Valorizzazione del patrimonio artistico, tradizione e innovazione tecnologica: sono queste le parole chiave che rappresentano al meglio il programma Luci sull’Arte Faenza che ha visto un nuovo impianto di illuminazione della Pinacoteca Comunale di Faenza, il museo più antico della Romagna. L’intervento, già concluso, è stato reso possibile grazie a un finanziamento nell’ambito del decreto Art Bonus, reso disponibile grazie al sostegno di varie realtà: Generali Arte, Max Mara, la Regione, e aziende come Bucci Industries. Si è aggiunto il contributo di fondazioni e privati, tra cui la Fondazione Berengo, la Fondazione Prada, Leo France, e diversi antiquari e galleristi, come Enrico Frascione, Giovanni Pratesi e Mario Cristiani. Anche Stefano Ricci e il collezionista americano Thomas Rassieur hanno sostenuto il progetto. L’azione ha permesso quindi di adeguare la pinacoteca ai metodi più moderni e sostenibili di illuminazione. Fondamentale nella progettazione dei diversi impianti di illuminazione è stata Erco, azienda leader nel settore dell’illuminazione.
“L’installazione è praticamente completata, con solo alcuni interventi di perfezionamento previsti in questo mese di febbraio 2025. Questi ultimi lavori riguarderanno principalmente piccoli aggiustamenti, segnando così la conclusione dell’aggiornamento della Pinacoteca”, ci dice la direttrice della Pinacoteca di Faenza, Roberta Bartoli, intervistata da Finestre lo scorso anno. “Il nuovo sistema di illuminazione della Pinacoteca di Faenza è stato pensato per adattarsi ai diversi ambienti, garantendo soluzioni specifiche per ciascuno di essi e adattandosi a future esigenze espositive. L’illuminazione, precisa e con una fedeltà cromatica molto elevata, permette ai visitatori di vivere un’esperienza immersiva, valorizzando al meglio le opere d’arte. Inoltre, dato che i consumi saranno notevolmente ridotti, con la nuova illuminazione rispettiamo i criteri di sostenibilità e di ecologia che tutti i musei e gli spazi pubblici sono chiamati ad adottare”.
Il progetto ha previsto quindi una revisione completa dell’impianto illuminotecnico, con la sostituzione delle attuali lampade alogene e tubi al neon con fari LED adatti per musei. Le risorse sono state suddivise in vari interventi specifici all’interno della Pinacoteca tra cui la Sala del Magistrato (12.200 euro assegnati da Max Mara), la Sala delle Pale d’Altare (25.132 assegnati da Generali Italia S.p.A.), le Sale al secondo piano (20.000 euro), le sale del Novecento (20.000 euro).
“La Pinacoteca ha adottato soluzioni specifiche per ogni sala, tenendo conto delle caratteristiche delle opere esposte, delle loro dimensioni e delle condizioni ambientali”, aggiunge la direttrice. “Inoltre i progetti sono stati presentati alla Soprintendenza, in modo da avere consigli migliorativi e la necessaria approvazione. Ogni intervento è stato frutto di consultazioni e confronti, ad esempio quando si è trattato di installare le guide per i faretti, comunque quasi invisibili. L’illuminazione degli spazi, alla fine, è diventata armoniosa e funzionale, le opere ora si vedono bene senza che si avverta la presenza dell’elemento tecnico. Il sistema illuminotecnico, particolarmente versatile, ha permesso di mantenere coerenza tra gli ambienti, assicurando una luce ottimale per ogni sezione del Museo. Le faccio un esempio: la sala al secondo piano dove si trovano opere di epoca manfrediana del XV secolo, diversissime tra loro per tecnica e reattività alla luce (il soffitto a cassettoni antico, due cassoni intagliati e dorati, un busto di marmo, dipinti a fondo oro e uno stendardo, opere dentro teche) presentava delle difficoltà enormi che però sono state superate. Il San Giovannino, meravigliosa scultura in marmo di Benedetto da Maiano, ora si può ammirare in tutta la sua finezza, senza restare abbagliati dai fari come succedeva prima. Anche i dipinti si vedono bene e la luce non riflette sulle superfici dei climabox”.
La pinacoteca che è attualmente ospitata in un edificio storico del Settecento, precisamente nel 1797, anno in cui il Comune di Faenza acquisì la collezione d’arte di Giuseppe Zauli e iniziarono ad arrivare i dipinti provenienti dai conventi e dalle chiese soppressi a seguito delle leggi napoleoniche. Nel 1879, l’istituzione fu finalmente aperta al pubblico, all’interno dell’ex convento dei Gesuiti, oggi conosciuto come Palazzo degli Studi. Nel corso del tempo, il suo patrimonio artistico si è arricchito significativamente anche grazie al deposito delle opere della Congregazione di carità e alla costante attività di acquisizione promossa dal primo direttore, Federico Argnani.
Il percorso espositivo della Pinacoteca si apre con una scultura in stile liberty di Ercole Drei che raffigura Cassandra e che introduce una serie di sculture ed epigrafi bizantine e romaniche provenienti dalle chiese di Faenza e Ravenna. L’esposizione del museo segue un ordine cronologico e presenta una ricca selezione di dipinti e sculture che illustrano l’evoluzione della cultura faentina e italiana, spaziando dal Medioevo al Novecento. Tra le opere del Duecento e del Trecento, spicca la Madonna col Bambino, accompagnata da due Angeli e i santi Francesco, Michele, Agostino, Caterina e Chiara, opera di Giovanni da Rimini, uno dei più significativi seguaci di Giotto. La rara croce sagomata, attribuita al cosiddetto Maestro dei Crocifissi francescani, è un altro capolavoro del periodo. All’interno del museo il Rinascimento è rappresentato da opere che affermano come Faenza fosse all’avanguardia in quel periodo. Al centro del salone principale si trova la scultura lignea di San Girolamo, attribuita a Donatello. Le pareti ospitano dipinti di artisti come Biagio d’Antonio, attivo anche alla Cappella Sistina, e del Maestro della Pala Bertoni, fortemente influenzato dalla pittura ferrarese. Le opere di Marco Palmezzano e Giovanni Battista Bertucci il Vecchio completano il panorama rinascimentale faentino. Un’ulteriore sala al primo piano ospita importanti opere del Quattrocento, tra cui la testa di San Giovannino di Benedetto da Maiano e due cassoni nuziali di Jacopo da Faenza, figura di rilevanza nell’intaglio veneziano.
Nel grande salone al primo piano, le pale d’altare del Cinquecento e Seicento, provenienti dalle principali chiese di Faenza, raccontano la cultura artistica cittadina tra il Manierismo e il Barocco. Tra queste, viene presentata l’unica opera nota di Giovanni Battista Armenini, studioso e trattatista e opere di Ferraù Fenzoni. La sezione moderna si apre invece con le opere di Felice Giani, che ha lasciato una traccia indelebile a Faenza nella fine del XVIII secolo, decorando prestigiose residenze aristocratiche, tra cui Palazzo Milzetti. Le opere di Domenico Baccarini e del Cenacolo Baccariniano segnano un rinnovamento artistico nei primi anni del Novecento, collocandosi tra Art Nouveau ed Espressionismo. La Pinacoteca ospita inoltre la collezione Bianchedi Bettoli Vallunga, una selezione esemplare del Novecento italiano, che include dipinti di artisti come Giorgio De Chirico, Alberto Savinio, Gino Severini, Carlo Carrà, Mario Sironi, Giorgio Morandi, Massimo Campigli, Filippo De Pisis e Felice Casorati.
Tra tutti gli ambienti, “il Salone delle pale d’altare è uno degli ambienti più affascinanti della pinacoteca, nonostante la progettazione dell’illuminazione abbia comportato confronti importanti”, sostiene Roberta Bartoli. “Essendo situato in un’antica chiesa del convento gesuita, non era possibile apportare modifiche strutturali significative. Si è quindi dovuto trovare un equilibrio tra la luce naturale proveniente dai lucernari e l’illuminazione elettrica. Il progetto ha quindi previsto un intervento specifico per valorizzare le enormi pale d’altare e che rispettasse la storicità dello spazio e le opere stesse”.
Per evitare l’effetto televisore nel Salone delle Pale d’Altare, dove i quadri avrebbero rischiato di essere troppo illuminati su sfondi scuri, sono state installate luci morbide e calibrate, in grado di illuminare in maniera armoniosa sia le opere che le pareti superiori. Tutto ciò ha portato quindi alla realizzazione di un’atmosfera equilibrata e accogliente. “Ovviamente in quella sala, la ex chiesa del convento dei Gesuiti in cui si trova la Pinacoteca, ci siamo dovuti misurare sia con la dimensione monumentale delle opere sia con la presenza di finestre a lunettoni nella parte alta di una parete, oltre a due lucernari che fanno entrare la luce naturale”, continua. “L’illuminazione artificiale ha dovuto dunque tener conto anche della combinazione con le fonti luminose naturali. Nel Salone delle Pale d’altare ci siamo fatti guidare dal principio di minimizzare l’impatto visivo dei corpi illuminanti, evitando l’aggiunta di nuovi elementi. Per questo, i due lucernari sono stati sfruttati per installare un sistema di faretti su binario, garantendo discrezione e armonia con l’ambiente. Le ottiche precise hanno permesso di valorizzare le opere senza alterare l’estetica della Sala”.
Per la sezione dell’arte del Novecento è stato invece adottato un approccio differente, con un’illuminazione progettata per esaltare il carattere distintivo delle opere, al fine di garantire al contempo una sostenibilità tecnologica, in linea con le moderne esigenze dei musei. “Le sale delle opere moderne”, aggiunge la direttrice, “(sia quella dedicata a Baccarini e al suo cenacolo che, in particolar modo, le due sale al primo piano dove sono esposti i dipinti della donazione Bianchedi Bettoli – Vallunga) dovevano essere differenti rispetto al resto del Museo, con l’obiettivo di non mettere troppo in risalto gli spazi in cui i dipinti e le sculture sono esposte. L’architetto ha, tra l’altro, adottato colori molto scuri per le pareti, in maniera da farle quasi scomparire nell’ombra. Si è perciò optato per un sistema un’illuminazione più concentrata che da un lato favorisca una differente percezione di questi ambienti rispetto al resto del Museo – scandendo anche lo scarto cronologico dell’arte che lì si ammira - e dall’altro permetta comunque di adattarsi alle esigenze espositive. Ci sembra che ora lo scopo sia stato raggiunto”.
Luci sull’Arte Faenza segna perciò una passo significativo nella valorizzazione di uno dei musei più importanti della Romagna. L’intervento illuminotecnico, pensato per rispettare la storicità del contesto, ha tramutato la visita in un’esperienza coinvolgente: la bellezza delle opere è finalmente visibile nella sua totalità, senza forzature, ma con il rispetto di ogni dettaglio. Un omaggio, dunque, alla città di Faenza e alla sua straordinaria tradizione artistica.
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