Quando si parla di donne surrealiste si pensa a Leonora Carrington, Meret Oppenheim, Dora Maar, Remedios Varo, ma tra queste ve n’è un’altra, Bona de Mandiargues (Roma, 1926 – Parigi, 2000), la cui singolare vicenda non è mai stata in precedenza ricostruita. È stata inaugurata pochi giorni fa al Museo Nivola di Orani (Nuoro) la prima grande retrospettiva dedicata proprio a quest’artista, intitolata Bona de Mandiargues. Rifare il mondo. Ci siamo fatti raccontare dalle curatrici Giuliana Altea, Antonella Camarda, Luca Cheri e Caterina Ghisu un po’ di più su Bona de Mandiargues e sul loro progetto espositivo. L’intervista è di Ilaria Baratta.
IB: Quella del Museo Nivola si propone come la prima grande retrospettiva dedicata all’artista surrealista Bona de Mandiargues, la cui vicenda non era mai stata ricostruita finora. Da cosa è scaturita l’idea per questa mostra? Quanto tempo è occorso per prepararla, inclusi i tempi per le ricerche d’archivio?
Curatrici: Tra le protagoniste del secondo Surrealismo, Bona è una delle più interessanti e riprenderne in considerazione il lavoro sembrava doveroso. Così, quando abbiamo conosciuto la figlia dell’artista, Sybille, che conserva la maggior parte delle sue opere, il pensiero di dedicarle una mostra è stato immediato. Tra le ricerche d’archivio e la ricognizione bibliografica la fase di preparazione ha richiesto circa un anno.
Si è riusciti a ricostruire l’intera sua vita grazie a queste ricerche o rimangono aspetti ancora oscuri? Come definireste la vita di Bona de Mandiargues?
Più che sulla vita - avventurosa e ricca di incontri - di Bona, il progetto si concentra sulla sua ricerca, durata un cinquantennio. La mostra vuole essere un’introduzione all’universo creativo di un’artista ricca e complessa, che ha attraversato fasi diverse, portando un contributo originale all’arte del Novecento.
E la sua arte rientra a pieno titolo nel Surrealismo? Qual è il suo tratto caratteristico? Quali temi affronta?
Dal punto di vista storico, Bona si può definire sicuramente un’artista surrealista. Vicina a Breton e ad altre figure di primo piano del movimento, frequentava i caffé surrealisti, ha esposto nella galleria surrealista L’Étoile Scellée, ha partecipato nel 1959 all’Esposizione surrealista “EROS” alla galleria Cordier e a quella del 1964 alla galleria Charpentier, ecc. ecc. L’onirico, il fantastico, l’erotico, la continuità tra mondo animale e umano, sono i motivi centrali della sua pittura. Al tempo stesso, durante tutto il suo percorso ha dimostrato una notevole indipendenza, tanto creativa che di pensiero, che rende difficile confinarne l’opera in un singolo ambito di ricerca.
Bona de Mandiargues ha origini italiane ed è nipote e allieva di Filippo de Pisis, ma è a Parigi, dove giunge per seguire lo zio, che conosce il suo futuro marito André Pieyre de Mandiargues, scrittore, critico e traduttore francese molto vicino ai Surrealisti. È lui quindi che la mette in contatto con gli intellettuali e gli artisti di questo movimento. Sebbene sia considerata surrealista, si rintracciano nella sua arte influenze dell’arte italiana?
Certamente, la sua formazione italiana all’Accademia di Venezia e soprattutto lo stretto rapporto con De Pisis ne hanno segnato gli inizi. La lezione di De Chirico e della Metafisica, che riemerge anche nella sua stagione matura, è stata molto importante. Ma ci sono anche forti tangenze con altri artisti italiani a lei vicini, come Burri e Baj, che però sembrano frutto più di una comunanza di interessi che di un’influenza.
Tutti questi aspetti come vengono presentati in mostra? Come è stato pensato il percorso espositivo?
Trattandosi di una prima retrospettiva, abbiamo scelto un percorso cronologico, utile a chiarire l’evoluzione dell’artista, incrociandolo però con degli affondi tematici. Abbiamo preferito puntare lo sguardo sulle opere, lasciando sullo sfondo la biografia e l’immagine stessa di Bona, talmente affascinanti che avrebbero rischiato di distrarre dalla sua arte. In altre parole, abbiamo voluto evitare l’“effetto Frida Kahlo”, quella mitizzazione della figura dell’artista che finisce per oscurarne il lavoro e che tanto spesso entra in gioco quando si parla delle artiste, e in particolare delle surrealiste.
La mostra vuole essere dunque occasione per far scoprire un altro tassello del surrealismo “al femminile”? C’è un tratto comune che lega le artiste del movimento surrealista?
Mentre artiste come Leonora Carrington, Remedios Varo, Dora Maar e altre stanno negli ultimi tempi trovando l’attenzione che meritano, questo non era ancora accaduto per Bona de Mandiargues. Con lei la storia del Surrealismo si arricchisce di una nuova, significativa presenza. Bona condivide con le altre protagoniste del movimento vari aspetti di poetica, ma soprattutto un’esigenza di libertà espressiva e personale che si può considerare il tratto comune di questa costellazione di donne straordinarie.
Oltre alla retrospettiva, il museo riprende dopo una lunga pausa il Premio Nivola, con l’intento di premiare gli artisti che attraverso la loro ricerca incarnano nel contemporaneo lo spirito di Costantino Nivola, scultore di Orani a cui è dedicato il museo. Quest’anno il Premio Nivola per la scultura è stato assegnato all’iraniana Nairy Baghramian. Cosa la avvicina a Costantino Nivola?
Sono due artisti profondamente diversi, uniti però da una concezione della scultura che travalica la pura dimensione estetica per guardare alle sue implicazioni culturali, politiche e sociali. Del resto il premio non punta tanto a ricercare affinità formali degli artisti con l’opera di Nivola, quanto a riconoscerne la capacità di proporre la scultura come pratica rilevante nella cultura contemporanea, come appunto fece a suo tempo Nivola. Da questo punto di vista, Nairy Baghramian, una delle figure più interessanti della sua generazione, rappresenta una scelta ideale.
La Fondazione ha annunciato per l’estate 2024 la personale di Nairy Baghramian. Potete già darci qualche anticipazione a riguardo?
Il lavoro è ancora nella sua fase iniziale, ma l’intenzione è quella di creare un progetto che non si limiti a presentare l’opera di Nairy Baghramian, ma che nasca da una riflessione sul contesto del museo e del territorio che lo ospita.
Una retrospettiva, un premio e una personale: l’offerta non manca. C’è un particolare tipo di pubblico a cui volete rivolgervi? Quali sono le aspettative?
L’obbiettivo del Museo Nivola è naturalmente quello di essere più inclusivo possibile, raggiungendo segmenti di pubblico diversi, con un occhio rivolto in particolare alle giovani generazioni, come dimostra anche la collaborazione stretta con Contemporanea, il simposio sui temi e problemi dell’arte di oggi, organizzato a Tortolì dalla Fondazione di Sardegna e la cui prima giornata ha coinciso, il 16 settembre, proprio con l’inaugurazione della mostra di Bona de Mandiargues e la consegna del premio Nivola a Nairy Baghramian.
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ISCRIVITI ALLA NEWSLETTERL'autrice di questo articolo: Ilaria Baratta
Giornalista, è co-fondatrice di Finestre sull'Arte con Federico Giannini. È nata a Carrara nel 1987 e si è laureata a Pisa. È responsabile della redazione di Finestre sull'Arte.