Antonello da Messina (pochi) a tutti i costi (troppi)


Recensione della mostra 'Antonello da Messina' a Palermo, Galleria Regionale di Palazzo Abatellis, dal 14 dicembre 2018 al 10 febbraio 2019.

Non nascondo che, prima di varcare la soglia della Galleria Regionale di Palazzo Abatellis di Palermo (il 4 gennaio 2019), avevo grandi aspettative verso la mostra Antonello da Messina, a cura di Giovanni Carlo Federico Villa, inaugurata il 14 dicembre 2018 e aperta fino al 10 febbraio 2019. Le attese erano lievitate nel corso degli ultimi mesi: si prospettava come seconda alla grande mostra del 2006 alle Scuderie del Quirinale e a quella al Mart di Rovereto del 2013, “mostra dell’anno”, “evento di punta del calendario di Palermo Capitale della Cultura 2018”, “esposte quasi la metà delle opere di Antonello da Messina”. All’esposizione delle opere autografe di Antonello da Messina (Messina, 1430 - 1479), mi sarei aspettato una riflessione iconografica, stilistica e di rapporti pittorici con il linguaggio dei fiamminghi e dei veneti, o meglio ancora, con la scultura e ritrattistica contemporanea, ben rappresentata nella collezione permanente di Abatellis (a costo zero): uno fra tutti, Francesco Laurana. Una prospettiva di studio che poteva prendere spunto dall’irripetibile e inarrivabile, pioneristica mostra del 1953 di Palazzo Zanca a Messina (Antonello da Messina e la pittura del ‘400 in Sicilia, catalogo a cura di Giorgio Vigni e Giovanni Carandente con introduzione di Giuseppe Fiocco e allestimento di Carlo Scarpa), che presentò 18 opere del maestro in connessione con le opere di pittori attivi tra XIV e XV secolo. Una mostra, con Salvatore Pugliatti presidente del comitato esecutivo, che coinvolse studiosi del calibro di Ferdinando Bologna, Federico Zeri, Stefano Bottari, Cesare Brandi e Giulio Carlo Argan. Non solo esposizione di capolavori, ma riflessioni e ricostruzioni del contesto di pertinenza e dell’ambito culturale dell’artista: altro ulteriore esempio potevano essere l’esposizione messinese del 1982 La cultura in Sicilia nel Quattrocento (dal 20 febbraio al 7 marzo 1982) e la mostra Antonello da Messina (dal 22 ottobre 1981 al 31 gennaio 1982) al Museo Regionale, a cura di Alessandro Marabottini e Fiorella Sricchia Santoro, all’interno delle manifestazioni antonelliane. Possiamo dirlo: la mostra palermitana è un’occasione persa.

Annunciata già dai primi giorni del 2018, declamata con grande risonanza pubblicitaria e giornalistica, in realtà la mostra si dimostra una “mo(n)stra evento” che racchiude in sé molti dubbi. Alla fine di questa mia riflessione, probabilmente, avremo un bagno di realtà e ci renderemo conto che tale esposizione presenta alcune falle sia dal punto di vista organizzativo sia da quello scientifico: fattori influenzati e legati insieme, l’assenza (o meglio: la carenza) dell’uno ha generato un cedimento dell’altro, un effetto a catena. Un aspetto che denota la primordiale disorganizzazione è l’annuncio, nel gennaio 2018, della sede espositiva e della durata della mostra: la prima era il Museo Archeologico Salinas, la seconda prevedeva l’apertura dal 26 ottobre 2018 al 24 febbraio 2019, ben quattro mesi. Il tutto è evaporato nella più consona sede di Abatellis e nello slittamento di due mesi e nel dimezzamento del periodo di apertura, dal 14 dicembre 2018 al 10 febbraio 2019, decisione che probabilmente nasconde motivazioni più profonde.

Ingresso di Palazzo Abatellis per la mostra su Antonello da Messina
Ingresso di Palazzo Abatellis per la mostra su Antonello da Messina


Sala della mostra
Sala della mostra

A suffragare la scientificità e l’eccezionalità dell’“evento”, nel corso dei mesi autunnali, compaiono diverse dichiarazioni e riprese giornalistiche che annunciano la presenza di opere da Como (Annunciata “Advocata virgo” dal Museo Civico), da Roma (Ritratto d’uomo, Villa Borghese), da Torino (Ritratto d’uomo da Palazzo Madama): solo questi ultimi due acutissimi profili avrebbero certamente aiutato la lettura e la contestualizzazione del Ritratto di Cefalù, relegato da solo in una saletta del percorso espositivo senza alcun rapporto e dialogo con l’altro ritratto presente in mostra (Ritratto d’uomo dal Museo Civico di Pavia). Erano annunciati anche prestiti internazionali come il Cristo alla colonna del Louvre e il San Girolamo nello studio della National Gallery di Londra, quest’ultimo già concesso nel 2006 al Museo Regionale di Messina, in cambio dei due Caravaggio. Solo questi due capolavori, se davvero giunti a Palermo, avrebbero dato un significato pregnante alla mostra, soprattutto il San Girolamo. È d’uopo ricordare che l’esposizione messinese del 2006 mise in relazione e dialogo la tavola londinese con il Polittico di San Gregorio (firmato e datato 1473) e la tavoletta opistografa con la Madonna col bambino e un francescano in adorazione e Cristo in pietà, acquistata dalla Regione Sicilia in asta Christie’s, in presenza, inoltre, dell’Annunciazione del Museo Regionale di Palazzo Bellomo di Siracusa, all’epoca chiuso per lavori di restauro. Un’operazione, quella, di alto valore scientifico, il cui catalogo, a cura di Gioacchino Barbera, conteneva i testi di Fiorella Sricchia Santoro, Lionello Puppi, Francesca Campagna Cicala e Giovanni Molonia.

Ma tornando ai declamati prestiti, dove sono andati a finire? Percorrendo le sale espositive non vi è traccia alcuna. Nella prima sala allestita di avvio mostra (perché l’Annunciata e i tre Dottori della Chiesa sono sempre nella loro collocazione permanente, prive di significativa relazione critica e di allestimento con l’esposizione) si nota immediatamente la ‘presenza/assenza’ di due capolavori di Antonello: San Girolamo penitente e Visita dei tre angeli ad Abramo (1465-68) del Museo Civico di Reggio Calabria. La loro assenza è anticipata da un ‘avviso’ con scotch in bella mostra su di un totem prima della biglietteria con scritto “si informano i Sigg. Visitatori che nel percorso della mostra non sono presenti le seguenti opere” e all’interno delle ‘monumentali teche-finestre’ le due tavole sono sostituite dal messaggio “Riproduzione fotografica dell’opera che sarà in mostra a partire dalla prossima settimana”, una dicitura, questa, presente sin dal giorno dell’inaugurazione (14 dicembre 2018) e persistente ancora nel giorno della mia visita (4 gennaio 2019), quando tra l’altro era assente anche il catalogo della mostra (€ 19).

Antonello da Messina, Annunciata
Antonello da Messina, Annunciata (1476 circa; olio su tavola, 45 x 34,5 cm; Palermo, Palazzo Abatellis, Galleria Regionale)
Antonello da Messina, Madonna col bambino benedicente e un francescano in adorazione, recto (1463; tempera grassa su tavola, 16 x 11,9 cm; Messina, Museo Regionale)
Antonello da Messina, Madonna col bambino benedicente e un francescano in adorazione, recto (1463; tempera grassa su tavola, 16 x 11,9 cm; Messina, Museo Regionale)


Antonello da Messina, Annunciazione (1474; olio su tavola trasportata su tela, 180 x 180 cm; Siracusa, Palazzo Bellomo)
Antonello da Messina, Annunciazione (1474; olio su tavola trasportata su tela, 180 x 180 cm; Siracusa, Palazzo Bellomo)


Antonello da Messina, Annunciazione, dettaglio
Antonello da Messina, Annunciazione, dettaglio


Antonello da Messina, Annunciazione, dettaglio
Antonello da Messina, Annunciazione, dettaglio

Sono andato alla fonte diretta: ho preso contatti telefonici con il responsabile della Pinacoteca Civica di Reggio Calabria, dott. Amodeo, il quale ha ben chiara tutta la vicenda e mi conferma che vi siano state difficoltà e ritardi tecnico-amministrativi in merito alla tempistica troppo stretta della richiesta del prestito delle due opere. Una richiesta che ha avuto sì l’approvazione della Direzione Cultura del Comune, tuttavia sussistono e permangono difficoltà per la movimentazione e il trasporto delle due opere per un periodo così breve e per i tempi della domanda giunta, pare, troppo a ridosso per avviare la macchina burocratica della Soprintendenza, che deve vagliare e vigilare su tale procedura. A questo punto, per ammissione stessa del direttore della Pinacoteca, le due tavole non giungeranno mai a Palermo, poiché mancano ormai quattro settimane alla chiusura ed è trascorso quasi un mese dalla sua inaugurazione. Viene pertanto da ipotizzare che lo spostamento delle date inziali di apertura, da ottobre a dicembre, sia motivato dai ritardi nella risposta di alcuni prestiti, non concessi, come quello del Louvre e della National Gallery e da sbandamenti organizzativi come il caso delle tavole di Reggio Calabria.

Un dubbio sorge spontaneo: a chi vanno gli introiti dell’intero incasso della biglietteria, oltre a quelli della vendita del catalogo (disponibile solo dal 6 gennaio 2019)? Esiste una convenzione, un protocollo di intesa tra Vivaticket, che si occupa della bigliettazione, tra MondoMostre, società organizzatrice della mostra che “fornisce sia il full service di finanziamento, organizzazione e promozione dell’evento, sia una serie di servizi quali biglietteria, comunicazione, promozione, creazione di serate speciali e ricerca sponsor”? Quali percentuali sull’intero incasso vanno devolute alla Galleria Regionale di Palazzo Abatellis? È sempre MondoMostre o la Direzione Scientifica di Abatellis ad aver inviato le richieste di prestito e ad aver deciso le quote di ingresso? Biglietti che, alla luce delle assenze delle opere, appaiono alquanto alti nel prezzo: €13 intero, €11 ridotto, €11 gruppi, €13 gruppi weekend, con prevendita di €2 per gruppi e individuali.

La fotografia dell'opera non arrivata alla mostra
La fotografia dell’opera non arrivata alla mostra


Il cartello che accompagna la fotografia di cui sopra
Il cartello che accompagna la fotografia di cui sopra


A sinistra, l'Annunciazione esposta (dentro la sua teca) a Palazzo Bellomo. A destra, l'opera esposta alla mostra di Palermo
A sinistra, l’Annunciazione esposta (dentro la sua teca) a Palazzo Bellomo. A destra, l’opera esposta alla mostra di Palermo

Sono domande legittime, come legittimo è sapere se davvero valeva la pena sradicare dal suo contesto l’Annunciazione dalla Galleria Regionale di Palazzo Bellomo di Siracusa, un’opera che presenta diverse problematiche di conservazione: danneggiata dal terremoto del 1693, ha subito l’umidità e il degrado per secoli e nel 1914 uno strappo della pellicola pittorica dal suo supporto ligneo originario per essere incollata su tela. Un’opera che a Palazzo Bellomo è posta all’interno di una teca che mantiene inalterati gli indici di umidità e temperatura e le condizioni microclimatiche ambientali. L’opera adesso in mostra ad Abatellis è priva di qualsiasi protezione e di qualsivoglia elemento che mantenga stabili i valori ambientali, cosa che invece presenta il Polittico con la Madonna e Bambino, San Giovanni e San Benedetto degli Uffizi, plausibilmente un vincolo imposto dal museo fiorentino e non adottato per l’opera siracusana che, peraltro, proprio per le ragioni del suo delicato status, è posta come opera di pregio tra i beni inamovibili “che costituiscono il fondo principale di Musei, Gallerie, Biblioteche e Collezioni” secondo la Delibera di Giunta Regionale nn. 94 e 155 del 2013 con Decreto Assessorale n. 1771 del 27 giugno 2013, insieme all’Annunciata di Abatellis e al Polittico di San Gregorio di Messina. Ci sono delle prescrizioni, seppur onerose, che devono essere garantite e applicate, elementi e fattori imprescindibili per garantire la sicurezza delle opere d’arte: la movimentazione della stessa da Palazzo Bellomo e il suo trasporto (come da riprese video e documentazione giornalistica pubblicata sul web) non hanno probabilmente giovato all’opera, la sua delicatezza avrebbe dovuto portare a valutazioni con maggiore senso critico onde evitare forzature e tensioni tra le colle e il supporto e la pellicola pittorica. Non riprendo gli articoli e i rimpalli di dichiarazioni tra chi asseriva l’assoluta scientificità dell’operazione e della necessaria, quasi obbligatoria, presenza dell’opera e tra chi, giustamente, poneva le questioni di tutela e conservazione, elementi questi rivelatisi fondati.

Facendo un rapido conto, delle quindici opere declamate e pubblicizzate, la famigerata “metà delle opere di Antonello”, ne mancano all’appello quattro (ovvero le due di Reggio, quella del Louvre e della National Gallery), mentre ben quattro sono quelle della collezione permanente di Abatellis (Annunciata e i tre Dottori della Chiesa); i reali prestiti di opere di Antonello sono solo sette, in aggiunta a questi la tavola Madonna col bambino di Jacobello di Antonello dall’Accademia Carrara di Bergamo.

Alla luce di tale riflessione, appare illuminante e calzante, un passo del pamphlet di Tomaso Montanari Contro le mostre (Einaudi, 2017): “Chiamatele come preferite: mostre di cassetta, mostre blockbuster, mostre all inclusive. Gli ingredienti sono sempre gli stessi. Si propongono soprattutto i maestri universalmente più noti e mediaticamente più efficaci. Nella maggior parte dei casi, generiche, pretestuose, superficiali. Mediocri, raccogliticce, addirittura inutili, dannose e fondate sull’esibizione di qualche ‘trofeo’ conosciuto da tutti, che viene trasformato in vuoto idolo: in icona-simbolo. Quadri che un tempo avevano avuto la capacità di esprimere un preciso significato perdono il loro spessore semantico e simbolico: vengono ridotti a oggetti che possono procurare (al massimo) una vaga soddisfazione visiva. «Una nefasta epidemia», potremmo dire riprendendo un appassionato j’accuse di Cesare Brandi, Siamo assediati da [un’] infestante proliferazione di mostre-evento di scarso o nullo valore culturale, votate a un’effimera spettacolarizzazione fine a se stessa, ‘vuoti a rendere’, che inducono artificialmente un consumo feticistico, bolle di sapone multicolori che lasciano dietro di sé praticamente il nulla”.


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