Il Museo degli Strumenti per il Calcolo e il Museo degli Strumenti di Fisica dell'Università di Pisa


Nel Sistema Museale di Ateneo pisano si trovano due interessanti collezioni che raccontano l’evoluzione delle scienze e l’importante ruolo che la città toscana ha avuto nel suo sviluppo.

L’Università di Pisa fu fondata ufficialmente nel 1343, ma già nei secoli precedenti la città era frequentata da studenti che seguivano lezioni presso celebrati maestri, tra i quali si annovera il matematico Leonardo Fibonacci. Questa istituzione antichissima e ammantata di grande prestigio vanta anche uno straordinario patrimonio di beni mobili e immobili, di cui sono una testimonianza significativa i nove musei facenti parte del Sistema Museale d’Ateneo a cui si aggiunge il Museo di Storia Naturale di Calci, che però si attesta come centro autonomo.

Alcuni hanno origini che affondano nei secoli, diversi hanno visto luce nel XIX secolo, mentre altri ancora sono ben più recenti. Tra quelli di non antica fondazione ci sono due collezioni che inizialmente hanno avuto una storia museale condivisa: sono il Museo degli Strumenti per il Calcolo e il Museo degli Strumenti di Fisica.

Tutto ebbe inizio nel 1989 quando nel Dipartimento di Fisica dell’Università di Pisa si dette vita al Centro per la Conservazione e lo Studio degli Strumenti Scientifici, con l’obbiettivo di raccogliere, recuperare e restaurare gli strumenti scientifici del Dipartimento, iniziativa nata per tutelarli ed evitare dispersioni. E fin dall’inizio si fece altrettanto con le macchine per il calcolo, con la volontà di documentare l’evoluzione della storia del calcolo attraverso i suoi stessi strumenti. Così si voleva “allestire un moderno museo di rilevanza nazionale finalizzato alla conservazione e allo studio di esemplari di calcolatori e, più in generale, di tutto ciò che è stato realizzato e scritto nell’area informatica”. Per tale scopo nel 1993 il Ministero dell’Università e della Ricerca Scientifica e Tecnologica decise di dare vita a una commissione nazionale per il Museo degli Strumenti per il Calcolo, che l’anno successivo emise una circolare destinata a tutte le Università e agli Istituti di Ricerca italiani per raccogliere il materiale informatico obsoleto. Così, al già corposo nucleo di oltre 700 strumenti scientifici risalenti a un periodo che va dal XVII al XIX secolo, si aggiunsero alcune migliaia di strumenti per il calcolo, costituendo di fatto una delle collezioni più grandi del paese.

Allestimenti del Museo degli Strumenti per il Calcolo
Allestimenti del Museo degli Strumenti per il Calcolo
Allestimenti del Museo degli Strumenti per il Calcolo
Allestimenti del Museo degli Strumenti per il Calcolo
Allestimenti del Museo degli Strumenti per il Calcolo
Allestimenti del Museo degli Strumenti per il Calcolo
Foto d’epoca della Calcolatrice Elettronica Pisana, 1961, Archivio dell’Università di Pisa
Foto d’epoca della Calcolatrice Elettronica Pisana, 1961, Archivio dell’Università di Pisa
La Macchina ridotta del 1957 in una foto d’epoca, Archivio dell’Università di Pisa
La Macchina ridotta del 1957 in una foto d’epoca, Archivio dell’Università di Pisa

Il museo che ebbe la sua sede inizialmente in alcuni ambienti del Dipartimento di Fisica, fu poi inaugurato nel settembre del 2000 nell’area dei Vecchi Macelli della città, e nonostante la collezione divenisse via via sempre più grande, lo stesso era accessibile solo su appuntamento. Mentre nel 2011 il museo degli strumenti di calcolo ottenendo fondi è aperto con regolarità dedicandosi anche alla didattica e altre attività.

Nel 2017 infine, viene stabilito con decreto rettorale che gli strumenti scientifici di fisica e astronomia fossero raccolti autonomamente, dando vita così a un’ulteriore istituzione, il Museo degli Strumenti di Fisica. Il primo a nascere è quindi il Museo degli Strumenti per il Calcolo, scelta non casuale dal momento che Pisa ha dato un contributo fondamentale allo sviluppo della moderna informatica, come si può leggere anche nella collezione esposta.

La collezione è formata da strumenti approntati dall’umanità in circa cinque secoli di storia per facilitare le operazioni di calcolo: si va dagli abachi, compassi, per poi passare agli aritmometri, macchine di calcolo meccaniche nate nel XIX secolo, tra cui il museo espone l’Arithmomètre Thomas, un antico esempio di calcolatrice del 1850, e la Burroughs del 1895, oltre che a numerose altre macchine grandi e piccole che necessitano per funzionare di un’azione manuale.

I primi calcolatori elettronici avevano invece dimensioni ragguardevoli: ne è un esempio l’importante Calcolatrice Elettronica Pisana (C.E.P.). L’idea di acquistare per l’Ateneo una macchina calcolatrice elettronica moderna fu avanzata negli anni Cinquanta da Enrico Fermi, ma non essendo sufficienti i fondi destinati a tale scopo, si decise quindi di costruirla in loco e pertanto venne costituito il Centro Studi delle Calcolatrici Elettroniche in cui lavoravano oltre sessanta persone. La realizzazione della macchina venne appoggiata anche dall’azienda Olivetti, che mostrò da subito interesse, fornendo oltre a un contributo finanziario anche lavoratori specializzati.

In un primo momento fu realizzato solo un prototipo ridotto, mentre nel 1960 fu ultimata anche la macchina vera e propria, che occupava circa 70 metri quadrati, e che fu inaugurata l’anno successivo alla presenza del Presidente della Repubblica Giovanni Gronchi. Le potenzialità dello strumento erano avanzatissime, grazie all’elevata velocità di calcolo e alla grande capacità di memoria rapida. Proprio per merito di questo enorme strumento, si formò a Pisa la prima scuola di informatica in Italia. Tra gli elaboratori elettronici presenti nel museo, merita una menzione anche il calcolatore Olivetti ELEA 6001, noto anche per l’iconico design curato da Ettore Sottsass, e di cui furono venduti in Europa centosettanta esemplari a dispetto dell’immane costo che raggiungeva anche i 500 milioni di lire. Altro strumento di culto è anche il CRAY XMP, un supercalcolatore che quando fu costruito, nel 1984, era il più potente e costoso, su cui peraltro furono realizzati i primi corti Pixar. Il percorso poi si compone anche di normali calcolatori, di microcomputer, e diversi personal computer e dei loro dispositivi, testimoniando un’evoluzione continua e repentina del mondo dell’informatica che avrebbe poi dilagato, diventando una protesi onnipresente della nostra vita. Il museo ha l’indubbio merito di mostrarci come questa tecnologia che ormai diamo per scontata, abbia invece alle spalle un percorso complesso e particolareggiato.

Di grande interesse è anche la collezione del Museo degli Strumenti di Fisica, i cui reperti son ben più antichi di quelli del museo precedentemente preso in esame. Si tratta di artefatti eterogenei, che rispondono a varie applicazioni nei campi della fisica. Il nucleo degli strumenti più antichi fu trasferito da Firenze a Pisa da Carlo Alfonso Guadagni, primo direttore della cattedra di fisica sperimentale nel XVIII secolo, e taluni furono realizzati dallo scienziato stesso. Proveniente invece dalla galleria annessa all’orto botanico è la Macchina pneumatica di Musschenbroek (1697), dono della principessa Anna Maria Ludovica de’ Medici, si tratta di uno strumento costruito a Leida da Jan van Musschenbroek, una “pompa per la rarefazione dell’aria” che rese possibile gli esperimenti per la dimostrazione dell’esistenza del vuoto.

Tra i reperti più antichi si annovera anche un areometro, un apparecchio che serve a misurare il peso specifico dei liquidi e dei solidi, del XVII secolo, ideato nell’ambito dell’Accademia del Cimento, istituzione nata nel 1667 per iniziativa del principe Leopoldo de’ Medici e di suo fratello, il granduca Ferdinando II. Questa realtà fu particolarmente importante per l’evoluzione delle scienze matematiche, astronomiche, fisiche e naturali, oltre che per la meccanica celeste, l’ottica e la fisiologia umana e vegetale.

Allestimenti del Museo degli Strumenti di Fisica
Allestimenti del Museo degli Strumenti di Fisica
Allestimenti del Museo degli Strumenti di Fisica
Allestimenti del Museo degli Strumenti di Fisica

Nucleo fondante della collezione è anche quello appartenuto ad Antonio Pacinotti, scienziato pisano, senatore e professore all’Università di Pisa, è ricordato come l’inventore della dinamo e del motore elettrico in corrente continua. Nel museo si conservano alcuni suoi prototipi di macchine elettromagnetiche, come la celebre Macchinetta (1860), ovvero la dinamo. E poi ancora la Macchina a gomitolo e a volano elettromagnetici, e altre apparecchiature ad attrazione elettromagnetica, che mostrano come Pacinotti fu il primo a idealizzare un movimento lineare che sfruttasse tale forza.

Fra i circa 800 strumenti della collezione significative sono anche la Macchina per lo studio delle forze centrifughe della prima metà del Settecento, la Macchina per lo studio delle correnti indotte, il Commutatore di Matteucci, uno strumento atto a raddrizzare le correnti alternate di metà Ottocento e la Macchina elettrostatica di Cavallo del secolo precedente. Dalla Specola pisana invece provengono alcuni strumenti astronomici con i quali venivano condotte la maggior parte delle osservazioni, quali gli orologi di George Graham e il quadrante murale.

Coadiuva e completa l’attività del museo, la LuS, una ludoteca scientifica che promuove la sua attività in un capannone ai Macelli, in cui attraverso una collezione di giochi e strumenti creati per riprodurre, con uno spirito tutto galileiano, gli esperimenti che hanno fatto la storia della scienza e degli scienziati, si avvicinano i bambini al mondo della fisica e delle scienze in generale attraverso il divertimento.

Entrambe le realtà museali, il Museo degli Strumenti di Calcolo e quello degli Strumenti di Fisica, costituiscono non solo un significativo incontro con le scienze, ma la possibilità di conoscere la storia di una città e della sua università il cui contributo è studiato ancora oggi.


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Jacopo Suggi

L'autore di questo articolo: Jacopo Suggi

Nato a Livorno nel 1989, dopo gli studi in storia dell'arte prima a Pisa e poi a Bologna ho avuto svariate esperienze in musei e mostre, dall'arte contemporanea, alle grandi tele di Fattori, passando per le stampe giapponesi e toccando fossili e minerali, cercando sempre la maniera migliore di comunicare il nostro straordinario patrimonio.



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