Un ristorante al posto del museo Leonardo3? Parla il direttore (che annuncia lo sciopero della fame)


Rischia la chiusura il Leonardo3 Museum di Milano: questo il possibile effetto di un contenzioso burocratico-amministrativo sugli spazi in cui si trova la struttura, nel cuore della Galleria Vittorio Emanuele. Come nasce la vicenda? Ne abbiamo parlato col direttore del museo, Massimiliano Lisa.

Rischia la chiusura il Leonardo3 Museum di Milano: questo il possibile effetto di un contenzioso burocratico-amministrativo sugli spazi in cui si trova la struttura, che si trascina ormai dal 2023 ed è già arrivato al TAR della Lombardia. Il Leonardo3 Museum è attivo dal 2012, prima come mostra permanente e poi come museo, e negli anni ha visto costantemente incrementare il numero dei vuoi visitatori, siglando nel 2024 il massimo storico di circa 270mila visitatori. L’istituto, su circa 600 metri quadri, espone ricostruzioni di macchine di Leonardo da Vinci, riproduzioni di suoi disegni, apparati multimediali per capire l’opera, artistica e scientifica, di Leonardo, oltre a una sala con la ricostruzione dell’Ultima Cena come doveva essere quando l’artista la terminò. Leonardo3 è, peraltro, anche un centro di ricerca. Ma come nasce la vicenda che rischia di far chiudere il museo? Quali le prospettive? E cosa si aspetta il museo? Ne abbiamo parlato col direttore del Leonardo3 Museum, Massimiliano Lisa. Intervista di Federico Giannini.

Massimiliano Lisa
Massimiliano Lisa

FG. Direttore, intanto come ha passato gli ultimi giorni, dopo la conferenza stampa in cui ha annunciato che Lei è disposto a fare lo sciopero della fame pur di salvare il museo? Si è mosso qualcosa?

ML. Abbiamo inviato appelli: i più importanti erano quelli al governo, al Ministro della Cultura, al Presidente della Regione e al Presidente Mattarella. Ad oggi non c’è stato nessun tipo di riscontro. Per altro, oltre alle lettere che sono state inviate direttamente ai destinatari, abbiamo anche iniziato a pubblicare sui quotidiani questi appelli, oltre alla lettera aperta di Martin Kemp. Non c’è stata però alcuna risposta, anzi c’è stata quella che io percepisco come censura, per esempio dal Corriere della Sera che è stato l’unico quotidiano che, in seguito alla conferenza stampa della settimana scorsa, pur essendo il quotidiano di Milano, non ha pubblicato una riga nonostante abbia comunque ricevuto i nostri comunicati stampa. Abbiamo inoltre riscontrato attenzione da parte del consigliere comunale Marrapodi che ha fatto un’interpellanza in consiglio comunale a seguito della conferenza stampa. Spero che da qui a al 1° marzo arrivino risposte dal governo o dalle istituzioni, altrimenti, visto che l’ho promesso, manterrò fede a a quello che ho detto, e dal 1° marzo comincerò lo sciopero della fame.

Questa vicenda nasce da un contenzioso amministrativo-burocratico... ci può riassumere brevemente qual è il motivo?

No, questa vicenda nasce da altri presupposti: nell’ottobre del 2023 io vengo a sapere che la concessione di suolo pubblico che abbiamo sempre richiesto noi (e non il concessionario) ci sarebbe stata negata. Allora mi sono immediatamente attivato, scrivendo all’assessore alla cultura, all’assessore al demanio e al sindaco (forte del fatto che a maggio avevamo avuto la celebrazione dei 10 anni di attività, e in quell’occasione la presidente del consiglio comunale, venuta in rappresentanza del sindaco e di tutto il consiglio comunale, disse che eravamo una delle realtà più importanti della città), per chiedere come fosse possibile far chiudere il museo. Ho fatto dunque una serie di ricerche e ho scoperto che c’era stata un’assegnazione di spazi sui tetti della galleria, e che il demanio intendeva concederli a un’attività chiamata High Line Galleria, una passerella sui tetti di tipo museale-turistico. Si entrava da via Silvio Pellico, quindi a lato della galleria, e si camminava su questa passerella sui tetti che era in origine era la passerella di servizio della manutenzione dei tetti. Questa attività poi ha chiuso nel 2019. Vengo però a sapere che in seguito qualcuno aveva rilevato nuovamente questo spazio e che il demanio aveva deciso di spostare l’ingresso da via Silvio Pellico a dove siamo noi. Io mi sono opposto dicendo che non era fisicamente possibile, nel senso che già lo spazio è piccolo per noi ed è al limite: nei momenti di grande afflusso fatichiamo a gestire il pubblico. Poi lo facciamo in maniera sicura e adeguata perché siamo qui da tanti anni, e gestiamo l’ingresso con dei cordoni tenendo sostanzialmente un lato per l’entrata (e qui il pubblico a volte rimane fermo quando si formano le code), e l’altro lato per l’uscita dei visitatori (e anche per la sicurezza, perché se dovesse succedere qualcosa e il pubblico dovesse evacuare bisogna lasciare almeno un metro di larghezza per uscire). Ecco, usare lo stesso ingresso per un’altra attività che dovrebbe entrare dove il nostro pubblico esce, quindi togliere anche la via di fuga, sarebbe stato folle, anche dal punto di vista della sicurezza. Così come sarebbe stato folle avere due attività, che comunque insistono anche sui turisti di passaggio e si cannibalizzano a vicenda, su di un ingresso così piccolo. Dopo che mi sono opposto a questa soluzione è cominciata la contestazione improvvisa. Ma la cosa non finisce qui: intanto, non c’è stato nessun bando. La questione degli spazi sopra i tetti nasce dopo una manifestazione di interesse avvenuta in periodo Covid, quando noi non avevamo visitatori perché eravamo in periodo di lockdown e tutti i musei erano chiusi. Quindi, mentre noi eravamo chiusi, qualcuno si incontrava col demanio e si interessava a quegli spazi sui tetti della galleria e ad altri spazi, perché lì non c’è solo la passeggiata High Line: c’è anche uno spazio limitrofo, una grande terrazza su Piazza Duomo, sotto la cosiddetta Torre dell’Orologio, che con questo progetto si trasformerà in una terrazza calpestabile e utilizzabile. In sostanza, in pieno periodo Covid, è stato pubblicato un avviso sul sito del Comune in cui si diceva che c’era questa manifestazione di interesse per un uso commerciale e ricettivo. Cosa molto importante: chi è che potrebbe essere interessato ad aprire un negozio che vende sui tetti della galleria, non potendo avere un’insegna? Ma siccome il soggetto interessato a questi spazi aveva già un’attività, Duomo 21, una terrazza-lounge bar su Piazza Duomo, che si trova due piani sotto, questo soggetto era l’unico che poteva essere interessato a un’attività di quel tipo. Quindi, nessuno manifesta interesse e il soggetto in questione si aggiudica questi spazi. Poi, nel 2023, che è l’anno in cui iniziano tutti i nostri problemi, loro ricevono la concessione dal demanio, e il demanio regala loro una tratta, da via Silvio Pellico alla Galleria, di camminata sui tetti, senza bando, a seguito di una richiesta tramite PEC. A questo punto il concessionario chiede anche di poter trasformare l’ingresso per spostarlo dove c’è l’ingresso del museo. Quindi, la concessione di questi spazi viene data senza un ulteriore canone (dicono di aver scoperto che devono fare lavori addizionali sugli spazi che si erano aggiudicati e quindi chiedono anche di avere questi spazi senza canone), inoltre gli spazi, da commerciale-ricettivo, vengono concessi per terziario, quindi per esempio qualsiasi attività di ristorazione o turistica. Questo è il punto: sono stanco che si continui a tirare in piedi una cortina di fumo per per coprire questa situazione, per cui mi prendo la responsabilità di evidenziarla.

L’ingresso del Leonardo3 Museum di Milano
L’ingresso del Leonardo3 Museum di Milano
Il Leonardo3 Museum
Il Leonardo3 Museum

Il Comune ha già fatto sapere con una nota che, a prescindere da come andrà il contenzioso, la sorte del museo seguirà comunque quella del contratto, nel senso che quando il contratto scadrà, l’assegnazione degli spazi seguirà l’iter della procedura a evidenza pubblica, in sostanza verranno messi a bando. Il contratto scadrà a novembre 2031, e Lei ha definito come una manovra ostile l’affermazione del Comune per cui, una volta scaduto il contratto, lo spazio verrà messo a bando. Quali sono le alternative che il Comune avrebbe per consentire la continuità dell’attività del museo?

Intanto, non è il Comune che ci concede di rimanere aperti fino alla sentenza: l’ha imposto il TAR, scrivendo nero su bianco a novembre che il Comune si deve mettere d’accordo col concessionario per garantire l’apertura del museo. Per rispondere alla domanda su cosa può fare il Comune: può fare tanto. Innanzitutto non c’è nessuna disposizione di legge che vieti la subconcessione. Anzi, nei nuovi contratti del Comune è pure esplicitato che, in caso di subconcessione, la giunta ha facoltà di accettarla. Quella è una clausola che cautela il Comune dall’eventuale presenza di subconcessioni non gradite, ma nel nostro caso il soggetto che aveva ottenuto la concessione per un’attività ricettiva (un hotel), nell’aver fatto l’accordo con noi ha upgradato l’attività, nel senso che sono passati da spazi che loro usavano per eventi legati all’hotel a un museo, quindi hanno migliorato l’uso degli spazi, non lo hanno peggiorato. Il Comune ha tutta la facoltà di dire che la collaborazione (o la subconcessione) sta bene. Cosa che peraltro ha già fatto, perché sennò non saremmo rimasti qui per 12 anni e non ci avrebbero dato 10 anni di patrocini. Quindi l’hanno fatto per 10 anni, mancava solo il passaggio formale su cui si sono si sono attaccati, ma hanno tutta la facoltà di fare questo passaggio. La seconda cosa che può: poiché gli spazi in questi anni sono stati ceduti da Alessandro Rosso, che era il concessionario degli spazi globali, a V Srl per 18 milioni di euro e a Duomo 21 per 1 milione (noi siamo rimasti legati al concessionario attuale che oggi, anche visto tutte queste problematiche burocratiche, è disponibilissimo a cedere la concessione a noi e farci subentrare nello spazio del museo), allo stesso modo il Comune può assentire alla possibilità di far subentrare noi nella concessione negli spazi del museo. La terza cosa che può fare, come scrive anche nell’interrogazione il consigliere Marrapodi, nel caso dovesse andare male per noi e il TAR dovesse dare ragione al Comune, è quella di rientrare in possesso degli spazi e darli in concessione senza bando per motivi di interesse pubblico. Lo ha già fatto con Rizzoli perché è una libreria, a maggior ragione potrebbe farlo con noi che siamo un museo, dandoci in affido diretto lo spazio, e anche un canone agevolato, perché oltretutto sia il concessionario sia, di riflesso, noi, oggi non abbiamo neanche un un canone agevolato per quegli spazi. Il problema però è che il Comune, sia con l’azione di decadenza che ha fatto, che non era obbligatoria, sia con la dichiarazione resa alla stampa e che Lei mi ha citato, dimostra ancora una volta che non ci vogliono, e ci vogliono far chiudere. E trovo che sia gravissimo. Per questo mi sono rivolto ad autorità superiori: il governo e il presidente della Repubblica.

Lei però che cosa si aspetta? Che cosa succederà secondo Lei nei prossimi mesi? Il Comune in qualche modo si attiverà? Si aspetta qualche qualcosa da parte dell’amministrazione oppure pensa che, dato anche l’atteggiamento che tutti hanno assunto in questa vicenda, si andrà avanti col contenzioso e si vedrà come finirà?

Io ritengo che un’amministrazione coscienziosa dovrebbe capire che l’azione verso di noi è stata una ritorsione perché intendevamo scoperchiare questa pentola, e dovrebbe riconoscere, come ha sempre fatto per dieci anni, l’importanza del nostro museo. Diciamo che alla politica di questa città, non avendomi mai ricevuto in questi sedici mesi, io questa verità non ho mai potuto raccontarla. Quindi loro hanno sentito soltanto la campana del demanio su questa vicenda. Io spero che sentendo quello che sto raccontando correggano e intervengano, o che intervenga qualche altra autorità per evitare che chiuda un’attività come la nostra.

Il Leonardo3 Museum
Il Leonardo3 Museum
Il leone meccanico
Il leone meccanico

Per voi ovviamente è importante avere sede negli spazi in cui vi trovate adesso: ecco, ma quanto è importante? Avete preso in considerazione anche la prospettiva di una sede alternativa?

No, questa sede ha un’importanza fondamentale perché comunque riconosco che, al di là della qualità dell’offerta che diamo, non faremmo questi numeri se non fossimo qui. E quindi non potremmo avere le risorse per fare tutto quello che facciamo, perché questi numeri ci consentono non solo di stare qui, non solo di avere la struttura che abbiamo (siamo 25 persone in totale), ma di fare anche tutta la ricerca che sta alla base di questo lavoro, perché la cosa importante da ricordare è che lo spazio espositivo è l’output finale, ma alla base ci sono vent’anni di centro studi che tutti i giorni si occupa, coi nostri ricercatori, di studiare Leonardo e realizzare i contenuti che esponiamo qui e nel mondo quando facciamo mostre temporanee. Questa posizione premiale ci fa fare numeri che non sono comunque fini a se stessi: i biglietti sostengono tutto, ci consentono non solo di non prendere contributi pubblici e non gravare sulle casse dello Stato, ma di sostenere la ricerca. Quindi è un circolo virtuoso. Chiudendo Leonardo3 non si chiuderebbe solo un museo, ma si lascerebbero a casa 25 persone che mantengono le rispettive famiglie, perché poi c’è anche questo aspetto.

Quindi Lei mi sta dicendo che, a oggi, l’alternativa a un Leonardo3 che rimane negli spazi della galleria è semplicemente la chiusura.

Sì. O perlomeno la chiusura del centro di ricerca, con conseguente licenziamento dei dipendenti. Poi, certo, qualche mostra in giro per il mondo continueremmo a farla, però a questo punto senza più fare ricerca, senza più avere la struttura che abbiamo adesso. Rimaniamo in due o in tre, facciamo qualche mostra e la cosa finisce lì. Ma ci siamo strutturati in questi anni con dei costi e una ricerca basata anche su entrate che ormai non solo si sono stabilizzate, ma sono in continua crescita: siamo passati dai 248mila biglietti del 2023 ai 268mila del 2024 partendo nel 2013 con 135mila, quindi c’è stata una progressione continua. E sulla base di ciò abbiamo fatto anche investimenti di personale, struttura, organizzazione. Nessuno immaginava che improvvisamente saremmo stati buttati fuori in questo modo. È anche questo che trovo immorale e indegno.

La sala degli strumenti musicali
La sala degli strumenti musicali
La sala con la ricostruzione dell’Ultima Cena
La sala con la ricostruzione dell’Ultima Cena

Leonardo3, come Lei ci ha anticipato, oltre a essere un museo è anche un centro di ricerca dove lavorano diversi professionisti che negli anni hanno saputo fare di Leonardo3 un punto di riferimento importante per la conoscenza di Leonardo. Ci può dire brevemente cosa fate, a livello di ricerca, a livello di didattica, a livello di divulgazione, e cos’è che vi distingue, come lavorate, quali sono alcune delle attività che avete fatto in questi anni?

La cosa che ci contraddistingue è che siamo partiti vent’anni fa (quando ancora la tecnologia per la valorizzazione dei beni culturali era una cosa nuova) usando la formula dell’edutainment e dello studio del bene culturale diffuso al pubblico in maniera, diciamo, didattica e anche un po’ piacevole, giocosa: quindi, edutainment e cultura accessibile anche ai non esperti e ai più piccoli. La prima cosa che facemmo vent’anni fa, fu una mostra che durò un anno alla Pinacoteca Ambrosiana, in cui avevamo proposto la digitalizzazione di alcune pagine del Codice Atlantico e l’interpretazione dei disegni di Leonardo da Vinci col 3D. A tutto ciò è stata unita la ricostruzione fisica dei modelli di Leonardo nata dall’esperienza di Edoardo Zanon, che era il capo ricercatore che aveva iniziato e aveva compreso queste metodologie lavorando per il Museo di Storia della Scienza di Firenze, con il professor Galluzzi in collaborazione con il professor Pedretti. Io, che all’epoca operavo nel settore dell’editoria specializzata in multimedia e didattica, vidi questo tipo di approccio innovativo e tecnologico che faceva Edoardo Zanon e proposi, dopo aver visto il lavoro fatto per il Museo di Storia della Scienza di Firenze, di mettere insieme quelle che erano competenze separate (il museo, lo studioso ovvero Pedretti, il falegname che faceva il modello fisico, la parte 3D, la mostra, la pubblicazione) sotto un’unica struttura che partisse dallo studio degli originali di Leonardo per arrivare a metodologie innovative di edutainment e alla diffusione verso il pubblico con mostre itineranti, anche se già all’epoca il nostro obiettivo era quello di arrivare a fare un museo. È un’esperienza che ci ha consentito di avere un know-how unico, perché non c’è nessuna struttura al mondo che da vent’anni, in maniera continuativa, si occupi di studiare l’opera di Leonardo e divulgarla al pubblico, in particolare per quello che riguarda le macchine: com’è noto non ci sono praticamente mai disegni di Leonardo di una macchina compiuta o definitiva o con tutti i particolari, perché sono quasi tutte annotazioni personali o disegni che venivano presentati ai committenti per stupirli, ma non ci sono progetti in cui si capisce tutto. Noi siamo in grado di integrare le varie annotazioni di Leonardo, lavorando sui suoi ventimila fogli per capire cosa manca, cosa prendere da un altro codice, da un altro foglio e così via, e riusciamo a fare ricostruzioni che non ha mai fatto nessuno. È per questo che da noi si vedono per esempio dodici strumenti musicali funzionanti che non ci sono da nessuna parte, il leone meccanico di Leonardo che cammina e funziona, macchine volanti che nessuno ha ricostruito, proprio perché abbiamo ormai sviluppato un know-how unico sull’argomento. Ma facciano anche ricerche di altro tipo: anni fa, in occasione di una grande mostra in Qatar promossa dal Ministero del Commercio Internazionale, in cui avevamo fatto la parte su Leonardo da Vinci, l’emiro Al Thani ci chiese se oltre a Leonardo avessimo altro da proporre: noi proponemmo di fare lo stesso lavoro che facciamo su Leonardo su di uno scienziato arabo dell’XI secolo, Al Muradi: la Biblioteca Medicea Laurenziana di Firenze possiede il suo unico manoscritto sopravvissuto, e noi proponemmo di interpretare il suo lavoro. In sei mesi realizzammo una versione digitale del libro sulle macchine di Al Muradi, che si sfogliava, con traduzioni in varie lingue di tutti i testi, e tutti i disegni di queste macchine animate in 3D, oltre a due macchine realizzate fisicamente. Questo per dire che il nostro metodo di lavoro sarebbe anche applicabile ad altri soggetti. Questo è quello che continuiamo a fare con il nostro piccolo museo in galleria, in asse con il monumento di Leonardo da Vinci, nella città dove Leonardo ha passato la maggior parte della sua vita, quindi è anche il motivo per cui è importante che rimaniamo dove siamo.

Per concludere: secondo Lei cosa significherebbe, per Milano, la perdita di un museo come il Leonardo3 Museum?

La chiusura di una realtà che per vent’anni ha continuato a produrre nuovi studi, nuove macchine, nuove interpretazioni e un’ulteriore conoscenza di Leonardo da Vinci, sarebbe una perdita di patrimonio culturale, di possibilità di scoperte ulteriori, una privazione della possibilità di divulgare Leonardo in questo modo non solo per la città ma anche per l’Italia e per il mondo. Fossimo un peso per la città, ma oltretutto siamo pure una risorsa economica, tra indotto, personale, affitti... sarebbe una perdita inaccettabile, senza senso, ed è il motivo per cui ci stiamo rivolgendo alle varie autorità. Amo anche dire che io, più di una volta, ho letto nel libro dei commenti i bambini che hanno scritto che il nostro sia il più bel museo in cui siano mai stati, nonostante sia un piccolo centro. Chiuderci sarebbe uccidere anche questi sogni dei bambini, che da noi peraltro non vengono a scoprire un Leonardo come genio inarrivabile. Noi amiamo far capire come Leonardo abbia fatto tante cose, come sia arrivato a costruirle, e anche tutti gli errori che ha fatto, perché, come sappiamo, Leonardo ha fatto più errori e avuto più fallimenti che successi. Noi celebriamo Leonardo come un uomo che ha ottenuto tutto quello che ha ottenuto proprio perché amava rischiare e non aveva paura di fare errori. E ne ha fatti tantissimi. Sulla tecnica dell’Ultima Cena, per esempio. E dell’Ultima Cena noi proponiamo non una copia, una stampa o una parete digitale: noi proponiamo una ricostruzione dell’opera come doveva essere all’epoca di Leonardo, quindi chi va a vedere l’originale di Santa Maria delle Grazie vede l’Ultima Cena com’è oggi, da noi trova una ricostruzione fisica di come doveva essere quando Leonardo l’ha terminata, con tutto quello che oggi manca, cosa che abbiamo fatto non inventandocela, ma andando a vedere i vari particolari che ricorrevano nelle copie degli altri artisti fatti all’epoca, appena Leonardo la terminò. E nel tempo, questa sala è diventata una sala immersiva perché abbiamo anche riprodotto il pavimento e le pareti. Ecco un altro esempio di cosa perderebbe la città. Lo griderò: l’unico modo che hanno per farmi stare zitto è che io debba continuare lo sciopero della fame, e magari stare male: a quel punto non potrò più parlare.


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Federico Giannini

L'autore di questo articolo: Federico Giannini

Nato a Massa nel 1986, si è laureato nel 2010 in Informatica Umanistica all’Università di Pisa. Nel 2009 ha iniziato a lavorare nel settore della comunicazione su web, con particolare riferimento alla comunicazione per i beni culturali. Nel 2017 ha fondato con Ilaria Baratta la rivista Finestre sull’Arte. Dalla fondazione è direttore responsabile della rivista. Collabora e ha collaborato con diverse riviste, tra cui Art e Dossier e Left, e per la televisione è stato autore del documentario Le mani dell’arte (Rai 5) ed è stato tra i presentatori del programma Dorian – L’arte non invecchia (Rai 5). Al suo attivo anche docenze in materia di giornalismo culturale (presso Università di Genova e Ordine dei Giornalisti), inoltre partecipa regolarmente come relatore e moderatore su temi di arte e cultura a numerosi convegni (tra gli altri: Lu.Bec. Lucca Beni Culturali, Ro.Me Exhibition, Con-Vivere Festival, TTG Travel Experience).




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