Da Paolo Guinigi a Lorenzo Trenta: il mecenatismo nella Lucca del Quattrocento


Nel Quattrocento, Lucca ha vissuto una delle sue più intense stagioni artistiche: lavorarono qui grandi artisti, attirati da facoltosi mecenati. Ecco chi furono.

La storia antica di Lucca è strettamente legata ai Guinigi, famiglia di commercianti e di banchieri tra le più importanti e influenti della città. Si pensi ad esempio alla famosa torre che ne porta il nome, la Torre Guinigi, eretta per volontà della famiglia nella seconda metà del Trecento e ancora oggi considerata uno dei simboli di Lucca, poiché contraddistinta da un vero giardino pensile costituito da lecci sulla sua sommità. In epoca medievale, all’interno della cinta muraria, si contavano oltre duecentocinquanta torri e case-torri, ma la Torre Guinigi è l’unica appartenuta a una famiglia privata a non essere crollata o a non essere stata abbattuta entro il Cinquecento. Si tratta dunque di un’unicità in questo senso, ma è anche una delle tante testimonianze che ancora oggi si conservano della ricca e potente famiglia. Faceva parte della cosiddetta consorteria o quartiere medievale dei Guinigi e, ora come allora, dai suoi quasi 45 metri d’altezza raggiungibili salendo più di duecento scalini, si domina tutta la città fino a che lo sguardo non si perde, nelle giornate limpide, sulle colline lucchesi. È in particolare a Paolo Guinigi (Lucca, 1372 – Pavia, 1432) che Lucca deve la sua trasformazione e il suo splendore architettonico e artistico.

Nell’ottobre 1400 diventò Signore di Lucca: il suo governo puntò in maniera rilevante non tanto sulle prestazioni militari, ma soprattutto sulla cultura, sul prestigio legato alla committenza artistica, sull’ampliamento e l’abbellimento della città, sulla realizzazione di edifici, per dare a Lucca l’immagine di una città che potesse competere con le altre Signorie. A lui si deve una vera riorganizzazione territoriale per la creazione di una città nuova, una “sorta di area metropolitana ante litteram” come la definisce Clara Altavista, in Lucca e Paolo Guinigi (1400-1430: la costruzione di una corte rinascimentale). Qui Altavista sottolinea proprio come in Paolo Guinigi convivano due anime, quella di umanista sui generis e quella di condottiero medievale, entrambe presenti nel suo modo di essere principe e di rapportarsi alla città di cui aveva assunto il governo. Comprese infatti subito l’importanza di proporsi a Lucca come “nuovo” signore e nel corso del suo governo volle non solo crearsi un’ascendenza illustre, ma s’impegnò anche nell’agire per far perpetuare il suo nome e la sua signoria. Intrecciò importanti relazioni con gli Antelminelli: avrebbe dovuto sposare Maria Caterina Castracani degli Antelminelli, di soli undici anni, pronipote di Castruccio Castracani, che fu capitano e signore di Lucca dal 1320 al 1328, ma la giovanissima morì di peste pochi mesi prima delle nozze. Inoltre, come sua nuova dimora cittadina, Paolo Guinigi scelse il palazzo signorile nell’antica fortezza Augusta, eretta da Castruccio, e per questo tra i primi atti ufficiali del Signore di Lucca si conta l’ampliamento del palazzo stesso.

Veduta di Lucca con la Torre Guinigi
Veduta di Lucca con la Torre Guinigi
Lucca, Torre Guinigi. Foto: Stefano Sansavini
Lucca, Torre Guinigi. Foto: Stefano Sansavini
Ritratto ideale di Paolo Guinigi (XVI secolo; marmo; Lucca, Museo Nazionale di Villa Guinigi)
Ritratto ideale di Paolo Guinigi (XVI secolo; marmo; Lucca, Museo Nazionale di Villa Guinigi)
Villa Guinigi
Villa Guinigi
Vincenzo di Michele da Piacenza, Croce dei Pisani (1411; argento fuso, sbalzato, cesellato, dorato, in origine anche smaltato, 26 x 78,5 cm; Lucca, Museo della Cattedrale)
Vincenzo di Michele da Piacenza, Croce dei Pisani (1411; argento fuso, sbalzato, cesellato, dorato, in origine anche smaltato, 26 x 78,5 cm; Lucca, Museo della Cattedrale)
Jacopo della Quercia, Monumento funebre di Ilaria del Carretto (1406-1410; marmo, 88 x 244 x 66,5 cm; Lucca, Cattedrale di San Martino). Foto: Complesso Museale e Archeologico della Cattedrale di Lucca
Jacopo della Quercia, Monumento funebre di Ilaria del Carretto (1406-1410; marmo, 88 x 244 x 66,5 cm; Lucca, Cattedrale di San Martino). Foto: Complesso Museale e Archeologico della Cattedrale di Lucca

È tuttavia considerato il suo maggiore intervento architettonico nonché il culmine del prestigio personale la costruzione del palazzo dei Borghi anche noto come palazzo “del giardino” tra il 1413 e il 1420, che ora ospita il Museo Nazionale di Villa Guinigi: “uno nobile palagio con un bellissimo giardino [...] nel qual palagio il predicto Signore alcuno tempo dell’anno fa sua dimoragione” come afferma il cronista Giovanni Sercambi, che si fece erigere chiamando vari artisti; una dimora suburbana “monumento dell’otium umanistico” in un luogo periferico ma non emarginato dalla vita attiva della città. A coordinare i lavori fu l’ingegnere Pietro di Niccolò Lamberti e in merito alle maestranze coinvolte si farebbero i nomi di Ambrogio e Donato da Fiesole, Giovanni Ganti, Domenico e Giuntino Guidi, Engherardo di Franconia, Corrado d’Alemagna, Niccolò da Venezia. Particolarmente significativo è il ruolo del portico che pone l’intero edificio in dialogo con l’ambiente circostante; l’intero progetto architettonico è contraddistinto da una apertura degli spazi verso l’esterno, che viene ulteriormente sottolineata dalla presenza di un grande giardino. Nell’agosto del 1420 l’intero complesso era con molta probabilità già concluso, almeno nelle sue forme, poiché ospitò la festa delle nozze di Paolo Guinigi e Jacopa Trinci, alla quale “presero parte circa settanta homini ciptadini e circa ottanta donne honorevoli, addobbate di drappi di seta et perle... e molti forestieri e molti trombetti et piffari, buffoni et giullari”. In realtà in questa occasione si festeggiarono due coppie di sposi: oltre a Paolo e Jacopa, anche Ladislao, primogenito di Paolo, che negli stessi giorni aveva sposato Maria dei Varano di Camerino.

La costruzione del palazzo dei Borghi coincide inoltre con un periodo molto importante per la carriera diplomatica di Paolo Guinigi: fu infatti mediatore nella pace di Lucca del 1413 tra Genova e Firenze e ottenne il titolo di vicario imperiale per lui e per i suoi discendenti nella stessa forma ottenuta anche da Castruccio Castracani. Questo non solo gli diede il riconoscimento del suo ruolo politico e della sua Signoria, ma lo rese erede legittimo di Castruccio, il più potente e importante Signore di Lucca.

Particolarmente significativi per poter tracciare le vicende di Paolo Guinigi sono stati i Carteggi e gli Inventari dello stesso, oltre all’epistolario di Guido Manfredi da Pietrasanta, uno dei suoi più stretti collaboratori: quest’ultimo ebbe il merito di cogliere i fermenti culturali dell’epoca e di trasmetterli a Guinigi che, da quanto emerge dai Carteggi e dall’epistolario, fu attratto dalle letture classiche, in particolare da Petrarca, e appassionato degli studi di astronomia. E sappiamo che si circondò dei maggiori esponenti della classe intellettuale locale, quali il cronista Giovanni Sercambi, di cui ci sono giunte le sue famose Croniche, e il mercante e mecenate Lorenzo Trenta (Lucca, ? – 1439).

Dalle sue lettere si sa anche che lavoravano per lui noti orafi dell’epoca e che era amante e sempre alla ricerca di sfavillanti gioielli, di sontuosi arredi, di vesti, di fregi e di pelli per la sua persona, per le sue donne e per i familiari. E di codici da acquistare, soprattutto se preziosamente ornati.

Dal punto di vista artistico-culturale, Paolo Guinigi richiamò a sé artisti locali e non, come ad esempio l’architetto scultore fiorentino Pietro di Niccolò Lamberti, il modenese Arduino da Baìso, intagliatore, ebanista e intarsiatore, e il senese Jacopo della Quercia, anche se l’attività di quest’ultimo era già nota al Signore di Lucca in quanto Pietro da Siena, padre di Jacopo, anch’egli artista, aveva realizzato i due calchi per il sigillo della Signoria (oltre che pittore e incisore, era infatti anche intagliatore e orafo). Guinigi intratteneva inoltre rapporti con ambasciatori-procuratori che lo tenevano costantemente aggiornato sull’evoluzione delle tendenze artistiche e culturali e che gli procuravano i manufatti più prestigiosi prodotti nei paesi in cui soggiornavano o con i quali venivano a contatto. Ad esempio Giorgio Manni lo riforniva di pellicce, il fiorentino Andrea Gori di pellame, il genovese Tommaso Soffia era uno dei suoi maggiori rifornitori di gemme e pietre preziose, altri erano veri procacciatori di opere d’arte e, anche Lorenzo Trenta, tra i membri più importanti della cerchia di Guinigi, gli forniva ori e argenterie. All’orafo padano Vincenzo di Michele da Piacenza lo stesso Guinigi commissionò nel 1411 la Croce dei pisani, tra più alti esempi dell’oreficeria toscana di primo Quattrocento. Si tratta di un prezioso manufatto conservato al Museo della Cattedrale di Lucca: una croce gemmata che ricorda la forma dell’albero della vita dai cui fiori, sul retro, compaiono le figure di profeti e di apostoli, mentre nella parte frontale è rappresentato il Cristo circondato da quattro edicole con l’Eterno e i tre evangelisti Marco, Luca e Matteo. Ai lati della croce, Maria e Giovanni e, sopra il Cristo, il Pellicano mistico. Secondo quanto emerge dal suo carteggio personale, Paolo Guinigi nel 1419 parlò all’allora priore di Firenze Niccolò da Uzzano dell’abilità dell’ebanista Arduino da Baìso, che insieme al fratello Alberto, realizzò lo studiolo di legno del Signore di Lucca per il palazzo signorile dell’Augusta: commissionato probabilmente nel 1413 per collocarvi i libri della propria biblioteca, venne ultimato l’anno successivo.

È comunque indubbio che quando si pensa ai capolavori che Paolo Guinigi fece realizzare nella sua città, è il Monumento funebre di Ilaria del Carretto a venire subito alla mente: l’opera in marmo che lui stesso commissionò a uno degli scultori più celebri dell’epoca, Jacopo della Quercia, per realizzare il monumento funerario della sua seconda moglie, scomparsa a soli ventisei anni durante il secondo parto. Eseguito tra il 1406 e il 1410, anche se probabilmente il sarcofago era già stato quasi ultimato nell’aprile del 1407, il monumento costituiva al tempo un’opera unica, senza precedenti, che si differenziava dai soliti monumenti funerari appoggiati a una parete di fondo di una chiesa tipici del Due-Trecento. Il capolavoro scultoreo, oggi custodito nella sacrestia della Cattedrale di San Martino a Lucca, è un’opera a tutto tondo in cui l’artista intreccia la scultura gotica senese alla scultura borgognona e a elementi classici, collocando distesa su un sarcofago, come se riposasse in un sonno perenne, una giovane donna accompagnata da un fedele cagnolino ai suoi piedi.

Per la Cattedrale di San Martino furono significative anche due famiglie di spicco nella Lucca del Quattrocento: i Noceto e i Bertini. Al celebre scultore Matteo Civitali vennero commissionati i monumenti funerari di due esponenti delle rispettive famiglie: Pietro da Noceto, umanista e segretario di papa Niccolò V, e Domenico Bertini da Gallicano, mecenate a cui si deve anche la realizzazione del Tempietto del Volto Santo che si può ammirare nella stessa Cattedrale. Civitali ha raffigurato ritratti dal naturale dei defunti: l’effigie del Bertini è rappresentata sia nel suo monumento funebre sia nel Tempietto, mentre quella di Pietro da Noceto, la cui figura intera sormonta il sarcofago corredata da un libro e da una spada cavalleresca, si ripete anche a mezzo busto di profilo nel lunettone che corona la Tomba, posto di fronte all’effigie del figlio Nicolao che commissionò appena diciottenne l’opera funeraria in onore del padre.

Matteo Civitali, Monumento funebre di Pietro da Noceto (1472; marmo; Lucca, Cattedrale)
Matteo Civitali, Monumento funebre di Pietro da Noceto (1472; marmo; Lucca, Cattedrale)
Il Tempietto del Volto Santo di Matteo Civitali (Lucca, Cattedrale). Foto: Andrea Vierucci
Il Tempietto del Volto Santo di Matteo Civitali (Lucca, Cattedrale). Foto: Andrea Vierucci
Jacopo della Quercia, Polittico Trenta (1422; marmo; Lucca, San Frediano)
Jacopo della Quercia, Polittico Trenta (1422; marmo; Lucca, San Frediano)

Si trova invece nella Basilica di San Frediano la cappella del ricco mercante e mecenate lucchese Lorenzo Trenta, già citato come uno dei maggiori esponenti della cerchia di Paolo Guinigi. Trenta ottenne infatti nel 1412 il permesso di poter rinnovare una delle cappelle della Basilica lucchese: affidò quindi l’incarico a Jacopo della Quercia. Quattro anni dopo, nel 1416, il mecenate ottenne inoltre il permesso di portare nella cappella il corpo di san Riccardo, già sepolto nella Basilica di San Frediano. La cappella Trenta è infatti proprio dedicata al santo che morì nella città toscana, ed è raffigurato nel monumento scultoreo di Jacopo della Quercia all’estrema destra. Lo scultore senese realizzò per la cappella il grande polittico marmoreo raffinatamente scolpito con la Madonna col Bambino e i santi Orsola, Lorenzo, Girolamo e Riccardo, dove ciascuna statua a mezzo rilievo è collocata in una nicchia cuspidata, e le due tombe terragne di Lorenzo Trenta e della moglie, con i bassorilievi della gentildonna appartenente alla famiglia degli Onesti e del marito posto al suo fianco.

Da Paolo Guinigi a Lorenzo Trenta, il mecenatismo a Lucca nel Quattrocento segnò un capitolo importante per la città: fu un periodo di straordinario fervore artistico e culturale in cui vennero realizzate opere di grande pregio. Durante la Signoria guinigiana la città di Lucca si rese protagonista nella promozione dei più grandi artisti, in particolare in ambito scultoreo, e intellettuali del tempo. Il mecenatismo di Paolo Guinigi, Lorenzo Trenta e di altri personaggi illustri lucchesi non solo ha contribuito ad arricchire il patrimonio artistico della città, ma ha lasciato in eredità capolavori unici divenuti veri capisaldi della storia dell’arte italiana.


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Ilaria Baratta

L'autrice di questo articolo: Ilaria Baratta

Giornalista, è co-fondatrice di Finestre sull'Arte con Federico Giannini. È nata a Carrara nel 1987 e si è laureata a Pisa. È responsabile della redazione di Finestre sull'Arte.




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