Albert Friscia: a Potenza un artista del Novecento da riscoprire


La Biblioteca Nazionale di Potenza conserva la più completa raccolta esistente delle opere di Albert Friscia, artista italoamericano che fu importante esponente dell’arte cinetica, a contatto con Burri, Afro, Matta e molti altri grandi del tempo. Un artista da riscoprire.

Un totale di 96 dipinti, 65 sculture in bronzo e marmo, 10 opere cinetiche, 580 opere grafiche e disegni: è questo il patrimonio che costituisce la collezione di opere d’arte del pittore e scultore italoamericano Albert Friscia (New York, 1911 - Roma, 1989) pervenuta dopo la sua scomparsa alla Biblioteca Nazionale di Potenza, per volere della moglie Lidia Di Bello, nativa del capoluogo della Basilicata. Una raccolta cospicua per conoscere un artista originale, ben inserito negli ambienti artistici e culturali del suo tempo, ma che ancora fatica a imporsi presso il grande pubblico, nonostante una carriera di successo e malgrado il suo nome figuri tra quelli dei maggiori esponenti dell’arte cinetica. Friscia fu tuttavia un artista isolato, che non espose mai nei grandi contesti internazionali (come le Biennali di Venezia, per esempio), e dopo il suo arrivo in Italia rimase un autore tendenzialmente stanziale, per quanto in contatto con molti grandi del suo tempo. Dopo gli studi alla National Academy of Design di New York, al Black Mountain College (dove fu allievo di Josef Albers) e presso la Accademia de la Grande Chaumière a Parigi dove seguì i corsi di André Masson, Friscia si stabilì, nel 1950, in Italia, per la precisione a Roma, dove ebbe modo di approfondire le sue ricerche sulla luce e sul movimento.

Friscia aveva infatti già cominciato a lavorare giovanissimo, poco più che ventenne: era l’America degli anni Trenta, l’America del New Deal e dei Public Works of Art Project (PWAP), il grande piano di arte pubblica sovvenzionato dal governo federale che, negli anni della Grande Depressione, e per la precisione tra il 1933 e il 1934, impiegò oltre 3.700 artisti che produssero circa 15.000 opere d’arte, con le quali fu arricchito il patrimonio pubblico degli Stati Uniti. Fu questo il clima in cui Friscia si formò: pur non lavorando direttamente per i PWAP, l’artista, nel 1937, era stato incaricato di dipingere alcune pitture murali alla New York County Court House: si era infatti distinto per i suoi dipinti a tema sociale, che caratterizzarono l’inizio della sua carriera, benché sia molto precoce anche l’interesse per la luce e per le prospettive ardite, che comincia a farsi strada già nei dipinti della metà degli anni Trenta. “Vedute da sotto in su, frantumazioni della superficie dipinta in senso pointilliste, e più avanti, nel 1945, deformazioni sensibili [...] convergono a ‘mettere in moto’, secondo un ritmo ondeggiante, l’intero campo pittorico”: così lo studioso Bruno Mantura ha riassunto i termini della prima produzione di Friscia.

Opere di Albert Friscia alla Biblioteca Nazionale di Potenza. Foto Biblioteca Nazionale di Potenza
Opere di Albert Friscia alla Biblioteca Nazionale di Potenza. Foto Biblioteca Nazionale di Potenza
Opere di Albert Friscia alla Biblioteca Nazionale di Potenza. Foto Biblioteca Nazionale di Potenza
Opere di Albert Friscia alla Biblioteca Nazionale di Potenza. Foto Biblioteca Nazionale di Potenza
Opere di Albert Friscia alla Biblioteca Nazionale di Potenza. Foto Biblioteca Nazionale di Potenza
Opere di Albert Friscia alla Biblioteca Nazionale di Potenza. Foto Biblioteca Nazionale di Potenza
Albert Friscia, Autoritratto (1947; Potenza, Biblioteca Nazionale)
Albert Friscia, Autoritratto (1947; Potenza, Biblioteca Nazionale)
Albert Friscia, Abandoned House (1945; Potenza, Biblioteca Nazionale)
Albert Friscia, Abandoned House (1945; Potenza, Biblioteca Nazionale)
Albert Friscia, Etruscan in military practice (1954; Potenza, Biblioteca Nazionale)
Albert Friscia, Etruscan in military practice (1954; Potenza, Biblioteca Nazionale)

La sua ricerca si sarebbe poi arricchita dell’apporto giunto studiando diverse esperienze: quella dei cubisti, per esempio (che tuttavia lo interessò poco), o ancora il muralismo messicano (che ebbe modo di studiare con un soggiorno in Messico nel 1948), i lavori sulle proiezioni a colori realizzati da Thomas Wilfred negli anni Trenta. La sua arte è animata dal desiderio di trovare, afferma ancora Mantura, “un adattamento del figurativo alle esigenze linguistiche della sperimentazione d’avanguardia, tenendosi peraltro lontano dall’adottare un linguaggio totalmente astratto”. Negli anni Cinquanta, Friscia continuò a produrre i suoi dipinti ancora essenzialmente figurativi ma in parallelo conduceva, in maniera più riposta, una ricerca sulle proiezioni cinetico-luminose, che mostrò in privato ad artisti come Afro, Alberto Burri, Angelo Savelli, Roberto Matta). Le sue macchine, i Kinetichromes (ovvero quadri luminosi e sonori che fanno uso di proiezioni), che costituiscono forse l’aspetto più originale delle sue ricerche, sarebbero stati tuttavia esposti per la prima volta al pubblico solo nel 1967, in occasione della collettiva La Luce tenutasi alla Galleria L’Obelisco di Roma. E sempre alla fine degli anni Sessanta rimontano le prime esposizioni delle sue sculture, attraverso le quali Friscia esprime il suo fascino per la natura e la scienza, e che rimandano alla scultura di Hans Arp, di Umberto Boccioni, di Henry Moore.

Le sculture di Friscia rappresentano una porzione molto consistente della sua produzione, benché si concentrino nell’ultima parte della carriera. Anche qui, il linguaggio dell’artista italoamericano si pone a metà tra figurazione e astrazione, come vediamo, per esempio, osservando la Venere, opera morbida e voluminosa che propone una dea dalle forme abbondanti, e che si fa simbolo della vita stessa e di maternità (il tema della “Grande Madre” torna anche in un’opera unica, la Planeometric Figure degli anni Ottanta, l’unica opera nella collezione della Biblioteca Nazionale di Potenza realizzata a sbalzo, per far emergere un voluttuoso corpo muliebre dalla lastra di bronzo), oppure la Figura femminile con la quale l’artista, si legge nella scheda di catalogo riferita all’opera, giunge a “forme di grande pulizia nel tentativo di rendere meno dure e più trasparenti le densità cubiste; forme primarie che derivano dalla sterilizzazione estrema di forme più complesse nella resa delle quali, la scultura di Albert Friscia è accomunata a quella di Brancusi e Moore”. Si ritrova la grande semplicità formale che ricorda Brancusi anche nella Figura mistica degli anni Settanta, in cui è palese il tentativo da parte dell’artista di proporre un’immagine simbolica della femminilità. È invece il movimento l’elemento che anima opere come la Figura danzante o gli Uccelli in volo, che segna uno dei punti più alti del linguaggio astratto di Friscia, con un intreccio di forme e di piani che si distribuiscono a circolo per suggerire al riguardante l’idea del movimento dei volatili. Ulteriori possibilità espressive vengono esplorate con Planeometric form. motivi decorativi geometrici, minuscola opera (è alta appena 6 centimetri) degli anni Cinquanta che, si legge nella scheda, “raffigura un’immagine astratta con articolazioni plastiche ed implosioni geometriche: lo spazio, così, sembra divenire materia in espansione”, una materia in moto che pare anticipare i Kinetichromes.

Albert Friscia, Venus (1960-1980; bronzo, altezza 38 cm; Potenza, Biblioteca Nazionale)
Albert Friscia, Venus (1960-1980; bronzo, altezza 38 cm; Potenza, Biblioteca Nazionale)
Albert Friscia, Figura femminile (1950-1960 circa; bronzo, altezza 18 cm; Potenza, Biblioteca Nazionale)
Albert Friscia, Figura femminile (1950-1960 circa; bronzo, altezza 18 cm; Potenza, Biblioteca Nazionale)
Albert Friscia, Mystic figure (1970-1975 circa; bronzo, altezza 14 cm; Potenza, Biblioteca Nazionale)
Albert Friscia, Mystic figure (1970-1975 circa; bronzo, altezza 14 cm; Potenza, Biblioteca Nazionale)
Albert Friscia, Planeometric figure (1980-1989 circa; bronzo, altezza 23 cm; Potenza, Biblioteca Nazionale)
Albert Friscia, Planeometric figure (1980-1989 circa; bronzo, altezza 23 cm; Potenza, Biblioteca Nazionale)
Albert Friscia, Modern Dancer (1960-1989 circa; bronzo, altezza 13,5 cm; Potenza, Biblioteca Nazionale)
Albert Friscia, Modern Dancer (1960-1989 circa; bronzo, altezza 13,5 cm; Potenza, Biblioteca Nazionale)
Albert Friscia, Birds in flight (1960-1970; bronzo, altezza 25 cm; Potenza, Biblioteca Nazionale)
Albert Friscia, Birds in flight (1960-1970; bronzo, altezza 25 cm; Potenza, Biblioteca Nazionale)
Albert Friscia, Planeometric Form (1950-1960; bronzo, altezza 6 cm; Potenza, Biblioteca Nazionale)
Albert Friscia, Planeometric Form (1950-1960; bronzo, altezza 6 cm; Potenza, Biblioteca Nazionale)

Questi ultimi, a metà tra arte e meccanica, scaturiscono dagli esperimenti con la Polaroid, della quale Friscia esplora le possibilità tecniche fin dal dopoguerra. I Kinetichromes si presentano come scatole contenenti due polarizzatori, che permettono, attraverso la loro rotazione, di creare grandi sullo schermo rivolto verso l’osservatore quadri luminosi nei quali s’intrecciano “sapere tecnico e immaginazione”, come ha scritto Silvia Bordini, e al riguardante di osservare dunque “geometrie dilatate, fatte di luce, incurvate armoniosamente come se fossero intessute di una impalpabile materia elastica, ibridate nella lenta e continua rivelazione di sovrapposizioni, trasparenze e opacità”. Le immagini erano quelle di forme nello spazio in continua trasformazione sullo schermo, attraverso modulazioni di luci e colori. Albert Friscia, che si poneva dunque nel solco degli artisti che avevano cominciato a utilizzare la luce polarizzata come mezzo per creare opere d’arte, è stato artista in grado di conciliare arte e scienza, la fantasia e il calcolo, la libertà dell’artista con l’approccio rigoroso del tecnico, dello scienziato.

“L’opera cinetica creata da Friscia, esplicata attraverso proiezioni cromocinetiche”, ha scritto la studiosa Elisabetta Ronchini, “è incentrata su una valorizzazione dell’immagine in cui l’estetica è al servizio di una spettacolarizzazione visiva”: le sue forme “catturano l’occhio e la mente, determinando un coinvolgimento psicologico totale. Gli effetti dinamici non subiscono bruschi arresti sono costanti e pacati: le forme e i colori trasparenti variano lentamente, in un loro superiore equilibrio. Lo stato d’animo che ne scaturisce è sereno, un senso di appagamento interiore subentra al momentaneo annullamento di se stessi”. E in più, per il fatto che la rotazione dei polarizzatori nei Kinetichromes consentiva la possibilità di creare immagini in grado di cambiare, Friscia era convinto di aver aggiunto all’opera d’arte anche la dimensione del tempo.

Albert Friscia, Transfiguration (1975; kinetichrome, 58,4 x 58,4 x 12,7 cm)
Albert Friscia, Transfiguration (1975; kinetichrome, 58,4 x 58,4 x 12,7 cm)
Albert Friscia, Sundance (1980; kinetichrome, 58,4 x 58,4 x 12,7 cm)
Albert Friscia, Sundance (1980; kinetichrome, 58,4 x 58,4 x 12,7 cm)

Raggiunto il successo, gli anni Settanta e Ottanta sono quelli degli importanti incarichi pubblici: Friscia lavora per la cattedrale di Potenza, per la basilica di Santa Maria in Montesanto a Roma, per il Ministero delle Poste (per il quale realizza la scultura intitolata Fluidità della Comunicazione), per la basilica di San Pietro in Vaticano, per la Cattedrale di Chicago. Scrivono su di lui critici importanti: nel 1971, per esempio, esce un notevole saggio di Corrado Maltese che ne apprezza il lavoro cinetico-luminoso. Per tutti gli anni Ottanta continua a esporre le sue opere in mostre personali e collettive, continuando tuttavia le sue ricerche, che si concludono, poco prima della scomparsa, con uno sguardo retrospettivo, con un ritorno a una figurazione malinconica.

Alla sua scomparsa, un numero cospicuo di sue opere rimaneva conservato nella sua abitazione di Roma, situata nei pressi della fontana di Trevi. Da subito l’idea della moglie Lidia Di Bello fu quella di donare la collezione alla città di Potenza per aprirla al pubblico: la soluzione era stata individuata nella Biblioteca Nazionale di Potenza in quanto sede più adatta allo scopo. Occorse qualche tempo prima che il sogno di Lidia Di Bello si realizzasse: l’atto formale che sanciva la donazione veniva infatti sottoscritto il 10 febbraio del 2000. Le opere di Albert Friscia raggiunsero Potenza nei mesi successivi e furono subito sistemate nelle sale della Biblioteca in via del Gallitello, e il 25 gennaio 2021 veniva così inaugurata l’esposizione permanente delle opere dell’artista italoamericano. “Gli ampi corridoi dell’Istituto bibliotecario”, ha scritto Franco Sabia, direttore della Biblioteca Nazionale di Potenza tra il 2007 e il 2016, “costituirono il naturale e funzionale luogo di esposizione permanente coniugandosi naturalmente con il ragguardevole patrimonio bibliografico. Tale esposizione ha significato [...] offrire la possibilità agli utenti abituali della Biblioteca Nazionale (circa 50.000 per anno) di godere, oltre che dei servizi bibliotecari, anche della fruizione di una vera e propria pinacoteca. E, nello stesso tempo, ha offerto alla raccolta l’opportunità di essere apprezzata da un pubblico numeroso e attento, in grande maggioranza costituito da giovani”. E per Potenza e per tutta la Basilicata, è anche la possibilità di contribuire alla conoscenza e alla valutazione di un interessante artista da riscoprire.

La Biblioteca Nazionale di Potenza

Nata nel 1974 come sezione staccata della Biblioteca Nazionale di Napoli, sulla base del trasferimento del Fondo bibliografico intitolato al pittore e bibliofilo Giuseppe Viggiani, la Biblioteca Nazionale di Potenza fu riconosciuta autonoma nel 1984 ed inaugurata nel dicembre 1985 nella sede del Palazzo del Seminario Pontificio Regionale, prima di trasferirsi nel 1985 nella sede di Palazzo Giuzio, che ha occupato fino al 2019. La storia della Biblioteca Provinciale di Potenza, la prima biblioteca pubblica lucana, risale tuttavia all’inizio del XX secolo: istituita dal Consiglio provinciale di Basilicata nel 1893, fu aperta al pubblico nel 1900 per poi essere inaugurata ufficialmente l’anno successivo presso il Palazzo della Provincia. Le operazioni di trasferimento delle due biblioteche, terminate nel 2019, hanno permesso di riunire in un’unica sede il patrimonio della Biblioteca Provinciale, che ammonta a circa 140.000 unità bibliografiche e il patrimonio della Biblioteca Nazionale, che ammonta a circa 300.000 unità bibliografiche. Il 14 ottobre 2017 è stato firmato il Protocollo d’intesa tra il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, la Regione Basilicata e la Provincia di Potenza che ha decretato la nascita del Polo culturale integrato del territorio, in cui è confluita anche la Biblioteca Provinciale di Potenza. L’accordo è forse il primo esempio in Italia di integrazione funzionale di due istituzioni bibliotecarie – cui si aggiungono gli spazi espositivi della Pinacoteca Provinciale per le mostre di arte contemporanea – per la valorizzazione del patrimonio librario e lo sviluppo dei servizi al pubblico.

La nuova sede della Biblioteca, detta la “Torre Bianca”, si trova all’interno del vecchio parco dell’ex ospedale San Carlo, nel rione Santa Maria, poco distante dal Campus universitario di Macchia Romana, dal Museo archeologico provinciale e dalla Pinacoteca provinciale. La struttura si sviluppa su nove livelli, di cui due al di sotto del piano strada (dove trovano posto i depositi librari) e sette scoperti, collegati da un ascensore panoramico. Il nuovo Polo culturale integrato mette a disposizione della comunità non solo un’ampia gamma di risorse documentarie (volumi, periodici, incunaboli, cinquecentine, manoscritti, mappe, fotografie, libri per bambini e per ragazzi, graphic novel, audiovisivi, giochi da tavolo e risorse digitali, tra cui 240.000 immagini di libri, periodici e volumi di pregio) ma anche la prestigiosa collezione di opere d’arte di Albert Friscia.

Nella Biblioteca Nazionale di Potenza si trovano anche un’ampia sala lettura, uno spazio riservato ai bambini della fascia 0-6 anni, una sala conferenze con 119 posti a sedere, l’emeroteca, una sala riunioni, uno spazio per la fruizione di risorse audiovisive e il gaming, la ricchissima sezione lucana, la sala intitolata a Giuseppe Viggiani, un piano destinato al servizio caffetteria, circondato da un ampio terrazzo, un laboratorio di digitalizzazione e produzione multimediale e un Fab-Lab collocati all’ultimo piano, da cui si gode una splendida vista sulla città e sulle colline circostanti. Il Fab-Lab, aperto a studenti e creativi del territorio e battezzato La Fabbrica delle idee, punta a promuovere la cultura dell’innovazione e della collaborazione attraverso una serie di iniziative legate al coding, alla robotica educativa, al creative learning e alla media literacy che arricchiscono l’offerta dei servizi educativi della Biblioteca.

Biblioteca Nazionale di Potenza
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