La Toscana non è solo celebre per i suoi splendidi paesaggi e il patrimonio artistico senza pari, ma anche per una tradizione di mecenatismo che ha attraversato i secoli. Oggi, questa nobile pratica trova espressione nei moderni imprenditori e professionisti mecenati, individui che con dedizione e passione investono nelle arti e nella cultura e per arricchire la vita della comunità e preservare il glorioso passato della regione. Oggi, i mecenati giocano un ruolo fondamentale nel sostenere artisti emergenti e consolidati in Toscana: attraverso il loro impegno finanziario e il loro supporto consentono agli artisti di esplorare nuove frontiere espressive e di dare vita a opere originali, creando un ambiente favorevole per la crescita della comunità artistica locale e non solo, rendendo la Toscana una fucina culturale attiva e vitale.
Non solo: attraverso iniziative sostenute dai mecenati d’arte contemporanea, l’accesso all’arte si diffonde in modo più ampio. Progetti educativi, mostre pubbliche, aperture al pubblico di collezioni private e iniziative culturali contribuiscono a rompere le barriere tra l’arte e il pubblico. L’arte contemporanea diventa così un veicolo di connessione e comprensione, arricchendo la vita di tutti i cittadini. E mentre abbracciano l’innovazione, i mecenati d’arte contemporanea toscani mantengono un saldo legame con la ricca eredità culturale della regione: contribuendo al dialogo tra il passato e il presente, promuovono la continuità della tradizione artistica, garantendo che la Toscana sia un luogo dove storia e modernità possano coesistere armoniosamente.
Chi sono i più importanti imprenditori mecenati che hanno plasmato, nell’ultimo secolo, il paesaggio culturale della regione? Il capostipite degli odierni imprenditori e professionisti mecenati può esser trovato nella figura del collezionista anglo-fiorentino Frederick Stibbert (Firenze, 1838 – 1906), erede di un cospicuo patrimonio familiare che contribuì a incrementare grazie alle sue operazioni finanziarie e che poi investì in arte, allestendo una ricca collezione che in seguito, nel 1906, come sua ultima volontà, decise di donare alla città. Anche se Stibbert è da considerare un finanziere più che un imprenditore, la passione che ebbe per le arti era comune a quella che poi avrebbe caratterizzato in seguito gli imprenditori e i professionisti toscani interessati alle arti. L’interesse principale di Stibbert era quello per le armi: proveniva del resto da una famiglia di tradizioni militari, e per tutta la vita mai avrebbe abbandonato questa passione che lo portò ad accumulare una rara e preziosa raccolta di armi europee, islamiche e giapponesi. Accanto a questo nucleo collezionistico si aggiungono poi i costumi e gli oggetti d’arte decorativa, come le particolari porcellane, e ovviamente la quadreria che accoglie una Madonna di Sandro Botticelli, due santi di Carlo Crivelli, un ritratto attribuito al Bronzino, e poi opere di Domenico Beccafumi, Alessandro Allori e molti altri. Tutto conservato nella casa museo, oggi Museo Stibbert, una villa che la madre di Frederick, Giulia, acquistò nel 1849 e che venne poi ampliata nel 1874 quando il collezionista volle acquistare la villa dei vicini, i Bombicci, avviando lavori per unire i due edifici, terminati nel 1880. In tutto, la collezione di Stibbert si compone di più di 36mila oggetti provenienti dall’Europa e dall’Oriente, che oggi rappresentano un caso del tutto particolare di collezione ottocentesca rimasta integra (per espresso volere dello stesso Stibbert).
Dopo Frederick Stibbert, sono stati molti gli imprenditori e i professionisti illuminati che hanno lasciato tracce profonde sul paesaggio culturale della Toscana. Tra i primi è possibile menzionare Alberto Della Ragione (Piana di Sorrento, 1892 – Santa Margherita Ligure, 1973), ingegnere navale che, dopo aver insegnato matematica all’istituto nautico di Livorno fino al 1927, decise di mettersi in proprio avviando la sua attività professionale, specializzata nel recupero di navi affondate. I proventi della sua attività gli consentirono di diventare un importante collezionista d’arte: dopo un primo interesse per l’arte dell’Ottocento, nel 1931, a seguito di una visita alla prima edizione della Quadriennale di Roma, decise di vendere la sua raccolta d’arte dell’Ottocento per investire tutto in arte contemporanea. Acquistò così opere di tutti i grandi del tempo: Carlo Carrà, Giorgio Morandi, Mario Sironi, Filippo De Pisis, Massimo Campigli, Carlo Levi, Osvaldo Licini, Arturo Martini e molti altri. Non fu solo un collezionista, ma anche un mecenate in senso stretto, dal momento che strinse rapporti molto profondi con diversi artisti (specialmente quelli della Scuola Romana, su tutti Mario Mafai), ospitandoli e aiutandoli anche quando versavano in difficoltà economiche. Nei primi anni Quaranta riuscì anche a rilevare la galleria di Corrente, poi ridenominata “Galleria della Spiga”, estendendo dunque la sua attività di supporto agli artisti e ponendosi per di più come punto di riferimento contro l’arte ufficiale del regime fascista, dal momento che Della Ragione sosteneva artisti, come Renato Birolli e Renato Guttuso, che si schieravano in netta controtendenza. Più tardi, nel 1970, decise di donare alla città di Firenze la propria raccolta che oggi è esposta, visibile per tutti, nelle sale del Museo Novecento del capoluogo toscano.
La panoramica storica può continuare poi con Enrico Pecci (Prato, 1910 – Barbados, 1988), che a soli ventisei anni ereditò l’azienda tessile di proprietà del padre Luigi, che era già ben avviata: contava circa duecento dipendenti ed era trainata soprattutto dalle esportazioni. L’azienda di Pecci (tuttora attiva, con il nome di Pecci Filati), sotto la guida di Enrico, riuscì a espandere le sue attività aprendo anche stabilimenti in Perù e in Sudafrica, e dopo la fine della seconda guerra mondiale ebbe un ruolo di primo piano nel rilanciare l’industria laniera del distretto pratese (Enrico Pecci diventò anche presidente dell’Unione Industriale Pratese nel 1945). Inoltre, l’azienda spostò la propria strategia puntando sulla qualità anziché sul costo come aveva fatto prima della guerra, riuscendo in breve ad affermarsi, anche grazie a questo cambio di rotta, come principale industria laniera di Prato: l’attività di Enrico Pecci fu riconosciuta nel giugno del 1961 con la nomina di cavaliere del lavoro. Enrico Pecci dedicò gli ultimi anni della sua esistenza alla realizzazione del Centro per l’arte contemporanea “Luigi Pecci”, oggi più noto familiarmente come il “Centro Pecci” di Prato, uno dei principali centri per l’arte contemporanea in Italia. È dedicato alla memoria del figlio Luigi, scomparso prematuramente nell’estate del 1973 dopo che aveva già preso in mano le redini dell’azienda. Il Centro Pecci è il primo istituto italiano progettato appositamente per “presentare, collezionare, documentare e supportare le ricerche artistiche di arti visive e performative, cinema, musica, architettura, design, moda e letteratura”, come si legge nella presentazione sul suo sito. È stato aperto nel 1988 nel grande complesso progettato dall’architetto razionalista Italo Gamberini e poi ampliato nel 2016 da Maurice Nio: con tremila metri quadri di sale espositive, una biblioteca da 60mila volumi, un auditorium-cinema, un ristorante e un teatro all’aperto, è una delle più significative realtà nell’ambito dell’arte contemporanea e oggi è amministrato da un ente, la Fondazione per le Arti Contemporanee in Toscana, costituita nel 2015 dal Comune di Prato e dall’Associazione Culturale Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci.
Il viaggio tra le realtà imprenditoriali e professionali odierne può invece cominciare da Pistoia: a Santomato, alle porte della città, ha infatti sede la Fattoria di Celle, sede della raccolta d’arte contemporanea di Giuliano e Pina Gori. Giuliano Gori (Prato, 1930 – 2024), imprenditore nel settore dei tessuti, si interessò all’arte fin da giovane: risale addirittura agli anni Quaranta il primo nucleo della sua collezione, cresciuto poi in maniera cospicua tanto che, nel 1970, Gori decise di trasferire la raccolta proprio nella Fattoria di Celle, nota anche per essere stata una delle prime realtà italiane a promuovere e sostenere l’allora nascente arte ambientale, con progetti commissionati dallo stesso imprenditore. Giuliano e Pina Gori, per loro stessa ammissione, hanno sempre accordato preferenza agli artisti “che adottano innovazione nel linguaggio artistico”. Il parco della Fattoria di Celle è stato poi inaugurato il 12 giugno del 1982, con le prime diciotto opere: installazioni di Alice Aycock, Nicola De Maria, Dani Karavan, Luciano Fabro, Fausto Melotti, Roberto Morris, Denis Oppenheim, Mimmo Paladino, Giuseppe Penone, Michelangelo Pistoletto, Anne e Patrick Poirier, Ulrich Ruckriem, Gianni Ruffi, Richard Serra, Aldo Spoldi, Mauro Staccioli, George Trakas e Gilberto Zorio. Negli anni, la collezione ha aperto le sue porte al pubblico e si è ulteriormente arricchita, contando circa settanta opere che la rendono una delle principali raccolte d’arte contemporanea della Toscana.
Un altro imprenditore che ha aperto la propria collezione al pubblico è Roberto Casamonti, fondatore della Galleria Tornabuoni, una delle principali gallerie d’arte italiane, con sedi a Firenze, Milano, Forte dei Marmi, Roma e all’estero a Parigi e a Crans Montana. Oltre a essere stato uno dei più innovativi e originali mercanti d’arte del XX e del XXI secolo, Casamonti ha parallelamente condotto una notevole attività di collezionista, attraverso la quale ha radunato opere di molti dei più grandi artisti del Novecento e degli anni Duemila (tra i vari artisti si contano Marina Abramovic, Vanessa Beecroft, Alberto Burri, Enrico Castellani, Maurizio Cattelan, Christo, Giorgio De Chirico, Gino De Dominicis, Piero Dorazio, Max Ernst, Jean Fautrier, Tano Festa, Lucio Fontana, Piero Gilardi, Domenico Gnoli, Keith Haring, Emilio Isgrò, Asger Jorn, Vasilij Kandinskij, Anish Kapoor, Anselm Kiefer, Paul Klee, Yves Klein, Jannis Kounellis, Piero Manzoni, Mario Merz, Giorgio Morandi, Giulio Paolini, Pino Pascali, Robert Rauschenberg, Alberto Savinio, Mario Schifano, Giuseppe Uncini, Emilio Vedova, Bill Viola, Andy Warhol, Gilberto Zorio), per poi aprirla al pubblico, a partire dal 2018, nel piano nobile di Palazzo Bartolini Salimbeni, uno degli edifici più belli di Firenze, progettato nel 1520 da Baccio d’Agnolo e situato in piazza Santa Trinita, vicino a via Tornabuoni, la strada dove nel 1981 Casamonti aprì la sua prima galleria. La nascita della “Collezione Casamonti” (questo il nome con cui il gallerista-collezionista ha scelto di aprire la propria raccolta al pubblico, andando a creare un vero museo d’arte contemporanea nel cuore del capoluogo toscano), “sancisce il punto di arrivo di una lunga storia”, ha dichiarato Casamonti, “che attraversa e caratterizza la mia famiglia, raccontandosi ogni giorno per mezzo del linguaggio vivo dell’arte. Ho pensato di voler condividere con la città di Firenze, alla quale sono da sempre affettivamente legato, la mia collezione per poter fare in modo che i valori di cui l’arte è portatrice possano essere condizioni non esclusive ma pubblicamente condivise. Sono fortemente convinto del potenziale educativo dell’arte, in grado di strutturare ed educare il pensiero, l’animo e la consistenza del nostro vivere”.
Altro caso rilevante è quello del notaio Vittorio Gaddi, che assieme alla moglie Nunzia ha cominciato a collezionare arte contemporanea fin dall’inizio degli anni Novanta. Inizialmente interessato agli artisti italiani, specialmente ai grandi nomi, Gaddi ha poi rivolto la sua attenzione soprattutto agli artisti internazionali e alla scena emergente, andando a comporre, nelle due sedi in cui la collezione è suddivisa (un palazzo liberty degli anni Venti a Lucca e un casale nei pressi di Capannori), una delle raccolte d’arte contemporanea più dinamiche e aggiornate d’Italia, tra quelle che meglio registrano i cambiamenti della scena dell’arte di oggi. Tra gli artisti in collezione figurano Francis Alys, Neïl Beloufa, Marco Cingolani, Tony Cragg, Nathalie Djurberg, Olafur Eliasson, Leandro Erlich, Regina José Galindo, Isa Genzken, Petrit Halilaj, Carsten Höller, Alicja Kwade, Luigi Mainolfi, Hidetoshi Nagasawa, Piero Pizzi Cannella, Giò Pomodoro, Santiago Sierra, Kiki Smith, Kaari Upson.
Del tutto particolare è invece l’esperienza della Fattoria Montellori, situata alle porte di Fucecchio e gestita dagli imprenditori Alessandro Nieri ed Eva Perini. La Fattoria, situata al centro di una fiorente azienda del settore vitivinicolo, attiva fin dal 1895, ha infatti un notevole parco d’arte che non ha altri riscontri in Italia dal momento che si tratta di un giardino dove tutte le opere d’arte sono fatte di fiori, per preciso intento della committenza, che ha avviato questo progetto, curato da Eva Perini, nel 2010, chiedendo agli artisti di esprimersi attraverso il linguaggio dei fiori. Sono così nate le opere di Remo Salvadori, Daniela De Lorenzo, Luca Vitone, Marco Bagnoli, Stefano Arienti e Salvo che si sono cimentati con i fiori, realizzando opere effimere, che seguono il ritmo della natura, apparendo e scomparendo secondo le diverse stagionalità. Il tutto nello storico giardino della Fattoria, che si affianca a un parco romantico ottocentesco (rimasto inalterato e gestito con cura). “Per un artista”, dicono Nieri e Perini, “confrontarsi con la bellezza della natura è la sfida più difficile che gli viene richiesta; le opere realizzate a Montellori riescono a stupire per la loro forza e amore per la natura e l’arte”.
Accanto agli imprenditori e ai professionisti che hanno aperto al pubblico le proprie collezioni c’è poi da aggiungere una costellazione di mecenati che hanno deciso di supportare le arti in altri modi. Ci sono aziende che, per esempio, hanno aperto spazî espositivi per mostre d’arte: si è distinta in questo modo la Red Graniti, azienda del settore lapideo carrarese, che nel 2003 ha dato origine alla Fondazione Giorgio Conti, intitolata al fondatore dell’azienda, Giorgio Conti (Carrara, 1928 – 2002). Con sede in uno dei più splendidi palazzi ottocenteschi di Carrara, Palazzo Cucchiari, la fondazione organizza ogni anno mostre d’arte antica e contemporanea e, nonostante i pochi anni di attività (la prima mostra di Palazzo Cucchiari risale infatti al 2015), si è già distinta come una delle realtà culturali più apprezzate del territorio. Un altro esempio significativo è quello della maison di moda Patrizia Pepe che periodicamente ospita nella propria sede nei pressi di Firenze mostre di artisti italiani e internazionali.
Un caso particolare è quello dei galleristi Piero e Rosalba Giadrossi che hanno aperto un parco d’arte contemporanea, il Parco Sculture del Chianti, che è nato... da zero: Piero Giadrossi racconta di aver maturato l’idea di aprire un parco dedicato alla scultura dopo aver visitato una mostra nei giardini di Kristenbosch a Città del Capo nel 1998, così l’anno successivo cominciò a studiare la materia e, tra il 2001 e il 2004, iniziò ad allestire il parco in un terreno di 13 ettari che aveva acquistato l’anno prima non lontano dal borgo di Pievasciata, vicino Siena. Oggi, è uno dei parchi d’arte contemporanea più apprezzati e frequentati del paese. Ci sono soggetti che, per esempio, decidono di sostenere le ricerche degli studiosi: è il caso dell’azienda farmaceutica Menarini che, con il suo progetto Arte Menarini, ha realizzato una collana d’arte dedicata agli artisti italiani e che ogni anno presenta uscite di spessore, con testi di studiosi giovani o affermati. Un caso simile è quello della Fondazione Ferragamo: la celebre casa di haut couture, oltre ad aver aperto il museo nel centro di Firenze che racconta storie e creazioni dell’azienda, ha infatti al proprio fianco una fondazione che, dal 2013, anno della costituzione, si prefigge l’obiettivo di formare e far crescere giovani che operano nel mondo della moda, del design e dell’artigianato, attraverso workshop, laboratorî dedicati, collaborazioni con altri enti. E sempre Ferragamo si è distinta per aver sostenuto il restauro di diversi monumenti storici di Firenze. Si pone invece a supporto degli artisti l’attività della Fondazione Henraux di Pietrasanta, le cui azioni sono rivolte all’innovazione e alla sperimentazione artistica e tecnologica, oltre che alla conservazione e alla valorizzazione del patrimonio del marmo: ogni anno, la fondazione, costituita nel 2011, oltre a sostenere progetti artistici e culturali pubblici e privati, organizza un premio (il Premio Henraux) teso a valorizzare le ricerche contemporanee nell’ambito della scultura. La Fondazione, peraltro, ha anche una propria collezione di scultura in marmo in cui figurano opere di Hans Arp, Henry Moore, Joah Miró e diversi altri.
Andrà ricordato infine che l’investimento nelle arti da parte degli imprenditori non solo arricchisce culturalmente la Toscana, ma genera anche opportunità economiche e turistiche: eventi artistici, mostre e iniziative culturali sponsorizzate dagli imprenditori attirano visitatori da tutto il mondo, contribuendo all’economia locale e consolidando la reputazione della Toscana come destinazione culturale di primo piano. Il mecenatismo imprenditoriale crea inoltre una connessione significativa tra le imprese e le comunità locali. Gli imprenditori che investono nelle arti dimostrano un impegno verso il benessere della società, contribuendo a costruire una relazione positiva con la comunità. Questo senso di responsabilità sociale aumenta l’immagine positiva delle imprese e rafforza il legame tra il settore privato e il tessuto sociale.
Oggi, in un’epoca in cui le sfide economiche e sociali arrivano a minacciare il mondo delle arti, i mecenati d’arte contemporanea toscani sono un faro: la loro dedizione alla cultura e alla creatività assicura che la Toscana continui a brillare come una destinazione privilegiata per gli amanti dell’arte di tutto il mondo. L’importanza dei mecenati dell’arte contemporanea in Toscana va oltre il finanziamento di progetti artistici: contribuiscono a plasmare un futuro in cui l’arte continua a essere una forza unificante e illuminante per la società.
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ISCRIVITI ALLA NEWSLETTERGli autori di questo articolo: Federico Giannini e Ilaria Baratta
Gli articoli firmati Finestre sull'Arte sono scritti a quattro mani da Federico Giannini e Ilaria Baratta. Insieme abbiamo fondato Finestre sull'Arte nel 2009. Clicca qui per scoprire chi siamo