La figura mitologica della Gorgone ha radici antiche. Il suo termine deriva dal greco antico gorgós, che significa terribile o anche orribile. Secondo Esiodo, nella sua Teogonia le tre Gorgoni sono figlie di Forco e di Ceto. Rappresentate con aspetto terrificante, hanno ali dorati, zanne di cinghiale, serpenti al posto dei capelli e lo sguardo pietrificante. Esse incarnano la depravazione nelle loro tre molteplici forme: Medusa è l’unica mortale e simboleggia la perversione intellettuale, Steno la perversione morale e Euriale rappresenta la perversione sessuale. Gli scrittori antichi localizzano il soggiorno delle tre creature nell’estremo occidente, vicino al regno dei morti.
Gianni Versace, celebre stilista italiano di origini calabresi, ha tratto ispirazione dalla figura di Gorgone riprodotta nei mosaici greco-romani rinvenuti in Calabria per creare uno dei marchi più riconoscibili e iconici nel mondo della moda. Versace ha utilizzato l’immagine della creatura come simbolo del suo marchio con il volto di Medusa stilizzato. La sua scelta non è infatti casuale: l’immagine della Gorgone simboleggia potenza, bellezza e mistero; elementi che Versace ha saputo incarnare nella sua estetica e nella sua visione della moda. Il logo di Versace, con il volto di Medusa è diventato un’icona nel mondo della moda e un simbolo di lusso. La scelta di associare il brand ad una figura mitologica così potente ha contribuito a definire l’identità unica di Versace e a differenziarlo dai suoi concorrenti. L’uso della Gorgone come simbolo di bellezza e forza ha reso il marchio Versace immediatamente riconoscibile e ha contribuito al suo successo duraturo nel settore della moda. Ancora oggi la figura della Gorgone continua a esercitare un fascino indelebile sull’immaginario collettivo, sia come simbolo di paura e potere che di bellezza e mistero. Partendo quindi da Gianni Versace e dalla sua ricerca, ecco 10 volti della Medusa e dove poterla incontrare nei diversi musei d’Italia.
Il Grande Gorgoneion, attualmente custodito nel Parco Archeologico Naxos Taormina, è stato scoperto in diverse fasi durante gli scavi dal 1977 al 1987 e nel 1991, nel santuario situato a ovest del torrente Santa Venera. I frammenti sono stati trovati dispersi su un’ampia area, sepolti in luoghi piuttosto distanti tra loro. Il diametro ricostruibile della lastra è di circa 1,12 metri. Le dimensioni, l’assenza di tracce di mattoni sul retro e la presenza di un foro per il chiodo di fissaggio suggeriscono che potrebbe trattarsi di un rilievo: un antepagmentum (placca frontonale) posizionato all’interno dello spazio triangolare del timpano del tempio, simile al grande Gorgoneion del tempio C di Selinunte. Particolarmente singolare e senza confronti è il groviglio di spire di serpenti, verosimilmente completati con teste in bronzo, come suggeriscono i fori praticati nella parte superiore degli avvolgimenti. I tondi riccioli assomigliano molto a quelli della Gorgone presente nella lastra siracusana dell’Athenaion. La barba fluente presenta numerosi punti in comune con quella della Gorgone dipinta su una delle metope di Thermon. In generale, questa figura sembra confrontabile con alcune rappresentazioni del mostro dipinte su vasi corinzi antichi e medi, intorno al 580 a.C.
La terracotta, in passato parte dell’Athenaion, il tempio di Atena, di Siracusa in Sicilia e ora conservata nel Museo archeologico di Siracusa Paolo Orsi, raffigura la Gorgone seguendo lo schema iconografico corinzio, comune nelle rappresentazioni arcaiche del mito. Il volto mostra una grande bocca a mezzaluna con zanne ai lati, lingua che penzola sul mento, occhi sgranati e capelli ricciuti sulla fronte, lunghi fino alle spalle. Il viso è sempre rappresentato frontalmente, mentre il corpo, tozzo e con due ali, assume la postura di una corsa in ginocchio. Sotto il braccio tiene Pegaso o Crisaore, cavalli alati nati dal suo corpo. Secondo la visione di Graves, Medusa simboleggerebbe la società matriarcale, soppiantata con la sua decapitazione, dalla patriarcale personificata da Perseo. La maschera di Medusa aveva la funzione di allontanare gli uomini dalle cerimonie sacre e dai misteri riservati alle donne, celebranti la triplice dea Luna. Gli orfici, inoltre, chiamavano la luna piena “testa di Gorgone” e le ragazze vergini indossavano la maschera per respingere il desiderio degli uomini. Questa dualità rivelerebbe la soggezione e il fascino del sesso maschile verso la donna, accentuato dalla divinità ancestrale della Dea Madre, i cui riti erano celati dietro il volto di Medusa.
Selinunte, la più estrema delle colonie greche di Sicilia, potrebbe essere stata fondata nel 651 a.C., l’anno 125 dalla prima Olimpiade (secondo la data di Diodoro di Sicilia), da coloni megaresi provenienti sia da Megara Hyblaea, in Sicilia, che dalla madrepatria Megara Nysea, in Grecia, sotto la guida dell’ecista Pammilo. All’interno del suo parco archeologico si trovava il tempio C il quale faceva parte di una serie di templi eretti a Selinunte alla fine del VI secolo a.C. Le sue metope, piastrelle quadrate posizionate sulla parte superiore dei lati del tempio, erano adornate con sculture. In una metopa, è raffigurata la scena in cui Perseo decapita la Gorgone con Atena al suo fianco, mentre da Medusa nasce Pegaso, il cavallo alato. Nella seconda metopa invece, Eracle rapisce i Kerkopes, demoni minori che infestavano i dintorni di Efeso, legandoli e appendendoli a un palo. Le sculture furono rinvenute durante gli scavi nel 1822. Oggi, gli imponenti resti del tempio sono ancora visibili a Selinunte, mentre ad oggi la metopa della Medusa è conservata presso il Museo Archeologico Antonio Salinas di Palermo.
L’Antefissa a volto di Gorgone, attualmente conservata presso il Museo Archeologico Nazionale MArTA di Taranto, rappresenta un notevole esempio di arte iconografica del IV secolo a.C. Questo pezzo unico è realizzato in terracotta policroma e si distingue per la sua forma semiellittica, raffigurante il volto della Gorgone. Ciocche anguiformi adornano la figura, disposte a raggiera intorno al viso, mentre due serpenti si incurvano in direzione del collo. A differenza degli esemplari di età arcaica, l’espressione del volto della Gorgone in questa antefissa non incute timore, ma appare piuttosto serena e composta. Le dimensioni di questa opera sono di 21,3 cm in altezza e 26 cm in larghezza. Le antefisse erano elementi architettonici utilizzati nell’antica Grecia e in altre civiltà mediterranee. Poste sulle estremità dei tetti dei templi e degli edifici, avevano la funzione di decorare e proteggere, spesso rappresentando figure mitologiche o simboli religiosi. Nel caso specifico dell’antefissa, la raffigurazione della Gorgone sottolinea l’uso di elementi mitologici nell’arte dell’architettura dell’epoca.
La sezione dedicata ai mosaici del Museo Archeologico Nazionale di Napoli (MANN) espone esemplari unici al mondo provenienti dalle dimore private di Pompei, Ercolano e altri siti della Campania. La raccolta del museo testimonia il gusto e la maestria raggiunti in quest’arte, offrendo uno sguardo sulle tecniche e i soggetti più diffusi in un periodo che va dal II secolo a.C. al I secolo d.C. Tra queste opere, si distingue il Mosaico di Medusa che decorava la casa del Citarista a Pompei. Questo grande mosaico, con una superficie di circa due metri per due, costituiva la decorazione pavimentale in opus tessellatum della domus pompeiana. La casa raggiunse l’estensione che vediamo oggi nel I secolo a.C. e deve il suo nome al ritrovamento di una statua in bronzo di Apollo che suona la cetra. Appartenuta a membri della potentissima famiglia dei Popidii, come suggerito dai graffiti e dalle iscrizioni elettorali rinvenute nella casa, essa offre un prezioso spaccato della vita e della cultura dell’antica Pompei.
Nei quattro piani di Palazzo Massimo a Roma si possono ammirare alcuni dei più grandi capolavori dell’intera produzione artistica del mondo romano, tra cui sculture, rilievi, affreschi, mosaici, stucchi e sarcofagi. Queste opere, insieme a tutto il patrimonio del Museo Nazionale Romano, provengono dagli scavi condotti a Roma e nel territorio circostante a partire dal 1870. Uno dei reperti più straordinari conservati in questo museo è il Mosaico con la testa di Medusa. Raffigurata in un grande clipeo a squame bipartite bianche e nere, Medusa, una delle tre Gorgoni, è il mostro con i capelli di serpente che pietrificava chiunque la guardasse. Perseo riuscì a decapitarla grazie all’aiuto di Atena, a cui donò la testa tagliata, visibile al centro dell’egida nelle rappresentazioni della dea. Il mosaico è ulteriormente valorizzato da una cornice ornata con un motivo a mensole prospettiche e quattro riempitivi angolari decorati con elementi vegetali e uccelli intenti a beccare ciliegie. Quest’opera, datata alla fine del I secolo o alla metà del II secolo d.C., offre uno straordinario esempio della maestria artistica dell’epoca romana.
Nel 1545, venne commissionata a Benvenuto Cellini la creazione del Perseo con la testa di Medusa, un monumentale gruppo scultoreo in bronzo alta oltre 5 metri. Quest’opera raffigura l’eroe mitologico Perseo, celebre per aver sconfitto la Medusa. La figura dell’eroe si alza sopra il busto mutilato di Medusa, il cui corpo appare abbandonato ai suoi piedi. Con la mano destra sorregge una spada, appena utilizzata per decapitare la Gorgone, mentre con la sinistra alza la testa mozzata, aggrappandola per i serpenti che costituivano i capelli della creatura. Completata nel 1554 dopo nove anni di strenuo lavoro, la statua trova ancora oggi la sua sede nella Loggia dei Lanzi, in Piazza della Signoria a Firenze. La scultura di Cellini si distingue anche per la sua maestria tecnica: la figura unica di Perseo fu fusa in un’unica colata, rompendo con la pratica del Quattrocento che prevedeva la fusione di pezzi separati poi saldati. Il corpo decapitato della Medusa, la testa mozzata della Gorgone e la spada impugnata dall’eroe furono fusi separatamente e successivamente uniti alla figura principale di Perseo. Tale approccio evidenzia il virtuosismo tecnico di Cellini, sottolineando il suo straordinario contributo alla scultura rinascimentale.
Il dipinto noto come Lo Scudo con testa di Medusa, realizzato nel 1598, è un’opera ad olio su tela custodita nella prestigiosa Galleria degli Uffizi a Firenze. Nell’opera Caravaggio (Milano, 1571 – Porto Ercole, 1610) si distinse non tanto per la raffigurazione di Perseo che uccide Medusa, bensì per la rappresentazione della testa di Medusa appena mozzata, sanguinante e dagli occhi spalancati. Gli studiosi ritengono che Caravaggio si sia avvicinato al tema della Medusa per rispondere a una precisa richiesta culturale dell’epoca. La figura mitologica della Medusa godeva di grande apprezzamento nella cerchia della famiglia fiorentina de’ Medici e, tra gli umanisti, la testa della Gorgone era simbolo di Prudenza e Sapienza. Questa simbologia era ampiamente diffusa nei trattati d’arte del periodo. Ludovico Dolce, nel suo Dialogo dei colori del 1565, sottolineava che la figura di Medusa rappresentava la Prudenza, acquisita attraverso la Sapienza. Regalare un’opera che raffigurasse la Medusa era quindi considerato di buon auspicio, in quanto simboleggiava l’acquisizione della Prudenza tramite la Sapienza.
La scultura della Medusa, realizzata da Gian Lorenzo Bernini (Napoli, 1598 – Roma, 1680), costituisce un’interpretazione umanizzata e fortemente espressiva della leggendaria figura mitologica. L’opera è custodita nei Musei Capitolini a Roma e fu realizzata nel periodo tra il 1644-1648. Secondo il racconto di Ovidio, la Medusa possedeva il potere di pietrificare chiunque incrociasse il suo sguardo. Bernini scolpisce quindi un ritratto della Gorgone, non come una testa troncata, ma come un busto, catturando l’istante transitorio della sua metamorfosi. La scena ritrae la creatura che si osserva in uno specchio immaginario, colta nel momento in cui, con evidente dolore e angoscia, prende coscienza della sua trasformazione in marmo. Secondo l’interpretazione di Patrick Haughey nel suo nel suo Bernini’s “Medusa” and the History of Art, la scultura esprime il dolore causato dai morsi dei serpenti e dalla conseguente metamorfosi in un mostro. Al contrario, Irving Lavin suggerisce che il volto di Medusa rifletta una sofferenza morale legata alla contemplazione della sua condizione. Lavin in questo va oltre, proponendo di considerare la scultura come un metaforico autoritratto dello scultore Bernini, offrendo una prospettiva unica sulla dimensione personale e riflessiva dell’artista nell’opera.
La scultura del Perseo Trionfante nei Musei Vaticani a Roma, realizzata da Antonio Canova (Possagno, 1757 – Venezia 1822) tra il 1797 e il 1801, raffigura l’eroe trionfante dopo aver mozzato la testa di Medusa, una delle Gorgoni. Perseo è caratterizzato da un copricapo alato, i sandali di Mercurio e il falcetto donatogli per decapitare Medusa. L’opera fu inizialmente destinata al tribuno Onorato Duveyriez e successivamente ceduta alla Repubblica Cisalpina per il Foro Bonaparte di Milano. Acquistata poi da Pio VII, fu collocata sul piedistallo dell’Apollo del Belvedere seguendo il Trattato di Tolentino. La statua del Perseo Trionfante per analisi, proporzioni e carica espressiva si ispira alla celebre statua dell’Apollo del Belvedere, databile entro la metà del II secolo d.C. Canova, utilizzando questa fonte di ispirazione, creò una scultura nuova nello stile ma che si avvicinasse all’Apollo, richiamando la postura della statua nel processo creativo. Nel 1804-1806, su commissione della contessa polacca Waleria Strynowska Tarnowska, Canova realizzò una seconda versione della scultura, oggi custodita presso il Metropolitan Museum di New York. Il gesso di questa opera viene conservato oggi presso la Gipsoteca canoviana di Possagno, in provincia di Treviso.
L'autrice di questo articolo: Noemi Capoccia
Originaria di Lecce, classe 1995, ha conseguito la laurea presso l'Accademia di Belle Arti di Carrara nel 2021. Le sue passioni sono l'arte antica e l'archeologia. Dal 2024 lavora in Finestre sull'Arte.