestito dalla Fondazione Venezia Servizi, fa parte dei cosiddetti “Gioielli nascosti di Venezia”: un complesso di luoghi unici nel centro storico del capoluogo lagunare, poco se non per niente battuti dal turismo di massa, e che in gran parte ancora conservano il loro aspetto antico e l’essenza dei luoghi.

Bibliografia essenziale

  • Giovanna Nepi Scirè (a cura di), I dipinti di Venezia, Magnus, 2002
  • Caterina Furlan, ?Vittoria Romani (a cura di), Da Pordenone a Palma il Giovane. Devozione e pietà nel disegno veneziano del ’500, catalogo della mostra (Pordenone, ex chiesa di San Francesco, dal 15 ottobre al 10 dicembre 2000), Electa, 2000
  • Alvise Zorzi, Venezia restaurata (1966 - 1986), Electa, 1986
  • Stefania Mason Rinaldi, Palma il Giovane: l’opera completa, Alfieri, 1984
  • Nicola Ivanoff, Pietro Zampetti, Giacomo Negretti detto Palma il Giovane Poligrafica Bolis, 1980
  • Pietro Zampetti (a cura di), La pittura del Seicento a Venezia, catalogo della mostra (Venezia, Ca’ Pesaro, dal 27 giugno al 25 ottobre 1959), Alfieri, 1959


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Ilaria Baratta

L'autrice di questo articolo: Ilaria Baratta

Giornalista, è co-fondatrice di Finestre sull'Arte con Federico Giannini. È nata a Carrara nel 1987 e si è laureata a Pisa. È responsabile della redazione di Finestre sull'Arte.






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