Passeggiando sul lungomare di Grado, quel borgo di pescatori oggi ambita meta turistica in provincia di Gorizia, ci si imbatte, a pochi passi dal centro storico, in un enorme edificio contemporaneo abbandonato: l’insegna, ben nota ai gradesi e ripetuta per due volte ai due estremi dell’enorme edificio, potrebbe stupire l’avventore poco informato delle vicende locali: “Museo Nazionale di Archeologia Subacquea dell’Alto Adriatico” con tanto di logo MiBAC, o meglio, di fu logo MiBAC, dato che oggi è rimasta solo la scritta, incisa nel metallo, mentre al posto del logo v’è uno spazio vuoto. Il Museo è ben noto alle cronache locali, meno a quelle nazionali.
Voluto dal Ministero nel 1992, che aveva stipulato un accordo con il Comune e ottenuto in comodato gratuito per 99 anni, rinnovabili per altri 99, l’edificio della ex scuola Scaramuzza, sul Lungomare Nazario Sauro, e lì costruito il nuovo edificio. L’idea era nata pochi anni prima, quando al largo delle coste gradesi, attraverso rinvenimenti casuali, venne scoperto il relitto di una grande nave del III secolo d.C., rinominata Iulia Felix, recuperata nel corso diverse campagne di scavo, l’ultima nel 1993. Nel sito della direzione generale, il Museo, che negli auspici dovrebbe raccogliere le testimonianze archeologiche dell’Alto Adriatico intero, è così descritto: “Al piano superiore la struttura è genericamente adibita a mostre temporanee organizzate dal Comune che trattano il tema della relazione tra Grado, il suo mare e la sua laguna. Per questo motivo, la struttura è stata ribattezzata dai suoi cittadini ’Museo del Mare’. Il museo è nato per ospitare la Iulia Felix, la nave romana rinvenuta sul fondo della laguna. La nave, collocata la piano terra, tuttavia, non è ancora visitabile”. In realtà tutto non è ancora visitabile, e in buona parte non lo è mai stato: nessuna mostra temporanea, nessuna nave (finora mai esposta, ma depositata da vent’anni nell’edificio), e per ora nessun museo. L’edificio è chiuso e nel degrado, come chiariscono le foto del febbraio 2022.
La dicitura del sito ministeriale è legata a una inaugurazione, che effettivamente si è tenuta nel 2014, alla presenza del Soprintendente per i beni archeologici del Friuli Venezia Giulia, Luigi Fozzati, del neo Direttore del Museo, Domenico Marino, del Sindaco di Grado, Edoardo Maricchio, della Capitaneria di Porto, dei Carabinieri e della Guardia di Finanza, e con la partecipazione dell’arciprete monsignor Armando Zorzin, della consigliera provinciale Elisabetta Medeot, del presidente di “Grado impianti turistici”, Marino De Grassi e dell’ex soprintendente regionale Franca Maselli Scotti. L’apertura al pubblico, scriveva allora il Messaggero Veneto, “se non ci saranno ulteriori intoppi burocratici, dovrebbe avvenire entro l’anno”: e invece quell’inaugurazione, col senno del poi, ha contribuito a rendere ancora più grottesca la vicenda.
A parte alcune brevi mostre temporanee, il museo non ha esposto quasi nulla. Probabilmente per questo si è optato per una meno imbarazzante totale richiusura. Ancora una volta nel silenzio, e con lo stupore di visitatori impreparati all’evento. Nel settembre 2015, quando ancora lo spettacolo non si presentava come quello documentato in questo inizio di 2022, c’era chi scriveva su TripAdvisor (pochi, va detto) “incredibile che dopo tanti anni di lavori il museo non sia ancora aperto, sì perché nonostante lo sia i saloni sono spogli privi di argomentazioni e di servizi, mi aspettavo ben qualcosa in più”, poi nel giugno 2016 “sono andato domenica pomeriggio per visitare questo museo perché mi interessa l’archeologia subacquea. Sorpresa! Il museo si presenta chiuso, con l’ingresso sbarrato da assi e nastri. Mi guardo attorno ma nessuna indicazione su eventuali orari di apertura. Potrebbero almeno scrivere qualcosa per chi come me ha fatto della strada per non poter vedere nulla”. Da allora nessuna insegna con comunicazioni è arrivata, ma il decadimento della struttura parla chiaro sulla chiusura a tempo indeterminato.
Si arriva così a grandi passi verso il 2019, mentre nascono comitati locali che invocano la riapertura del Museo. Nel gennaio di quell’anno il sindaco, Dario Raugna, prende parola inviando una diffida al Ministero, formalizzata a maggio: “Abbiamo dato un tempo molto ampio alla Sovrintendenza per rispondere alle nostre richieste. Il progetto è rimasto bloccato a causa di una serie incredibile di inadempienze. Ciò che è peggio, nessuno vuole assumersi alcuna responsabilità. A questo punto è giusto che l’edificio concesso dalla nostra comunità in comodato gratuito ci sia restituito”. Sembrerebbe la svolta.
Nessuna restituzione ma, nel settembre 2021, davanti al Tribunale di Trieste, un accordo sbandierato urbi et orbi per la sospirata riapertura del Museo. Nessuna riconsegna al Comune, ma un accordo che prevede 2 milioni di euro dal Ministero per il “completamento” dei lavori e l’apertura entro il 2024, e la possibilità di tornare a citare in tribunale il Ministero nel caso di nuove inadempienze. Il sindaco, in piena campagna elettorale allora, aveva espresso grandissima soddisfazione: ma, sei mesi dopo, la situazione dell’edificio appare ancora immutata, mentre non è chiaro con quale personale dovrebbe aprire il nuovo/vecchio museo.
In una fase storica in cui gli stanziamenti per nuovi musei abbondano, da quello della Lingua Italiana, a quello dei Cantautori Liguri, fa una certa impressione che il Museo che dovrebbe raccogliere le testimonianze archeologiche di archeologia subacquea (peraltro, disciplina che oggi con Dario Franceschini può contare su un nuovo istituto nazionale specifico) dell’intero, enorme bacino dell’Alto Adriatico sia in queste condizioni. Oltretutto, non si conosce, nel momento in cui scriviamo, la situazione dei locali interni, ma dopo decenni di degrado, 2 milioni potrebbero non bastare: perché ogni abbandono, ricordiamolo, produce poi un conseguente enorme spreco di denaro che si sarebbe potuto risparmiare.
L'autore di questo articolo: Leonardo Bison
Dottore di ricerca in archeologia all'Università di Bristol (Regno Unito), collabora con Il Fatto Quotidiano ed è attivista dell'associazione Mi Riconosci.