Il 16 e 17 giugno si sono incontrati a Napoli i ministri della cultura (o equivalenti) di più di venti paesi del Mediterraneo. Un incontro fortemente voluto dal ministro italiano Dario Franceschini, che ha commentato: “per compiere questo cammino assieme dobbiamo aumentare la circolazione dei talenti e dei professionisti della cultura, impegnarci insieme per la tutela del patrimonio culturale e raccogliere le sfide e le opportunità della tradizione verde e di quella digitale. Napoli è lo scenario ideale da cui far partire questo cammino”. Per un evento tanto importante il ministro ha scelto la sede Palazzo Reale, l’edificio voluto da Filippo III di Spagna e cresciuto tra il XVII e il XIX secolo, che dal 1919 è un museo nazionale e dal 1927 è sede della Biblioteca Nazionale di Napoli. Per l’occasione, il museo è chiuso da lunedì 13 e lo sarà fino al 23 giugno, la Biblioteca lo è dal 16 giugno fino a martedì 21, mentre nei giorni del 16 e del 17 giugno Piazza Plebiscito, su cui si affaccia il palazzo, è stata blindata da 250 agenti. Un modo per prevenire le previste proteste, dato che proprio dentro Palazzo Reale si annida una delle vertenze culturali più attive di queste settimane: quella che chiede di non spostare la Biblioteca Nazionale dalla sua sede storica.
È la terza volta che il ministro passa per la città partenopea per eventi pubblici, in meno di tre mesi: il 26 aprile, per presentare il suo libro, il 20 maggio, per ricevere le chiavi di Pompei e per l’apertura della nuova Gallerie d’Italia di Intesa Sanpaolo, e appunto il 16 e 17 giugno per questo ambizioso meeting internazionale. Ogni visita è stata accompagnata da dichiarazioni roboanti. Nel corso dell’ultima ha spiegato come secondo lui Napoli abbia un ruolo futuro di "capitale della cultura permanente del Mediterraneo”, ma ha anche parlato dell’ormai pluridecennale progetto di una stazione dell’Alta Velocità che porterebbe i turisti davanti agli scavi di Pompei; del trasloco della Biblioteca Nazionale dall’attuale sede a Palazzo Reale, al Real Albergo dei Poveri a Palazzo Fuga; e ancora di un museo di Totò al Monte di Pietà, progetto ribadito anche pochi giorni dopo, con un tweet, in seguito al decesso della figlia dell’artista, Liliana de Curtis. Nel corso di quest’ultima visita, al museo di Totò si è aggiunta la proposta di un museo ad Enrico Caruso, volto a riempire la parte di Palazzo Reale che non sarà più occupata dai libri. Un’attenzione anche economica, con 100 i milioni del PNRR per il Real Albergo dei Poveri, 8 milioni per Castel dell’Ovo, e qualche decina di milioni, non ancora definita, che sarà necessaria per completare l’acquisto e la ristrutturazione del Monte di Pietà.
Ma non sta andando tutto come previsto, e a testimonianza di ciò un gruppo di cittadini e associazioni hanno contestato la piega che, con l’aiuto e la collaborazione dell’amministrazione comunale, Franceschini sta provando a imprimere alla città: in piazza del Municipio, dove la questura ha concesso il presidio (a 600 metri da Palazzo Reale) si sono incontrate, oltre a cittadine e cittadini che hanno preso a cuore la causa, realtà diversissime: Mi Riconosci, NapoliMonitor, SET – Sud Europa Turistificazione, Scugnizzo Liberato, GRIDAS – Gruppo Risveglio dal Sonno, Ex opg – je so’ pazzo, La Biblioteca Nazionale di Napoli non si tocca, Demanio Costituzionale, L’ASILO – ex Asilo Filangieri, Forum Cultura Napoli, Italia Nostra Napoli, Comitato civico di Santa Maria di Portosalvo – Napoli, Giardino Liberato di Materdei.
Il trasferimento della Biblioteca Nazionale da Palazzo Reale, utile a sgomberare le sale per ottenere più spazio per eventi privati e istituzionali - come quello svoltosi - ha incontrato da subito l’opposizione di fruitori, cittadini e dei lavoratori della biblioteca stessi, che hanno creato il comitato “La Biblioteca Nazionale di Napoli non si tocca”: trovano inconcepibile progettare un trasloco da decine di milioni di euro fuori dal centro, in una situazione in cui la biblioteca non riesce a garantire le aperture pomeridiane, e rischioso il progetto di spostamento di volumi così preziosi senza un piano strutturato. L’hub dell’Alta Velocità a Pompei, volto a depositare i turisti a pochi passi dagli scavi, mentre la linea ferroviaria circumvesuviana è in condizioni di degrado tali da essere diventata zimbello dei social, è destinato a trovare le opposizioni dei sindaci e dei cittadini di tutta l’area, che vedrebbero - ancor più di ora - centinaia di migliaia di turisti visitare il parco senza lasciare nulla di più al territorio e ai paesi limitrofi: un progetto senza futuro in un periodo di spinta al turismo lento e diffuso. Mentre sui Musei di Totò e Caruso, al Monte di Pietà o dove saranno destinati, le informazioni sono ancora troppo poche e vaghe per essere contestate: ma la vaghezza stessa è una questione. Inoltre, esiste già un museo dedicato a Enrico Caruso: è la casa natale del grande tenore, inaugurata nell’agosto del 2021.
Questi dubbi, o queste opposizioni esplicite esistenti in città rispetto ai progetti ministeriali, si innestano e intrecciano con quelli riguardanti la rivoluzione che si prospetta per la gestione degli istituti culturali comunali. La giunta a gennaio ha palesato l’intenzione di darli in gestione a una fondazione creata ad hoc, sul modello dei musei civici di Venezia, ma, vuoi per la conoscenza di ciò che è accaduto nella città veneta tra 2020 e 2021 (dove per garantire i bilanci della fondazione i musei sono rimasti chiusi o con orari ridottissimi per molti mesi, per poter tenere il personale in cassa integrazione), vuoi per il fatto che questa trasformazione imporrebbe il pagamento di un biglietto per spazi da sempre ad accesso libero alla cittadinanza, come Castel dell’Ovo, il progetto ha incontrato le critiche di una larga serie di associazioni e comitati, da Italia Nostra a Legambiente, che il 30 marzo hanno lanciato una petizione e mandato ai giornali una lettera, che proprio nei giorni del meeting mediterraneo ha trovato ulteriore spazio. Due mondi, due vertenze diverse che si sono incrociate intorno a Palazzo Reale, portando in piazza del Municipio un’ottantina di persone, mentre si assiste al tentativo di sviluppare un humus politico e immaginifico che dovrebbe consentire alla città di digerire la rivoluzione senza colpo ferire, anzi con apprezzamenti. “Siamo aperti alla discussione, ma senza aggressioni” ha spiegato alla stampa Dario Franceschini in riferimento alle proteste del 16 giugno: eppure proprio quello stesso dialogo era stato negato chiedendo lo spostamento del presidio di protesta altrove.
“Abbiamo creato una rete trasversale, portando in piazza realtà anche molto diverse tra loro ma che concordano tutte su un punto: vogliamo presidi culturali, biblioteche di prossimità, partecipazione civica nei processi decisionali, vogliamo che la Biblioteca Nazionale resti dov’è, vogliamo che Castel dell’Ovo resti libero e gratuito”, ha dichiarato Marina Minniti di Mi Riconosci “Questo è il secondo presidio che organizziamo e non ci fermeremo finché non avremo ascolto” conclude. Mentre gli attivisti e le attiviste del comitato La biblioteca nazionale di Napoli non si tocca si dicono “felici di vedere così tante persone in piazza a sostenere la nostra causa, la biblioteca in questi anni ha svolto un ruolo fondamentale per i cittadini che lo riconoscono ed oggi sono pronti a difenderla”. Basteranno i nuovi musei di Totò e Caruso ad acquietare il tessuto culturale e sociale della città? Saranno i prossimi mesi a dirlo.
L'autore di questo articolo: Leonardo Bison
Dottore di ricerca in archeologia all'Università di Bristol (Regno Unito), collabora con Il Fatto Quotidiano ed è attivista dell'associazione Mi Riconosci.