Una sontuosa dimora settecentesca oggi al centro di una vasta tenuta agricola, trasformata in un sontuoso resort: è Palazzo di Varignana, residenza che sorge sui colli bolognesi, non lontano da Castel San Pietro Terme, in località Varignana. Un terreno di trenta ettari con panorami sulle dolci colline emiliane che hanno ispirato generazioni di artisti almeno dal Rinascimento in poi, grandi parchi e distese di verde e, al centro, l’antica villa padronale, risalente al 1705 e anticamente nota come Palazzo Bargellini Bentivoglio: la costruzione venne infatti commissionata all’architetto Francesco Angiolini (Bologna, 1680 – 1745 circa) dal conte Orazio Bargellini, dopodiché, nel 1794, diventò residenza del conte Antonio Bentivoglio. Oggi rappresenta il cuore della ricettività del resort, con 134 camere di varie dimensioni.
La storia contemporanea del complesso, di notevole interesse storico (tanto che l’edificio compare nel catalogo del Ministero della Cultura), comincia nel 2005, quando l’imprenditore Carlo Gherardi visita per la prima volta il borgo di Varignana e ne rimane affascinato al punto da decidere un cospicuo investimento per restaurare il palazzo e farne una struttura ricettiva. “Penso che i viaggi di lavoro e il turismo siano una delle principali attività che uniscono le persone, scambiando le loro esperienze, la loro cultura, lo stile di vita, il cibo e le tradizioni... e un hotel rappresenta uno dei più importanti punti di incontro”, racconta Gherardi. “Inoltre, in particolare in America, c’è una consuetudine: se una persona è stata fortunata nella sua esistenza, ad un certo punto vuole fare qualcosa che porti i risultati di una vita di lavoro dove affondano le proprie radici, per lasciare un’eredità al futuro. Ho desiderato realizzarla a Bologna, nelle colline di Varignana, a cui nel tempo sono sempre più legato, portando valore, lavoro, attrattività, opere d’arte e manufatti provenienti dai miei viaggi. Nel 2005 decisi di restaurare Palazzo Bargellini Bentivoglio, castello di campagna, proprio per rendere omaggio a una terra bellissima, con meravigliosi colli e ricca di memoria custodita nei millenni, a partire dall’antica Roma con la sua Via Emilia e con le sue colline dove all’epoca si coltivava l’ulivo oltre che la vite. È anche qui, dunque, che risiede il senso della rinascita di Palazzo di Varignana, un progetto che parla di recupero e di rigenerazione”.
A seguito del recupero del palazzo, è stata poi intrapresa una vasta operazione di sistemazione del parco che circonda Villa Amagioia, elegante dimora acquistata nel 2008 da Gherardi e ricompresa nella tenuta: è così che, nello stesso anno, comincia la storia del giardino ornamentale, che dal 2015 fa parte della rete “Grandi Giardini Italiani”. È un giardino degno d’una reggia antica: occupa una superficie di tre ettari ed è stato progettato dal botanico e paesaggista Antonio Perazzi (Milano, 1969), che ha immaginato il parco del Palazzo in un’area dove prima c’erano solo campi. Terrazze panoramiche per godersi la vista dei colli bolognesi, fontane con giochi d’acqua, pergolati, vialetti, stanze tematiche dedicate a particolari piante (per esempio rose, ciliegi, cornioli), un parco che si pone anche finalità didattiche dal momento che le essenze vegetali sono accompagnate da didascalie. C’è anche una “collezione” di querce che annovera un centinaio di esemplari di 76 specie diverse, e cinque ulivi secolari provenienti dall’Italia del sud. Non manca l’orto giardino, che sorge a fianco del podere Rio Rosso: una rete di percorsi dedicati agli arbusti e agli alberi da frutto, molti dei quali del insoliti o esotici. E ovviamente non poteva mancare un labirinto, che in onore dell’imprenditore che ha ristrutturato il complesso si chiama “Labirinto Carlico”.
Il progetto del labirinto si deve al paesaggista Sandro Ricci, cui viene affidato il compito di unire il giardino ornamentale con il parco, di venti ettari, che si estende al di là del pergolato di meli e rose che chiudeva il giardino. Per raccordare i due spazi verdi, Ricci propone un labirinto, che riesce a progettare in appena 48 ore: una struttura dai corridoi che si dispongono secondo uno schema irregolare, ma che risulta armoniosamente collegata col resto del giardino ornamentale, dal momento che obiettivo del progetto era quello d’inserire il nuovo elemento in un contesto già compiuto, sobrio e delicato. Ne risulta quindi un labirinto che ben s’adatta al contesto del giardino e che trova la sua originalità nella sovrapposizione delle siepi che formano i corridoi al frutteto che si trovava in precedenza sullo spazio dov’è sorto il labirinto. Il disegno del dedalo ingloba gli alberi da frutto preesistenti, che dunque non vengono trasferiti altrove, ma lasciati esattamente dove sono (è Ricci dunque che crea il labirinto seguendo l’esistente).
Alberi di pere, mandorle e cachi a cui viene sovrapposta una siepe di ilatro sottile (phillyrea angustifolia delle oleacee), pianta sempreverde tipica delle coste tirreniche e, più in generale, della macchia mediterranea, con le foglie simili a quelle dell’ulivo, ma dal quale si differenzia per il suo portamento cespuglioso, che la rende pianta particolarmente adatta a essere coltivata in siepi. L’ilatro fu scelto da Ricci escludendo alcune essenze tipiche dei labirinti: il carpino no, perché si optò per una pianta sempreverde. Il bosso no, perché si voleva evitare il rischio della piralide del bosso, lepidottero che si nutre di quest’essenza. Il tasso no, per via della sua tendenza a crescere lentamente. L’ilatro venne scelto poi anche per la sua facilità di manutenzione (è infatti pianta che, vivendo in ambienti poco piovosi, non necessita di molta acqua), e per la sua robustezza, oltre che per la sua gradevolezza estetica.
Il Labirinto Carlico è stato inaugurato nel luglio del 2015, in occasione dell’ingresso di Palazzo di Varignana nella rete Grandi Giardini Italiani (all’apertura del dedalo partecipò anche l’allora presidente Judith Wade). Nello stesso anno veniva progettato, sempre da Sandro Ricci, l’Anfiteatro sul Lago, il più recente tassello dell’operazione di Carlo Gherardi: un’area abbandonata della tenuta è stata trasformata in una sede per eventi con la struttura simile a quella dei teatri romani, quindi a semicerchio, con cinque gradinate di arenaria locale idonee a ospitare oltre 250 spettatori. Ogni estate, l’Anfiteatro sul Lago si anima quindi con una vivace stagione di concerti.
Il giardino, e con esso il labirinto, non sono una prerogativa degli ospiti della struttura ricettiva: lo si può visitare, a pagamento, se ci si reca almeno in due persone. Una serie di offerte estende poi l’esperienza includendo, degustazioni di vini e oli prodotti dall’azienda agricola di Palazzo di Varignana, aperta nel 2015, oppure un pranzo e la visita alla cantina presso il ristorante della struttura. Con il biglietto è inoltre possibile visitare anche la raccolta d’arte di Palazzo di Varignana (presenti opere di Igor Mitoraj, Quinto Ghermandi e altri) e vedere il mosaico claternate, opera romana della seconda metà del I secolo avanti Cristo, rinvenuta nel 1898 e proveniente da una domus dell’antica città romana di Claterna, situata sulla via Emilia tra Bologna e Imola. Sempre che si riesca a trovare l’uscita dal labirinto!
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