Nella florida Val Graziosa, ai piedi del Monte Pisano, si impone sul verde dei prati e dei boschi la monumentale ed eburnea Certosa di Calci. Si tratta di un articolato complesso monastico che dalla metà del XIV secolo fino agli anni Settanta del secolo scorso ha mantenuto intatta la sua funzione. Oggi è invece un importante luogo di interesse turistico poiché è possibile visitare la parte monumentale dell’edificio, ma parte della struttura ospita inoltre il Museo di Storia Naturale dell’Università di Pisa.
L’istituzione museale all’interno della Certosa si pone come una visita di grande interesse per pubblici di ogni età, con una collezione ricchissima e variegata, le cui origini sono plurisecolari. “Veggasi ancor di grazia la galleria hoggi da Vostra Altezza Serenissima eretta in Pisa, ove si trovano di già raccolte tante sorti di miniere, pietre tanto varie e singulari e cose innumerabili dalla natura come per miracolo prodotte e con esatta diligenza ricerche da tutte le parti del mondo, che par cosa incredibile essersi potuto in un sol luogo ridurre tanto vago e dovizioso tesoro e di tante cose fabricato, da trattenere et esercitare lungo tempo qualunque erudito ingegno”: così si magnificava nel testo Ricettario Fiorentino di nuovo illustrato del 1597 la galleria voluta dal granduca toscano Ferdinando I dei Medici, diversa dalla sorella fiorentina, poiché in questa l’interesse principale era per opere della natura e non antiquarie, e doveva anteporre le necessità didattiche e conoscitive alla mera curiosità e stupore.
La galleria nasceva accanto all’Orto dei Semplici, oggi noto come Orto Botanico dell’Università di Pisa. Nonostante le sue volontà pedagogiche, rifletteva nelle collezioni eclettiche il gusto enciclopedico del tempo, lo stesso che si ritrova nelle collezioni europee raccolte nei cabinets de curiosités dove si esponevano reperti scelti per la loro singolarità, stravaganza, bellezza e rarità e che rispecchiavano l’interesse dei loro fondatori, generalmente nobili, sovrani ed eruditi. Queste stanze che sono note anche come Wunderkammer (camere delle meraviglie) avrebbero posto le basi del collezionismo e si sarebbero imposte come prodromi dei musei. L’attenzione della famiglia granducale per le raccolte pisane rimase alta fino alla metà del XVII secolo, quando iniziò a scemare, perché distolta dalle istituzioni fiorentine. A sopperire furono i prefetti dell’Orto, che avevano all’epoca ancora potestà sulla galleria, e ne ingrandirono la collezione, tanto che più volte fu necessario intervenire sull’edificio che la ospitava, allora in via Santa Maria a Pisa.
Con l’avvento dell’Illuminismo, all’approccio enciclopedico e stupefacente si preferì un maggior rigore scientifico e sistematico, andando a costituire sempre più collezioni autonome e specializzate. Questo portò nel XIX secolo, grazie anche alla figura dell’erudito Paolo Savi, a costituire un Museo di Storia Naturale indipendente dall’Orto, divenuto uno dei musei più ricercati e prestigiosi in Italia. Poi, dopo la Seconda guerra mondiale, un’ingente parte delle collezioni rimase a lungo chiusa al pubblico, fino a quando si decise nel 1980 di spostare il museo all’interno della Certosa, lasciata vuota da qualche anno dall’ordine religioso ormai estinto.
Le sterminate collezioni del museo sono oggi divise in nuclei tematici, che si articolano in spazi diversi, creando molteplici percorsi. La galleria storica ricostruisce le vicende del museo e dei personaggi coinvolti nella sua realizzazione e mostra anche come sia cambiato l’approccio al collezionismo, alle conoscenze e alla catalogazione.
Qui, si trova infatti una suggestiva ricostruzione della Camera delle Meraviglie, nucleo originario del museo: in un ambiente di gusto seicentesco è distribuito all’interno di austeri stipi un horror vacui di reperti, naturalia (reperti dei tre regni della natura), curiosa (oggetti strani ed esotici) e artificialia (manufatti di luoghi ed epoche diverse). Tra minerali, fossili, conchiglie e altre stravaganze si conserva anche la “testa umana pietrificata sopra la quale è nata una branchetta di corallo", forse il pezzo più celebre della collezione nel passato. Fu comprato per volontà del Granduca in Sardegna, ma il teschio si è nel tempo rivelato un falso. Altre testimonianze originali della raccolta sono la collana di denti di scimmia, la manina in corallo “che fa castagna” e un guscio di Nautilus con decorazioni incise.
Ma nelle gallerie si incontrano anche documenti originali, collezioni di grande pregio come quella dei gasteropodi e degli invertebrati marini, e la ricostruzione dello studio di Paolo Savi, che coprì la carica di direttore del museo dal 1823 fino al 1871. Savi fu anche un virtuoso tassidermista e qui sono esposti alcuni dei diorami a cui dette vita, con scene di caccia degli animali, oltre che a modelli in cera.
La sala degli archeoceti mostra un approfondimento sugli ancestrali antenati dei moderni cetacei, vissuti tra i 50 e i 35 milioni di anni fa. Si arriva poi alla galleria dei cetacei, nel suo genere una delle collezioni più ricche e importanti d’Europa, disposta nel lungo loggione un tempo luogo di svago dei monaci, in cui sono esposti modelli a dimensioni reali, scheletri completi e fossili della famiglia di cetacei, delfini e balene. Il culmine è costituito da un gigantesco scheletro di balenottera azzurra, il più grande animale mai vissuto sulla terra.
L’esposizione comprende anche una notevole collezione di mammiferi terrestri, costituita da oltre 300 esemplari che danno una panoramica estremamente vasta sulla biodiversità nel mondo, anche se talune specie sono a rischio estinzione, come indicano le didascalie in sala. Altrettanto interessante è anche la sezione su rettili e anfibi. Attraverso la raccolta dei minerali si ammirano meteoriti, di cui l’ottaedrite di Bagnone, un meteorite di 48 kg, il più grande che si conserva in Italia e ritrovato nei pressi di Massa Carrara. La sezione continua poi con i minerali della Toscana, una collezione che conta oltre 400 campioni, tra cui gli enormi cristalli di geocronite di Valdicastello, i campioni di minerali del marmo delle Alpi Apuane, e grandi geodi di quarzo.
Grande attenzione è data anche alla dimensione didattica con laboratori e intere aree con ricostruzioni, tra cui la sala dedicata all’evoluzione umana, che attraverso modelli e diorami mostra le tappe evolutive dell’uomo, la sala dei dinosauri, la galleria delle ere geologiche e la sala della Preistoria del Monte Pisano, dove è stata ricostruita “la Grotta del Leone di Agnano”, una celebre grotta carsica frequentata dagli esseri umani fin dal Paleolitico, quando era riparo per cacciatori ma di cui si attesta la sua frequentazione anche in età etrusca e poi rinascimentale. Grande fascino riveste soprattutto per i visitatori più piccoli la sala “Tra mito e scienza” in cui è stata replicata un’Arca di Noè della grandezza di 9 metri per 5 metri, con animali annessi, e capace di portare una riflessione sulla biodiversità. Conclude il percorso l’acquario d’acqua dolce più grande d’Italia, dove in 500 metri quadrati sono visibili oltre 100 specie di pesci, da quelli presenti nel nostro territorio fino a quelli di altri continenti.
Il museo poi è impreziosito dalla sua disposizione in ambienti antichi e carichi di grande fascino, un tempo luogo di ritiro e vita monastica, oggi deputato alla diffusione delle conoscenze, e da spazi che si aprono costantemente su imponenti vedute architettoniche e sul verde della campagna circostante e dei chiostri.
Per saperne di più su Pisa: https://www.turismo.pisa.it/
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ISCRIVITI ALLA NEWSLETTERL'autore di questo articolo: Jacopo Suggi
Nato a Livorno nel 1989, dopo gli studi in storia dell'arte prima a Pisa e poi a Bologna ho avuto svariate esperienze in musei e mostre, dall'arte contemporanea, alle grandi tele di Fattori, passando per le stampe giapponesi e toccando fossili e minerali, cercando sempre la maniera migliore di comunicare il nostro straordinario patrimonio.