La decisione del Governo di non ridurre l’IVA sulle importazioni e le transazioni di opere d’arte è un colpo durissimo per il mercato dell’arte italiana: lo denunciano con fermezza ANGAMC – Associazione Nazionale Gallerie d’Arte Moderna e Contemporanea e Gruppo Apollo, due tra le principali associazioni di categoria, che parlano di un “colpo di grazia” per il mercato italiano dell’arte, già in difficoltà da tempo.
L’Italia, sostengono le associazioni, rischia di uscire dal mercato internazionale, incapace di competere con paesi europei che hanno invece approfittato della direttiva (UE) 2022/542 per abbassare le aliquote. Mentre in Germania l’IVA sull’arte è al 7% e in Francia al 5,5%, nel nostro paese resta fissata al 22%, un divario che rende proibitivo il commercio e penalizza l’intera filiera, dagli artisti ai galleristi, dai restauratori agli artigiani. Del tema, gli addetti ai lavori discutono da tempo: già nel 2021 i galleristi chiedevano all’allora ministro della cultura Franceschini di abbassare l’IVA sull’arte.
Cosa prevede la direttiva 2022/542 del 5 aprile 2022? Si tratta di una modifica della normativa europea relativa all’IVA (Imposta sul Valore Aggiunto): la direttiva include la “cessione di oggetti d’arte, di antiquariato o da collezione” nelle categorie di beni o servizi che possono essere soggetti a IVA ridotta. Tuttavia, ogni Stato membro dell’UE può applicare aliquote ridotte a un massimo di 24 categorie delle 29 previste dalla direttiva (qui, nel dettaglio, un approfondimento su come funziona l’IVA sulle opere d’arte). Francia e Germania hanno già applicato l’IVA ridotta alle opere d’arte, e sembrava che anche in Italia si potesse andare in questa direzione: lo scorso luglio, per esempio, Alessandro Amorese e Saverio Congedo di FdI hanno avanzato una proposta di legge per applicare aliquote ridotte, iniziativa che doveva spronare il governo a introdurre la riduzione nel DL cultura. E in effetti era atteso un provvedimento in tal senso, che però non è arrivato.
L’effetto, secondo ANGAMC e Gruppo Apollo, è già evidente: molte attività stanno trasferendo le loro sedi all’estero, dove i regimi fiscali risultano più vantaggiosi. Un fenomeno che impoverisce il sistema culturale italiano, allontanando investitori e collezionisti, con ricadute negative su tutto il settore. “Non possiamo ignorare le conseguenze che questo mancato allineamento produce su tutta la filiera dell’arte: artisti, accademie e centri di formazione, restauratori, artigiani, e il fondamentale comparto delle fiere”, scrivono le due associazioni nella loro nota.
Oltre alla questione fiscale, ANGAMC e Gruppo Apollo puntano il dito anche contro le norme che regolano la circolazione delle opere d’arte (qui un lungo approfondimento su quali sono le regole in vigore in Italia e in molti altri paesi). Se in altri Paesi europei il valore soglia per l’esportazione senza restrizioni è fissato a 300.000 euro, in Italia la cifra è drasticamente più bassa: 13.500 euro per qualunque bene artistico o di antiquariato con più di 70 anni, esclusi solo i reperti archeologici. Questo limite burocratico, secondo le associazioni, rende il mercato italiano ancora meno competitivo, aumentando le difficoltà per collezionisti e operatori.
La richiesta al Governo è chiara: intervenire con urgenza per salvare un settore che rischia di collassare. “Da tempo attendevamo questi provvedimenti vitali per il nostro settore. Occorre dunque intervenire ora con la massima urgenza attraverso misure in grado di interrompere questa spirale che mette a rischio il comparto dell’arte e l’intero sistema culturale del Paese”, sottolineano le associazioni. Se non si metterà fine a questa spirale negativa, il rischio concreto, secondo le associazioni, è la svalutazione dell’arte e degli operatori italiani nel panorama internazionale.