Dal 26 novembre 2022 al 14 maggio 2023, il MIC - Museo internazionale delle Ceramiche di Faenza presenta una importante mostra dedicata alla ceramica di Galileo Chini. Intitolata Galileo Chini. Ceramiche tra Liberty e Déco, la rassegna, curata da Claudia Casali e Valerio Terraroli espone circa duecento pezzi, buona parte dei quali inediti, per un percorso nella ceramica di chini dal 1896 al 1925. Quali sono i pezzi forti della rassegna? Quale il rapporto di Chini con la ceramica e con Faenza? Che differenza c’è tra Liberty e Déco? Di tutti questi argomenti abbiamo parlato con il curatore Valerio Terraroli. L’intervista è di Ilaria Baratta.
IB. Perché il Museo internazionale delle Ceramiche di Faenza ha deciso di dedicare una mostra a Galileo Chini?
VT. Innanzitutto perché Galileo Chini è uno dei grandi maestri della ceramica della prima metà del Novecento, e secondariamente perché nel 2023 cadrà il centenario dell’inaugurazione delle Terme Berzieri di Salsomaggiore Terme, in provincia di Parma: l’ultimo grande capolavoro ideativo, decorativo e ceramico di Galileo Chini e della Manifattura Fornaci S. Lorenzo della famiglia Chini. La mostra chiuderà il 14 maggio 2023, passando poi il testimone al Comune di Salsomaggiore Terme per le celebrazioni in onore dell’artista con una mostra e una serie di iniziative
In cosa consistette il rapporto tra Galileo Chini e Faenza?
È un rapporto molto stretto perché Faenza è una delle capitali mondiali della ceramica tout court e della maiolica in particolare. Chini inoltre partecipò nel 1908 alla decorazione dei pannelli che ornavano le sezioni artistiche della mostra dedicata a Evangelista Torricelli, mostra dalla quale nacque l’idea della costituzione di un museo internazionale della ceramica moderna. Di questo museo, ovvero il MIC di Faenza, Galileo Chini fu tra i primi donatori di opere.
Quali obiettivi sono stati posti per questa mostra? È adatta a tutti o principalmente a un pubblico di appassionati e conoscitori?
Come lo stesso MIC, anche la mostra su Chini ceramista vuole parlare al più largo pubblico possibile: l’esposizione è proprio pensata per un pubblico ampio e non si rivolge solo a un pubblico di specialisti. È una mostra che è un piacere per gli occhi, è curiosa, è divertente, secondo il mio punto di vista. Ovviamente un collezionista, uno specialista, un ceramista, un artista potranno trovarvi, spunti e sollecitazioni, ma per il pubblico di non specialisti la mostra si presenta interessante e, allo stesso tempo, piacevole in quanto gli oggetti esibiti sono molto diversi tra loro e poi raccontano la storia di un giovane, perché Galileo Chini aveva appena ventitre anni quando decise con altri tre amici di attivare una piccola impresa (L’Arte della Ceramica a Firenze nel 1896) e successivamente nel Mugello con i suoi cugini aprì le Fornaci S. Lorenzo, portando avanti quell’iniziativa industriale fino agli anni 1925-1926. La mostra, che propone circa 300 pezzi esposti tra ceramiche e disegni, è quindi anche il racconto di un giovane artista che si mette in gioco e che affronta le problematiche del suo tempo, ossia come rispondere alle sollecitazioni della modernità, come interpretare il gusto Liberty e, successivamente, il gusto Déco.
Com’è strutturata la mostra?
È strutturata sostanzialmente secondo la linea del tempo, ma come curatore, insieme a Claudia Casali, non abbiamo pensato a un’esposizione di tipo filologico, da specialisti, ma abbiamo comunque seguito uno sviluppo storico. La mostra si apre con l’avventura di L’Arte della Ceramica, dal 1896, facendo emergere i caratteri dei temi trattati dal gusto nuovo che Chini stava portando avanti, ovvero l’Art Nouveau alla francese e poi del Liberty italiano, e abbiamo proseguito su questa linea giungendo all’interesse per Klimt e la Secessione, fino al Déco con le Terme Berzieri. Tuttavia, lungo il percorso, ci sono anche delle sezioni dedicate a temi specifici, come ad esempio la rappresentazione del pavone che è un tema che Chini continua a trattare dagli inizi fino agli anni Venti (il pavone è simbolo dell’Art Nouveau internazionale). Altro tema ricorrente è la fauna acquatica, tra cui pesci, salamandre, stelle marine, che caratterizzano l’attività di decoratore di Galileo presso le città termali (Montecatini, Porretta, Salsomaggiore e Castrocaro). E poi viene presentata una tecnica particolare, quella del grès: un materiale ceramico abbastanza rozzo che serviva a creare oggetti industriali, ma che i Chini furono in grado di trasformare in oggetto artistico, dove la materia, di colore marrone chiaro / beige / grigio ,viene decorata con forme molto semplici, alcune addirittura geometriche, dando vita a oggetti modernissimi.
Per cosa si caratterizza una ceramica dal gusto Liberty da una di gusto Déco?
Lo stile Liberty è legato al floreale: i suoi motivi d’ispirazione sono la natura, in particolare le piante, i fiori, le piante acquatiche, il glicine, i gigli, l’iris, e la figura femminile, giovane con i capelli fluttuanti, che rappresenta l’età nuova, l’eterna primavera (l’ispirazione lontana è la Venere di Botticelli). Il gusto Déco s’identifica perché è simmetrico, più geometrico, più prezioso e più monumentale del Liberty e, quindi, si presneta come alternativo alla grammatica stilistica dell’Art Nouveau; poiché tanto l’Art Nouveau e il Liberty sono naturalistici, avvolgenti, asimmetrici, quanto il Déco è regolare e geometrico.
Da dove provengono i circa trecento pezzi esposti?
Quasi tutti i pezzi provengono da collezioni private, tranne quattro che appartengono alla collezione del MIC di Faenza (entrati nel corso del tempo per donazioni della famiglia Chini) ed uno proviene dal Museo Chini di Borgo San Lorenzo nel Mugello. La mostra ha quindi anche il compito di far emergere tanti pezzi che le persone non conoscono perché non si vedono mai.
Quindi quali sono i pezzi sui quali ci si deve assolutamente soffermare?
Sicuramente il primo che si vede entrando in mostra: un’anfora di gusto rinascimentale, che quindi fa capire come Galileo Chini parta dalla grande tradizione della ceramica rinascimentale toscana, ma che presenta sulla superficie del vaso giovani, come ninfe dei boschi, e fauni e addirittura un centauro e una centauressa che si abbracciano, a simboleggiare l’eterno rinnovarsi dell’amore a primavera, dunque un tema Art Nouveau. Poi proseguendo, in corrispondenza della grande mostra di Torino del 1902, si incontrano ceramiche decorate a lustro con temi floreali ma più klimtiani, vicini al gusto del Nord Europa; trovo poi molto divertente la zona dei pavoni. Mi fermerei a vedere i grès e per ultime le ceramiche con i pesci mostruosi e le creature marine, per concludere con le Terme Berzieri, perché l’ultima sezione è dedicata al grande cartone di tre metri per tre metri che costituisce il progetto definitivo delle decorazioni che Galileo dipinse sulle pareti dello scalone interno dell’edificio.
Sono presenti anche inediti tra le ceramiche. Quanti sono e cosa raffigurano?
Ci sono pezzi inediti, in percentuale saranno il 30 percento del totale. Altri nel corso del tempo sono stati pubblicati e resi noti. Molti inediti sono però nei disegni: ce ne sono parecchi, di cui molti non sono mai stati visti. Nel percorso il visitatore ha continuamente la possibilità di confrontare il disegno preparatorio con il pezzo, comprendendo infatti come nascano le idee per le diverse ceramiche. Galileo non modellava i pezzi, egli inventava inventava le forme, da cui poi erano ricavati gli stampi, i disegni e i decori, poi i pezzi venivano creati utilizzando gli stampi e venivano decorati pittoricamente da operaie e operai che sapevano dipingere sulla falsariga del disegno di Galileo. Quindi ciò che viene esaltato nella mostra non è solamente l’oggetto finale, ma tutto il processo creativo e poi esecutivo che porta al pezzo d’arte.
Quindi dai disegni preparatori si comprende anche il processo creativo di Galileo Chini.
Esatto. Molto significativo in questo senso è un grande piatto con un fondo marino, già degli anni Venti, esposto con accanto il disegno di Galileo con tutte le indicazioni (compresi i colori e la loro posizione). Si vede poi un lucido tutto bucherellato che veniva tenuta in fabbrica, insieme al disegno, e poi all’occasione appoggiata sul piatto di ceramica da dipingere e spolverata con la polvere di carbone, che lasciava sottili tracce del disegno, e poi i decoratori vi sovrapponevano la tavolozza cromatica a smalto o a lustro seguendo le indicazioni dell’artista. Il pezzo veniva quindi cotto una seconda volta per fissare il colore e dargli l’aspetto invetriato, tipico della maiolica, o l’effetto a lustro.
Secondo Lei oggi Galileo Chini è un artista abbastanza conosciuto al grande pubblico?
Nonostante gli siano state dedicate anche recentemente delle mostre, che però affrontavano tutta la sua produzione a differenza di quella del MIC di Faenza che si concentra sul periodo 1896-1925 e sul Galileo Chini solo esclusivamente inventore di ceramiche, il grande pubblico forse non lo conosce: è un nome che probabilmente evoca immediatamente delle opere, ma basterebbe andare alla Biennale di Venezia, proprio all’ingresso del Padiglione centrale dei Giardini, e alzare gli occhi verso la cupola: è stata tutta dipinta da Galileo Chini nel 1909.
Per concludere, una volta visitata la mostra, dove suggerisce di andare per scoprire l’arte di Galileo Chini?
Una volta visitata la mostra, basta salire al primo piano del museo: qui c’è un’intera vetrina con pezzi di Galileo Chini che non sono stati esposti in mostra apposta per far andare il pubblico a vedere anche il museo, ma sono messi in relazione con i suoi contemporanei e con altri artisti che lavorarono con la ceramica negli anni Dieci e Venti. Poi consiglierei di andare a Salsomaggiore Terme a vedere le Terme Berzieri, che oggi si possono vedere dall’esterno perché è un cantiere (speriamo che per maggio siano aperte). E infine, sempre a Salsomaggiore, il Grand Hotel, il cui salone da ballo è stato interamente dipinto da Galileo Chini con temi orientalaggianti legati al suo viaggio in Siam (1911-1913) per decorare i palazzo del Trono e alal sua esperienza come scenografo per la messa in scena di Turandot di Giacomo Puccini (1926). E poi ancora, si può andare a Montecatini Terme, perché tutte le ceramiche e tutte le decorazioni delle famose Terme Tettuccio sono di Galileo Chini.
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ISCRIVITI ALLA NEWSLETTERL'autrice di questo articolo: Ilaria Baratta
Giornalista, è co-fondatrice di Finestre sull'Arte con Federico Giannini. È nata a Carrara nel 1987 e si è laureata a Pisa. È responsabile della redazione di Finestre sull'Arte.