Tra boschi e necropoli etrusche: il Parco Regionale di Marturanum


Il Parco Regionale di Marturanum, istituito nel 1984, si trova a Barbarano Romano (Viterbo) e offre un ambiente unico con numerose testimonianze archeologiche, a cominciare dalle necropoli etrusche.

Passeggiare tra i boschi, soprattutto quando l’autunno si fa più vicino, è un po’ come tornare a casa dopo un lunghissimo viaggio. Il mondo qui è più soffice sotto i piedi e camminando si scoprono le tinte calde della natura che accolgono qualsiasi viandante. Tra i parchi più suggestivi e poco conosciuti d’Italia vi è sicuramente lo spettacolare Parco Regionale di Marturanum, un’area protetta nel territorio comunale di Barbarano Romano, in provincia di Viterbo. Il parco, istituito nel 1984, si estende su un terreno collinare tra i monti della Tolfa e i rilievi circostanti il lago di Vico ed è caratterizzato da forre scavate dai torrenti su tavolati di tufo pianeggianti e colline argillose ricoperte da boschi e pascoli parzialmente incontaminati. La sua bellezza è evidente non solo dall’ambiente selvaggio, dai segni del passaggio degli animali, ma anche dalle solitarie aree avvolte da una lussureggiante vegetazione. 

Un ambiente naturale unico che ospita numerose testimonianze archeologiche legate agli etruschi e ad altre comunità locali, che si integrano perfettamente nel paesaggio ed è qui offerta una varietà di percorsi di trekking che conducono a tombe rupestri di inestimabile valore, spesso nascoste all’interno delle forre del fiume Biedano. Queste forre sono formate da tavolati tufacei scolpiti nel corso dei secoli dall’acqua, creando canyon spettacolari ricoperti da densa vegetazione. Quest’area del parco regionale è intrinsecamente legata ai primi insediamenti etruschi sin dalla preistoria. La peculiarità del tufo, una roccia caratteristica del territorio, rese infatti le colline dei luoghi ideali per la creazione di abitazioni e relative necropoli. 

Valloni nel Parco Regionale di Marturanum. Foto: Virgilio Merisi
Valloni nel Parco Regionale di Marturanum. Foto: Virgilio Merisi
Tombe etrusche nel Parco di Marturanum. Foto: Virgilio Merisi
Tombe etrusche nel Parco di Marturanum. Foto: Virgilio Merisi
Tombe a portico nel Parco di Marturanum. Foto: Virgilio Merisi
Tombe a portico nel Parco di Marturanum. Foto: Virgilio Merisi

“In nessun altro luogo”, scrisse Werner Keller ne La civiltà etrusca, “si addensa così opprimente l’enigmatico del popolo etrusco, in nessun altro luogo ci accostiamo di più alla sua anima, al suo pensiero e a suoi sentimenti, come nelle necropoli: le ultime potenti testimonianze di un mondo intessuto di mistero, nel cui cerchio magico ruotava tutta la sua esistenza”. E proprio seguendo le tracce lasciate da questo antico popolo e arrampicandosi sulla ripida gradinata di sinistra, si scoprirà la tomba chiamata “del Cervo”. Qui è scolpita a bassissimo rilievo forse una scena di caccia, forse una scena simbolica di Roma, in cui è rappresentato un cervo affrontato da un lupo. Non ci pervengono numerose testimonianze, ma lo stile architettonico della Tomba del Cervo ci riporta indietro al IV-III secolo a.C. La Tomba del Cervo è quasi del tutto integra, con una maestosa facciata decorata con una finta porta in stile dorico che racchiude al suo interno un’ampia camera ipogea e l’accesso a essa è garantito da un lungo dromos, un corridoio che conduce all’interno. Lungo il percorso del dromos furono rinvenuti alcuni sarcofagi, i quali sono oggi esposti nel Museo Archeologico delle Necropoli Rupestri di Barbarano Romano, costituendo preziosi reperti che narrano la storia di questa antica sepoltura.

Tra le molteplici necropoli etrusche, però, nessuna splende con la stessa sontuosa intensità di San Giuliano. Nel VII secolo a.C., su una roccia tufacea che aveva già assistito all’evolversi di epoche remote, una comunità radicata prosperava, già allora testimone dell’età del Bronzo. San Giuliano è un sito fortificato che si erge su un’allungata piattaforma tufacea, somigliante a una clessidra, completamente isolata e protetta dai profondi valloni scavati dai torrenti e dai fossi che confluiscono nel Biedano. Sul piano sommitale sono collocati i monumenti principali, mentre il villaggio rupestre, suddiviso in vari nuclei di grotte, si estende lungo le pendici meridionali della rupe. Giunti alla base orientale del pianoro, un punto nodale di sentieri, lo sguardo si innalza ammirando le imponenti mura che avvolgono l’antica città. Questa muraglia è un mix di grandi blocchi risalenti all’epoca etrusca nella parte inferiore e di pietre di dimensioni minori risalenti all’epoca medievale nella parte superiore. Alle pendici della rocca, l’erosione ha scolpito uno spazio arretrato nel banco di tufo, dove due grotte di forma allungata erano utilizzate come stalle fino a tempi recenti.

Se ci si incammina verso la base della rupe a ovest, lungo la strada d’accesso a San Giuliano, la prima grotta che ci accoglie possiede un fondo più ampio rispetto all’ingresso, e si riconosce come una cava di pietra del villaggio grazie alle incisioni sui blocchi delle pareti. A seguire, incontriamo un gruppo di tre grotte, dove quella centrale è il doppio delle laterali a causa dell’abbattimento della parete divisoria. Ma è una volta tornati all’istmo e al corpo di guardia, seguendo un largo sentiero che si aprirà il pianoro occidentale: una sporgenza rocciosa che ospita un autentico appartamento scavato nella roccia, con stanze comunicanti, un foro per il fumo del focolare, un pilastro d’ingresso, nicchie e spazi dispensa. Al fondo, emergono le tre absidi della suggestiva chiesa medievale di San Giuliano. Una facciata elegante è introdotta da un portico che riutilizza colonne romane di marmo. All’interno, affreschi leggermente sbiaditi ma ancora riconoscibili decorano lo spazio. Accanto alla chiesa si erge un edificio a tre piani con un piccolo campanile a vela, che ospitava i religiosi custodi del luogo. Non lontano dalla chiesa, una recintata area ospita un sorprendente bagno termale romano.

La Tomba del Cervo. Foto: Virgilio Merisi
La Tomba del Cervo. Foto: Virgilio Merisi
La necropoli di San Giuliano. Foto: Maria Piccinini
La necropoli di San Giuliano. Foto: Maria Piccinini
La chiesa di San Giuliano. Foto: Maria Piccinini
La chiesa di San Giuliano. Foto: Maria Piccinini

Tuttavia, è nel VI secolo a.C. che il Marturanum raggiunge la gloria, posizionandosi con imponente fierezza lungo l’importante via che univa Cerveteri a Orvieto, assumendo il ruolo di potente avamposto di Tarquinia verso la maestosa Roma.  Il Tumulo del Caiolo e le tombe dei Carri e dei Letti catturano l’immaginazione dei visitatori, mentre il sentiero scende dolcemente verso il vallone, svelando progressivamente altre tombe, tra cui spiccano le affascinanti Palazzine. In questo scenario si nasconde un corso d’acqua solitario, serpeggiante tra le fronde delle felci e sotto il sussurrare delle foglie degli alberi.

L’area attrezzata del Caiolo costituisce il principale punto di accesso alla succitata necropoli di San Giuliano. Per raggiungerla, si percorre un tratto di circa tre chilometri dalla prima diramazione di Barbarano, seguendo la tranquilla strada vicinale delle Quercete. Se si prosegue verso destra, ci si troverà invece di fronte al maestoso tumulo della Cuccumella, un monumento funerario costruito con imponenti blocchi di tufo e articolato con un vestibolo e due stanze separate da una suggestiva porta trapezoidale. Lungo il margine del pianoro, si possono ammirare tombe di differente forma ed aspetto. Tra queste, spiccano la tomba dei Carri, nella quale furono rinvenuti i cerchioni delle ruote di un carro, e la tomba dei Letti, dove due piccoli letti per bambini sono posizionati accanto ai letti funebri dei genitori. 

In prossimità del tumulo del Caiolo, un sentiero si snoda ripidamente conducendo verso il fondo del fosso, dove è possibile esplorare in successione le tombe a Portico, un complesso di sepolture a camera singola dotate di un vano superiore aperto, che in tempi medievali furono utilizzate come abitazioni o luoghi di ritiro ascetico.


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