Il cranio con corallo è uno dei reperti più celebri e al contempo più affascinanti del Museo di Storia Naturale di Pisa, che ha sede alla Certosa di Calci. Il cranio, datato presumibilmente a un periodo compreso tra il XVI e il XVII secolo, presenta un ramo di corallo attaccato alla superficie ossea. Il corallo, materiale organico che si forma nei fondali marini, ha una lunga tradizione di utilizzo in Europa, soprattutto durante l’epoca rinascimentale e barocca, come simbolo di protezione, potere e bellezza. Il corallo era ritenuto capace di allontanare gli spiriti maligni e di proteggere dai pericoli, come dimostrato dalla sua presenza nelle gioiellerie e nelle decorazioni. Ma perché a Pisa c’è un teschio con un corallo?
C’è da premettere che un tempo si pensava che il corallo fosse cresciuto spontaneamente sul teschio. Nella sua Descrizione storica e artistica di Pisa e de’ suoi contorni pubblicata nel 1838, l’erudito e incisore pisano Ranieri Grassi scriveva che nel Museo di Storia Naturale, già attivo all’epoca (anche se nell’Ottocento aveva sede nell’edificio annesso all’Orto Botanico), tra i diversi reperti che erano eredità delle collezioni granducali, si poteva osservare “il tanto famoso teschio umano col corallo natovi sopra, pescato nel mare prossimo all’isola di Sardegna”. In realtà, tuttavia, ci sono citazioni anche più antiche di questo singolare reperto: già nel 1605, lo scrittore inglese Robert Dallington, nel suo resoconto del viaggio fatto in Toscana nel 1596 (A Survey of the Great Dukes State of Tuscany in the Yeare of Our Lord 1596), riferiva che nelle collezioni granducali “vi sono […] pezzi da un’oncia, non ancora saggiati, d’oro e d’argento; coralli grezzi, dei quali se ne possono vedere alcuni cresciuti sul cranio di gente morta, ed infinite curiosità di questo genere, più deliziose a vedersi di quanto occorra riferire qui” (nell’originale: “Besides peeces of Ure untried both of Gold and Silver, Corall unpolished, whereof ye shal see some growe upon the Sculles of dead men, with infinite such like, more delightfull to bee seene, then needfull to bee related of”).
Inoltre, il teschio col corallo compare raffigurato anche in un celeberrimo dipinto di Domenico Remps (1620 – 1699), Lo scarabattolo conservato al Museo dell’Opificio delle Pietre Dure di Firenze (e ricostruito proprio al Museo di Storia Naturale della Certosa di Calci), un celeberrimo trompe-l’oeil che raffigura un cabinet colmo di curiosità che destavano l’interesse dei collezionisti del tempo: cammei, conchiglie, bizzarri insetti, quadretti con paesaggi e nature morte, incisioni, miniature, specchi, strumenti scientifici, rametti di corallo e, appunto, il teschio con corallo dell’Università di Pisa. Con tutta probabilità l’opera venne commissionata dal marchese Francesco di Cosimo Riccardi, che era allora maggiordomo del granduca di Toscana, Cosimo III de’ Medici: il cranio era infatti parte delle collezioni granducali, e compare citato nell’Inventario della Galleria e del Giardino de’ Semplici di Sua Altezza Serenissima compilato da fra’ Matteo Pandolfini il 16 luglio del 1626 (era l’inventario dei beni conservati nell’edificio annesso all’orto botanico, ovvero il giardino dei semplici). Qui, il teschio è menzionato come una “testa umana pietrificata sopra la quale è nata una branchetta di corallo”. Descrizione simile nell’inventario del 1673: “una testa di morto impietrita con incrustazione di coralloide e nato sopra un pezzo di corallo rosso”.
Ancora nel Settecento, il cranio con corallo aveva suscitato l’interesse scientifico del botanico francese Joseph Pitton de Tournefort, nel Settecento: all’epoca vigeva ancora la convinzione che i coralli fossero piante (e non animali), e si riteneva dunque che si riproducessero come piante. “Questi embrioni”, scriveva lo scienziato, “si trovano comunemente sulla maggior parte dei corpi che si estraggono dal fondo del mare. Possiedo parecchi funghi di mare e parecchie conchiglie che ne sono rivestite. E nel gabinetto di Pisa si fa vedere un pezzo di corallo attaccato ad un frammento di cranio umano”.
Si tratta, dunque, di un oggetto che ha sollevato tantissima curiosità in passato, ragion per cui è oggi uno dei più celebri reperti del museo, anzi: il cranio con corallo è associato al concetto stesso di Wunderkammer, di collezione di curiosità naturali e artificiali. “Possiamo solo immaginare”, ha scritto la studiosa Elena Bonaccorsi, “quali fantasie questo reperto abbia scatenato: dall’esistenza di un uomo-scherzo della Natura alla possibilità che gli annegati nei frequenti naufragi potessero essere ‘colonizzati’ da creature marine”. La realtà però è molto meno suggestiva di come la immaginavano gli uomini del Sette e dell’Ottocento: il corallo infatti è stato deliberatamente applicato al cranio. Niente a che vedere, dunque, col comportamento di questa specie o con singolari pesche nei mari della Sardegna. “Un falso”, lo bolla Elena Bonaccorsi: “Oggi anche i bambini che visitano il Museo sanno che il corallo non è cresciuto sul cranio e che qualcuno li ha incollati insieme, probabilmente con la pece, ma nessuno ancora sa chi fu a realizzare questo scherzo capace di ingannare a lungo viaggiatori, artisti e scienziati”.
Oggi, il Museo di Storia Naturale dell’Università di Pisa, situato nella splendida Certosa di Calci, ospita una vasta e affascinante collezione di reperti scientifici, tra cui esemplari di fossili, minerali, animali tassidermizzati, e, come simbolo di una straordinaria combinazione di biologia e cultura, appunto il cranio umano decorato con corallo. Un reperto che si distingue per la sua singolarità, ma il fatto che si tratti di un falso creato probabilmente per scherzo non deve sminuire la sua importanza: rimane uno oggetto di grande valore storico, che ha offerto, e offre, molti spunti per esplorare la connessione tra scienza naturale e arte, oltre che per raccontare la storia del collezionismo cinque e seicentesco. Tanto che ancora oggi è conservato nella Wunderkammer del museo.
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