La Majella, maestosa e aspra montagna nel cuore dell’Abruzzo, custodisce luoghi di culto secolari, incastonati nella natura incontaminata del suo Parco Nazionale che con una superficie di oltre 740 chilometri quadrati, offre paesaggi spettacolari, ricchi di biodiversità e storia. Essi rappresentano una testimonianza storica e un tesoro di spiritualità per chiunque vi si avvicini. La presenza dei celestiniani nella Majella risale all’XI secolo, quando uomini di fede provenienti da diverse parti del mondo arrivarono in questa regione alla ricerca di un luogo remoto e silenzioso, ove dedicarsi completamente e pienamente alla preghiera e alla meditazione. Fu proprio Pietro del Morrone, il futuro papa Celestino V, a dare inizio a questa tradizione eremitica nella Majella: prima di fondare l’eremo di Sant’Onofrio al Morrone, visse per un periodo proprio in isolamento all’interno di una caverna sul Monte Morrone. Da tale momento in poi, furono moltissimi gli eremiti a unirsi alla comunità celestiniana nella Majella, fondando nuovi eremi e diffondendo la loro spiritualità in tutta la regione. Uomini di estrema fede, questi, che dedicarono tutta la loro vita alla preghiera, alla meditazione e all’ascesi, trovando in questi luoghi isolati dal mondo, il rifugio ideale per avvicinarsi a Dio. In questo articolo, esploreremo i principali eremi celestiniani della Majella, scoprendo le loro storie, le meraviglie che racchiudono e l’impatto che hanno avuto sulla vita degli eremiti che li hanno abitati.
Situato sulla cima del Monte Morrone, su di una sporgenza rocciosa, l’eremo di Sant’Onofrio al Morrone rappresenta uno dei luoghi più significativi della tradizione celestiniana nella Majella. Questo eremo, restaurato da Celestino V, si trova in una posizione panoramica mozzafiato e offre una vista spettacolare sulla città di Sulmona e sull’Abbazia di Santo Spirito. L’eremo di Sant’Onofrio al Morrone, scavato nella roccia e integrato armoniosamente con l’ambiente circostante, è spesso paragonato a un immenso nido d’aquila che domina la vallata, in cui al suo interno, si può ritrovare un luogo di pace e riflessione. Passando dall’oratorio con affreschi duecenteschi, si arriva alle celle utilizzate dal futuro papa e da Roberto da Salle, uno dei suoi più fedeli e giovani discepoli. Passeggiando per soli cinque minuti in discesa si potrà invece ammirare il santuario italico di Ercole Curino e il sacello decorato con pitture e mosaici policromi di tipo ellenistico.
Situato nel comune di Roccamorice, l’eremo di San Bartolomeo in Legio è una straordinaria opera d’arte scolpita nella roccia. Questo eremo, risalente al XIII secolo, offre una vista suggestiva di un luogo austero e maestoso e per raggiungerlo è necessario percorrere un sentiero che conduce alle scalette d’ingresso, scavate nella roccia stessa. All’interno dell’eremo di San Bartolomeo in Legio, si possono ammirare affreschi medievali che raffigurano scene religiose e santi venerati dalla comunità celestiniana. L’architettura degli eremi celestiniani riflette il loro scopo, con semplici edifici in pietra che si fondono armoniosamente con l’ambiente circostante e ognuno di essi possiede una cappella o una chiesa che ospita affreschi e opere d’arte religiosa di grande valore. Anche questo luogo fu frequentato dal “Papa del gran rifiuto” dalla metà del XIII e ancora oggi si possono scorgere la Scala Santa e la celletta eremitica dove il papa dimorò.
Situato nel Vallone di Santo Spirito, l’eremo di Santo Spirito a Majella rappresenta una tappa importante sul Sentiero dello Spirito. Le prime tracce documentate risalgono alla presenza di Desiderio, nel 1053, che scelse di dimorarvi in compagnia di altri eremiti e, con il passare del tempo, fu proprio Desiderio a dirigere la costruzione di una modesta chiesetta, gettando le basi per ciò che sarebbe divenuto un importante centro di spiritualità. Tuttavia, la vera trasformazione avvenne nel 1246, quando Pietro da Morrone, con uno sguardo critico alle condizioni precarie della struttura, si dedicò al compito di ristrutturazione. Quell’anno segnò l’inizio dei lavori per l’oratorio, un luogo sacro di preghiera, e l’aggiunta di una modesta celletta, dove la spiritualità avrebbe potuto fiorire indisturbata. Da questo momento in poi, furono moltissime le leggende legate al luogo, molte delle quali ruotano attorno alla figura enigmatica di Pietro da Morrone. Si narra di incontri con forze demoniache, di atti sacrileghi che profanavano il luogo sacro e delle conseguenti punizioni. Forse fu anche grazie ad esse che l’eremo attirò l’attenzione del celebre poeta Petrarca, che lo menzionò nel suo De vita solitaria. In quest’opera, l’eremo venne descritto come un luogo di solitudine propizio per l’ascesi spirituale, un rifugio in cui l’anima poteva trovare la pace e la connessione con il divino.
L’Abbazia di San Martino in Valle, situata presso il paese di Fara San Martino, rappresenta uno dei luoghi celestiniani più antichi e suggestivi della Majella. Questa antica abbazia benedettina, costruita nel IX secolo, è stata recentemente restaurata e aperta al pubblico e si trova all’imbocco del Vallone di Fara ed è raggiungibile attraverso un percorso che conduce alle spettacolari Gole di San Martino. L’interno della chiesa, dalla pavimentazione a lastre di pietra, doveva presentarsi su tre navate con un muro a tre arcate che separava la navata centrale da quella settentrionale dalla quale si accedeva e che doveva essere, molto probabilmente, il nucleo centrale scavato nella roccia in cui sorgeva l’eremo in passato.
Situato sul Sentiero dello Spirito, l’eremo di San Giovanni all’Orfento rappresenta un altro gioiello celestiniano nella Majella. Questo eremo, costruito all’interno di una grotta, regala una sensazione di mistero e sacralità a chiunque lo visiti. Per accedere all’eremo, è necessario strisciare sulla pancia per alcuni metri, un gesto simbolico che richiama l’umiltà e la devozione degli eremiti che vi abitarono. Celestino V visse qui per quasi nove anni, con dei suoi discepoli e questo, fra tutti, fu il suo eremo preferito
Incastonato sul Monte Porrara a quasi 1300 metri di quota, l’eremo celestiniano della Madonna dell’Altare venne costruito dai celestini agli inizi del 1300 in memoria della prima residenza eremitica di Pietro da Morrone tra il 1235 e il 1238. Il suo essere stato costruito su una rupe rende l’accesso complicatissimo, tanto da renderlo quasi una roccaforte. Ad oggi non ci è dato sapere il significato della dedicazione del santuario alla Madonna dell’Altare, ma verosimilmente il titolo potrebbe derivare dalla morfologia del luogo che ricorda la forma di un altare. Una particolare occasione per visitare il santuario, potrebbe essere la domenica dopo il Ferragosto, in occasione della festa di San Falco, che fu eremita ed esorcista e il cui corpo è conservato nella chiesa parrocchiale. In questa giornata si tiene una funzione liturgica in onore del Santo, noto come “santo degli Indemoniati”.
Nato come eremo a ridosso di un lago, San Domenico Abate è oggi una cappella con una grotta in cui il santo dimorò intorno al XI secolo. La storia della piccola chiesa di Villalago iniziò, molto probabilmente, come una modesta struttura destinata a ospitare la vita comunitaria e monastica, che con il tempo divenne un centro di spiritualità e devozione, dove le persone si radunavano per pregare e meditare. Oggi si racconta che, nell’anno Mille, San Domenico Abate scavò personalmente una grotta con le sue mani, situata nella regione di Foligno. Quest’uomo nacque nel 951 a Foligno e dedicò molti anni della sua vita all’eremitaggio e alla meditazione, trovando rifugio in quella stessa grotta, ora conosciuta come Grotta di San Domenico. Grazie alla sua santità e ai miracoli che gli furono attribuiti, divenne una figura rispettata e venerata dalle popolazioni circostanti.
L’Eremo di Sant’Onofrio di Serramonacesca è situato sotto una sporgenza rocciosa e si compone di una chiesa e una parte abitativa su due livelli e la chiesa, ricostruita nel 1948, ospita una statua di Sant’Onofrio sopra l’altare, con barba e capelli bianchi. Attraverso piccole porte ai lati dell’altare si accede a un ambiente scavato nella roccia che contiene la Culla di Sant’Onofrio: un giaciglio scavato nella roccia che si pensa sia stato il luogo di riposo del santo. La grotta potrebbe essere stata inizialmente un luogo di ritiro e preghiera, successivamente utilizzato per attività agro-pastorali. La sera dell’11 giugno, gli abitanti di Serramonacesca espongono una croce illuminata chiamata “Fuoco di Sant’Onofrio”, e il 12 mattina, in occasione della festa del santo, si dirigono all’eremo per partecipare alla messa e alla processione con una copia della statua di Sant’Onofrio. Secondo la leggenda essa, in passato, tornò all’eremo da sola.
L’eremo di San Venanzio si trova all’interno di un paesaggio decisamente scenografico, dentro alle gole di San Venanzio, non lontano dal borg di Raiano. Venne fondato nel XII secolo nel luogo in cui il santo era solito ritirarsi. Il complesso è costituito da una chiesa, del XV-XVI secolo, e dall’eremo propriamente detto, dove abitò il santo. La chiesa, coperta con una volta a botte, ospita una statua di san Giovanni Battista e una di san Celestino. Da vedere, nella cappella delle Sette Marie, il compianto in terracotta risalente al 1510.
Noto anche come “Grotta Sant’Angelo”, si trova nel territorio comunale di Palombaro, in provincia di Chieti. Non sappiamo con esattezza quando venne costruito (forse nell’XI secolo, sui resti di un precedente santuario dedicato a santa Bona): il primo documento che attesta la sua esistenza risale al 1221. L’eremo è scavato nella roccia, e alla parete rocciosa è stata addossata un’architettura, quella della chiesa, di cui oggi rimangono un paio di muri e l’abside semicircolare, decorato con archetti pensili.
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