Il Palazzo della Carovana a Pisa: da sede dell'Ordine di Santo Stefano a Scuola Normale


A Pisa, il Palazzo della Carovana, che domina piazza dei Cavalieri, progetto di Giorgio Vasari, testimonia la sedimentazione dei secoli della città.

“Forse il punto più bello della città è la piazza dei Cavalieri, con il palazzo vasariano e la torre di Ugolino che oggi ospita la grandiosa biblioteca della Scuola Normale. Qui, lontano dai frettolosi turisti che di Pisa vogliono solo portare via l’immagine della Torre pendente, la cifra della città è rimasta intatta; i visitatori che vi si spingono non hanno l’aria inebetita dei forzati delle vacanze e guardano intorno in modo umano; ci sono ancora gruppetti di persone vestite in modo normale che parlano in modo naturale. Le cose sembrano avere ancora, nonostante tutto, un’anima”. Queste sono le parole con cui Antonio Tabucchi descriveva Piazza dei Cavalieri, la seconda piazza più famosa di Pisa, città dove lo scrittore era nato, e si era formato, perfezionandosi proprio alla Scuola Normale, e benché la vita lo avesse portato in largo e lungo per l’Italia e poi nel suo amato Portogallo, riusciva con poche parole a catturare l’anima più vera di quel luogo.

Ancora oggi le cose non sono cambiate, benché la piazza disti appena seicento metri dalla più celebre Piazza dei Miracoli, conserva il fascino intatto di un luogo ancora genuino, risparmiato dal turismo più distratto, e ancora perfettamente funzionale alla vita della città.

Funzionale, come lo è stato per secoli: cuore politico e civile di Pisa, ancora prima di assumere il toponimo con cui è nota oggi nel pieno Rinascimento, con ogni probabilità era già il foro della città romana, ma è nel Medioevo che in particolare ha avuto un ruolo nodale per la vita urbana. Nell’epoca altomedievale, la città subisce una contrazione urbanistica e gli insediamenti umani si stringono attorno a Piazza del Duomo e Piazza dei Cavalieri. Quest’ultima ospitava opifici metallurgici e forse come si evincerebbe dal toponimo con cui era nota allora di “corte vecchia”, si doveva trovare la curtis del gastaldo longobardo. Ma è nel Basso Medioevo, dalla fine del X secolo, periodo in cui Pisa inizia a ritagliarsi un ruolo di primaria importanza, che si assiste a una prima riorganizzazione della piazza, e le attività manifatturiere vengono delocalizzate in favore di edifici dalle finalità pubbliche.

Con la nascita del Comune e in particolare alla metà del XIII secolo, sono qui ospitate la sede della Magistratura degli Anziani e quella del Capitano del Popolo. Ma per seguire queste e tutte le future evoluzioni è possibile indagare un palazzo, che può essere letto per scandire tutta la storia della città, il Palazzo della Carovana, oggi sede della Scuola Normale e vero centro nevralgico della piazza. La struttura, che oggi si presenta all’esterno così come era stata pensata da Giorgio Vasari nel XVI secolo, ha subito nel corso tempo varie rifunzionalizzazioni. Il primo corpo di fabbrica risalirebbe al 1286, quando vi ha sede il Palazzo degli Anziani, l’organo di autogoverno più importante della Repubblica, formato da dodici “anziani”, rappresentanti politici della città e di varie corporazioni liberamente eletti, che qui avevano l’obbligo di risiedere.

Pisa, Piazza dei Cavalieri, a destra il Palazzo della Carovana. Foto: Comune di Pisa
Pisa, Piazza dei Cavalieri, a destra il Palazzo della Carovana. Foto: Comune di Pisa
Palazzo della Carovana. Foto: Jacopo Suggi
Palazzo della Carovana. Foto: Jacopo Suggi
Palazzo della Carovana, la facciata. Foto: Jacopo Suggi
Palazzo della Carovana, la facciata. Foto: Jacopo Suggi
Palazzo della Carovana, la facciata. Foto: Jacopo Suggi
Palazzo della Carovana, la facciata. Foto: Jacopo Suggi
Particolare della decorazione a graffito della facciata. Foto: Jacopo Suggi
Particolare della decorazione a graffito della facciata. Foto: Jacopo Suggi
La statua di Cosimo I del Francavilla. Foto: Jacopo Suggi
La statua di Cosimo I del Francavilla. Foto: Jacopo Suggi

Con la fine dell’autonomia pisana e il dominio fiorentino sulla città, l’istituzione viene soppressa e nel palazzo trovano posto i nuovi organi politici, il Collegio dei Priori prima, e poi la sede del Commissario di Pisa. L’egemonia fiorentina su Pisa è particolarmente dura, e porta a uno spopolamento e a una perdita di centralità, che perdurerà quantomeno fino alla salita sul trono granducale di Cosimo I dei Medici, il quale anche se non attuerà una politica più liberale, ritagliò per la città un ruolo di primo piano. Si decise, infatti, di rendere l’edificio sede dell’Ordine dei Cavalieri di Santo Stefano, ordine religioso e cavalleresco volto a difesa della fede e a guardia del Mediterraneo, ma anche funzionale ad assicurarsi il controllo sulla nobiltà toscana.

Si assistette quindi alla radicale trasformazione della Piazza delle Sette Vie, così era nota, e del palazzo, progetto complessivo portato avanti da Giorgio Vasari dal 1562, vero artefice della risistemazione urbanistica ultimata solo diversi decenni dopo. Nelle intenzioni della corte granducale e dell’architetto si volle investire la piazza e il palazzo di nuovi significati politici, affidandosi a un’iconografia più consona al potere fiorentino, attraverso il riutilizzo delle strutture preesistenti che però venivano rifondate nella loro estetica. La natura politica dell’operazione era trasformare i simboli dell’indipendenza pisana, nascondendoli dietro quelli del nuovo Ordine e dell’identità medicea.

L’intervento si poneva all’estremo opposto di quanto fatto per Palazzo Vecchio a Firenze, dove era stata data nuova sistemazione agli interni trasformandolo in una dimora principesca, ma si era mantenuta intatta l’estetica del palazzo comunale. Difatti, nel Palazzo della Carovana l’impegno dei nuovi lavori si esplicava soprattutto all’esterno, mentre l’organizzazione interna rimaneva piuttosto inalterata, forse per una scelta dettata da motivi prettamente economici, in quanto il preventivo di Vasari (“con tre mila [scudi] farà quel tanto che ha bisognio”) fu puntualmente disatteso, e i prezzi lievitarono di non poco.

Vasari, quindi, cela il profilo esterno con un progetto che dà omogeneità al precedente complesso formato da torri e case-torri di diversa altezza e merlatura, regolarizzando il profilo discontinuo, con una nuova sintassi esterna, affidata dalla scansione di finestre incorniciate da pietra grigio-verde e da un sontuoso apparato decorativo pittorico eseguito a graffito sulla facciata. La pittura, rimaneggiata nei secoli, è organizzata secondo il progetto originale in quattro registri: al piano terra segni zodiacali intermezzati dalle finestre mostrano probabilmente l’oroscopo di Cosimo I o alludono a importanti eventi. In corrispondenza del primo piano si trovano invece le allegorie delle arti liberali, attributi del buon cavaliere.

Al secondo piano si alternano divinità e raffigurazioni delle imprese di Cosimo, come ad esempio il falcone che stringe tra gli artigli lo scudo di santo Stefano, simbolo di perseveranza e continuità, la tartaruga con la vela, associata all’ossimoro “festina lente” ovvero affrettati lentamente, e il Capricorno, ascendente di Cosimo e mese in cui era salito al potere. All’ultimo piano altre virtù, satiri e mascheroni, e quelle che sono state riconosciute come divinità fluviali, e poi ancora trofei e grottesche.

Il denso programma iconografico è un’ostensione del potere e della munificenza del Granduca, completato dai busti dei Granduchi medici, di cui manca solo Gian Gastone, posti in facciata nel corso del tempo e realizzati da nomi prestigiosi quali Ridolfo Sirigatti, Pietro Tacca e Giovan Battista Foggini. Al complesso programma propagandistico si aggiunge la statua con fontana di Cosimo I nelle vesti del Gran Maestro dell’Ordine di Santo Stefano che domina i mari, simboleggiato dal sovrano che poggia i piedi su un delfino, che si trova davanti allo scalone, opera di Pietro Francavilla.

L’esterno è dominato anche dal monumentale scalone d’ingresso a doppia rampa di gusto neoclassico dal forte impatto scenografico. Si tratta di un’aggiunta moderna, installata nel 1821, eretta in sostituzione di quella originale pensata da Vasari e che versava in condizioni di estremo degrado.

La facciata posteriore vista dal cortile interno, e ricavata dalla chiusura del loggiato. Foto: Jacopo Suggi
La facciata posteriore vista dal cortile interno, e ricavata dalla chiusura del loggiato. Foto: Jacopo Suggi
Lo scalone. Le opere del Centro Pecci e un dipinto raffigurante Leopoldo II. Foto: Jacopo Suggi
Lo scalone. Le opere del Centro Pecci e un dipinto raffigurante Leopoldo II. Foto: Jacopo Suggi
La vetrata moderna che sovrasta lo scalone monumentale interno. Foto: Jacopo Suggi
La vetrata moderna che sovrasta lo scalone monumentale interno. Foto: Jacopo Suggi
Un corridoio interno del palazzo. Foto: Jacopo Suggi
Un corridoio interno del palazzo. Foto: Jacopo Suggi
La Sala Azzurra, un tempo Sala delle Armi per gli emblemi che si sviluppano in un fregio continuo. Foto: Jacopo Suggi
La Sala Azzurra, un tempo Sala delle Armi per gli emblemi che si sviluppano in un fregio continuo. Foto: Jacopo Suggi

All’interno, l’edificio si presenta come una sedimentazione di secoli e funzioni, dettate anche dalla sua riconversione a sede della Scuola Normale Superiore. Quest’ultima trae le sue origini dalla volontà di Napoleone, che nel 1810 decise di realizzare un’istituzione con pensionato accademico su modello dell’École Normale Supérieure di Parigi. Inizialmente operava negli spazi soppressi del convento di San Silvestro, poi dal 1846 trovò la sede nel Palazzo della Carovana. Nata con lo scopo di formare professori e maestri delle scuole secondarie, venne nel corso dei secoli riformata divenendo una scuola superiore universitaria pubblica con percorsi di alta formazione e ricerca.

Negli interni le pertinenze medievali sono ancora visibili, e riportati in luce anche con restauri moderni, la maggior parte degli spazi è organizzata su assi verticali, testimonianza di come gli ambienti medievali siano stati giustapposti e raccordati. Le sale hanno profili irregolari, in cui talvolta si conservano tracce di affreschi quattrocenteschi, lascito della precedente funzione. Ovviamente le sale hanno subito anche successivi interventi, in particolare durante il XVIII secolo e tra il 1928 e il 1933 da Giovanni Gentile, allora alla guida della Scuola Normale.

L’assetto delle stanze di ispirazione conventuale è stato alterato nel Novecento con l’apertura di corridoi, mentre il loggiato posteriore, un tempo aperto, fu chiuso con i lavori settecenteschi. Vasari dal canto suo concentrò le sue attenzioni nelle coperture delle stanze, con soffitti cassettonati o a volte, in parte ancora visibili.

Il Palazzo della Carovana prende il suo nome dall’addestramento a cui erano sottoposti i cavalieri, della durata di tre anni, organizzati in sei mesi, dove venivano formati nelle arti liberali, nei valori religiosi ma anche nelle discipline atletico militari come la scherma e la pratica delle armi, e i restanti sei mesi sulle galere stefaniane. L’edificio per tali motivi aveva al piano terra un’armeria e alcuni magazzini, mentre al piano primo si sviluppano gli ambienti di rappresentanza, come il Salone delle Armi e il Salone della Scherma, oggi rispettivamente Sala Azzurra e Sala degli Stemmi, usate per incontri istituzionali, conferenze e seminari, e la prima contiene anche parte di archivi storici, in particolare il ricco archivio della famiglia fiorentina Salviati. Queste stanze erano e sono sormontate da un fregio continuo che poi invade l’edificio, composto dagli stemmi dei cavalieri appartenuti all’Ordine. Sempre al primo piano si trovavano anche il carcere e la tesoreria, mentre salendo si incontravano gli appartamenti delle alte cariche dell’Ordine.

Negli interni poi oggi si trovano opere in deposito dalla Galleria degli Uffizi, alcuni dipinti di artisti di scuola fiorentina vicini a Bronzino, Ghirlandaio e Vasari, nonché opere d’arte contemporanea esposte a rotazione e provenienti dal Centro Pecci di Prato. Il connubio tra arte antica e contemporanea che trova disposizione all’interno del Palazzo della Carovana, vestigia di una storia importante e oggi invece deputata alla formazione di giovani talenti, marca continuamente il rapporto tra l’Italia del passato e quella del futuro.


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Jacopo Suggi

L'autore di questo articolo: Jacopo Suggi

Nato a Livorno nel 1989, dopo gli studi in storia dell'arte prima a Pisa e poi a Bologna ho avuto svariate esperienze in musei e mostre, dall'arte contemporanea, alle grandi tele di Fattori, passando per le stampe giapponesi e toccando fossili e minerali, cercando sempre la maniera migliore di comunicare il nostro straordinario patrimonio.



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