È dell’8 novembre la notizia dell’importante ritrovamento nel santuario romano di San Casciano dei Bagni (Siena) di ben 24 statue in bronzo in ottimo stato di conservazione e di altri reperti: un tesoro intatto che rappresenta il più grande deposito di statue dell’Italia antica e l’unico di cui si può interamente ricostruire il contesto. Abbiamo rivolto alcune domande al direttore dello scavo, l’archeologo Emanuele Mariotti, per farci raccontare l’eccezionalità di questa scoperta. L’intervista è di Ilaria Baratta.
IB. Un’importantissima scoperta quella compiuta: ma perché è considerata così straordinaria da essere considerata la più importante dopo quella dei Bronzi di Riace?
EM. La vera eccezionalità, oltre alla qualità dei bronzi in sé e alla quantità, nonché alla compresenza d’iscrizioni etrusche e iscrizioni latine, fatto non così usuale, sta nel contesto in cui sono stati trovati i reperti: sono stati rinvenuti, tramite una ricerca mirata, nel loro contesto originale. Questo tipo di oggetti, in particolare la bronzistica, sono stati spesso recuperati in vecchi scavi o fuori contesto e non nel posto dove erano in origine. Lo scavo di San Casciano dei Bagni ci racconta una storia molto più completa, ed è proprio questo il vero valore aggiunto. Inoltre la cosa straordinaria è che ci troviamo dentro a un santuario, a una grande vasca sacra dedicata alle acque e agli effetti curativi delle acque mentre ancora c’è l’acqua. È quindi qualcosa di vivo.
Il fatto che gli archeologi si siano trovati davanti un tesoro ancora intatto, il più grande deposito di statue dell’Italia antica, dà la possibilità di ricostruire interamente il contesto. Qual è quindi il contesto?
Lo stiamo studiando ora, ma è emersa una sequenza stratigrafica chiara: doni bronzei, statuaria grande e piccola, parti anatomiche, bronzetti di epoca tardo etrusca vengono donati e posti nella vasca sacra come offerta alle acque e agli dei. Il rito è quindi chiaro adesso: le iscrizioni sugli oggetti ritrovati ci parlano di famiglie che dedicano questi ultimi alle divinità per essere salvate e curate. Questa parte viene poi chiusa e ricostruita in epoca romana, e dai bronzi e bronzetti si passa alle offerte monetali, copiosissime, che prendono il posto dei bronzi. Dopodiché si passa ancora all’offerta e alla messa in posa di altari con iscrizioni dedicate ad Apollo, Igea, Esculapio, Fortuna Primigenia, Iside, tutte cose che abbiamo rinvenuto due anni fa, e il tutto viene chiuso nel momento in cui il santuario viene demolito e sigillato alla fine dell’era pagana. Si va quindi dalla commistione culturale tra etruschi e romani alla devozione di epoca romana fino all’ultimo atto di pietas, ovvero alla chiusura del tempio pagano nel momento in cui l’epoca cristiana prende definitivamente il sopravvento, imponendo la chiusura di questo e di tanti altri luoghi.
Alla luce del contesto, cosa si comprende sul valore rituale delle offerte?
Sono offerte volte a sanare patologie, dolori, anche particolari parti del corpo; offerte dedicate agli dei per essere salvati e protetti. La ritualità completa ci sfugge perché non sappiamo le modalità con cui le statue sono state deposte dentro la vasca, se sono state gettate, appoggiate o calate... sicuramente alcune non erano ex voto, ma statue ornamentali che stavano sul bordo della vasca, come la statua dell’Apollo arciere che abbiamo rinvenuto, e che poi sono state messe all’interno nel momento in cui i romani, in epoca primo imperiale, hanno ricostruito il tutto. Questa ritualità presenta tante sfaccettature, che ora stiamo studiando, perché ci troviamo per la prima volta di fronte a un contesto che può essere studiato. Ci sono sessanta studiosi che si occupano della ricostruzione di tutti i diversi aspetti (chimica, geofisica, fisica, archeologia, ceramica, botanica, statuaria, storia dell’arte, etruscologia, romanica).
Sono stati ritrovati nello scavo oggetti etruschi e oggetti romani. Perché è importante questa compresenza?
Il processo di romanizzazione è un processo lungo e violento, che vede anche molte guerre e che non si esaurisce in un unico atto, ma che dura per 150 anni, almeno. È un tema anche molto attuale, quello del passaggio a una cultura e a una lingua diversa, a un’affermazione politica diversa, e in questo luogo vediamo convivere entrambe le entità: c’è chi cerca di affermare “Io sono ancora etrusco” e lo scrive sulle statue in bronzo, e chi dice “Io sono romano” e sulla statua pone un’iscrizione latina. È questo il tema: la commistione dei due mondi, dei due popoli, che è un percorso antiviolento e comunque lungo, ma che trova in quel luogo una convivenza.
Vi aspettavate di trovare qualcosa di così importante? Pensate di trovare altro?
Ci aspettavamo di trovare qualcosa di importante quando l’anno scorso abbiamo rinvenuto tantissime monete e piccoli bronzetti, oltre a un putto in bronzo. Questo ci ha messo in allerta e ci ha consentito di capire che eravamo forse di fronte a un deposito votivo intatto, sigillato dalle colonne buttate giù nel V secolo d.C. quando viene chiuso tutto. La speranza quindi di poter trovare il resto del deposito votivo (quello della parte centrale della vasca) c’era e in questo senso ci avevamo visto giusto. Gli scavi continueranno, non sono finiti, e anche in altre aree e tutt’intorno ci aspettiamo di trovarci di fronte ad altre sorprese, anche nei prossimi anni.
In questo scavo si è rivelato centrale il ruolo dell’acqua. In che senso questa ha permesso un’ottima conservazione dei reperti?
Innanzitutto per le proprietà chimiche dell’acqua termale, che è calda e ha proprietà chimiche particolari e ha pochissimo zolfo, ma soprattutto l’acqua porta con sé argilla. I materiali sono stati conservati per duemila anni senza ossigeno nell’argilla e nell’acqua termale e questo ha conservato in ottimo stato il bronzo. Nel momento in cui i bronzi vengono estratti parte il processo di ossidazione e possono cominciare a rovinarsi subito. Subiscono uno shock. Sono stati quindi immediatamente portati nel Centro di Restauro della Sovrintendenza per stabilizzarli e conservarli al meglio.
L’acqua ha però anche messo in un certo senso “in difficoltà” gli archeologi che hanno dovuto lavorare con il flusso continuo all’interno della vasca. Quali sono state le difficoltà da questo punto di vista?
Le difficoltà sono state enormi. Il nostro è un cantiere di scavo difficilissimo che ha richiesto anche un progetto di sicurezza. È stato affidato a persone specializzate, secondo la legge, e ha visto l’uso di sistemi di pompaggio continuo perché nella vasca arrivano 15 litri di acqua al secondo; più si scavava e più l’acqua tornava a invadere la vasca. È stato un lavoro proibitivo realizzato con grande volontà. C’è da tenere presente che la cosa più importante di questo sito è l’acqua, termale e curativa: si tratta della sorgente più importante d’Italia dal punto di vista termale. San Casciano dei Bagni ha il territorio più termale d’Italia ed è ai primissimi posti d’Europa per quantità di acqua e per numero di sorgenti (quaranta); di queste, il Bagno Grande è la principale. È quindi la caratteristica del luogo che ha determinato da sempre la sua vocazione termale e la presenza di così importanti resti archeologici perché era uno dei santuari più importanti d’Italia.
Quali saranno i successivi passi nei confronti dei reperti scoperti? Saranno sottoposti a qualche intervento?
C’è un equipe di restauratori, sia della Sovrintendenza che dell’Istituto Centrale del Restauro, che ci sta aiutando in tutto questo; c’è un grande progetto in atto guidato dal prof. Jacopo Tabolli che coordina tutta la parte scientifica e di ricerca; c’è un accordo di valorizzazione già in atto firmato dal Comune, dalla Regione, dalla Sovrintendenza e dal Ministero della Cultura, e il Ministero della Cultura ha già acquistato un palazzo storico all’interno di San Casciano dei Bagni per farne in brevissimo tempo, nel giro di un paio d’anni, un nuovo grande museo dove esporre tutti questi reperti e tutti gli altri che saranno rinvenuti. Un progetto museale immersivo legato al sito archeologico.
Come sarà musealizzato?
Dobbiamo ancora deciderlo. Per essere un museo moderno deve comunque essere un’esperienza immersiva che ricostruisca l’essere dentro la vasca, la presenza dell’acqua, e gli oggetti devono essere valorizzati e raccontati nel modo giusto. Si utilizzerà la realtà aumentata, il 3D, ma non solo, descriveremo tutto il percorso che ha portato al museo. Ci tengo a sottolineare che è il Comune il concessionario di questo scavo: è un’iniziativa del Comune che ha investito sul recupero del proprio patrimonio. Non succede mai. La direzione scientifica è del prof. Jacopo Tabolli dell’Università per Stranieri di Siena e noi lavoriamo in stretta collaborazione con la Sovrintendenza e con il Ministero della Cultura, in una sinergia che in Italia non c’è quasi mai.
L'autrice di questo articolo: Ilaria Baratta
Giornalista, è co-fondatrice di Finestre sull'Arte con Federico Giannini. È nata a Carrara nel 1987 e si è laureata a Pisa. È responsabile della redazione di Finestre sull'Arte.