Milano, città dell’arte, della moda, del design si evolve anticipando, fermando il momento e valorizzandolo, mettendo in mostra forme nuove che la creatività ha sprigionato in questa terra o che questa città ha accolto apprezzandone il valore. Città cosmopolita, capitale dell’arte contemporanea e del design, luogo in cui tutti arrivano per trovare il proprio mecenate o dove provare a dare vita al proprio estro sapendo che non si sarà canzonati ma ascoltati con attenzione. O dove i capitani d’industria, quella vera, quella della manifattura, ma anche quella più leggera, partecipano allo sviluppo della città per dare nuova vita a spazi e volumi che nel recente passato ne avevano fatto il lavoro primario, tutto in orizzontale con catene di montaggio, soppiantato oggi dal lavoro in verticali uffici a vetri-specchio. Una città in grado di fare questo è una città viva, che non si ferma alla ritrita litania delle bellezze del passato da tenere sotto teca. Sa andare avanti, non le basta il passato (seppur stupendo e magnifico come lo abbiamo in Italia) e guarda l’arte con lo sguardo al futuro, e lo riesce a rendere fruibile. È incredibile la quantità di luoghi dove poter visitare arte contemporanea o conoscere l’evoluzione del design in ogni sua forma. Questa è una Milano che coniuga la sue molte facce rendendola terreno fertile per qualsiasi aspirazione. Una città sempre moderna in ogni tempo. Oggi proponiamo la Milano capitale del design con 10 luoghi da visitare in un itinerario di grande fascino.
Il design italiano, che ha fatto la storia nel mondo, ha la sua casa alla Triennale di Milano, all’interno della prestigiosa istituzione culturale che dal (1923 a Monza) 1933 a Milano è punto di riferimento internazionale per l’arte contemporanea in ogni suo campo. Da alcuni anni infatti la Triennale ha deciso di rendere stabile, con il Museo del Design Italiano, una collezione che in maniera quasi monumentale mostra quanti e quali oggetti abbiano avuto forme e concezioni innovative nella vita sociale, industriale e culturale della seconda metà del Novecento: 1600 oggetti che rappresentano icone del nostro tempo, dall’oggettistica per la casa a quelli di uso pubblico, che hanno spesso segnato il successo economico per aziende lanciandoli sul mercato con questo valore aggiunto. Ogni oggetto, ogni installazione, è associato al designer e alla storia che ha generato (dalla scelta dei nuovi materiali alle nuove forme fino ai nuovi modi di utilizzo) dando conto, quindi, dell’effetto che l’innovazione porta nel mondo reale. Per essendo permanente, la collezione subisce ogni anno una rivisitazione nell’esposizione in base a temi (dalla progettazione alla produzione) o ispirazioni del momento per guardare con sguardo sempre diverso gli oggetti in mostra e approfondirne quindi la conoscenza. Il museo si trova al piano terra del Palazzo dell’ Arte (con 12mila mq di spazi) che fu realizzato dall’architetto Giovanni Muzio grazie a una donazione di uno dei tanti borghesi illuminati della Milano amante della cultura. La Triennale, la sua sede, il Museo del Design Italiano e tutto quanto altro all’interno fanno compiere un viaggio nel contemporaneo difficilmente replicabile in altri contesti analoghi in altre parti del mondo. Si affaccia su Parco Sempione e ha un ristorante sulla terrazza: è un luogo vivo.
Dal maggio 2021 a Milano ha aperto l’ADI Design Museum, museo che ospita la Collezione storica Compasso d’Oro (il premio istituito nel 1954 da Gio Ponti per dare un riconoscimento alle opere di pregio per il proprio design) ricavando i suoi spazi dal recupero di un capannone di una società elettrica. L’ADI-Associazione per il Disegno Industriale, attraverso una Fondazione creata ad hoc nel 2001, mette in mostra così negli oltre 5100 mq di spazi valorizzati (nella migliore ottica di archeologia industriale) il patrimonio accumulato nei decenni dal Premio nella mostra permanente Il cucchiaio e la città composta da più di 2500 oggetti di design, tra cui tutti i vincitori del Compasso d’Oro, riconosciuta dal Ministero dei Beni Culturali come bene di eccezionale interesse artistico e storico. Ci sono le mostre di approfondimento multitemporale in dialogo con il cuore del Museo che è il repertorio degli oggetti vincenti il premio Compasso d’Oro: una carrellata di tutto quanto ha fatto moda e mercato in 70 esemplari tutti originali, dalla Fiat 500 allo scarpone da sci Dolomite al mulinello da pesca Atlantic, allo spremi agrumi alla seggiola della scuola (è propro quella!), dalla Olivetti Lettera 22 (che usava Montanelli per scrivere quando faceva l’inviato) allo scolapiatti, alle lampade, alle caffettiere, al tir. Il meglio del genio di architetti e progettisti messi insieme a fare la storia della nostra società. La lungimiranza di Gio Ponti ci consente oggi di viaggiare nella società che cambia attraverso gli oggetti che la costituiscono. Questo inestimabile patrimonio si trova qui valorizzato all’ennesima potenza in continuo dialogo con la parte più multiculturale della città e con il respiro internazionale che Milano ha tutt’ora.
Qui parliamo di un uomo che con una idea e una matita ha esplorato ogni angolo della dimensione dello spazio. Achille Castiglioni lavora in quello studio al numero 27 di Piazza Castello che oggi è un museo grazie alla Fondazione che porta il suo nome per promuovere e diffondere le sue opere che qui ritroviamo in schizzi o prototipi, appoggiati alla libreria. Uno dei più grandi designer italiani, che ha vinto 9 Compassi d’Oro (dallo spillatore di birra alla cuffia per traduzioni simultanee, dal letto di ospedale alle posate: si pensi che il MoMa ospita 14 sue opere, e lo stesso dicasi per decine di altri musei), firmando prodotti di largo consumo o opere architettoniche ed urbanistiche. La visita nello studio-museo fa comprendere l’attenzione dell’artista prima di arrivare al lavoro finito, un percorso fatto di documentazione, prove e sperimentazioni fino al gusto dell’innovativo.
“Io ho scelto di fare l’architetto, non il manager. Vedi il mio studio: fa ridere. Ma ho progettato cose importanti”. Sintetizza così il suo rapporto con le stanze che sono state il suo studio di lavoro per tutta la vita Vico Magistretti: autore di grandiosi edifici eppure capace di lavorare in meno di 80 mq con un bagno senza acqua calda. Oggi quello studio nell’edificio progettato da suo padre Pier Giulio nel 1933 all’angolo con via Conservatorio e via Bellini è un museo. Da qui progettava la Milano della ricostruzione o lampadari o il divano. La Fondazione Studio Museo Vico Magistretti ospita periodicamente mostre di design e architettura nel segno del grande architetto milanese che fu tra quelli che mise le mani in quello che doveva essere il ‘nuovo’ quartiere ‘moderno’ della città, il QT8, ma anche lo stesso del complesso di piazza San Marco con negozi, appartamenti e uffici, o ancora la Torre al Parco, realizzata tra il 1953 e il 1956, edificio simbolo della modernità di quegli anni.
Camparino? La Galleria Campari è il connubio di quanto ha generato nell’immaginario collettivo una bevanda che grazie a cinema e azzeccatissime promozioni pubblicitarie è diventato il drink per eccellenza nel corso della storia dei suoi 150 anni, ripercorrendo i quali si vede a carrellate l’Italia che cambia. Il cuore è una miscela all’interno di una bottiglia, tutt’attorno è il mondo che si è creato: la Galleria espone sì i vari tipi di bottiglia che si sono alternati sul mercato, ma anche gli accessori e gli strumenti che servono o sono serviti per crearlo e per servirlo, miscelarlo e abbinarlo ad altro. Il tutto (un museo aziendale, interattivo e multimediale, da 1000 mq su due piani ai piedi del quartier generale della Società a Sesto San Giovanni ad opera di Mario Botta e Giancarlo Marzorati) in un ambiente con iconiche installazione che ricordano le pubblicità dell’epoca (3500 esemplari originali) o momenti salienti della storia d’Italia o del jetset internazionale. E con l’offerta della storia che c’era dietro a quei drink, con la realizzazione di un magazine che offre in uno stile vintage segreti, aneddoti e ricette vere per il mondo dell’aperitivo. Di cui Milano è stata capitale.
Al centro di un grande parco in piena città a Milano, in via Mozart al numero 14, troviamo un pezzo della storia milanese del Novecento: Villa Necchi Campiglio. Le sorelle Nedda e Gigina Necchi insieme ad Angelo Campiglio, marito di Gigina, fecero costruire la loro casa negli anni Trenta da uno dei maggiori architetti dell’epoca: Piero Portaluppi. Quella che doveva essere la casa milanese dei Necchi Campiglio, di una facoltosa borghesia industriale, originari di Pavia, divenne l’occasione per Portaluppi di sperimentare soluzioni architettoniche ed impiantistiche avveniristiche per l’epoca con i primi esempi di piscina (con acqua riscaldata) e campo da tennis, porte blindate a scomparsa che sigillavano la casa con un pulsante alzandosi dal pavimento, ascensore, montacarichi, citofoni e telefoni. Moderna sì, ma anche estremamente elegante e raffinata, curata in ogni dettaglio anche nell’arredamento tutt’ora perfettamente conservato. Ci si estranea dalla Milano anni Duemila e ci si tuffa nella Milano in stile razionalista del secolo scorso. Arricchita negli anni da collezioni di quadri e arredi di artisti come Giacomo Balla, Umberto Boccioni, Giorgio de Chirico, Giorgio Morandi, Mario Sironi, Adolfo Wildt, Canaletto Giovanni Battista Tiepolo, le collezioni di Claudia Gian Ferrari, Alighiero ed Emilietta De’ Micheli e Guido Sforni, è un luogo che oggi si può visitare in quanto, non avendo figli, Gigina lo donò al Fai e oggi è una casa museo. Un gioiello.
Kartell, checché se ne possa pensare, è un’azienda italiana, nata in provincia di Milano, non in Olanda, che ha collezionato negli anni 7 Compassi d’oro ma sopratutto l’apprezzamento di un pubblico sempre più vasto e non si identificasse più nell’élite. Tutti abbiamo in mente la sedia Luis Ghost (vendute in oltre un milione di esemplari) che con la sua disarmante semplicità di plastica trasparente è di una comodità sorprendente. A cui unisce eleganza e raffinatezza. Sono oggetti come questi, che racchiudono in sé aggettivi di questo tipo, che hanno resa iconica la produzione di ogni oggetto Kartell. Ed è per questo che nel 1999, ai 50 anni di attività, hanno aperto un museo dove esporre il proprio meglio: 8.000 oggetti, 5.000 disegni, 15.000 fotografie, da cui evincere l’evoluzione dell’azienda e dei suoi prodotti compreso le innovative scelte del materiale (la plastica) e la capacità di comunicazione. Il museo si trova a Noviglio, dove c’è da sempre lo stabilimento, con l’obiettivo di conservare, promuovere e valorizzare il patrimonio culturale, ideale, materiale e immateriale dell’azienda all’interno di in un edificio progettato dagli architetti Anna Castelli Ferrieri e Ignazio Gardella, è oggi considerato uno dei più interessanti esempi di architettura industriale in Lombardia. Tanto che nel 2000 ha ottenuto il Premio Guggenheim Impresa & Cultura come miglior museo d’impresa. Il percorso espositivo del Museo si sviluppa in una mostra permanente di oltre 2.000 metri quadrati, realizzata su progetto di allestimento dell’architetto Ferruccio Laviani e curatela di Elisa Storace.
Il MUMAC - Museo della Macchina per Caffè di Gruppo Cimbali, è stato fondato nel 2012 per il centenario dell’azienda, ed è a oggi il più importante e ricco museo sulla storia, la cultura e il design delle macchine professionali da caffè, con un racconto che si sviluppa lungo cento anni. Ha sede in un avveniristico edificio progettato dal designer Valerio Cometti e dall’architetto Paolo Balzanelli che hanno saputo trasformare il precedente magazzino dei ricambi in uno scenografico luogo per conoscere la cultura della macchina per caffè, con esposizioni che si dispongono su 1.700 metri quadri di superficie. L’esterno attira per il rosso che ricorda quello delle macchine Cimbali, vere icone del Made in Italy. All’interno, i modelli che hanno fatto la storia, inclusi quelli firmati dai grandi designer. Uno dei musei industriali più affascinanti d’Italia.
“Prendendo ispirazione da un Archivio storico e dalla forma mentis di Franco Albini, grande Maestro dell’Innovazione, rilanciamo la cultura del ‘progetto’ nella contemporaneità, attraverso una Fondazione, un’Academy e uno Studio professionale”. Questo è la mission che accoglie l’internetnauta che arriva sul sito della Fondazione Franco Albini dedicata (a 30 anni dalla morte) al grande architetto razionalista, anche se preferiva essere chiamato artigiano, “tra rigore e fantasia poetica” (per citare Giuseppe Pagano). Albini era un progettista completo, la cui opera spazia dall’edilizia al design, dagli allestimenti all’urbanistica. Tra i suoi capolavori si annoverano: i musei genovesi che cambiano il modo di fruizione dell’opera d’arte da parte del pubblico, il Rifugio Pirovano a Cervinia, la Rinascente a Roma e la Metropolitana di Milano, che ispira i progetti delle linee di New York e San Paolo. La Fondazione permette di conoscere l’intimo del professionista grazie alla visita guidata che ne spiega i passaggi umani e artistici.
Ultima tappa che non può mancare nella Milano dei designer è la Galleria di Rossana Orlandi. Padrona di casa raffinata ed affabile, accoglie il visitatore in un ambiente che è multiforme galleria con lo showroom, uffici, area svago, giardino (ricoperto dalle quasi centenarie vigne di uva fragola, “uno dei miei più cari orgogli”), archivio e magazzini, il tutto all’insegna dell’eleganza e del nuovo. Rossana Orlandi prima di seguire la passione per l’arte contemporanea ha lavorato 30 anni nella moda (“con due fili si costruisce il mondo”), una persona che ha conosciuto Coco Chanel, Karl Lagerfeld, Kenzo, Issey Miyake, Donna Karan e Giorgio Armani, ma nel 2002 dopo aver scandagliato a fondo il settore si butta sull’universo parallelo del design. E prova a dare credito a giovani talenti ospitandoli e dando loro ascolto. Un po’ una talent scout. Via Matteo Bandello 14 è punto di riferimento di tutto il mondo degli addetti ai lavori, ogni anno meta di pellegrinaggio come fosse la Mecca, tappa obbligatoria per chi fa parte di questo ambiente. Il luogo è un ex cravattificio riadattato a suo gusto con 2.500 metri quadrati di spazio che si dipanano su due piani e 19 stanze. C’è poco da dire, bisogna andarci.
L'autore di questo articolo: Andrea Laratta
Giornalista. Amante della politica (militante), si interessa dei fenomeni generati dal turismo, dell’arte e della poesia. “Tutta la vita è teatro”.