La Lettera 22 di Olivetti, una macchina che ha rivoluzionato la scrittura


Lettera 22 di Olivetti è stata una macchina che ha rivoluzionato la scrittura. Oltre a essere un inimitabile oggetto di design.

“Con le vocali e le consonanti si fanno le parole, con le parole si fanno i pensieri, coi pensieri si pensano le lettere, con la Lettera 22 si scrivono”: recitava così un famoso claim pubblicitario della celeberrima macchina da scrivere Lettera 22 della Olivetti, forse la macchina da scrivere più famosa della storia. Presente dentro innumerevoli film, compagna fidata di tantissimi giornalisti e scrittori, inseparabile strumento di lavoro per migliaia di persone, oggetto dal design curato, elegante e riconoscibile, tanto da essere entrata a far parte di musei come il Triennale Design Museum di Milano e il MoMA di New York, Lettera 22 è stata una delle macchine da scrivere più fortunate di sempre. Fu disegnata tra il 1948 e il 1950 dall’architetto e designer Marcello Nizzoli (Boretto, 1887 – Camogli, 1969), su progetto dell’ingegnere Giuseppe Beccio, e fu lanciata sul mercato nel 1950 dalla Olivetti, al conveniente costo di 42.000 lire (circa 800 euro odierni: era un costo decisamente più ridotto rispetto a quello delle macchine da scrivere professionali). Nizzoli, che per Olivetti aveva già progettato un’altra macchina da scrivere (la Lexikon 80), per disegnare la sua Lettera 22 si era ispirato al progetto che l’aveva preceduta, la macchina Olivetti MP1, uscita nel 1932, progettata da Riccardo Levi e disegnata da Aldo Magnelli, prima macchina da scrivere portatile della Olivetti. Fin da subito, la nuova macchina si caratterizzò per la sua leggerezza, la praticità e la facilità d’uso, oltre che per il suo design elegante.

Veniva venduta con una bella valigetta con maniglia che, unita al peso di soli quattro chilogrammi e alle dimensioni contenute (8,3 per 29,8 per 32,4 centimetri), la rendeva facilmente trasportabile. È stata infatti una delle prime macchine da scrivere portatili che siano mai state prodotte. Era dotata di una tastiera QZERTY, la vecchia disposizione dei tasti tipica degli strumenti di scrittura per la lingua italiana (il sistema sarebbe stato poi soppiantato dall’oggi universale QWERTY, nato per l’inglese). La tastiera era incassata nella carrozzeria, col rullo incastrato all’interno senza che sporgesse fuori dalla scatola (eccezion fatta per la manopola e per la leva dell’interlinea: l’ingombro era dunque minimo). La scocca era inoltre divisa in due parti, una delle quali si sollevava per sostituire il nastro di scrittura e consentire di pulire i martelletti.

Lettera 22 faceva uso di un sistema di scrittura a pressione: ogni tasto infatti faceva leva su un martelletto che batteva sul nastro inchiostrato stampando sul foglio la lettera corrispondente, impressa a rilievo sul martelletto. Il processo di battitura meccanico utilizzato dalla Lettera 22 era affidabile, preciso e molto rapido, nonostante alcune caratteristiche che oggi ci apparirebbero del tutto singolari: per esempio, mancava il tasto del numero 1, e per scrivere il numero corrispondente occorreva ottenerlo, in pratica, con la “I” maiuscola o con la “l” minuscola. Stessa cosa con lo zero, che si otteneva con la “O”. Mancavano inoltre tutti i caratteri accentati: all’epoca, gli accenti si rendevano con apostrofi dopo la vocale corrispondente. Queste assenze (che comunque caratterizzavano anche la vecchia MP1) erano motivate dall’esigenza di contenere le dimensioni, ed erano comunque compensate da alcune innovazioni come il cambio automatico di direzione del movimento, il tasto di tabulazione, la possibilità di scrivere in rosso o in nero. E comunque, ha permesso ai suoi utenti di scrivere documenti e appunti in modo rapido e preciso, rendendola un’importante attrezzatura per l’ufficio, il lavoro e per la vita quotidiana. Si trattava del resto, come ha scritto Elena Papa, “di una macchina progettata per entrare nelle abitudini degli italiani”, con la conseguenza che anche il nome stesso doveva risultare familiare (ecco quindi perché fu scelto un nome italiano e non straniero). Come recitava uno slogan pubblicitario, infatti, “Olivetti Lettera 22 reca nel nome, con la qualità della sua origine, la sua destinazione”. Ventidue, probabilmente perché ventuno sono le lettere dell’alfabeto italiano, e la macchina voleva porsi come ideale prolungamento del sistema di scrittura della lingua italiana.

La Lettera 22 della Olivetti. Foto: Archivio Storico Olivetti
La Lettera 22 della Olivetti. Foto: Archivio Storico Olivetti
Una Lettera 22 rosa. Foto: Archivio Storico Olivetti
Una Lettera 22 rosa. Foto: Archivio Storico Olivetti
La Lettera 22 nella sua valigetta. Foto: Triennale Design Museum
La Lettera 22 nella sua valigetta. Foto: Triennale Design Museum
La valigetta della Lettera 22. Foto: Triennale Design Museum
La valigetta della Lettera 22. Foto: Triennale Design Museum
Pasolini con la Lettera 22. Fotografia di Dino Pedriali
Pier Paolo Pasolini con la Lettera 22. Fotografia di Dino Pedriali
Indro Montanelli con la Lettera 22
Indro Montanelli con la Lettera 22

Inoltre, la Lettera 22 fu progettata con uno stile moderno ed elegante che la rese subito attraente. Aveva una forma compatta e leggera che la rendeva facilmente trasportabile, era disponibile in diversi colori, sempre comunque con tonalità chiare e fredde (beige, beige goffrato, azzurro, verde e rosa) che non distraevano gli utenti ma la rendevano comunque un’aggiunta colorata all’ufficio, era prodotta con materiali di alta qualità (la scocca era in alluminio) nello stabilimento Olivetti di Agliè vicino a Torino. Tutte queste caratteristiche le sono valse, nel 1954, il premio Compasso d’Oro e, nel 1959, il riconoscimento come miglior prodotto di design del secolo da parte dell’Illinois Technology Institute.

Lettera 22 è stata una “macchina rivoluzionaria, leggera, solida e compatta e, soprattutto, destinata a tutti”, come hanno scritto Emilia Garda e Giuliana Di Mari: “Simbolo di italianità e icona di stile, è stata la prescelta di personaggi illustri quali Pier Paolo Pasolini, Enzo Biagi, Indro Montanelli, Ernest Hemingway, Leonard Cohen, Oriana Fallaci”. Garda e Di Mari attribuiscono il suo successo, oltre che a un’impareggiabile rapporto qualità-prezzo (le prestazioni che la macchina offriva erano infatti di un livello molto alto rispetto al costo necessario per acquistarla), anche alle numerose campagne pubblicitarie che sostennero Lettera 22: il prezzo accessibile rendeva infatti necessaria, per la Olivetti, una cospicua produzione, che toccò un ritmo di duemila unità all’anno negli anni Sessanta.

Manifesto pubblicitario di Lettera 22
Manifesto pubblicitario di Lettera 22. Foto: Archivio Storico Olivetti
Manifesto pubblicitario di Lettera 22. Foto: Archivio Storico Olivetti
Manifesto pubblicitario di Lettera 22. Foto: Archivio Storico Olivetti
Manifesto pubblicitario di Lettera 22. Foto: Archivio Storico Olivetti
Manifesto pubblicitario di Lettera 22. Foto: Archivio Storico Olivetti
Schizzo di Marcello Nizzoli per Lettera 22. Foto: Archivio Storico Olivetti
Schizzo di Marcello Nizzoli per Lettera 22. Foto: Archivio Storico Olivetti
Schizzo di Marcello Nizzoli per Lettera 22. Foto: Archivio Storico Olivetti
Schizzo di Marcello Nizzoli per Lettera 22. Foto: Archivio Storico Olivetti

Le campagne di Lettera 22 si distinsero per i testi eleganti, alcuni dei quali firmati anche da scrittori come Franco Fortini (al quale si deve la frase “leggera come una sillaba, completa come una frase), per la punteggiatura tipica della ascrittura poetica (“Le lettere d’ogni giorno / le scritture domestiche / le copie di documenti / saranno ordine e chiarezza / su questa portatile / discreta leggera agevole / alla mano meno esperta. / Su questa portatile / che vi accompagna ovunque / in casa come in viaggio / scriverete le parole / che vi uniscono / al mondo degli amici / e a quello del vostro lavoro”, oppure ancora “Lettere di famiglia, lettere di presentazione, lettere d’affari, lettere d’auguri, lettere di vendita, lettere riservate, lettere d’amore, lettere circolari, lettere di congedo, lettere di ringraziamento...in tutte lettere, in belle lettere, tutte con la Olivetti Lettera 22”), oltre che per le grafiche di Giovanni Pintori con le sue geometrie sobrie e i suoi accostamenti tra Lettera 22 e oggetti d’uso comune. “Le campagne pubblicitarie per la Lettera 22”, scrivono ancora Garda e Di Mari, “spingono sul coinvolgimento dell’acquirente sconfinando talvolta su un linguaggio colloquiale e non mancando di manifesti costruiti ad hoc per temi specifici come le festività o la scuola, la macchina per scrivere è il dono ideale da offrire insieme a un mazzo di fiori e lo strumento prezioso per lo studente”. E poi, le immagini celebri di Pasolini concentrato sulla macchina, o di Montanelli con le ginocchia piegate intento a scrivere, sono diventate a loro modo dei grandi veicoli pubblicitari di Lettera 22.

La Lettera 22 fu un grande successo commerciale per la Olivetti e fu prodotta fino al 1965 (si calcola che dagli stabilimenti Olivetti ne sono uscite circa due milioni), con leggere modifiche: per esempio uscirono modelli con i tasti bianchi invece che neri, in Spagna ne uscì un’edizione chiamata “Pluma 22” (con un doppio senso intraducibile in italiano dal momento che “pluma” in spagnolo significa sia “penna” che “piuma”, e alludeva dunque alla funzione della macchina, quella di far scrivere, e alla sua leggerezza), e poi ci fu anche un modello con i tasti quadrati. Lettera 22 venne poi gradualmente sostituita da computer, stampanti e in generale sistemi di scrittura più avanzati. Tuttavia, è ancora considerata un pezzo di storia della tecnologia e molte persone oggigiorno la collezionano come oggetto vintage. Pietra miliare nella storia della tecnologia della scrittura, oggetto da cui molti scrittori e giornalisti non si separavano mai e dunque anche legata alla storia della letteratura e del giornalismo, il suo design e la sua praticità hanno fatto di essa un pezzo di culto per molte generazioni. Ma non solo: è possibile considerare Lettera 22 come un simbolo delle radicali trasformazioni economiche e sociali dell’Italia degli anni del boom economico. Come ha scritto lo studioso Emilio Renzi: “Coglie a tal punto i tempi che stanno cambiando dalle strettezze della guerra e dopoguerra da diventare, come la Vespa e la Lambretta, più tardi la Fiat 500, l’immagine della nuova Italia degli anni Cinquanta e Sessanta”.


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