Un labirinto antico, sebbene sopravvissuto in forme diverse rispetto a quelle che aveva secoli fa, all’interno di una delle ville più belle della Toscana. È il labirinto di Villa Garzoni, una delle dimore storiche più affascinanti d’Italia, famosa non solo per la sua architettura imponente e il suo giardino all’italiana, ma anche per il suo dedalo, una piccola opera d’arte vivente che invita i visitatori a perdersi e ritrovarsi tra le sue siepi di bosso.
Per comprendere appieno la magia romantica di questo labirinto, di ridotte dimensioni ma di grande fascino, è fondamentale partire dalla storia di Villa Garzoni, splendida villa del Seicento che fa da spettacolare quinta architettonica al borgo di Collodi, non lontano da Pistoia, e che oggi è gestita dalla Fondazione Nazionale Carlo Collodi Edizione Nazionale delle Opere di Carlo Lorenzini, che gestisce anche il Parco di Pinocchio. Costruita dalla famiglia Garzoni, originaria di Pescia, la villa è menzionata per la prima volta nel 1633 (anche se i Garzoni possedevano il suo terreno da almeno tre secoli), quando Romano Garzoni fa progettare il primo palazzo, completo di giardino, che all’epoca era molto più piccolo di come risulta oggi. Il giardino comincia infatti ad assumere le forme attuali a partire dal 1652, quando viene allargato e assume la peculiare disposizione a terrazzamenti che conserva tuttora, una soluzione resa necessaria dal ripido pendio su cui il giardino è costruito (e in effetti la salita fino alla parte sommitale... non è delle meno faticose).
Il giardino di Villa Garzoni è uno de giardini più belli e meglio conservati della Toscana, un capolavoro di progettazione paesaggistica che ha richiesto più di due secoli per raggiungere la sua forma attuale. Il giardino è un trionfo di geometrie e prospettive, con terrazze, fontane, statue e aiuole fiorite che si susseguono in una sorta di esuberante armonia che lo rende un gioiello del tardo barocco, uno dei giardini più scenografici d’Italia. I vialetti di ghiaia conducono il visitatore attraverso una serie di terrazze ornate da statue e fontane, in un crescendo di meraviglia che culmina nella vista panoramica sulla valle sottostante. Ogni angolo del giardino è studiato per sorprendere e deliziare, con giochi d’acqua e angoli nascosti che invitano alla contemplazione. Le statue che adornano il giardino rappresentano figure mitologiche e allegoriche, ciascuna con un significato simbolico che arricchisce l’esperienza del visitatore. Le statue di Pan, dio dei boschi, e di Flora, dea dei fiori, affiancano l’ingresso del giardino, mentre più avanti, all’interno del parterre, ecco le statue di Diana e Apollo, in mezzo alle siepi di bosso. Nel grande ninfeo si possono vedere le statue di Nettuno e dei Tritoni che omaggiano la forza dell’acqua. Ma non sono solo le statue a catturare l’attenzione: le piante stesse, disposte in aiuole geometriche e potate in forme precise, sono protagoniste di questo spettacolo naturale (basterà visitare il teatro di verzura per avvedersene). La grande e lunga Scala d’Acqua, una sorta di cascata a gradini che percorre il giardino in verticale portando ai vari piani, conduce fino alla “vetta”, da cui si può godere non soltanto una vista sulla valle circostante, ma anche sul giardino dall’alto. È qui che si trova la statua della Fama, da dove fuoriesce l’acqua (dalla sua cornucopia in particolare) prima di gettarsi nella Scala.
Proprio il labirinto è uno dei luoghi più particolari di Villa Garzoni. Sappiamo che esisteva già proprio in quell’anno 1652 in cui cominciarono i lavori di ampliamento del giardino: il dedalo è menzionato nel poemetto Le pompe di Collodi, delitiosissima villa del signor cavalier Roman Garzoni scritto da Francesco Sbarra, e poi di nuovo nel 1680 nel Terrilogio di Domenico Duccini. Non sappiamo però se il labirinto nacque quell’anno, o era addirittura precedente, né sappiamo quale fosse all’epoca la sua conformazione: esiste però una planimetria, datata 1797, in cui si può notare la posizione del labirinto all’interno del giardino (ovvero al di là del bosco, nei pressi della grotta del villano, chiamata così per la presenza di una statua settecentesca che raffigura un contadino), così come la sua conformazione. Il labirinto odierno non somiglia però a quello del 1797: le siepi di bosso che lo compongono sono state infatti più volte risistemate e ristrutturate nel corso dei secoli.
Entrare in un labirinto significa, tipicamente, intraprendere un viaggio alla scoperta di sé stessi. Ogni passo porta a una nuova biforcazione, a una nuova scelta da compiere. Il labirinto è un microcosmo della vita, dove il percorso non è mai lineare e le deviazioni possono portare a scoperte inattese. Perdersi tra le sue siepi è parte del gioco, ma la vera sfida è trovare la via d’uscita, un traguardo che, una volta raggiunto, regala una soddisfazione indescrivibile. Qui però è diverso. La costruzione del labirinto rispondeva, certo, anche a un desiderio estetico, alla volontà di arricchire il giardino di Villa Garzoni con un elemento di rottura, ma al contempo era anche un “gioco” tipico dei parchi barocchi e tardobarocchi. Per tanti, infatti, il labirinto era una sorta di divertimento: serviva per trascorrere il tempo, per offrire qualche momento di svago agli ospiti. È il caso, per esempio, del Labirinto di Villa Pisani a Stra, nonostante il suo tracciato sia uno dei più complicati d’Europa. E per quello di Villa Garzoni è la stessa cosa: un labirinto per divertire. Tant’è che, originariamente, il labirinto di Villa Garzoni, collocato come detto vicino alla grotta del villano, era anche pieno di giochi d’acqua. Scherzi che coglievano di sorpresa chi entrava nel labirinto. Sopra alla statua del villano c’è infatti un’iscrizione che recita: “Terme del laberinto all’ombra fresca / le delitie romane han qui ridotte / sgorga fonte gentil tra queste grotte / che benché caldo sia molti rinfresca”. Pare ad ogni modo che il labirinto fosse un diletto soprattutto per le coppie. E ancora oggi esiste una tradizione secondo cui i fidanzati che provano a percorrere il labirinto avranno in futuro matrimonio e felice e lunga storia d’amore. Risulta poi che anche Carlo Lorenzini, il Collodi autore di Pinocchio, abbia lavorato come giardiniere a Villa Garzoni. E magari il labirinto può avergli ispirato... qualche idea per il suo racconto.
Divertimento elegante, elemento scenografico, teatro d’incontri tra amanti e fidanzati, il labirinto di Villa Garzoni non è solo un intreccio di siepi. La sua magia risiede nella sua storia, nella sua bellezza intima e appartata. La sua scala contenuta non riduce l’intensità dell’esperienza, anzi, la rende ancora più affascinante. Il labirinto diventa un piccolo universo, un microcosmo perfettamente curato, dove ogni svolta e ogni angolo sono pensati per sorprendere e deliziare. La sua compattezza invita a una riflessione più profonda, permettendo al visitatore di concentrarsi su ogni dettaglio, su ogni sfumatura di verde, su ogni cambio di direzione. Un piccolo scrigno di meraviglie in cui si scopre che non è la grandezza a definire l’avventura, ma l’attenzione con cui si vive ogni passo.
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