Paestum è uno dei simboli di una terra magica come il Cilento. Con la sua storia millenaria Paestum offre al visitatore la possibilità di un viaggio indietro nel tempo alla scoperta dei resti dell’antica città greca in cui spiccano i suoi imponenti templi costruiti tra il VI e il V secolo avanti Cristo e considerati, assieme a quelli di Atene ed Agrigento, tra i meglio conservati al mondo. Circondata da paesaggi unici al mondo, la città di Paestum attira ogni anno numerosissimi visitatori che restano letteralmente a bocca aperta di fronte alla magnificenza delle rovine, ma che approfittano anche della possibilità di passeggiare lungo quello che era il suo centro, scoprire l’agorà greca, il foro romano, la basilica e poi ancora andare ad ammirare i tanti reperti rinvenuti durante gli scavi all’interno del museo archeologico. Ecco le tappe da non perdere nel vostro viaggio a Paestum.
Oggi è possibile visitare l’area archeologica che racchiude quello che era l’antico centro della città. Qui si trovavano tutti i monumenti più importanti, non solo i celebri templi, ma anche l’agorà, la tomba fondatore della città e ancora strade, terme, fontane e antichi luoghi di riunioni sia greci che romani. Qui sorgeva anche l’anfiteatro romano che però, incredibilmente, è tagliato di netto a metà dalla statale 18 che a fine XIX secolo fu disegnata in maniera tale da passare accanto alle rovine per offrire l’esperienza di vedere da vicino le rovine, senza pensare però a quello che era ancora nascosto. Si stima d’altronde che la città di Paestum si estendesse ben oltre il perimetro dell’attuale area archeologica e che ci sia ancora tanto da riportare alla luce
Il tempio di Hera, meglio conosciuto come basilica, è il più antico dei tre grandi edifici dell’area archeologica di Paestum. La sua costruzione si fa risalire attorno al 560 avanti Cristo ed è l’unico tempio di questo periodo ad essere giunto fino a noi in questo stato di conservazione. Secondo gli studiosi il suo impianto ricorderebbe ancora quello delle precedenti costruzioni in legno, con la sala interna che è divisa da colonne centrali, e senza frontoni. La sua funzione per molto tempo non è stata chiara agli archeologi, anche se ormai è provato che fosse un edificio di culto, si pensa dedicato a Hera, protettrice degli Achei e sposa di Zeus.
Imponente e austero, il tempio di Nettuno è il più grande e il meglio conservato dei templi dell’area archeologica di Paestum. In questo magnifico edificio si ritrovano tutti canoni dell’architettura templare greca. Viene fatto risalire alla metà del V secolo avanti Cristo, proprio quando a Olimpia si stava innalzando il tempio dedicato a Zeus, che però non è giunto fino ai giorni nostri conservato tanto bene. Il tempio di Nettuno è stato costruito utilizzando dei grandi massi collegati tra di loro tramite semplici tasselli e senza malta tanto che durante il medioevo e anche in epoca moderna furono riutilizzati dagli abitanti del luogo per altre costruzioni. Per quanto riguarda la sua attribuzione a Nettuno gli archeologi sono ancora dibattuti al riguardo e forse il tempio, frequentatissimo fino all’epoca imperiale, era dedicato alla divinità principale della città, Hera.
Costruito su un’altura subito fuori dal centro città, il tempio di Atena dominava e ancora domina tutta l’area archeologica di Paestum. Quello di Atena è l’unico tempio la cui attribuzione è certa e le sue origini sono antichissime. Fin dagli albori di Paestum i coloni costruirono un primo, piccolo edificio dedicato alla dea dell’artigianato e della guerra, mentre solo attorno al 500 avanti Cristo fu innalzato il grande tempio che è arrivato fino a noi perfettamente conservato. Questo era particolarmente importante nella vita cittadina e presentava una parte interna più elevata rispetto al colonnato circostante a cui si poteva accedere attraverso un’anticamera riccamente decorata.
Il primo progetto di costruzione del Museo archeologico risale agli anni Trenta del secolo scorso quando si volle trovare una casa per i pannelli figurativi, le metope, ritrovate nel santuario di Hera alla foce del Sele. La costruzione del museo non si concluse però prima del 1952 e da allora è divenuto uno dei centri della vita culturale di Paestum. Le metope ancora oggi si possono ammirare nella loro collocazione rialzata in modo che i visitatori le vedano dalla stessa prospettiva degli antichi, ma non sono certo l’unico tesoro conservato dentro queste mura. Qui sono ospitati reperti preziosissimi tra cui altri materiali rinvenuti durante i nuovi scavi all’Heraion del Sele, ma anche la famosissima Tomba del Tuffatore scoperta nel 1968.
Secondo la leggenda il santuario di Hera alla foce del Sele trae le sue origini dal viaggio di Giasone e dei suoi argonauti alla conquista del vello d’oro. Di ritorno dalla lontana Colchide sul Mar Nero, l’equipaggio percorse fiumi come il Danubio, il Po, e il Rodano e poi scese lungo la costa tirrenica dell’Italia fino a fermarsi alla foce del Sele per dedicare un santuario alla dea Hera che proteggeva il suo viaggio. Sebbene si sapesse dell’esistenza del santuario, questo non è stato scoperto fino agli anni Trenta del XX secolo quando sono state portate alla luce del metope che sono conservate nel museo archeologico di Paestum assieme a molti altri reperti. Lungo il Sele oggi si trova invece un cosiddetto un museo narrante, una vecchia masseria restaurata dove pannelli, video, installazioni e ricostruzioni 3D raccontano la storia della scoperta e le vicende del tempio.
Tra il tempio di Hera e quello di Nettuno spicca dal 2019 questa scultura alta circa 4 metri realizzata da Mimmo Paladino. Si tratta di un intrusione contemporanea all’interno della sacralità dell’antica città che nasce da un accordo tra il parco Archeologico di Paestum e il Museo dei materiali minimi d’arte contemporanea. Questo cavallo è fatta con la sabbia che proviene dalle spiagge di Paestum e raffigura Pegaso, il cavallo alato partorito da Medusa. Lo scopo di questa stupefacente scultura è quello di offrire spunti di riflessione non solo sull’architettura antica, ma anche sulla mitologia e su come tutto ciò possa essere interpretato ancora oggi.
Qui nacque la scuola di filosofia di Parmenide e Zenone e qui ancora oggi si può toccare con mano la quotidianità di quei tempi ormai perduti nelle nebbie del tempo. La fondazione di Velia viene fatta risalire attorno al 540 avanti Cristo ad opera degli abitanti di Focea, una città dell’attuale Turchia in fuga attraverso il Mediterraneo dai persiani. La città di Velia, come è stata poi rinominata dai romani, è assolutamente suggestiva con la sua acropoli circondata da una grande cerchia di mura al cui interno si trovavano gli antichi quartieri e dove oggi spicca la magnifica Porta rossa, il più antico esempio di arco a tutto sesto in Italia
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