S’intitola Guercino. Il mestiere del pittore la mostra che i Musei Reali di Torino dedicano al Guercino (Giovanni Francesco Barbieri; Cento, 1591 – Bologna, 1666) e ospitano presso le Sale Chiablese dal 23 marzo al 28 luglio 2024. La mostra, realizzata in collaborazione con CoopCulture e Villaggio Globale International, intende rappresentare un momento significativo nel contesto degli studi sull’opera e la figura del Guercino, soprattutto dopo la riapertura della Pinacoteca Civica di Cento. Curata da Annamaria Bava dei Musei Reali e da Gelsomina Spione dell’Università di Torino, con la collaborazione di un comitato scientifico composto da Daniele Benati, David García Cueto, Barbara Ghelfi, Francesco Gonzales, Fausto Gozzi, Alessandro Morandotti, Raffaella Morselli e Sofia Villano, la mostra esplora il mestiere del pittore nel Seicento attraverso la figura di uno dei maggiori protagonisti dell’epoca. Con i capolavori del Guercino e di altri artisti coevi, la mostra si pone l’obiettivo di offrire uno sguardo sulla professione del pittore nel Seicento, includendo le sfide del mestiere, i sistemi di produzione, l’organizzazione della bottega, le dinamiche del mercato e delle committenze.
Più di cento opere del Guercino e di altri artisti, provenienti da oltre trenta importanti musei e collezioni, vengono esposte per creare un affresco completo del sistema dell’arte nel Seicento. Questa esposizione include anche il ciclo di dipinti commissionati a Bologna da Alessandro Ludovisi, futuro papa Gregorio XV, riunito per la prima volta dopo quattrocento anni. Grazie alla strutturata bottega del Guercino e alla ricca documentazione disponibile, la mostra offre un’analisi dettagliata della vita e del lavoro dei pittori del Seicento. Le opere esposte, tra cui due dipinti inediti provenienti da collezioni private, offrono una testimonianza significativa della vita e dell’iter creativo del Guercino, mostrando i suoi rapporti con una vasta gamma di committenti e la sua influenza sul panorama artistico dell’epoca. La mostra è divisa in dieci sezioni tematiche che permettono di esplorare in modo approfondito la vita e l’opera del Guercino, offrendo confronti, parallelismi e testimonianze significative.
L’autoritratto di Guercino della Schoeppler Collection di Londra, che lo ritrae circa quarantenne con gli strumenti del mestiere, apre il percorso espositivo. Quest’opera intima e privata, non registrata nel suo celebre Libro dei conti, offre un’istantanea del carattere di Guercino, sia fiero che semplice. La sua fase di formazione artistica è fortemente influenzata dallo studio delle opere dei grandi maestri e dagli incontri con personalità di rilievo. Ludovico Carracci rappresenta uno dei punti di riferimento principali per Guercino, sia ad Bologna che a Cento, come testimonia il prezioso olio su rame con l’Annunciazione dai Musei di Strada Nuova di Genova. Sul versante ferrarese, prima del suo viaggio a Venezia, Guercino è influenzato da artisti come lo Scarsellino e Carlo Bononi, entrambi presenti nel percorso espositivo. Inoltre, la mostra include due importanti opere giovanili di Guercino: la piccola tavola con Il matrimonio mistico di santa Caterina, in prestito dalla Collezione d’arte Credem, e la pala della chiesa parrocchiale di Renazzo con Un miracolo di san Carlo Borromeo. La prima sezione (Come si forma un pittore: il confronto con i maestri) approfondisce il tema della formazione del pittore, per la quale conta non solo l’apprendistato nella bottega di un maestro più anziano, ma anche lo studio della produzione artistica del contesto in cui vive. Cento era politicamente dipendente da Ferrara, ma faceva parte della diocesi di Bologna: il giovane Guercino gravitava tra questi due centri durante i suoi anni di formazione. Come ricordava Malvasia, il pittore frequentava spesso Bologna per osservare le opere dei Carracci e farne memoria. Tuttavia, l’attenzione al dettaglio della natura, tipica dei maestri bolognesi, si manifestava già nella sua stessa città, dove nel 1591 era giunta la Sacra Famiglia con san Francesco e due donatori di Ludovico, attualmente esposta alla Pinacoteca Civica di Cento. La formazione del giovane artista comprendeva anche l’influenza ferrarese, con il notevole modello cinquecentesco di Dosso Dossi e le opere di Scarsellino e, soprattutto, di Carlo Bononi. Il suo percorso formativo si completò con il viaggio a Venezia nel 1618, dove Guercino poté confrontarsi direttamente con le opere di grandi artisti della stagione del Cinquecento come Tiziano, Tintoretto e Veronese.
Successivamente, Guercino si confronta con la realtà quotidiana e mostra una spiccata inclinazione verso il paesaggio (seconda sezione, Rappresentare la realtà: il paesaggio) in linea con altri artisti come Annibale Carracci, Domenichino e Agostino Tassi. La mostra evidenzia questo periodo attraverso importanti disegni di Guercino della Biblioteca Reale di Torino e le pitture murali di Casa Pannini, realizzate dal giovane pittore a Cento tra il 1615 e il 1617 insieme a dei collaboratori. Oltre al confronto con le opere di altri artisti, sia in bottega che nel contesto di formazione, il rapporto diretto con la realtà poteva giocare un ruolo chiave nella crescita di un pittore. Guercino era un osservatore straordinariamente attento, dotato di una spiccata vocazione nell’interpretare la natura e le scene della quotidianità. L’artista seguì l’attività pionieristica di Annibale e Agostino Carracci, anche se la produzione di paesaggi sembra concentrarsi soprattutto nel periodo giovanile. Il Libro dei conti, compilato dal 1629 fino alla morte del Guercino, non registra più quadri di paesaggi: secondo le leggi del mercato, l’incessante richiesta di pale d’altare e di dipinti di storia portò al progressivo esaurimento della produzione di opere di piccolo formato. Tuttavia, lo straordinario numero di disegni di vedute dei dintorni della città attesta che la produzione grafica paesaggistica accompagnò l’intero arco della vita di Guercino, confermando quanto raccontato dal suo biografo Cesare Malvasia, secondo il quale il pittore disegnava in ogni momento della giornata, persino la sera dopo la cena, mentre si intratteneva con i familiari.
La fase successiva è segnata dall’apertura dell’Accademia del nudo da parte di Guercino nel 1616, consolidando così la sua fama in patria e rendendola un punto di riferimento per numerosi giovani artisti (terza sezione, Da allievo a maestro: l’Accademia del nudo). Nella formazione degli artisti, un passaggio cruciale era la pratica del disegno e lo studio dal vero del corpo umano, spesso condotti all’interno di accademie private guidate da pittori più esperti. Anche il giovane Guercino si perfezionò, affinando le sue abilità, attraverso il disegno su modelli dal vivo. Nel 1616, alcuni anni dopo l’inizio della sua carriera di pittore e ormai consolidato nella sua terra natale, Guercino istituì a Cento, grazie alla disponibilità di due stanze offerte dall’amico Bartolomeo Fabbri, un’Accademia del nudo, modellandola sull’esempio di quella bolognese dei Carracci o del loro allievo Pietro Faccini. Il successo della scuola fu immediato, come dimostrato dal numero considerevole dei giovani che, secondo quanto racconta Malvasia, affluivano “da Bologna, da Ferrara, da Modena, da Rimini, da Reggio e persino dalla Francia”. Questa risposta positiva spinse Guercino, su suggerimento di padre Mirandola, presidente del convento di Santo Spirito e uno dei primi e più ferventi sostenitori dell’artista, a trasporre i suoi disegni in un manuale antologico destinato ai giovani artisti, intitolato I principi del disegno. Il manuale, illustrato dalle incisioni del piacentino Oliviero Gatti, fu pubblicato nel 1619 con dedica al duca di Mantova Ferdinando Gonzaga. Nell’esposizione si evidenzia inoltre il dialogo intenso tra i disegni di nudo del maestro e il dipinto del San Sebastiano curato da Irene (1619), proveniente dalla Pinacoteca di Bologna. Quest’opera, richiesta da Jacopo Serra, cardinale legato di Ferrara e raffinato mecenate di Guercino, si distingue per il vivace e intenso naturalismo che caratterizza la poetica del Maestro, capace di trasformare la vicenda sacra in una scena di vita quotidiana.
Prima di esplorare il tema della bottega e delle sue dinamiche, la mostra ripercorre le fasi di affermazione del pittore e la geografia delle committenze, fondamentali nella carriera di ogni artista (quarta sezione, L’affermazione del pittore: viaggi, relazioni e committenze).
In questo contesto, assume particolare rilevanza la figura di Alessandro Ludovisi, arcivescovo di Bologna e dal 1621 papa Gregorio XV. Ludovisi aveva già conosciuto Guercino tra il 1617 e il 1618 grazie alla mediazione di padre Antonio Mirandola, un grande promotore dell’artista di Cento, e all’apprezzamento di Ludovico Carracci, che rimase folgorato dalla pittura del giovane artista. Ludovico Carracci fu chiamato dall’arcivescovo Ludovisi a valutare il costo delle opere commissionate. E proprio tra il 1617 e il 1618, Guercino realizzò quattro grandi tele per Alessandro Ludovisi e il nipote Ludovico, opere che sono eccezionalmente riunite dopo quattro secoli nella mostra di Torino: Lot e le figlie proveniente da San Lorenzo a El Escorial, Susanna e i vecchioni prestata dal Museo del Prado, La Resurrezione di Tabita dalle Gallerie degli Uffizi - Palazzo Pitti e Il Ritorno del figliol prodigo dei Musei Reali. Quest’ultimo dipinto non compare nell’inventario di Alessandro Ludovisi del 1623, ma è già descritto nelle collezioni sabaude nel 1631. Si ipotizza che possa essere stato un dono mirato al duca Carlo Emanuele I da parte di Ludovisi, nominato nunzio apostolico presso la corte di Torino nel 1616 per dirimere le controversie tra la casata dei Savoia e la Spagna.
Il ciclo di tele Ludovisi segna una svolta nella carriera di Guercino: con l’ascesa al soglio pontificio di Gregorio XV, l’artista si trasferì per alcuni anni a Roma, dove ricevette importantissimi incarichi nella capitale pontificia. Dal 1629, il Libro dei conti del Guercino fornisce infatti una dettagliata lista dei destinatari di gran parte della sua produzione artistica. Tra questi figurano esponenti della curia, della piccola nobiltà locale e un’ampia rappresentanza della borghesia di Cento. A questi si aggiungono committenti provenienti da altre regioni e paesi, dimostrando il prestigio internazionale raggiunto dall’artista. Nomi illustri come la regina di Francia Maria de’ Medici, Carlo I d’Inghilterra, Francesco I d’Este duca di Modena, i Gonzaga, i Savoia, i Medici e molti altri signori europei commissionarono opere al Guercino, evidenziando il suo crescente successo e apprezzamento nel panorama artistico internazionale. Questi incarichi testimoniano la varietà delle committenze che hanno contribuito a consolidare la fama dell’artista, comprendendo dipinti sia commissionati localmente che richiesti dalle corti più prestigiose dell’epoca. Tra le opere significative di questo periodo troviamo la splendida tela con Venere, Marte e Amore (1633) delle Gallerie Estensi, commissionata per Francesco I d’Este e inclusa nelle decorazioni della Camera dei Sogni nel Palazzo Ducale di Sassuolo. Altro esempio è Apollo scortica Marsia (1618) di Palazzo Pitti, un’opera intensa che il Malvasia ricorda essere stata eseguita per il granduca di Toscana. Ancora, la Assunta (1620), un tempo nella chiesa del Rosario a Cento, occupa un posto di rilievo, poiché il pittore era particolarmente legato a questa opera. È straordinaria anche la presenza della monumentale pala della Madonna del Rosario dalla chiesa di San Domenico a Torino, che non era stata visibile da vicino dalla fine degli anni sessanta del secolo scorso. Quest’opera testimonia il legame di Guercino con il ducato sabaudo e la sua influenza artistica nella regione.
Si passa quindi alla quinta sezione (Nella bottega dell’artista: natura e oggetti in posa) dedicata alla bottega diretta da Guercino, risultato della collaborazione tra i Barbieri e i Gennari (prima a Cento e dal 1642 a Bologna), estremamente organizzata, con ruoli e metodi che rappresentavano esempi eccellenti del sistema artistico del tempo. Il fratello di Guercino, Paolo Antonio Barbieri, era specializzato nei dipinti con soggetti “di ferma”, come dimostrano la Natura morta con bottiglia, frutta e ortaggi di una collezione privata e la Natura morta con paramenti vescovili e argenti della Pinacoteca di Cento. All’interno di queste opere, gli elementi naturali erano spesso già predisposti, e Guercino interveniva aggiungendo le figure solo alla fine, come nel caso dell’affascinante “Ortolana”, completata da Giovanni Francesco nel 1655, sei anni dopo la morte del fratello, autore dei bellissimi cesti di frutta e ortaggi. I ruoli all’interno della bottega erano ben definiti: Guercino è pittore “di figura”, mentre Paolo Antonio si occupa in modo continuativo di soggetti, come detto, “di ferma”, intervenendo per questo specifico aspetto anche nei dipinti di Giovanni Francesco.
La mostra offre anche alcuni accostamenti per rendere evidente la prassi della riproposizione dei modelli e il ricorso a un repertorio di invenzioni (sesta sezione, Il processo creativo: l’invenzione, la riproposizione di modelli, l’organizzazione della bottega). Ad esempio, vengono esposte due versioni del Dio Padre della Galleria Sabauda e della Pinacoteca Nazionale di Bologna (entrambe del 1646), poste accanto alla Immacolata Concezione della Pinacoteca Civica di Ancona (1656), che presenta un’analoga figura dell’Eterno nel cielo. Un altro confronto è tra il San Matteo e l’angelo, capolavoro dei Musei Capitolini (1622), e il coevo San Pietro liberato da un angelo, uno dei prestigiosi prestiti del Museo del Prado.
Inoltre, una serie di preziosi disegni del centese racconta dell’iter creativo e del momento fondamentale dell’invenzione tramite l’opera grafica. Il disegno all’interno della bottega non rappresenta solo un esercizio di studio, ma costituisce una fase cruciale per l’invenzione, la progettazione e il perfezionamento dell’opera attraverso diverse iterazioni. Inoltre, permette la trasmissione della memoria artistica e il riutilizzo da parte degli allievi. L’Inventario dei beni di casa Gennari, redatto nel 1715 dopo la morte di Benedetto, il nipote prediletto del Guercino, figlio della sorella Lucia, elenca quasi 5340 fogli, di cui più della metà appartiene al capo bottega stesso. Nel processo di realizzazione di un dipinto, Guercino era solito produrre una grande quantità di prove grafiche: un esempio emblematico è rappresentato dalla pala con la Vestizione di san Guglielmo del 1620, conservata presso la Pinacoteca Nazionale di Bologna, per la quale realizzò ben 23 disegni preparatori. Guercino tendeva anche a attingere al suo repertorio di invenzioni, replicandole con l’aggiunta di varianti o adattandole a soggetti differenti. Inoltre, la produzione di copie rivestiva un’importanza strategica, gestita attentamente dal Maestro per evitare che repliche circolassero prima dell’uscita dell’originale. L’organizzazione della bottega, guidata da Guercino insieme al fratello e con la collaborazione dei Gennari, raggiunse il suo apice con il trasferimento a Bologna nel 1642. Questo spostamento avvenne in un momento in cui Cento era minacciata dalla guerra di Castro e la scomparsa improvvisa di Guido Reni diede a Guercino l’opportunità di assumere un ruolo predominante sul mercato artistico.
Le logiche del mercato non erano estranee a Guercino e alla sua impresa, e il “listino prezzi” variava in base alla tipologia delle figure, alle dimensioni della tela e all’uso dei preziosi pigmenti (settima sezione, Il mercato e il prezzo delle opere). Il principale concorrente di Guercino sul mercato bolognese era Guido Reni, di cui viene esposto il San Giovanni Battista della Galleria Sabauda. A testimoniare il costo elevato delle opere realizzate da Giovanni Francesco Barbieri con il prezioso lapislazzuli e il maggior prezzo dei dipinti con figure intere o a più figure vi sono il San Francesco riceve le stimmate (1633) concesso dalla diocesi di Novara, o alcune delle importanti opere presenti nelle collezioni sabaude come le Sante Gertrude e Lucrezia (1645) e la Madonna benedicente (1651). Per l’analisi del mercato e del valore economico delle opere, uno strumento di notevole importanza sono i registri dei conti tenuti presso le botteghe degli artisti. Il Libro dei conti del Guercino, attualmente conservato a Bologna presso la Biblioteca Comunale dell’Archiginnasio, a partire dall’anno 1629 annota con grande scrupolo il titolo onorifico e il nome dei committenti, la provenienza, i soggetti dei dipinti e la spesa totale convertita da ducatoni in scudi. Dopo la morte di Paolo Antonio nel 1649, il libro è stato continuato da Guercino stesso e da altri collaboratori della bottega fino alla scomparsa del maestro nel 1666. Dal Libro emergono l’ampiezza e l’importanza della produzione dell’atelier e il suo rigido sistema per stabilire il prezzo delle opere: un costo prestabilito per ogni figura intera, per una mezza figura o per una testa; un listino prezzi che veniva adattato in base ai committenti e agli intermediari. La scelta dei colori influiva anche sul prezzo, con alcuni pigmenti particolarmente costosi e prestigiosi, come le lacche e il lapislazzuli, di cui è annotato il costo aggiuntivo.
Le ultime tre sezioni della mostra sono dedicate ad alcuni dei temi e dei soggetti più aderenti alla realtà del tempo o di particolare successo e dunque maggiormente indagati dal pittore e dalla bottega. È il caso delle novità scientifiche legate al rivoluzionario pensiero galileiano, che accendono l’interesse di committenti, intellettuali e artisti, compreso Guercino (ottava sezione, Il mondo intorno al pittore: scienza vs magia). Nel primo Seicento, l’importanza della rivoluzione del pensiero galileiano coinvolgeva committenti e artisti, trovando riflesso nella produzione figurativa. Anche Guercino si soffermò su questo tema in opere commissionate dai Medici, che hanno come protagonisti Endimione e Atlante. In antitesi alla scienza moderna di Galileo, si collocava il tema della magia e della stregoneria, che sembrava altrettanto attirare l’interesse del pittore, come dimostrano alcuni dei suoi disegni. Con un misto di ironia e scetticismo, il maestro centese raffigurava streghe, maghi, diavolerie e sortilegi (per esempio Il mago Brumio). Questo contesto era influenzato anche dal dissenso protestante diffuso, anche nella piccola e cattolicissima Cento, dove si svolgevano processi inquisitori per sospette simpatie luterane, possesso di libri di negromantica o incantesimi.
Quindi, Il gran teatro della pittura (nona sezione) presenta altri capolavori, tra cui Il ritorno del figliol prodigo (1627-28) della Galleria Borghese proveniente dalla collezione romana dei Lancellotti, o Amnon e Tamar dalla Galleria Estense di Modena. Il Barocco è per antonomasia l’epoca teatrale in cui la rappresentazione degli affetti diventa un tema centrale della pratica e della teoria artistica. La teatralizzazione della pittura si ottiene scegliendo un taglio compositivo che offra una visione ravvicinata degli eventi e favorisca il coinvolgimento dello spettatore, con l’accentuazione dei gesti e delle espressioni. I personaggi agiscono come su un proscenio, con prospettive e apparato scenico che ne amplificano la presenza scenica. Tale approccio alla pittura teatrale era particolarmente congeniale a Guercino, che si distingueva sia quando metteva in scena una singola figura, sia quando rappresentava un episodio corale: le sue composizioni apparivano influenzate dal moderno melodramma. Inoltre, la cura nei dettagli degli abiti e degli oggetti di scena, descritti in modo naturalistico, conferiva alle rappresentazioni un senso di tangibile realtà, contribuendo a rendere ancora più coinvolgente l’esperienza visiva dello spettatore.
Infine, la decima sezione (Un tema di successo: Sibille e “Femmes fortes”) è una carrellata sorprendente di grandi eroine del mito e della storia, donne forti che trasmettono coraggio, dignità, intelligenza, e che chiudono la rassegna. Sono personaggi che Guercino ha contribuito ad eternare nell’iconografia e nell’immaginario: le Sibille (con un confronto tra quattro differenti raffigurazioni), Diana, Lucrezia e Cleopatra, quest’ultima protagonista di un’opera dei Musei di Strada Nuova a Genova, imponente per dimensioni, e di coinvolgente sensualità e modernità.
Giorni e orari d’apertura: dal martedì alla domenica dalle 10.00 alle 19.00. Biglietti: intero mostra 15 €, ridotto mostra 13 € (gruppi con prenotazioni, insegnanti, 18 - 25 anni, convenzioni partner mostra), ridotto mostra 7 € (visitatori da 12 a 17 anni), integrato mostra + musei reali intero 25 €, integrato mostra + Leonardo intero 25 €, tour reale intero 30 € (mostra + musei reali + Leonardo), tour reale ridotto 15 € (18-25 anni). Gratis per bambini 0-11 anni, abbonamento musei Piemonte, Torino Piemonte Card, Royal Pass, 1 accompagnatore per disabili; giornalisti; dipendenti MiC; 2 accompagnatori per gruppi scolastici; soci ICOM). Prevendita biglietto mostra online 2 €, prenotazione turno gruppo mostra 15 €, prenotazione turno scuola mostra 10€. Informazioni e prenotazioni t +39 0111 9560449 info.torino@coopculture.it (gruppi: tour@coopculture.it, scuole: edu@coopculture.it) - www.coopculture.it - www.museireali.beniculturali.it
Titolo mostra | Guercino. Il mestiere del pittore | Città | Torino | Sede | Sale Chiablese dei Musei Reali | Date | Dal 23/03/2024 al 28/07/2024 | Artisti | Guercino | Curatori | Annamaria Bava, Gelsomina Spione | Temi | Seicento, Torino, Guercino, Arte antica, arte barocca |