Mantova è senza dubbio una delle città più belle del mondo, e sono famosissimi i suoi tesori più visitati: il Palazzo Ducale, Palazzo Te, la basilica di Sant’Andrea, la Rotonda di San Lorenzo. Chi ha più tempo, magari va a visitare il Duomo, la Casa del Mantegna o il Museo della Città di Palazzo San Sebastiano. Mantova e il suo territorio meriterebbero però un viaggio lento e calmo, perché sono diverse le perle nascoste che si trovano nella provincia, e anche nella città: piccoli musei poco frequentati, palazzi sorprendenti e inaspettati, chiese ricche di capolavori, giardini e residenze dei duchi.
In un viaggio dalle colline moreniche nel nord della provincia fino all’Oltrepò, dai confini col Veneto fino alle zone più a ovest, la provincia di Mantova può regalare molte occasioni per un viaggio slow all’insegna dell’arte. Vi proponiamo di seguito dieci mete che abbiamo scelto tra le gemme meno celebri, sapendo che però l’elenco potrebbe essere ulteriormente esteso.
Vero gioiello nel centro della città, ma non molto conosciuto fuori, è la residenza dei conti d’Arco, che la costruirono in stile neoclassico a partire dal 1784 su progetto dell’architetto Antonio Colonna: la famiglia, di origini trentine, si era trasferita a Mantova alla metà del Settecento dopo aver ereditato una precedente residenza, appartenuta ai conti Chieppio. Con una visita guidata a orari cadenzati (l’unica formula possibile: non è consentita la visita da soli), si visitano le stanze della dimora, tutte ancor oggi come le ha lasciate l’ultima proprietaria dell’edificio, Giovanna d’Arco Chieppio Ardizzoni, che decise di trasformare la dimora di famiglia in un museo. Ambienti affrescati, ritratti degli antenati, una biblioteca con migliaia di volumi, e una ricchissima collezione d’arte con capolavori di Lorenzo Lotto, Tintoretto, Lorenzo Costa, Alessandro Turchi, Pietro della Vecchia, Giuseppe Bazzani, Orazio Samacchini, Bartolomeo Manfredi e moltissimi altri. Con il biglietto d’ingresso si visita anche il sontuoso giardino, e la palazzina quattrocentesca, unico residuo di un edificio precedente di cui poco si sa (all’epoca vi risiedevano i membri della famiglia Gonzaga di Feltrino), dove si ammira la straordinaria Sala dello Zodiaco, capolavoro di Giovanni Maria Falconetto che la affrescò su tutte le pareti.
Istituito nel 1983 e riallestito nel 2008, ha sede nel chiostro maggiore dell’ex monastero di Sant’Agnese, che si affaccia su piazza Virgiliana, la splendida piazza che è al contempo un frequentatissimo parco cittadino, aperta alla fine del Settecento. È il museo della Diocesi di Mantova e raccoglie opere provenienti dai principali edifici di culto della città, come il Duomo e la Basilica Palatina di Santa Barbara, oltre che dalle chiese del territorio, e si compone di diverse sezioni: la pinacoteca, la sezione degli Smalti, degli Avori e delle Monete, la collezione di Armature, la raccolta degli Arazzi di Parigi, quella degli arredi liturgici, e le Sale Gonzaga, dove sono conservate opere provenienti dalle collezioni gonzaghesche. Una sala è dedicata a Giuseppe Bazzani, il più grande artista della Mantova del Settecento, di cui il Museo Diocesano “Francesco Gonzaga” conserva il più importante corpus di opere esistente (alcune anche a soggetto profano). Il museo si distingue per alcuni capolavori, come il San Giorgio di Pierpaolo dalle Masegne, la sinopia dell’Ascensione attribuita ad Andrea Mantegna, la Deposizione e la Sacra Famiglia del Correggio, i sigilli di Benvenuto Cellini, il Crocifisso di Pietro Tacca, il Sogno di san Romualdo di Giuseppe Bazzani, e poi il prezioso Messale di Barbara di Brandeburgo e la Stauroteca di santa Barbara.
Intitolata a sant’Andrea, è il principale edificio di culto della città, e fu costruita nelle forme attuali a partire dal 1509. All’esterno si presenta sobria, con una facciata a salienti e con il particolare orologio civico innestato direttamente sulla fiancata, e sormontato da un timpano a volute. I veri capolavori della Cattedrale si trovano però all’interno: il monumentale organo, interamente decorato dal Romanino (autore anche della decorazione del pulpito), è uno dei capolavori di tutta l’arte del primo Cinquecento nel nord Italia. Da non perdere poi la rivisitazione dell’Ultima cena di Leonardo da Vinci, realizzata da un artista ignoto d’inizio Cinquecento che traduce in forma molto più quotidiana e campagnola il capolavoro leonardesco, e poi ancora la Madonna del Rosario di Jacopo Palma il Giovane, l’altare della Madonna intagliato da Clemente Zamara, la Madonna col Bambino e san Giovannino di Lattanzio Gambara, il magnifico Polittico della Misericordia attribuito ad Antonio della Corna e i numerosi affreschi cinquecenteschi che decorano l’interno.
Frazione del comune di Monzambano, sulle colline moreniche a poca distanza dal confine col Veneto e dal lago di Garda, Castellaro Lagusello è un idilliaco e placido borgo che sorge sulle rive di un piccolo lago a forma di cuore. Anticamente era un castello (le sue origini rimontano al XII secolo), e dell’antica struttura è rimasta parte della cerchia muraria con l’imponente portale d’ingresso sormontato da una torre con l’orologio (visitabile solo il sabato e la domenica). In passato fu possedimento dei Gonzaga e della Repubblica di Venezia, posto strategicamente sul confine, mentre oggi si visita per la bellezza dei suoi scorci, per la tranquillità dei suoi vicoli, per il riposo che offre il parco attorno al lago. Si visitano (anche in questo caso solo il sabato e la domenica) il parco lacustre, con passeggiata sulle rive del lago di Castellaro Lagusello, e Villa Arrighi, che offre belle vedute panoramiche. Nei dintorni sorge il sito palafitticolo di Fondo Tacoli, che fa parte del Patrimonio Mondiale dell’Umanità dell’Unesco (inserito nel sito transnazionale “Siti palafitticoli preistorici attorno alle Alpi”). Da vedere anche la chiesa di San Nicola di Bari, la principale del borgo, subito all’ingresso del piccolo abitato. Castellaro Lagusello fa parte del circuito dei Borghi più Belli d’Italia.
Questo borgo di settemila abitanti, poco conosciuto, sorge su una collina che si eleva proprio al centro della pianura, e solo questa sua caratteristica basterebbe a definire la particolarità di Volta Mantovana. È però anche un luogo con interessanti monumenti da visitare, a cominciare dal Castello dell’XI secolo (forse fu edificato per volontà di Matilde di Canossa), che ancora conserva l’impianto originario e un paio di torri, tra cui quella sulla quale in epoca successiva è stato installato l’orologio civico. Di fronte al castello sorge poi la parrocchiale intitolata a Santa Maria Maddalena, affacciata su una bella piazza alberata panoramica: all’interno resti di affreschi trecenteschi e opere del Sei e del Settecento. Nel centro della cittadina si visita anche Palazzo Gonzaga-Guerrieri (il giardino all’italiana, con la sua terrazza, è un altro dei punti panoramici del borgo), costruito nel 1450 circa per volere di Ludovico III Gonzaga come residenza di campagna sulle colline moreniche.
Il Teatro all’Antica di Sabbioneta fu costruito a partire dal 1587 per volere di Vespasiano Gonzaga, duca di Sabbioneta, che affidò l’incarico al grande architetto vicentino Vincenzo Scamozzi. Si tratta del primo esempio di teatro moderno costruito su un sito non occupato da strutture precedenti (il Teatro Olimpico di Vicenza, che lo precede di qualche anno, era sorto su di un edificio preesistente). È uno splendido teatro rinascimentale, con uno schema che ricalca quello dei teatri classici dell’antichità: attorno al palco si dispongono le gradinate a semicerchio, e la cavea è sormontata da uno splendido colonnato, al di sopra del quale si elevano statue di divinità mitologiche. Il soffitto a cassettoni non è quello originale: Scamozzi infatti aveva ideato un soffitto a carena rovesciata.
Il Santuario della Beata Vergine delle Grazie si trova a Curtatone, poco lontano dalle rive del Mincio, alle porte di Mantova. Fu costruito tra il 1399 e il 1406, per volontà di Francesco I Gonzaga, in un luogo dove era fortemente radicato il culto mariano: Francesco I lo fece erigere come voto alla Madonna dopo una pestilenza. La struttura è attribuita all’architetto Bartolino da Novara, lo stesso che progettò il Castello di San Giorgio e il Castello Estense di Ferrara. La chiesa fu poi ampliata successivamente con il convento, la biblioteca, l’oratorio. È un imponente edificio gotico, con interno a navata unica: le volte a crociera sono decorate con ricchi affreschi floreali, e al centro del soffitto famoso è il coccodrillo appeso, che fu qui collocato probabilmente tra Quattro e Cinquecento.
Lo straordinario e antichissimo complesso si trova nel centro di San Benedetto Po: la sua storia comincia tradizionalmente nell’anno 1007, quando Tedaldo di Canossa, nonno di Matilde, fondò il monastero in un’area paludosa, all’epoca abitata da pochissime persone, su quella che al tempo era un’isola situata tra il Po e il Lirone (da cui il nome dell’abbazia). Il monastero si ingrandì poi lungo i secoli, anche grazie all’apporto di Matilde di Canossa, il cui monumento funebre si trova all’interno della chiesa abbaziale. Nel complesso si trovano numerosi capolavori: il refettorio del convento ospita il famoso affresco del Correggio (un’architettura dipinta che doveva incorniciare l’Ultima cena di Girolamo Bonsignori), e poi la sagrestia affrescata dalla scuola di Giulio Romano, le numerose sculture cinquecentesche di Antonio Begarelli e molto altro. Leggi anche l’approfondimento che abbiamo dedicato all’abbazia di Polirone.
Questo parco si trova nei pressi di Marmirolo ed è una foresta che un tempo faceva parte di un’area di proprietà dei Gonzaga, riservata alla caccia. Proprio al centro della riserva sorge infatti la Palazzina di Caccia fatta edificare alla fine del Cinquecento da Vincenzo I Gonzaga, che si distingue per il suo aspetto rustico: si compone di dieci sale, di cui due saloni d’onore che servivano per i ricevimenti. La Palazzina apre solo in determinate occasioni e quindi non sempre è visitabile: è però sempre percorribile la riserva naturale, che è tuttavia solo una parte del più esteso bosco gonzaghesco anticoq. Dopo l’abbandono a seguito della caduta del ducato, infatti, la foresta cominciò a diminuire progressivamente: si è salvata dalla scomparsa perché nel 1910 è entrata a far parte del Demanio Forestale, atto che ha sancito l’inizio della tutela del bosco.
Sono singolari ponti costruiti su chiatte ormeggiate sul fiume Oglio (quello di Torre d’Oglio) e sul canale Navarolo (quello di Commessaggio). Sono moderni: sono stati costruiti rispettivamente nel 1926 e nel 1976, per sostituire strutture precedenti ormai in rovina o pericolanti. Quello di Commessaggio è per l’attraversamento pedonale, mentre quello di Torre d’Oglio, che poggia su di una struttura più solida, si può attraversare anche in auto. In virtù della loro particolarità (sono rarissimi i ponti di barche, in Italia e non solo), i due ponti sono stati spesso scelti come set per film e riprese varie.